Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 7049 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 7049 Anno 2024
AVV_NOTAIO: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3930-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del AVV_NOTAIO pro tempore della Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
PROVINCIA DI SONDRIO;
Oggetto
TSAP
CONTENZIOSO
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/12/2023
CC
– intimata –
avverso la sentenza n. 213/2022 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 17/11/2022. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale Superiore RAGIONE_SOCIALE Acque Pubbliche, con sentenza n. 213/2022, – in giudizio promosso dalla RAGIONE_SOCIALE, operante nel settore della produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e che gestisce un complesso sistema interconnesso di impianti idroelettrici sito nell’Alta Valtellina, di cui fanno parte le derivazioni comunemente denominate « Lover o», « Grosotto », « Premadio I – diga Cancano II », « Grosio », nei confronti della Regione Lombardia e della Provincia RAGIONE_SOCIALE Sondrio, al fine di sentire annullare la Delibera della Giunta Regionale 30 dicembre 2020 -n. XI/4182 (‘ Determinazioni concernenti la prosecuzione dell’esercizio RAGIONE_SOCIALE grandi derivazioni idroelettriche con concessioni scadute ‘) e relativo Allegato A, notificata in data 31.12.2020, gli atti preordinati e presupposti ivi richiamati, nonché (a seguito di ricorso per motivi aggiunti) la Delibera della Giunta Regionale n. XI/4960, approvata nella seduta del 29 giugno 2021, rubricat a: ‘ determinazioni concernenti la prosecuzione dell’esercizio della grande derivazione idroelettrica ‘Stazzona – approvazione dello schema convenzione con RAGIONE_SOCIALE e con l’adesio ne di RAGIONE_SOCIALE, per il monitoraggio e la gestione degli effetti sulla galleria idraulica ‘Sernio -Stazzona ‘ della costruzione e del successivo esercizio dell’infrastruttura viaria denominata ‘nodo di Tirano’, tangenziale di Tirano, relativa alla SS 38 ‘dello Stelvio ‘, e il decreto n. 8957 del 30 giugno 2021, della Regione Lombardia –RAGIONE_SOCIALE Montagna e Piccoli Comuni, rubricato: ‘ determinazione RAGIONE_SOCIALE somme dovute a titolo di canone aggiuntivo conseguente al proseguimento temporaneo del l’esercizio RAGIONE_SOCIALE grandi derivazioni idroelettriche scadute in applicazione dell’art. 53 -bis, comma 5, della l.r. n. 26/2003 e s.m.i. e della DGR X/5130 del 9 maggio 2016 (…) ‘ – ha respinto tutte le domande.
In particolare, i giudici hanno rilevato che: a) la gran parte RAGIONE_SOCIALE questioni sollevate con il ricorso erano già state scrutinate dallo stesso TSAP, con sentenze/ordinanze del 2017 e 2020, confermate dalle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (Cass. nn. 8036/2018, 5197/2019, 15990/2020, 1043/2022), essendosi esclusi profili di legittimità costituzionale sollevati dalle ex concessionarie (da qualificarsi come « gestore in nome e per conto della Regione RAGIONE_SOCIALE opere c.d. bagnate ») ed essendo state ritenute infondate tutte le doglianze, in quanto: « il canone aggiuntivo è correlato come corrispettivo all’uso continuativo degli impianti
che in quanto opere bagnate risultano ex art. 25 Regio decreto 1775/1933, già acquisite al termine della concessione alla mano pubblica »; « In pendenza RAGIONE_SOCIALE procedure pubbliche di riassegnazione RAGIONE_SOCIALE concessioni di grande derivazione ad uso idroelettrico, il canone aggiuntivo costituisce legittima manifestazione RAGIONE_SOCIALE potestà regionale basata su disposizione di legge statale (d.lgs 79/1999, art. 12, comma 8 bis) »; « La funzione corrispettiva del canone per la protrazione dell’esercizio di grande derivazion e idrica depone nel senso che la determinazione dei relativi importi esula dalla materia propriamente impositiva di cui alla riserva di legge ex articolo 23 costituzione »; « i criteri di quantificazione del canone ex art. 53 bis lr 26/2033 sono conformi ai parametri di ragionevolezza e non arbitrarietà »; b) residuava la questione « relativa alla denunciata illegittimità dell’obbligo di cessione di energia disposto dalla Regione sulla base dell’art.1, comma 1, quinquies d.lgs. 79/1990 », ma il motivo era infondato.
