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Canone aggiuntivo concessioni: legittimo e non retroattivo

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi di due società energetiche contro un Ente Regionale, confermando la legittimità del canone aggiuntivo per concessioni idroelettriche scadute. La Corte ha stabilito che la richiesta di pagamento non è retroattiva, poiché l’obbligo era già previsto da una legge regionale precedente alla delibera di quantificazione. Inoltre, ha chiarito che il controllo del giudice amministrativo su tale canone deve limitarsi a una verifica di legittimità (ragionevolezza, logicità) senza invadere il merito delle scelte discrezionali dell’amministrazione.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Canone Aggiuntivo Concessioni: La Cassazione Conferma la Legittimità

L’ordinanza in commento affronta una questione di grande rilevanza per il settore energetico e per i rapporti tra imprese e Pubblica Amministrazione: la legittimità del canone aggiuntivo concessioni idroelettriche. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha messo un punto fermo su una controversia che vedeva contrapposte due importanti società energetiche e un Ente Regionale, chiarendo i confini del principio di irretroattività degli atti amministrativi e i limiti del controllo giudiziario sulle scelte della PA. La decisione offre spunti fondamentali per comprendere come e quando lo Stato può richiedere un corrispettivo per lo sfruttamento di beni pubblici la cui concessione è scaduta.

I Fatti di Causa: La Controversia sul Canone Idroelettrico

Due società, titolari di concessioni per la grande derivazione di acque pubbliche a uso idroelettrico, si sono viste richiedere da un Ente Regionale il pagamento di un canone aggiuntivo. La richiesta era motivata dalla prosecuzione temporanea dell’attività degli impianti anche dopo la scadenza delle rispettive concessioni, in attesa delle nuove procedure di gara.

Le società hanno impugnato gli atti amministrativi con cui l’Ente aveva determinato in via provvisoria l’importo del canone (fissato in una cifra fissa per ogni kW di potenza nominale), lamentando principalmente due aspetti:
1. Illegittima retroattività: La delibera di quantificazione del canone, adottata nel 2016, pretendeva il pagamento a decorrere dal 2011, violando il principio di irretroattività.
2. Irrazionalità del calcolo: Il criterio standardizzato non teneva conto delle specifiche caratteristiche e della redditività di ogni singolo impianto, risultando sproporzionato e arbitrario.

Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP) aveva respinto i ricorsi, e le società hanno quindi adito la Corte di Cassazione.

La Questione del Canone Aggiuntivo Concessioni e la Presunta Retroattività

Il primo motivo di ricorso, cuore della controversia, riguardava la presunta applicazione retroattiva del canone. Le società sostenevano che l’obbligo di pagamento fosse sorto solo con la delibera regionale del 2016 e non potesse quindi applicarsi a periodi precedenti.

La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, qualificandola come infondata. I giudici hanno chiarito che l’obbligo di versare un canone aggiuntivo concessioni non nasce con l’atto che lo quantifica, ma con la legge che lo istituisce. Nel caso di specie, una legge regionale del 2010 aveva già previsto tale obbligo per i concessionari che avessero continuato l’attività dopo la scadenza.

La delibera del 2016, pertanto, non ha introdotto un nuovo obbligo retroattivo, ma si è limitata a:
* Quantificare l’importo dovuto.
* Rendere esigibile una prestazione già prevista dalla fonte normativa primaria.
L’obbligo era quindi preesistente; la delibera ne ha solo determinato la concreta applicazione.

I Limiti del Controllo del Giudice sul Canone Aggiuntivo

Il secondo punto cruciale era stabilire fino a che punto il giudice amministrativo potesse sindacare la scelta dell’Ente di utilizzare un parametro oggettivo e provvisorio (potenza nominale) invece di un calcolo basato sulla redditività specifica di ogni impianto.

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità della PA è un controllo di legittimità, non di merito. Questo significa che il giudice non può sostituire la propria valutazione a quella dell’amministrazione, ritenendola più opportuna o conveniente. Il suo compito è verificare che la scelta amministrativa non sia viziata da:
* Manifesta irragionevolezza
* Illogicità
* Arbitrarietà

Nel caso specifico, la scelta di un parametro unico e provvisorio è stata ritenuta non irragionevole, data la natura temporanea della determinazione e la previsione di un successivo conguaglio definitivo basato sulla redditività effettiva. Il Tribunale, quindi, non ha sconfinato nel merito, ma ha correttamente esercitato il proprio potere di controllo sulla legittimità dell’azione amministrativa.

Il Ruolo del Verificatore Tecnico nel Processo

Le società ricorrenti avevano anche lamentato che il TSAP avesse disatteso le conclusioni di un verificatore tecnico, il quale aveva suggerito un metodo di calcolo diverso e più equo. La Corte ha ricordato che le conclusioni dell’esperto (sia esso verificatore o consulente tecnico) non sono mai vincolanti per il giudice. Quest’ultimo può discostarsene, a condizione di fornire una motivazione adeguata e logica per la sua decisione, come avvenuto nel caso di specie.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Le motivazioni della Corte si fondano su una netta distinzione tra la fonte dell’obbligazione e l’atto che la rende esigibile. La legge regionale del 2010 ha istituito l’obbligo di pagamento del canone aggiuntivo come corrispettivo per la prosecuzione dell’utilizzo di un bene pubblico. La successiva delibera del 2016 ha agito come un atto meramente attuativo, necessario per la quantificazione e la riscossione, senza introdurre retroattivamente un nuovo onere. Sul piano del sindacato giurisdizionale, la Corte ha sottolineato che il giudice deve arrestarsi di fronte alle scelte discrezionali dell’amministrazione, a meno che non siano palesemente viziate. La scelta di un criterio provvisorio e standardizzato, in attesa di un conguaglio, è stata considerata una decisione non arbitraria e quindi legittima, rientrante nella sfera di discrezionalità della PA.

Conclusioni

L’ordinanza consolida principi chiave del diritto amministrativo e del rapporto tra potere giudiziario e Pubblica Amministrazione. In primo luogo, stabilisce che la richiesta di un canone aggiuntivo concessioni non è retroattiva se l’obbligo è già sancito da una legge, anche se la sua quantificazione avviene in un momento successivo. In secondo luogo, riafferma che il controllo del giudice sulle decisioni discrezionali della PA è un controllo esterno sulla legittimità e ragionevolezza, non una valutazione interna di merito. Questa pronuncia fornisce quindi certezza giuridica agli operatori del settore e agli enti pubblici, delineando con chiarezza il quadro normativo e giurisprudenziale applicabile alla gestione delle concessioni pubbliche in regime di proroga.

Un canone può essere richiesto per periodi precedenti alla delibera amministrativa che lo quantifica?
Sì, a condizione che l’obbligo di pagamento sia stato istituito da una legge entrata in vigore prima dei periodi in questione. In tal caso, la delibera successiva ha solo la funzione di determinare l’importo e rendere esigibile un’obbligazione già esistente.

Il giudice amministrativo può annullare un canone perché lo ritiene ‘troppo alto’ o ‘iniquo’?
No, il giudice non può sostituire la propria valutazione di merito a quella della Pubblica Amministrazione. Può annullare l’atto solo se la scelta dell’amministrazione risulta palesemente irragionevole, illogica o arbitraria, configurando un vizio di ‘eccesso di potere’.

La perizia di un esperto tecnico nominato dal tribunale è vincolante per il giudice?
No, il giudice non è vincolato dalle conclusioni del verificatore o del consulente tecnico. Può discostarsene e decidere diversamente, ma ha l’obbligo di spiegare nella sentenza, con una motivazione logica e coerente, le ragioni del suo dissenso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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