Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21082 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21082 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29774/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’RAGIONE_SOCIALE, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-resistente-
PREFETTURA DI ROMA, nella persona del Prefetto pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEO RAGIONE_SOCIALE,
presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-resistente- avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di ROMA n. 3088/2021 depositata il 27/04/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/06/2024 dal
Consigliere COGNOME NOME;
FATTI DI CAUSA
1.A seguito di una lunga vicenda giudiziaria, nell’ambito RAGIONE_SOCIALEa quale sia il giudice amministrativo che il giudice ordinario avevano rispettivamente dichiarato la propria incompetenza in materia di determinazione dei canoni RAGIONE_SOCIALE alloggi di servizio l’uno nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘altro, la Corte d’Appello di Roma con sentenza n. 1457/16 dichiarò la giurisdizione RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE. e dispose la remissione RAGIONE_SOCIALEa causa al primo giudice ex art. 353 c.p.c.
Pertanto, il COGNOME iscriveva ricorso in riassunzione ex 447 bis presso il Tribunale di Roma; ricorso successivamente trattato con rito ordinario.
Il RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio contestando la fondatezza RAGIONE_SOCIALEa domanda attorea.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 4051/2017, in accoglimento RAGIONE_SOCIALEe domande presentate dal, dichiarava illegittimi i decreti prefettizi del 7/3/2011 e del 7/3/2012, che avevano rideterminato in aumento, anche in via retroattiva – per il periodo dall’1/1/1978 all’1/1/2010 – il canone relativo all’immobile di RAGIONE_SOCIALE demaniale (sito in Roma, INDIRIZZO, INDIRIZZO) condotto in locazione dal COGNOME, appartenente alla Polizia di RAGIONE_SOCIALE, quale alloggio di servizio.
In particolare, il Tribunale dichiarava che il canone dovuto alla Prefettura di Roma per la fruizione RAGIONE_SOCIALE‘alloggio demaniale e di servizio andasse determinato alla stregua RAGIONE_SOCIALE artt. 12 e segg. RAGIONE_SOCIALEa legge n° 392/78; dichiarava ‘prescritti i canoni dovuti per la fruizione
RAGIONE_SOCIALE‘alloggio predetto e maturati sino al 6/4/2006’ e condannava il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponevano appello il RAGIONE_SOCIALE e la Prefettura di Roma, chiedendo, in riforma RAGIONE_SOCIALEa stessa, il rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda di accertamento negativo proposta dalla controparte, con vittoria di spese legali del doppio grado di giudizio. In particolare, per quanto qui rileva, con il primo motivo di appello le amministrazioni censuravano il capo RAGIONE_SOCIALEa sentenza in cui il giudice di primo grado, richiamando la deliberazione n° 9/2000 RAGIONE_SOCIALEa Corte dei Conti, aveva sostenuto l’inapplicabilità RAGIONE_SOCIALEa legge 431/98, abrogativa RAGIONE_SOCIALEe disposizioni più qualificanti RAGIONE_SOCIALEa legge 392/78 e soprattutto di quelle che individuavano i criteri RAGIONE_SOCIALE‘equo canone come applicabili agli alloggi di servizio, argomentando (p. 4) dal fatto che l’art. 23 RAGIONE_SOCIALEa legge 146/98, nel richiamare la legge 392/78 e successive modificazioni, <>. Secondo le amministrazioni appellanti, tale assunto non era condivisibile, non essendo applicabile la normativa richiamata dal Tribunale poiché riguardante soltanto gli alloggi concessi in locazione ‘vera e propria’, mentre nel caso di specie non vi sarebbe stato contratto di locazione.
Si costituiva il COGNOME contestando in fatto e in diritto l’impugnazione avversaria.
La Corte di appello di Roma con sentenza n. 5071/2021, modificando parzialmente il dictum del giudice di primo grado, rigettava la domanda, proposta dal COGNOME in primo grado, e compensava tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
3.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa corte territoriale ha proposto ricorso il COGNOME.
Le Amministrazioni intimate non hanno svolto difese.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte ed il Difensore di parte ricorrente non ha depositato memoria.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
1.Le questioni sottese al ricorso sono fondamentalmente le seguenti:
se la legge n. 392/1978 (nota come legge sull’equo canone), per effetto RAGIONE_SOCIALEa successiva entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa legge n. 431/1998 (nota come legge sulle locazioni abitative ed abrogativa RAGIONE_SOCIALEe disposizioni qualificanti RAGIONE_SOCIALEa l. 392/78 e soprattutto quelle che individuavano i criteri di calcolo RAGIONE_SOCIALE‘equo canone), sia o no divenuta inapplicabile, in virtù del rinvio operato dall’art. 23 RAGIONE_SOCIALEa legge 146/1998 (recante <<Disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento RAGIONE_SOCIALE'Amministrazione finanziaria, nonchè disposizioni varie di carattere finanziario) alla legge sull'equo canone e successive modifiche e, dunque, anche all'art. 14 legge 431/1998;
se, anche a voler ritenere dinamico detto rinvio, sia o no applicabile al caso di specie la norma di cui all'art. 14 comma 5 legge 431/1998, essendo la disponibilità RAGIONE_SOCIALE'alloggio frutto (non di una determinazione volontaria e paritaria tra le parti ma) di un provvedimento concessorio correlato al perdurare del servizio e, quindi, non essendo equiparabili gli alloggi di servizio ad un vero contratto di locazione.
A tali questioni sono state date soluzioni diverse da entrambi i giudici di merito.
2.1. Il giudice di primo grado ha annullato i provvedimenti RAGIONE_SOCIALEa Prefettura di Roma recanti la rideterminazione dei canoni a decorrere
dal 01.01.1993 al 01.01.2010, statuendo che il canone dovuto per la locazione dal COGNOME dovesse essere computato secondo la legge sull'equo canone e che era intervenuta prescrizione in relazione ai canoni maturati sino al 06.04.2006.
All'accoglimento RAGIONE_SOCIALEa domanda il giudice di primo grado perveniva sulla base RAGIONE_SOCIALEe seguenti argomentazioni:
<>.
2.2. A conclusioni opposte è pervenuta la corte territoriale, invocando quanto statuito da Cass. n. 1618/2016 e considerando il disposto di cui all’art. 9 RAGIONE_SOCIALEa l. n° 537/93 (in base al quale, a decorrere dal 1 gennaio 1994, <>).
Inoltre, la corte territoriale, contrariamente al giudice di primo grado, ha ritenuto che le disposizioni RAGIONE_SOCIALEa legge n°392/78 non siano applicabili al caso in esame in base all’art. 14 comma 5 RAGIONE_SOCIALEa stessa legge 431/98, in quanto il contratto intercorso tra il dipendente RAGIONE_SOCIALEa Polizia di RAGIONE_SOCIALE e la Prefettura di Roma attributivo del godimento RAGIONE_SOCIALE‘alloggio demaniale di servizio non è equiparabile ad un vero e proprio contratto di locazione, ma è originato e disciplinato da un provvedimento concessorio RAGIONE_SOCIALEa p.a., correlato al perdurare del rapporto di servizio. Con la conseguenza che nella specie non troverebbe applicazione l’art. 15, comma quinto, RAGIONE_SOCIALEa legge 431/1998, proprio perché tale previsione sarebbe coerente con la (sola) disciplina del contratto di locazione, connotato da una posizione di parità tra le parti e dalla possibilità di rinnovare o meno, anche tacitamente, il contratto sulla base di una determinazione volontaria. In definitiva, secondo la corte territoriale, il rinvio alla disciplina RAGIONE_SOCIALEa locazione operato dall’art. 23 RAGIONE_SOCIALEa legge 146/1998 varrebbe esclusivamente in relazione ai criteri di determinazione del canone dovuto dal dipendente per la fruizione RAGIONE_SOCIALE‘alloggio demaniale di servizio, ma non renderebbe applicabile il quinto comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 14 RAGIONE_SOCIALEa legge 431/1998.
Il COGNOME impugna la sentenza RAGIONE_SOCIALEa corte territoriale articolando in ricorso tre motivi.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto applicabili le disposizioni normative recate all’art. 14, comma 4, RAGIONE_SOCIALEa legge 431/1998 che hanno abrogato gli articoli 1, 3, 12, 13, 14, 15, 16,17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 54, 60, 61, 62, 63, 64, 65,66, 75, 76, 77, 78, 79, RAGIONE_SOCIALEa legge sull’equo
canone; tanto sul presupposto che l’art. 23 RAGIONE_SOCIALEa legge 146/98 contenga un rinvio dinamico alle norme sull’equo canone e successive modifiche e, pertanto, con l’emanazione RAGIONE_SOCIALEa legge 431/1998, abrogativa RAGIONE_SOCIALEa legge 392/1978, detta normativa non sia più applicabile.
Sostiene che l’art. 23 RAGIONE_SOCIALEa legge 146 del 1998 opera un rinvio statico alla legge sull’equo canone ed alle modifiche intervenute sino all’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa legge 146/1998 (15.05.1998).
Sottolinea che è irragionevole ritenere che il legislatore sia intervenuto in materia, attraverso l’emanazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 23 RAGIONE_SOCIALEa legge 146/1998 che ha esteso l’applicazione RAGIONE_SOCIALEa legge sull’equo canone agli alloggi di servizio (maggio 1998), per poi, qualche mese più tardi, ritrattare il precedente intervento attraverso l’emanazione RAGIONE_SOCIALEa legge 431/1998, dal contenuto diametralmente opposto (passando dall’applicazione dei prezzi calmierati RAGIONE_SOCIALEa legge sull’equo canone ai prezzi di libero mercato).
Aggiunge che una simile interpretazione risulta ancora più illogica avuto riguardo al dato che l’art. 9 comma 3 RAGIONE_SOCIALEa legge 537 del 1993 già prima RAGIONE_SOCIALE‘avvento RAGIONE_SOCIALE‘art. 23 legge 146/1998 contemplava che a decorrere dal 1 gennaio 1994 – il canone RAGIONE_SOCIALE alloggi concessi in uso ai dipendenti RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE … (…) … dovesse essere aggiornato con decreto dei ministri competenti sulla base dei prezzi di mercato per gli immobili aventi analoghe caratteristiche e, comunque, in misura non inferiore RAGIONE_SOCIALE‘equo canone.
In definitiva, secondo il ricorrente, in considerazione del fatto che il legislatore è intervenuto con la legge 146/1998 disponendo l’applicazione RAGIONE_SOCIALE‘equo canone agli alloggi di servizio e superando la previgente normativa che prevedeva l’applicazione dei prezzi del libero mercato (legge 537/1993), il rinvio operato dal citato art. 23 è di tipo recettizio alla legge sull’equo canone ed alle modifiche intervenute sino all’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa legge 146/1998.
Sostiene il ricorrente che, anche laddove l’intenzione del legislatore fosse stata quella di operare per il tramite del citato art. 23 legge 146/1998 un rinvio dinamico, ad ogni modo, la legge 431/1998 non sarebbe comunque applicabile al caso di specie, in quanto il contenuto RAGIONE_SOCIALE‘articolo 14 RAGIONE_SOCIALEa legge 431/1998 limiterebbe l’ambito applicativo RAGIONE_SOCIALE‘intervenuta abrogazione alle sole locazioni abitative disciplinate dalla normativa in esame che consistono per l’appunto nelle tipologie contrattuali 4+4 o 3+2.
Osserva che l’illegittima estensione operata dal giudice di appello confligge sia con il tenore letterale RAGIONE_SOCIALEa norma di cui all’art. 14 legge 431/1998 che con la volontà espressa dal legislatore attraverso l’art. 23 RAGIONE_SOCIALEa legge 146/1998.
Osserva altresì che l’assegnazione di un alloggio di servizio ad un dipendente pubblico non è funzionale solo al soddisfacimento RAGIONE_SOCIALE‘interesse abitativo che fa capo a quest’ultimo, ma risponde ad esigenze di interesse pubblico, giacché l’amministrazione, mediante l’assegnazione, persegue il fine di agevolare lo svolgimento RAGIONE_SOCIALEe mansioni del dipendente e di assicurarne una maggiore presenza e una migliore reperibilità nel luogo di prestazione RAGIONE_SOCIALE‘attività lavorativa.
Sottolinea il differente scopo sotteso alle norme in esame: l’art. 23 RAGIONE_SOCIALEa legge 146/1998 avrebbe lo scopo di garantire il suddetto trattamento di favore in considerazione RAGIONE_SOCIALE‘interesse soddisfatto dalla p.a. tramite la concessione RAGIONE_SOCIALE alloggi di servizio ai dipendenti; mentre la legge 431/1998 ha lo scopo di eliminare il limite imposto dalla legge sull’equo canone alla libera contrattazione tra i privati in ragione RAGIONE_SOCIALEe migliori condizioni economiche RAGIONE_SOCIALEa nazione.
In definitiva, secondo parte ricorrente, al caso di specie dovrebbe essere applicabile la legge sull’equo canone sia nella determinazione dei canoni pregressi che nella determinazione dei canoni presenti e futuri sino all’eventuale successiva modificazione normativa (ad oggi
non intervenuta) atta a regolare la peculiare materia concernente gli alloggi di servizio concessi in uso ai dipendenti RAGIONE_SOCIALEe p.a.
3.2. Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale, dopo aver ritenuto applicabile al caso di specie l’articolo 14 RAGIONE_SOCIALEa legge 431/1998, ha motivato in maniera del tutto contraddittoria ed illogica, ritenendo applicabile il comma quarto e non applicabile il comma quinto.
In sostanza, secondo il ricorrente, il giudice di secondo grado avrebbe assimilato gli alloggi di servizio alle locazioni per ciò che concerne le ‘nuove’ modalità di determinazione del prezzo del canone, ritenendo inapplicabili al caso di specie le norme sull’equo canone sulla scorta RAGIONE_SOCIALEa disposizione normativa contenuta al comma 4 che le ha abrogate ma, poi, improvvidamente avrebbe considerato gli alloggi di servizio diversi dalle locazioni per ciò che concerne l’applicazione RAGIONE_SOCIALEa richiamata norma di cui al richiamato comma 5.
Osserva che, al fine di giustificare il rinvio dinamico nel senso voluto dalla Corte d’appello, non può che riconoscersi nella norma di cui all’art. 23 legge 146/98 l’intento del legislatore di uniformare la disciplina in materia di affitti estendendola anche agli alloggi di servizio. Con la conseguenza che un’applicazione parziale del richiamato articolo 14 contrasterebbe con la ratio stessa RAGIONE_SOCIALEa norma in parola e risulterebbe del tutto irragionevole ed illegittima.
Sostiene che è errato ritenere non applicabile l’art. 14 comma 5 in ragione RAGIONE_SOCIALEa durata RAGIONE_SOCIALEe concessioni che coincide con la durata del rapporto di lavoro ed in ragione del fatto che il presupposto legittimante la disponibilità RAGIONE_SOCIALE‘alloggio di servizio non è equiparabile ad un vero contratto di locazione, non essendo frutto di una determinazione volontaria RAGIONE_SOCIALEe parti ma di un provvedimento autoritativo/discrezionale.
Sostiene altresì che, contrariamente a quanto affermato dalla corte territoriale, anche nei rapporti tra dipendente e p.a. può trovare agevolmente applicazione il comma 5 del richiamato articolo 14: la P.A. con l’adozione di apposito provvedimento (contenente l’indicazione del nuovo prezzo nonché la data di decorrenza RAGIONE_SOCIALEo stesso) avrebbe potuto mettere al corrente il dipendente RAGIONE_SOCIALEe nuove condizioni economiche, consentendogli così di valutare l’opportunità RAGIONE_SOCIALE‘alloggio.
In definitiva, secondo il ricorrente, se di rinvio dinamico si tratta, detto rinvio dovrebbe applicarsi a tutta la normativa e non solo ad una parte di essa, essendo illogico ritenere che l’art. 23 RAGIONE_SOCIALEa legge 146/1998 abbia operato un rinvio dinamico solo ad alcuni dei commi contenuti all’art. 14 escludendo l’applicazione del comma quinto che si palesa essere in combinato disposto con il precedente comma quarto. Pertanto, anche nel caso in cui fosse ritenuta inapplicabile la legge sull’equo canone al rapporto concessorio in essere, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 14, comma 5, RAGIONE_SOCIALEa legge 431/1998, la sentenza RAGIONE_SOCIALEa corte territoriale dovrebbe essere riformata dichiarando ed accertando la nullità e/o annullabilità RAGIONE_SOCIALEa determinazione RAGIONE_SOCIALEa Prefettura di Roma prot. NUMERO_DOCUMENTOAlloggi di servizio del 07.03.2012 con cui in via retroattiva era stato riconteggiato il canone di locazione secondo i nuovi criteri del libero mercato e, conseguentemente, statuendo per il prosieguo che i canoni vengano conteggiati secondo i criteri RAGIONE_SOCIALE‘equo canone sino all’emanazione da parte RAGIONE_SOCIALEa p.a. di apposito provvedimento contenente le ‘nuove condizioni’ di calcolo del prezzo secondo i criteri del libero mercato.
3.3. Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale non ha tenuto conto del fatto nuovo, rappresentato dal fatto che la Prefettura con i decreti 0447474 datati 22.12.2020 e 447585 del 22.12.2020 aveva disposto il ricomputo dei canoni di occupazione RAGIONE_SOCIALE
alloggi di servizio concessi in uso ai rispettivi assegnatari, collocati nel plesso immobiliare di INDIRIZZO ove era ubicato anche l’alloggio RAGIONE_SOCIALE‘odierno ricorrente.
Sostiene che, a fronte di tale di fatto cessata materia del contendere, la corte territoriale ha illegittimamente omesso di considerare la volontà RAGIONE_SOCIALEa p.a. di mettere fine all’annoso contenzioso con gli occupanti RAGIONE_SOCIALE alloggi di servizio siti in INDIRIZZO attraverso la decretazione d’ufficio RAGIONE_SOCIALEe norme sull’equo canone.
Ai fini RAGIONE_SOCIALEa decisione, è opportuno ripercorrere in sintesi il quadro normativo, con speciale riferimento alla disciplina in tema di alloggi concessi in uso personale a dipendenti pubblici.
4.1. La legge n. 392/1978, meglio nota come legge sull’equo canone, promulgata nel corso di una stagione caratterizzata da profondi cambiamenti sociali e da incisive riforme del nostro ordinamento giuridico, aveva introdotto norme che, sia pure nella prospettiva di un superamento RAGIONE_SOCIALEa legislazione vincolistica e di un ritorno alle regole del libero mercato, erano comunque limitative RAGIONE_SOCIALEa autonomia negoziale privata ed incidevano sullo stesso funzionamento del sinallagma contrattuale, realizzando, in armonia con il sistema di valori RAGIONE_SOCIALEa Costituzione, un quadro legislativo ispirato alla tutela del contraente più debole, che veniva individuato nella persona del conduttore. A tal fine trovavano diversa regolamentazione, in relazione alle differenti esigenze da soddisfare, i vari tipi di locazione. E, proprio con riguardo alle locazioni ad uso abitativo, erano previste, con limitate eccezioni, una durata minima quadriennale del rapporto ed un sistema dettagliato per la determinazione del canone massimo percepibile. Il legislatore del 1978 si era preoccupato anche di introdurre norme processuali volte a garantire una effettiva tutela al contraente più debole; sotto questo aspetto, particolare rilievo aveva l’art. 55 che, in deroga al disposto di cui all’art. 1453 comma 3 c.c., attribuiva al
conduttore, cui fosse intimato lo sfratto per morosità, la facoltà di sanare quest’ultima anche per più di una volta.
Con la successiva legge n. 359/1992 il legislatore per la prima volta operava una netta inversione di tendenza rispetto alla disciplina vincolistica, ristabilendo, a certe condizioni, la libera determinazione del canone anche per le unità immobiliari ad uso abitativo. Con questa ‘miniriforma’, non abrogativa RAGIONE_SOCIALEa precedente legislazione, si era venuto a creare un ‘doppio binario’, potendosi stipulare, relativamente agli immobili privi del requisito RAGIONE_SOCIALEa novità, sia contratti di locazione ad equo canone, che rimanevano la regola, sia c.d. patti in deroga alla legge sull’equo canone, a condizione che il locatore rinunziasse alla facoltà di disdettare il contratto alla prima scadenza, salvo che avesse l’esigenza di adibire l’immobile agli usi elencati nell’art. 29 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 392/1978 ovvero di effettuare sullo stesso le opere previste dall’art. 59 RAGIONE_SOCIALEa medesima legge. Per i contratti relativi agli immobili c.d. nuovi (la cui ultimazione cioè fosse successiva all’entrata in vigore del decreto), l’operatività RAGIONE_SOCIALEa legge sull’equo canone veniva esclusa limitatamente alle disposizioni (artt. Da 12 a 22) concernenti il calcolo del canone, mentre veniva mantenuta ferma la durata legale del rapporto (quattro + quattro, salvo disdetta).
Infine, la legge n. 431/1998 prefigura anch’essa un doppio canale, ma presenta un elemento di forte rottura rispetto alla precedente disciplina.
Sotto il primo profilo, essa prevede: da un lato, la possibilità di determinare liberamente il corrispettivo RAGIONE_SOCIALEa locazione, la cui durata minima deve essere, però, di otto anni (quattro + quattro, salvo disdetta alla prima scadenza nei casi consentiti); dall’altro prevede la possibilità di far propri contratti tipo definiti localmente sulla scorta di un accordo quadro a livello nazionale tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (l’utilizzo di detta seconda modalità di contrattazione ha come contropartita: un incentivo sul piano RAGIONE_SOCIALEe
imposte erariale e RAGIONE_SOCIALEa imposta di registro, nonché un incentivo in ordine alla durata del contratto, che, essendo tre + due, è più breve).
Quanto all’elemento di rottura, il mancato assolvimento RAGIONE_SOCIALE obblighi posti dalla normativa fiscale ridonda per la prima volta sul piano civilistico, essendo previsto il diritto del conduttore a ripetere quanto versato in più rispetto agli importi indicati nel contratto registrato (e con la legge finanziaria 2005 è stata introdotta una sanzione di nullità RAGIONE_SOCIALE‘intero contratto nell’ipotesi di mancata registrazione RAGIONE_SOCIALEo stesso).
4.2. Nel quadro RAGIONE_SOCIALEa suddetta evoluzione normativa, in tema di alloggi concessi in uso personale a dipendenti pubblici, sono intervenuti:
dapprima, la legge n. 537/1993, che, all’art. 9 comma 3, prevedeva che, a decorrere dal 1 gennaio 1994, <>; e poi
b) e poi la legge n. 146/1998, che, all’art. 23 comma primo, prevedeva che: <>.
Il primo motivo non è fondato.
La corte territoriale, in ragione RAGIONE_SOCIALEa locuzione <>, ha ritenuto che il richiamato articolo 23 contenga un rinvio dinamico alle norme RAGIONE_SOCIALEa legge n. 392/1978 sull’equo canone ed alle successive modifiche RAGIONE_SOCIALEe stesse, con la conseguenza che, a seguito RAGIONE_SOCIALEa sostanziale abrogazione RAGIONE_SOCIALEa suddetta legge n. 392/1978 ad opera RAGIONE_SOCIALEa legge 431/98, al caso di specie fosse applicabile (non la legge n. 392/1978, ma) la legge n. 537/1993.
Al contrario, secondo l’assunto sostenuto da parte ricorrente poiché il legislatore con legge n. 537/1993 aveva previsto l’applicazione dei prezzi del libero mercato agli alloggi di servizio, ma successivamente con la legge 146/1998 ha disposto l’applicazione a detti alloggi RAGIONE_SOCIALE‘equo canone – l’art. 23 RAGIONE_SOCIALEa legge 146/1998 opererebbe un rinvio statico alla legge sull’equo canone ed alle modifiche intervenute sino alla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa legge 146/1998 (e quindi sino alla data del 15.05.1998). Nel senso RAGIONE_SOCIALEa natura statica del rinvio deporrebbero anche i seguenti due elementi: a) secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 2111/2004, espressamente richiamato), in caso di dubbio, è preferibile trattare il rinvio come recettizio; b) l’art. 14 comma 5 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 431/1998 limita espressamente l’ambito applicativo RAGIONE_SOCIALE‘intervenuta abrogazione alle sole locazioni abitative che consistono per l’appunto nelle tipologie contrattuali 4+4 o 3+2.
La tesi sostenuta dal ricorrente non è corretta.
Come è noto, la tecnica di produzione normativa mediante rinvio ad altre fonti è utilizzata frequentemente dal legislatore: il rinvio, per i fini che interessano nella presente vicenda, può essere dinamico (altrimenti definito come formale, o mobile), ovvero statico (altrimenti definito come materiale, recettizio, fisso). Nel primo caso viene richiamata la fonte RAGIONE_SOCIALEa disposizione normativa, con la conseguenza che potranno assumere rilievo tutte le modificazioni che interesseranno il contenuto precettivo RAGIONE_SOCIALEa disposizione oggetto del rinvio; nella
seconda ipotesi si determina una sorta di cristallizzazione RAGIONE_SOCIALEa disciplina richiamata, nel senso che quest’ultima <>, ragion per cui le <> (Corte cost., 25 ottobre 2004, n. 315).
Orbene, la riflessione dottrinale e l’elaborazione giurisprudenziale hanno individuato alcuni indici rilevatori RAGIONE_SOCIALEa natura del rinvio (se materiale o formale). In primo luogo, occorre far riferimento al tenore letterale RAGIONE_SOCIALEa disposizione (cfr. Cass. n. 16196/2003), con la conseguenza che ci si trova in presenza di un rinvio statico ogniqualvolta si faccia espresso riferimento a una specifica versione del testo richiamato, ovvero a norme determinate ed esattamente individuate (Corte cost., n. 311/1993); mentre ci si trova in presenza di un rinvio dinamico (cfr., in motivazione, Corte cost. n. 292/1984) ogniqualvolta si effettui l’esplicito richiamo ad un’intera disciplina, nonché alle <> del testo formativo richiamato. Inoltre, occorre considerare gli scopi che il legislatore intende perseguire (Cass. n. 15926/2001), nonché la ragionevolezza del risultato ermeneutico anche alla luce del principio di uguaglianza e di altri valori costituzionalmente protetti (Corte cost., n. 6/1994). In estrema sintesi, al fine di stabilire se il rinvio sia di tipo ‘statico’ o di tipo ‘dinamico’, soccorrono: il criterio letterale, il criterio teleologico ed il criterio sistematico.