Avverso la suddetta pronuncia, la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, notificato il 3/2/23, affidato a tre motivi, nei confronti di Regione Lombardia (che resiste con controricorso, notificato 13/3/23) e della Provincia di Sondrio (che non svolge difese).
E’ stata depositata istanza di trattazione in pubblica udienza. Il AVV_NOTAIO, con decreto del 29/11/23 ha rimesso e riservato al RAGIONE_SOCIALE, convocato nell’adunanza camerale del 12 dicembre 2023, ogni valutazione circa la eventuale trattazione del suddetto ricorso in pubblica udienza.
La ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. La ricorrente lamenta; a) con il primo motivo, ex art. 360 n. 3) c.p.c., violazione di legge: falsa applicazione dell’art. 12 del decreto Bersani, come riscritto dal d.l. n. 135/2018, convertito in legge n. 12/2019, violazione e falsa applicazione della l.r. n. 5/2020 art. 6, art. 3, comma 12, art. 23, falsa applicazione della l.r. n. 26/2003, art. 53-bis , violazione della legge n. 239/2004 (art. 1, co. 2, lett. a) e b), lamentandosi, in relazione al rigetto della censura relativa alla illegittima fissazione, con la delibera regionale n. 4182/2020 impugnata, di un termine per la prosecuzione « dell’esercizio RAGIONE_SOCIALE derivazioni nonché della conduzione e degli impianti RAGIONE_SOCIALE grandi derivazioni idroelettriche, la cui concessione è scaduta », al 31/12/2021, che la sentenza impugnata abbia deciso il rigetto richiamando per relationem RAGIONE_SOCIALE « pronunce » che non hanno invece affrontato tale questione di diritto; b) con il secondo motivo, ex art. 360 n. 3) c.p.c., violazione di legge, falsa applicazione dell’art. 12 del decreto Bersani, come
riscritto dal d.l. n. 135/2018, convertito in legge n. 12/2019, falsa applicazione dell’art. 53bis della l.r. n. 26/2003 e successive modifiche e integrazioni, violazione dell’art. 23 e dell’art. 6 della l.r. n. 5/2020, violazione della legge n. 241/199 0 e del principio del giusto procedimento, lamentandosi, in relazione al rigetto della censura relativa all’illegittimo « ribaltamento di prospettiva della disciplina primaria », con la delibera regionale n. 4182/2020 impugnata (laddove essa ha stabilito di riservarsi di disporre « l’eventuale ulteriore prosecuzione, comunque non oltre il 31 luglio 2024, dell’esercizio RAGIONE_SOCIALE grandi derivazioni di cui all’allegato A ovvero la loro cessazione in relazione alle verifiche del rispetto da parte degli operatori RAGIONE_SOCIALE condizioni richiamate nei precedenti punti 3 e 4 »), formulata nel secondo motivo di appello, nonché al rigetto della censura sulla violazione del giusto procedimento amministrativo, di cui alla legge 241/1990 (comunicazione di avvio del procedimento, adeguata istruttoria, coerente motivazione) il TSAP sarebbe caduto in errore e violazione di legge ; c) con il terzo motivo, ex art. 360 n. 3) c.p.c., violazione di legge, violazione dell’art. 3 della Costituzione, violazione della legge n. 241/1990, violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in riferimento al rigetto RAGIONE_SOCIALE censure sollevate, con motivi aggiunti, in relazione alla delibera della GR n. XI/4960 e al decreto n. 8957/2021, atti regionali che erano stati censurati, con il terzo motivo di gravame, per quanto concerne l’imposizione e la misura del c.d. canone aggiuntivo per l’anno 2021, sotto vari profili, essendosi denunciato che la « abnorme e sproporzionata misura » adottata era frutto di errori di ordine concettuale e tecnico essendosi criticata la « relazione di RAGIONE_SOCIALE » (con produzione dinanzi al Tsap anche RAGIONE_SOCIALE conclusioni rese dai Verificatori a conferma del « cattivo uso dei poteri amministrativi in ragione dell’erroneità RAGIONE_SOCIALE metodologia seguita da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e la inadeguatezza ed erroneità dei criteri di calcolo » per carenze tecnico istruttorie), lamentandosi che il Tsap abbia travisato la portata RAGIONE_SOCIALE censure e ignorato gli apporti probatori offerti.
