Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 20322 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 20322 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16637/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME
-ricorrente-
contro
REGIONE LOMBARDIA, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso le SENTENZE del TRIBUNALE SUPERIORE RAGIONE_SOCIALE PUBBLICHE n. 75/2021 depositata il 29/04/2021 e n. 80/2023 depositata il 26/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso articolato in cinque motivi avverso la sentenza parziale n. 75 del 2021 del Tribunale superiore delle Acque Pubbliche, depositata il 29 aprile 2021, e avverso la sentenza definitiva n. 80 del 2023 dello stesso Tribunale, depositata il 26 aprile 2023.
La Regione Lombardia resiste con controricorso.
– La prima sentenza, parzialmente pronunciando sul ricorso n. 186/2019, ha respinto i primi tre motivi d’impugnazione volti all’annullamento: a) del decreto n. 10544 del 17 luglio 2019, con il quale la Regione Lombardia – D.G. Enti locali, Montagna e Piccoli Comuni ha determinato le somme dovute a titolo di canone aggiuntivo ex art. 53bis della l.r. 26/2003 per il proseguimento temporaneo dell’esercizio delle grandi derivazioni idroelettriche scadute; b) della nota prot. n. VI. 2019.0036395 del 7 agosto 2019, con cui la medesima D.G. ha richiesto il versamento di detto canone aggiuntivo per l’anno 2019; c) di ogni altro atto presupposto o connesso.
La sentenza parziale n. 75 del 2021, per il resto, ha disposto la verificazione tecnica su attendibilità, sostenibilità e correttezza del canone aggiuntivo, al fine d’accertare la completezza, quanto a criterio ed a procedimento applicativo, della determinazione di tal canone.
La sentenza definitiva n. 80 del 2023 ha infine respinto il residuo quarto motivo di ricorso attinente al quantum dei criteri individuati dall’amministrazione regionale, richiamando la motivazione espressa in sue precedenti pronunce intercorse tra le medesime parti in punto di ragionevolezza della determinazione del canone aggiuntivo (sentenza TSAP n. 157 del 2022 sui ricorsi n. 183 del 2016, n. 134 del 20l7, n. 222 del 2017, relativa proprio alla deliberazione regionale 9 maggio 2016, n. X/5130, della quale gli atti impugnati nel presente giudizio costituiscono applicazione; sentenza n. 158 del 2022 sul ricorso n. 300 del 2016; sentenza n. 159 del 2022 sul ricorso n.301 del 2016).
Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha depositato memoria, chiedendo di accogliere il ricorso limitatamente al suo quarto motivo, rigettati i primi tre e assorbito il quinto. La memoria del Pubblico Ministero, a fondamento delle conclusioni esposte, afferma che la sentenza del TSAP avrebbe affrontato nella sostanza il profilo della congruità del canone stabilito dalla Regione Lombardia, così ignorando che la domanda della RAGIONE_SOCIALE era piuttosto intesa a denunciare il mancato rispetto delle norme che disciplinano tempi, modalità e forme dell’istruttoria prodromica alla delibera regionale impugnata e i vizi della motivazione della delibera stessa.
Anche la ricorrente ha depositato memoria in data 24 aprile 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo del ricorso della RAGIONE_SOCIALE denuncia: ‘ Error in iudicando (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.), riscontrabile nella sentenza n. 75/2021 impugnata, costituito dalla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, comma 8 -bis, del d. lgs. 16 marzo 1999, n. 79, dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953, degli artt. 3, 23, 41, 53, 117, primo, secondo comma, lett. e) e terzo comma, e 119 Cost.,
dell’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU e dei principi generali di ragionevolezza e di legittimo affidamento. Illegittimità costituzionale dell’art. 53 bis della l.r. Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26 per violazione degli artt. artt. 3, 23, 41, 53, 97, 117, primo, secondo comma, lett. e) e terzo comma, 119 Cost., dell’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU e dei principi generali di ragionevolezza e di legittimo affidamento ‘.
Il secondo motivo del ricorso della RAGIONE_SOCIALE denuncia: ‘ Error in iudicando (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.), riscontrabile nella sentenza n. 75/2021 impugnata, costituito dalla violazione dell’art. 3, par. 1, della direttiva 2009/72/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 e dell’art. 3, par. 4, della direttiva 2019/944/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019; violazione degli artt. 3, 41 e 117, primo comma, Cost. ‘.