Orbene, l’applicazione complessiva dei suddetti criteri induce a ritenere che il rinvio operato dall’art. 23 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 146/1998 sia di tipo dinamico. Quanto al criterio letterale, il riferimento a una complessiva disciplina si colloca su un versante all’opposto all’intenzione, in capo al legislatore, di determinare la cristallizzazione di una specifica previsione normativa; inoltre, l’esplicita indicazione RAGIONE_SOCIALEe “successive modificazioni’ è sintomatica di un riferimento di tipo
dinamico. Quanto poi ai criteri di tipo teleologico e sistematico: come già osservato da questa Corte (cfr. Cass. n. 1618/2016, citata), il collegamento esistente tra la disposizione di detto art. 23 e quella di cui all’art. 9 comma 3 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 537/1993 (evidenziato dall’unicità RAGIONE_SOCIALEa decorrenza, ottenuta mediante l’efficacia retroattiva, dal gennaio del 1994, RAGIONE_SOCIALEa suindicata norma richiamante) <>.
In definitiva, per le ragioni che precedono, dando continuità al principio affermato da Cass. n. 1618/2016, occorre qui ribadire che, <>
Invero, l’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa l. n. 431/1998 ha spiegato l’effetto di sopprimere l’efficacia RAGIONE_SOCIALE‘art. 23 RAGIONE_SOCIALEa l. n. 146/1998, in quanto la legge n. 431/1998 rappresenta una ‘modifica’ in senso soppressivo RAGIONE_SOCIALEa norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 23 e, quindi, ha determinato l’esclusione RAGIONE_SOCIALEa soggezione RAGIONE_SOCIALEe locazioni RAGIONE_SOCIALE alloggi dei pubblici dipendenti all’equo canone.
6. Fondato è invece il motivo secondo.
Il punto è che la legge n. 431/1998, all’art. 15, oltre ad abrogare la normativa sull’equo canone (comma quarto), al comma 5 contiene la disposizione generale in materia di regolamentazione RAGIONE_SOCIALEe locazioni
in corso de iure alla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa nuova disciplina (cioè alla data del 30 dicembre 1998).
Precisamente, in base a detta disposizione: <>.
Orbene, detta disposizione:
sancisce la regola RAGIONE_SOCIALEa irretroattività RAGIONE_SOCIALEa novella, in linea con il principio generale di cui all’art. 11 comma primo RAGIONE_SOCIALEe preleggi, in quanto ai contratti in corso per la loro intera durata ed ai giudizi pendenti continuano ad applicarsi ad ogni effetto le norme vigenti prima di tale data: le nuove disposizioni, dunque, trovano applicazione soltanto per i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa novella;
stabilisce, per quanto concerne i rapporti locativi in corso, la regola RAGIONE_SOCIALE‘ultrattività RAGIONE_SOCIALEe norme previgenti, anche se oggetto di abrogazione espressa; di conseguenza tali rapporti conservano piena validità ed efficacia anche se stipulati in forma orale e, più in generale, gli stessi continuano ad essere assoggettati alla previgente disciplina sia per ciò che concerne la durata che per ciò che attiene agli aspetti economici del rapporto (salvo quanto previsto dall’art. 6 comma 6).
Pertanto, sotto il profilo economico, i rapporti ancora disciplinati dall’equo canone continuano ad essere assoggettati alle regole cogenti sulla determinazione del corrispettivo, mentre, per le locazioni stipulate ai sensi RAGIONE_SOCIALEa legge n. 359/1992, continuano a valere le disposizioni imperative RAGIONE_SOCIALEa legge n. 392/1978, limitative RAGIONE_SOCIALE‘autonomia contrattuale (come quelle relative all’aggiornamento del canone pur liberamente pattuito).