La ricorrente ha precisato che il capo che va dalle parole: « residua la questione …» alle parole « censure dedotte dalla ricorrente » (pagg. 5 e 6), è oggetto di un altro ricorso, per rettificazione, ex art.204 d.d. 1775/1933, in quanto frutto di extrapetizione.
Preliminarmente, va disattesa l’istanza di rinvio a nuovo ruolo e di fissazione dell’udienza pubblica ex art. 375 cod. proc. civ..
All’esito della riformulazione dell’art. 375 c.p.c., operata dal d.lgs. n. 149/2022, la Corte di Cassazione, anche a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, pronuncia in pubblica udienza unicamente nei casi di ricorso per revocazione ex art. 391 quater cod. proc. civ. e di particolare rilevanza
della questione di diritto, mentre delibera con ordinanza resa all’esito della camera di consiglio ex art. 380bis 1 c.p.c., « in ogni altro caso in cui non pronuncia in pubblica udienza » ( art. 375, comma 2, n. 4 quater ).
La disposizione delinea un rapporto regola/eccezione secondo cui i ricorsi sono « normalmente » destinati ad essere definiti nel rispetto RAGIONE_SOCIALE forme previste dall’art. 380bis 1 c.p.c ., ossia all’esito di adunanza camerale, salvo che non ricorrano le condizioni indicate nel primo comma dello stesso art. 375 c.p.c., la cui applicabilità, quanto all’ipotesi riferibile all’esercizio del potere nomofilattico, richiede che la questione di diritto sulla quale la Corte è chiamata a pronunciare si presenti di particolare rilevanza, che va esclusa, non solo nell’ipotesi in cui la questione medesima non sia nuova, perché già risolta dalla Corte, ma anche qualora il principio di diritto che la Corte è chiamata ad enunciare sia solo apparentemente connotato da novità, perché conseguenza della mera estensione di principi già affermati, sia pure in relazione a fattispecie concrete connotate da diversità rispetto a quelle già vagliate.
Quest’ultima evenienza è quella che ricorre nel caso di specie, in quanto in relazione alla misura del canone provvisorio richiesto, le censure prospettano errores in iudicando e in procedendo in relazione ai quali la pronuncia da rendere non presenta i requisiti richiesti dal richiamato comma 1 dell’art. 375 c.p.c.
3. La prima censura é infondata.
La ricorrente lamenta che fosse stata prospettata una questione di diritto, in ordine alla fissazione della data finale (31/12/2021) per la cessazione dell’esercizio di derivazione e impianti da parte di RAGIONE_SOCIALE, per violazione e falsa applicazione della Legge Regionale n. 5/2020 art.23 e dell’art.53bis comma 4 della legge regionale 26/2003 (che si riferiscono esclusivamente all’esercizio degli impianti e non anche all’esercizio RAGIONE_SOCIALE derivazioni; che contemplano la cessazione per l’esercizio RAGIONE_SOCIALE derivazion i solo con l’aggiudicazione per effetto RAGIONE_SOCIALE nuove procedure di affidamento, da completare « entro e non oltre il 31 dicembre 2023 (rectius : 31 luglio 2024) »), nonché dell’art. 12, comma 1bis , d.lgs. 79/1999, dell’art. 6 l.r. n. 5/2020 e della legge n. 239/2004, non potendo essere pregiudicata dalla Regione la continuità della produzione elettrica. Tali questioni, non risolte nelle pronunce richiamate, di merito e di legittimità, non sarebbero state vagliate dal Tsap.
Nel motivo, si denuncia un vizio di violazione e falsa applicazione di legge, ai sensi dell’art.360 n. 3 c.p.c., pur lamentandosi, a pag. 9, oltre all’errata motivazione in diritto ,
anche la sua non pertinenza perché la questione di diritto prospettata all’esame del TSAP non era « mai stata proposta né affrontata nei giudizi ivi richiamati ».
Il Tribunale Superiore RAGIONE_SOCIALE Acque Pubbliche, nella sentenza impugnata, dopo avere sintetizzato, a pag.3, il primo motivo di impugnazione della società (« Illegittimità del limite d’esercizio RAGIONE_SOCIALE concessioni stabilito ex ante al 31.12.2021 »), lo ha ritenuto infondato, facendo rinvio a precedenti propri e di questa Corte di Cassazione (Cass. nn. 8036/2018, 5197/2019, 15990/2020, 1043/2022), enunciando poi sinteticamente gli approdi giurisprudenziali raggiunti.
Questa Corte ha chiarito (Cass 28139/2018) che « la sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, RAGIONE_SOCIALE ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità RAGIONE_SOCIALE questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame » (conf. Cass. 20883/2019). Per converso, « la sentenza d’appello non può ritenersi legittimamente resa “per relationem”, in assenza di un comprensibile richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, ai fatti allegati dall’appellante e alle ragioni del gravame, così da risolversi in una acritica adesione ad un provvedimento solo menzionato, senza che emerga una effettiva valutazione, propria del giudice di appello, della infondatezza dei motivi del gravame » (Cass. 2397/2021; cfr. anche Cass. 21443/2022).
Deve dunque emergere un percorso motivazionale logico e specifico, fondato, anche nelle parti in cui è svolto attraverso un rinvio « per relationem » a precedenti di merito, sui motivi di impugnazione proposti.
Orbene, nella specie, tra i precedenti di questa Corte richiamati vi è anche la n. 15990/2020, nella quale, essendo stata impugnata la sentenza n. 3/2017 del TSAP, tra le stesse parti, si faceva questione proprio della legittimità della « prosecuzione temporanea dell’esercizio era stata limitata ad “un primo periodo di mesi 12, e quindi fino al 28 luglio 2014”, nonostante che essa ricorrente fosse stata individuata dalla stessa Giunta regionale come soggetto legittimato a esercire la concessione d’acqua per uso idroelettrico fino alla riassegnazione della concessione mediante la gara ad evidenza
pubblica », per violazione del comma 10bis dell’art. 12 del d.lgs. n. 79 del 1999, il quale « assoggetta esclusivamente alla legislazione statale le concessioni disciplinate da convenzioni internazionali »; in motivazione, si è chiarito che le norme regionali in esame (L.R. n. 26/2003) rientrano, invece, nella materia, di competenza legislativa concorrente, ex art. 117, terzo comma, Cost., della « produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia » e non si pongono in contrasto con principi fondamentali dettati dalla legislazione statale, in particolare con il menzionato d.lgs. n. 79 del 1999, il cui principio fondamentale va rinvenuto essenzialmente nella previsione diretta ad assicurare la continuit à dell’erogazione del servizio idrico, cosicché la previsione del canone aggiuntivo, in pendenza RAGIONE_SOCIALE procedure pubbliche di riassegnazione RAGIONE_SOCIALE concessioni di grande derivazione ad uso idroelettrico, costituisce legittima manifestazione della potest à legislativa regionale, trovando presupposto e giustificazione proprio nella protrazione, anche se temporanea e circoscritta, della « gestione dell’impianto » da parte del concessionario uscente, fin al l’esito RAGIONE_SOCIALE procedure di riassegnazione ed al fine di assicurare la continuit à dell’erogazione del servizio.
Vero che la legittimità della delibera regionale impugnata con il ricorso andrebbe vagliata alla luce della normativa vigente al momento della sua adozione, ma nella specie si discute di un istituto, il canone aggiuntivo, che « nel trapasso di leggi nel tempo non ha certo cambiato natura n é funzione » (cfr. Cass. Sez.Un. 1043/2022, in motivazione).
E la controricorrente ha dato conto della successione di delibere analoghe, dal 2010, momento in cui le concessioni sono venute via via a scadenza, adottate proprio per consentire all’ex concessionario di proseguire per un ulteriore periodo (di due anni), ininterrottamente, nell’esercizio della derivazione e nella condizione RAGIONE_SOCIALE opere e degli impianti in nome e per conto dell’amministrazione.
Negli altri precedenti di queste RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, richiamati nella sentenza impugnata, si è evidenziato, inoltre, che il canone aggiuntivo si pone in relazione funzionale e corrispettiva con la protrazione dell’esercizio della grande derivazione idrica e pertanto, da un lato, è privo dei tratti caratteristici e fondamentali dell’imposta, soggetta alla riserva di le gge di cui all’art. 23 Cost., e, dall’altro, la sua previsione costituisce legittima manifestazione della potestà legislativa regionale, in quanto inerente alla materia, non già della concorrenza, bensì della produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia, rientrante nella legislazione concorrente ex art.117, comma 3, Cost. (Cass. Sez.Un. n. 1043/2022; Cass. Sez.Un. n. 8036/2018).
La ricorrente, facendo leva sull’interpretazione della normativa regionale, nella parte in cui valorizza le misure già stabilite dei canoni e sovracanoni, nonché sulla disciplina statale, nella parte in cui prevede, come principio di carattere generale, che la prosecuzione della concessione debba avvenire alle stesse condizioni stabilite dalle normative e dal disciplinare di concessione vigenti, non considera la particolare natura e la finalità del beneficio di cui invoca la conservazione (la esenzione parziale o totale dal canone), che univocamente indirizzano verso l’esclusione della conservazione del beneficio medesimo per il periodo successivo alla scadenza della concessione, periodo in cui, come queste RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE hanno già rilevato, il concessionario uscente gestisce l’impianto « in via di fatto e per conto della Regione » ( Cass. Sez.Un. n. 8036/2018).
Né risulta decisiva, ai fini della valutazione della legittimità della delibera impugnata avente ad oggetto la previsione di un canone aggiuntivo, una volta spirato il termine finale della concessione, a carico del concessionario uscente che rimanga nel possesso dell’impianto ormai ammortizzato, dal quale continua a trarre un’utilità, la differente formulazione della disposizione contenuta nella delibera della G.R., qui impugnata, n. 4182/2020, secondo cui la prosecuzione disposta, sino al 31 dicembre 2021, riguardava « l’esercizio RAGIONE_SOCIALE derivazioni nonché della conduzione RAGIONE_SOCIALE opere e degli impianti », mentre sia la l.r. n. 5/2020 (che in questa sede interessa) che la pregressa l.r. n. 26/2003 hanno fatto sempre e soltanto riferimento al « l’esercizio degli impianti ».
4. La seconda censura è inammissibile.
La ricorrente si duole (con il secondo motivo di gravame, così sinteticamente indicato nella sentenza impugnata « illegittimità dell’applicazione ex ante degli oneri connessi alla prosecuzione RAGIONE_SOCIALE derivazioni ») che la G.R. nella delibera impugnata n. 4182/2020 abbia stabilito di riservarsi di disporre « l’eventuale ulteriore prosecuzione, comunque non oltre il 31 luglio 2024, dell’esercizio RAGIONE_SOCIALE grandi derivazioni di cui all’allegato A ovvero la loro cessazione in relazione alle verifiche del rispetto da parte degli operatori RAGIONE_SOCIALE condizioni richiamate nei precedenti punti 3 e 4 »), essendosi così operato un illegittimo « ribaltamento di prospettiva della disciplina primaria ». L’Autorità amministrativa regionale dovrebbe anche rispondere della violazione dei principi del giusto procedimento amministrativo di cui alla l.241/1990.
Queste RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE hanno già affermato che « l’ambito del sindacato del Tribunale Superiore RAGIONE_SOCIALE Acque Pubbliche, qualora sia chiamato a pronunciarsi in unico grado sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati, è limitato all’accertamento dei vizi possibili dello svolgimento della funzione pubblica, compresi quelli denotati dalle figure sintomatiche dell’eccesso di potere; esso attiene, quindi, alla verifica della ragionevolezza e proporzionalità della scelta rispetto al fine e non si estende alle ragioni di merito, dovendosi arrestare dinanzi non solo alle ipotesi di scelte equivalenti ma anche a quelle meno attendibili, purché congruenti con il fine da raggiungere e con le esigenze da governare » ( Cass. Sez.Un. n. 1885/2023 e negli stessi termini Cass. Sez.Un. n. 11291/2021 e Cass. Sez.Un. 1n. 3077/2023).
Ora, la doglianza, sempre formulata come violazione di legge, ex art.360 n. 3 c.p.c., si risolve in un tentativo di ridefinire i criteri che la Regione Lombardia avrebbe dovuto adottare per decidere se consentire o meno la prosecuzione temporanea RAGIONE_SOCIALE der ivazioni e dell’utilizzo degli impianti della cessata concessione, non presi in considerazione dal TSAP.
Il Tribunale, nella sentenza impugnata, ha ribadito, con richiamo a diversi precedenti di merito e di legittimità, che la pretesa da parte della Regione di far pagare, a titolo di corrispettivo, un canone aggiuntivo all’ex concessionario scaduto per grand i derivazioni idroelettriche, che continua a fare uso RAGIONE_SOCIALE c.d. opere bagnate, già acquisite al termine della concessione alla mano pubblica, costituisce legittima manifestazione della potestà regionale basata su disposizione di legge statale (art. 12, comma 8bis , d.lgs. 79/1999).
La censura, in punto di violazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni in materia di giusto procedimento è del tutto priva di specificità.
5. Il terzo motivo è inammissibile.
Si censura la sentenza impugnata laddove il Tribunale ha affermato che i criteri di quantificazione del canone aggiuntivo sono conformi ai parametri di ragionevolezza e non arbitrarietà.
La ricorrente lamenta che, per quanto concerne l’imposizione e la misura del c.d. canone aggiuntivo per l’anno 2021, oggetto di delibere con determinazione in via provvisoria e definitiva, si era denunciato che la « abnorme e sproporzionata misura » adottata era frutto di errori di ordine concettuale e tecnico, essendosi criticata la « relazione di RAGIONE_SOCIALE », redatta nel 2016, che aveva effettuato stime e
valutazioni preliminari circa la c.d. « rendita idroelettrica », asseritamente ottenuta dal concessionario dall’esercizio dei propri impianti dopo l’originaria scadenza RAGIONE_SOCIALE concessioni (con produzione dinanzi al Tsap anche RAGIONE_SOCIALE conclusioni rese dai Verificatori, in altro giudizio dinanzi al Tsap, per quanto emerge dalla nota 3 a pag. 20, a conferma del « cattivo uso dei poteri amministrativi in ragione dell’erroneità RAGIONE_SOCIALE metodologia seguita da RAGIONE_SOCIALE e la inadeguatezza ed erroneità dei criteri di calcolo » per carenze tecnico istruttorie), sulla cui base Regione Lombardia aveva fondato anche le delibere oggetto della presente impugnazione, e che il Tsap abbia travisato la portata RAGIONE_SOCIALE suddette censure e ignorato gli apporti probatori offerti, anche richiamando la verificazione resa nei giudizi dinanzi al Tsap.
In sostanza, si assume che, a dimostrazione dell’illegittimità della delibera g.r. n. 4182/2020, qui impugnata, e della « presupposta » delibera g.r. n. 5130 del 2016, si erano richiamati nel giudizio documenti relativi all’impugnazione di quest’ultima delibera e si lamenta che il Tsap abbia ignorato tali apporti probatori.