Il terzo motivo di ricorso denuncia: ‘ Error in iudicando (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.), riscontrabile nella sentenza n. 75/2021 impugnata, costituito dalla violazione dei principi di incentivazione delle fonti energetiche rinnovabili e di stabilità dei regimi di sostegno sanciti dalle direttive 2001/77/CE, 2009/28/CE e 2018/2001/UE e delle relative norme statali di recepimento. Violazione del principio di legittimo affidamento. Violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.’ Il quarto motivo di ricorso denuncia: ‘ Error in iudicando (art. 360, comma 1, n. 1 c.p.c.), riscontrabile nella sentenza definitiva 26 aprile 2023, n. 80 impugnata, costituito dalla violazione dei principi e dei limiti propri della giurisdizione di legittimità del Tribunale superiore delle acque pubbliche (art. 201 t.u. 1775/1933; art. 360, n. 1, c.p.c.; dell’art. 111, comma 8, Cost. ‘.
Il quinto motivo di ricorso denuncia: ‘ Error in iudicando (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.), riscontrabile nella sentenza definitiva 26 aprile 2023, n. 80 impugnata, per violazione dei ‘principî fondamentali della
legislazione statale di onerosità della concessione e di proporzionalità del canone’, in relazione all’art. 89 decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (come enunciati dalla Corte di cassazione, sez. un. civ., 14 gennaio 2022, n. 1043) (articolo 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) ‘.
-Nella memoria depositata il 24 aprile 2025 la RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato di rinunciare al primo, al secondo e al terzo motivo di ricorso, il che rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno di tali censure.
– Queste Sezioni Unite hanno già esaminato i temi oggetto di causa in precedenti pronunce rese tra le parti, riguardanti ricorsi contro le decisioni del TSAP richiamate anche nella sentenza impugnata, ovvero:
l’ordinanza n. 4331/2024 del 19 febbraio 2024, che definiva con il rigetto l’impugnazione spiegata dalla RAGIONE_SOCIALE per ottenere l’annullamento della deliberazione della Giunta regionale della Lombardia n. X/5130 del 9 maggio 2016, del decreto dirigenziale 28 dicembre 2016 n. 13993 e del decreto dirigenziale 23 maggio 2017 n.5953 e della deliberazione X/5130 del 9 maggio 2016 concernenti la prosecuzione in via transitoria nell’esercizio delle derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico degli impianti gestiti dalla società ricorrente, nonché la determinazione della misura del canone aggiuntivo previsto dall’art. 53 -bis della l.r. Lombardia n. 26 del 2003;
l’ordinanza n. 4340/2024 del 19 febbraio 2024, che definiva con il rigetto l’impugnazione spiegata dalla RAGIONE_SOCIALE per ottenere l’annullamento della deliberazione della Giunta regionale della Lombardia n. X/5591 del 19 settembre 2016 e della deliberazione X/5130 del 9 maggio 2016 concernenti la prosecuzione in via transitoria nell’esercizio della derivazione d’acqua a scopo idroelettrico dell’impianto di Sonico alle condizioni previste dall’art.
53-bis della l.r. Lombardia n. 26 del 2003 e subordinatamente al versamento del canone aggiuntivo disciplinato dal comma 5-bis della disposizione citata;
c) l’ordinanza n. 4341/2024 del 19 febbraio 2024, che definiva con il rigetto l’impugnazione spiegata dalla RAGIONE_SOCIALE per ottenere l’annullamento della deliberazione della Giunta regionale della Lombardia n. X/5677 dell’11 ottobre 2016 e della deliberazione X/5130 del 9 maggio 2016 concernenti la prosecuzione in via transitoria nell’esercizio della derivazione d’acqua a scopo idroelettrico dell’impianto di Benedetto – Cividate alle condizioni previste dall’art. 53 -bis della l.r. Lombardia n. 26 del 2003 e subordinatamente al versamento del canone aggiuntivo disciplinato dal comma 5 bis della disposizione citata.
In base a tali pronunce, risulta accertato, nell’ambito dei singoli rapporti di concessione di grande derivazione intercorrenti tra la RAGIONE_SOCIALE e la Regione Lombardia, il diritto di quest’ultima al pagamento del ‘canone aggiuntivo’ ai sensi dell’art. 53 -bis della l. reg. Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, e successive modificazioni.