In definiva, fino alla cessazione del periodo di durata pendente all’atto RAGIONE_SOCIALE‘entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa l. n. 431/1998, continua ad applicarsi la disciplina RAGIONE_SOCIALE‘equo canone; e, se il contratto si rinnova tacitamente
(e non con una rinnovazione concordata ai sensi del comma 6 RAGIONE_SOCIALE‘art. 2 RAGIONE_SOCIALEa legge), rimane applicabile la normativa sull’equo canone.
Quindi, nel caso RAGIONE_SOCIALE alloggi di cui trattasi, venuta meno l’efficacia RAGIONE_SOCIALE‘art. 23, i rapporti pendenti, non essendo prevista né una tacita rinnovazione né una rinnovazione per accordo, sono restati soggetti alla disciplina di cui all’art. 9 RAGIONE_SOCIALEa l. n. 537 del 1993 e, dunque, al potere del ministero competente, in forza di tale norma, di determinare il canone secondo i criteri ivi indicati.
Tuttavia, fino a quando il potere ministeriale non viene esercitato l’effetto RAGIONE_SOCIALEa soggezione all’equo canone del rapporto pendente rimane in vigore e ciò, come invoca parte ricorrente, ai sensi del comma 5 RAGIONE_SOCIALE‘art. 14, applicato alla particolare fattispecie di tali contratti.
In sostanza, la pendenza del contratto fra privati fino alla cessazione RAGIONE_SOCIALEa durata in corso come comporta la permanenza RAGIONE_SOCIALE‘applicabilità RAGIONE_SOCIALE‘equo canone, in via di implicazione RAGIONE_SOCIALEa logica RAGIONE_SOCIALEa concessione RAGIONE_SOCIALE‘alloggio senza una durata e senza previsione di rinnovazione, comporta altresì che il ministero competente possa rideterminare immediatamente il canone, esercitando il potere RAGIONE_SOCIALE‘art. 9 citato, ma, fino a quando tale esercizio non vi sia stato, la logica del comma 5 implica la permanente soggezione del rapporto all’equo canone.
In senso contrario, non vale osservare che l’art. 14, comma 5, RAGIONE_SOCIALEa l. n. 431/1998 assicurerebbe la permanenza del regime di equo canone per la durata contrattuale situatasi sì durante la vigenza RAGIONE_SOCIALEa 1. n. 431/1998, ma fino al momento RAGIONE_SOCIALEa rinnovazione tacita intervenuta sotto ed alla stregua di essa quoad durata. Invero tale interpretazione non solo omette di considerare le ampie considerazioni svolte da Cass. n. 12996/2009 (paragrafo 2.3. sul significato RAGIONE_SOCIALEa detta norma e RAGIONE_SOCIALE‘ultrattività RAGIONE_SOCIALE‘art. 79 1. n. 392 del 1978 da essa giustificata), ma, come precisato da Cass. n. 19231/2015, si risolve altresì in un’esegesi RAGIONE_SOCIALEe parole <<per tutta la loro durata» che,
supponendo che tale espressione riguardi il contratto in corso solo fino al periodo di rinnovazione tacita intervenuto sotto l'impero RAGIONE_SOCIALEa legge del 1998, trascura il valore che proprio alla tacita rinnovazione deve attribuirsi in termini di permanenza RAGIONE_SOCIALEa nullità RAGIONE_SOCIALEa clausola attributiva del canone ultralegale prima di quella rinnovazione (come ampiamente motivato da Cass. n. 12996/2009, nel paragrafo 2.4).
In tale prospettiva ermeneutica non rileva il fatto che nella specie il contratto intercorso tra il dipendente RAGIONE_SOCIALEa Polizia RAGIONE_SOCIALE e la Prefettura di Roma, attributivo del godimento RAGIONE_SOCIALE'alloggio demaniale di servizio, è originato e disciplinato da un provvedimento concessorio RAGIONE_SOCIALEa p.a., correlato al perdurare del rapporto di servizio.
Per le ragioni che precedono, RAGIONE_SOCIALE'impugnata sentenza s'impone la cassazione in relazione al motivo secondo, rigettato il motivo primo e dichiarato assorbito il motivo terzo.
Ne segue il rinvio alla Corte d'appello di Roma, che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame dando applicazione ai principi, sopra esposti.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
Stante l'accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera del ricorrente, ai sensi RAGIONE_SOCIALE'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, RAGIONE_SOCIALEa legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il primo motivo;
accoglie il secondo motivo;
dichiara assorbito il terzo;
– cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra Sezione RAGIONE_SOCIALEa Corte d'appello di Roma, comunque in diversa