Ma, nel processo amministrativo la verificazione di cui all’art. 66 cod. proc. amm. è diretta a far emergere « la realtà oggettiva RAGIONE_SOCIALE cose, e si risolve essenzialmente in un accertamento diretto ad individuare, nella realtà RAGIONE_SOCIALE cose, la sussistenza di determinati elementi, ovvero a conseguire la conoscenza dei fatti, la cui esistenza non sia accertabile o desumibile con certezza dalle risultanze documentali » (cfr. C.d.S. 14 gennaio 2020 n. 330). Si tratta, dunque, di uno strumento istruttorio che mira all’effettuazione di un mero accertamento tecnico di natura non valutativa che, però, ha ad oggetto fatti complessi, rispetto ai quali anche l’attività merame nte accertativa richiede uno specifico sapere scientifico, al quale il giudice fa ricorso in funzione consultiva (cfr. C.d.S. 7 luglio 2021 n. 5169 e C.d.S. 25 marzo 2021 n. 2537).
La consulenza tecnica, invece, disciplinata dal successivo art. 67 cod. proc. amm., consente al giudice di acquisire un giudizio tecnico ed il consulente non si limita « ad un’attività meramente ricognitiva e circoscritta ad un elemento o fatto specifico ma, utilizzando le proprie specifiche cognizioni tecniche, prende in carico situazioni ed oggetti complessi al fine di elaborare un proprio giudizio, e di conseguenza a rispondere al quesito ritenuto dal giudice utile ai fini del decidere con una soluzione tecnicamente idonea alla stregua di un “giudizio di valore” » (C.d.S. 19 ottobre 2017 n. 4848).
Nell’uno e nell’altro caso, peraltro, così come accade nel giudizio dinanzi al giudice ordinario, è consentito disattendere le conclusioni esposte dal verificatore o dal
consulente, purché RAGIONE_SOCIALE ragioni del dissenso il giudice dia adeguato conto, giacché, come queste RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE hanno già affermato, si deve escludere « in modo radicale qualsiasi vincolatività dei giudizi valutativi del verificatore sulla autonomia della cognizione del giudice amministrativo rispetto alle conclusioni assunte in sede di accertamento tecnico » (Cass. S.U. 9 gennaio 2020 n. 158: « Non sussiste eccesso di potere giurisdizionale nella decisione del Consiglio di Stato che si discosti dalla valutazione tecnica espressa dal verificatore il cui parere sia stato richiesto nel corso del giudizio amministrativo ex artt. 19 e 64 del d.lgs n. 104 del 2010 (codice del processo amministrativo) trattandosi di uno strumento processuale cognitivo e non valutativo di fatti rilevanti ai fini della decisione, le cui contestazioni costituiscono censure strettamente interne all’esercizio della giurisdizione »).
Occorre poi ribadire l’orientamento consolidato espresso dalle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE secondo cui la sentenza del Tribunale Superiore RAGIONE_SOCIALE Acque Pubbliche, soggetta ratione temporis all’applicazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., come riformulato dal d.l. n. 83/2012, è ricorribile per cassazione per vizio di motivazione solo qualora il vizio integri violazione di legge costituzionalmente rilevante (art. 111 Cost.), da denunciare ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ. in relazione all’art. 132 n. 4 cod. proc. civ.. Rilevano, di conseguenza, solo i profili dell’inesistenza o della mera apparenza per intrinseca inidoneità a consentire il controllo RAGIONE_SOCIALE ragioni che stanno alla base della decisione, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, mentre non rientra nei compiti della Corte di cassazione la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle quaestiones facti , verifica che comporta un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito ( cfr. fra le tante più recenti Cass. S.U. 6 giugno 2023 n. 15931; Cass. S.U. 4 luglio 2023 n. 18843; Cass. S.U. 6 luglio 2023 n. 19227).
Orbene, nel presente giudizio non risulta che si sia dato luogo ad istruttoria né con verificazione né con consulenza tecnica, cosicché il Tribunale non era tenuto a dare conto RAGIONE_SOCIALE ragioni del dissenso dai giudizi espressi dai verificatori in altro giudizio, comunque non vincolanti nella loro componente valutativa, alla luce dei principi di diritto sopra richiamati, valutati gli altri elementi probatori acquisiti.
Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 7.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario RAGIONE_SOCIALE spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso, a Roma, nella camera di consiglio del 12 dicembre 2023