3.1. Si è consolidata l’interpretazione in tema di competenza delle Regioni a determinare e a quantificare la misura dei canoni idroelettrici nel rispetto dei principi fondamentali della onerosità della concessione e della proporzionalità del canone alla entità dello sfruttamento della risorsa pubblica e all’utilità economica che il concessionario ne ricava, nonché dei principi di economicità e ragionevolezza, dovendosi ricondurre tale intervento alla materia di potestà concorrente “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” (art. 117, terzo comma, Cost.), restando piuttosto precluso alle Regioni adottare “criteri generali” per detta determinazione, in quanto tale attività è ascrivibile alla competenza esclusiva statale in materia di “tutela della concorrenza” (art. 117,
secondo comma, lett. e, Cost.) (Corte cost. sentenze n. 117 del 2022; n. 155 del 2020; n. 119 del 2019; n. 59 del 2017; Cass. Sez. Un. n. 8036 del 2018; n. 1043 del 2022).
La questione di legittimità costituzionale dell’art. 53bis , comma 5, della l. r. Lombardia n. 26 del 2003 è stata dichiarata manifestamente infondata dalla ordinanza n. 1043 del 2022 di queste Sezioni Unite, sul presupposto che il canone aggiuntivo posto a carico dei concessionari di grandi derivazioni di acqua per uso idroelettrico ha natura di prestazione corrispettiva del protratto sfruttamento della derivazione idrica, ancorata ad elementi tecnici ed economici del rapporto concessorio in corso, e quindi a parametri non arbitrari né meramente discrezionali.
Identica delibazione di manifesta infondatezza con riguardo ai parametri di cui agli artt. 3, 23, 97 e 117 Cost., così come di conformità al diritto dell’Unione Europea, è stata operata nell’ordinanza n. 4331 del 2024 di queste Sezioni Unite.
Così pure la più recente ordinanza n. 15888 del 2024 ha smentito il contrasto delle previsioni normative regionali di pagamento del canone aggiuntivo con gli artt. 117 e 23 Cost., in quanto basate su disposizione di legge statale e giustificate come corrispettivo dell’uso continuativo degli impianti, e non quale prestazione patrimoniale imposta.
3.2. -Venendo, nella specie, al quarto ed al quinto motivo di ricorso, in ordine al sindacato esercitato dal TSAP sulla congruità e sulla ragionevolezza del parametro oggettivo utilizzato dall’amministrazione nella determinazione della misura del canone, anche in considerazione del carattere provvisorio del canone medesimo e della previsione di successivi conguagli, alla luce altresì delle conclusioni contenute nella memoria depositata dal Pubblico Ministero, basta ribadire i limiti dell’ambito del sindaca to del Tribunale
superiore delle acque pubbliche, chiamato a pronunciarsi in unico grado sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati, quanto all’accertamento dei vizi relativi allo svolgimento della funzione pubblica (compresi quelli denotati dalle figure sintomatiche dell’eccesso di potere), ovvero alla verifica della ragionevolezza e proporzionalità della scelta rispetto al fine, verifica non invece estesa alle ragioni di merito, dovendosi arrestare non solo dinanzi alle ipotesi di scelte equivalenti, ma anche a quelle meno attendibili, purché congruenti con il fine da raggiungere e con le esigenze da governare (da ultimo, Cass. n. 18643 del 2024).
L’apprezzamento compiuto dal Tribunale superiore delle acque pubbliche in relazione alla misura del canone aggiuntivo ed alla congruità della stessa rispetto ai principi di onerosità della concessione e di proporzionalità del corrispettivo all’entità dello sfruttamento della risorsa pubblica e all’utilità economica che il concessionario ne ricava, non è sindacabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., non consentendosi al giudice di legittimità la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle “quaestiones facti”, la quale comporterebbe un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito (Cass. Sez. Un. n. 14995 del 2024).
La pronuncia di rigetto delle domande di annullamento si esaurisce nella conferma dei provvedimenti impugnati, sicché il TSAP non si è affatto sostituito all’amministrazione nell’esercizio della discrezionalità e della opportunità che ne connotano l’azione.
4. -Il ricorso deve, pertanto, essere respinto e, in ragione della soccombenza, la ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente Regione Lombardia le spese del giudizio di cassazione, nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 10.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite