LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Canone aggiuntivo concessioni: la Cassazione decide

Una società energetica ha contestato il canone aggiuntivo imposto da un ente regionale per la prosecuzione dell’esercizio di impianti idroelettrici dopo la scadenza delle concessioni. La Corte di Cassazione, con ordinanza, ha respinto il ricorso, confermando la piena legittimità del potere regionale di imporre tale corrispettivo. La decisione si fonda sul principio che l’operatore, continuando a utilizzare beni pubblici (le cosiddette ‘opere bagnate’) e a trarne profitto, deve versare un compenso all’ente pubblico. Il canone aggiuntivo è stato qualificato non come un tributo, ma come una controprestazione per l’uso di beni demaniali, rientrando così nelle competenze regionali in materia di energia.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Canone aggiuntivo per concessioni scadute: la Cassazione conferma la legittimità

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta con una recente ordinanza su una questione di grande rilevanza per il settore energetico: la legittimità del canone aggiuntivo imposto da un ente regionale a una società per la prosecuzione dell’attività di impianti idroelettrici dopo la scadenza delle concessioni. La Corte ha rigettato il ricorso della società, consolidando il potere delle Regioni di gestire queste fasi transitorie e di richiedere un giusto corrispettivo per l’utilizzo di beni pubblici.

I Fatti del Caso

Una importante società operante nel settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili si è vista scadere le concessioni per la gestione di un complesso sistema di impianti idroelettrici. L’ente regionale competente, in attesa di avviare le nuove procedure di gara per la riassegnazione, ha autorizzato la società a proseguire temporaneamente l’esercizio degli impianti.

Contestualmente, la Regione ha imposto il pagamento di un canone aggiuntivo e fissato un termine per tale prosecuzione, riservandosi di valutare eventuali ulteriori proroghe. La società ha impugnato questi provvedimenti davanti al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, lamentando l’illegittimità sia del termine imposto sia del canone, ma il suo ricorso è stato respinto. Di qui, l’appello alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul canone aggiuntivo

La Suprema Corte ha esaminato e respinto tutti e tre i motivi di ricorso presentati dalla società, confermando la sentenza del Tribunale Superiore e la legittimità dell’operato della Regione.

Il Limite Temporale e la Motivazione “per Relationem”

Il primo motivo di doglianza riguardava la fissazione di un termine per la prosecuzione dell’attività, ritenuto illegittimo dalla società. La ricorrente contestava anche il fatto che il giudice di primo grado avesse motivato la sua decisione richiamando sentenze precedenti (motivazione “per relationem”) che, a suo dire, non affrontavano la specifica questione.

La Cassazione ha chiarito che la motivazione “per relationem” è pienamente valida quando il giudice non si limita a un’adesione acritica, ma dimostra di aver vagliato le questioni e fa riferimento a principi giurisprudenziali consolidati, specialmente se formatisi tra le stesse parti. In questo caso, le sentenze richiamate avevano già stabilito la legittimità della gestione temporanea post-scadenza, rendendo infondata la censura.

La Prospettiva della Disciplina Primaria

Con il secondo motivo, la società lamentava un “ribaltamento di prospettiva” da parte della Regione, che si era riservata di decidere su future proroghe. Secondo la Corte, questa censura era inammissibile perché mirava a ridefinire i criteri discrezionali dell’amministrazione, un ambito che esula dal sindacato di legittimità della Cassazione. È stato ribadito che la pretesa di un canone aggiuntivo come corrispettivo per l’uso di opere già acquisite al demanio pubblico (“opere bagnate”) è una legittima manifestazione della potestà regionale.

La Misura del Canone Aggiuntivo

Infine, la ricorrente contestava la misura del canone, definendola “abnorme e sproporzionata” e frutto di errori tecnici nella valutazione. Anche questo motivo è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha sottolineato che il suo compito non è quello di verificare la sufficienza o la razionalità della motivazione su questioni di fatto o valutazioni tecniche. Un vizio di motivazione è censurabile in Cassazione solo se si traduce in una violazione di legge costituzionalmente rilevante (es. motivazione inesistente o meramente apparente), cosa che non è avvenuta nel caso di specie.

Le Motivazioni

Le Sezioni Unite hanno ribadito principi giuridici fondamentali. La previsione di un canone aggiuntivo trova la sua giustificazione nella necessità di assicurare la continuità del servizio di erogazione di energia, in attesa delle nuove gare. Tale canone non è una tassa, ma un corrispettivo per la protrazione dell’esercizio, che consente all’ex concessionario di continuare a trarre profitto da impianti ormai ammortizzati e divenuti di proprietà pubblica. Questa potestà rientra pienamente nella competenza legislativa concorrente della Regione in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, senza violare i principi statali.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione consolida il potere delle Regioni di governare le delicate fasi di transizione successive alla scadenza di grandi concessioni. Viene confermato che l’imposizione di un canone aggiuntivo è uno strumento legittimo per compensare la collettività dell’utilizzo di beni pubblici da parte di un operatore privato. La decisione, inoltre, traccia una linea netta sui limiti del sindacato di legittimità, escludendo la possibilità per la Suprema Corte di entrare nel merito di valutazioni tecniche e discrezionali correttamente effettuate dagli organi competenti.

Una Regione può imporre un canone aggiuntivo a un operatore la cui concessione idroelettrica è scaduta?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la previsione di un canone aggiuntivo costituisce una legittima manifestazione della potestà legislativa regionale. Tale canone funge da corrispettivo per la prosecuzione dell’utilizzo di beni pubblici (le cosiddette ‘opere bagnate’) da parte dell’ex concessionario, in attesa della riassegnazione della concessione, e trova giustificazione nella continuità del servizio pubblico.

È legittimo che un giudice motivi una sentenza facendo riferimento ad altre decisioni (motivazione “per relationem”)?
Sì, è legittimo a condizione che il giudice non si limiti ad un’adesione acritica, ma dia conto, anche sinteticamente, delle ragioni della conferma e dell’identità delle questioni trattate. La sentenza deve permettere di ricostruire un percorso argomentativo esaustivo e coerente, basato su principi giurisprudenziali consolidati.

La Corte di Cassazione può riesaminare la congruità dell’importo di un canone stabilito da un ente pubblico?
No. La Corte ha stabilito che la valutazione sulla misura e la quantificazione del canone aggiuntivo, se non sfocia in una palese irragionevolezza o arbitrarietà, attiene al merito della decisione e non è sindacabile in sede di legittimità. Il suo controllo si limita ai vizi di violazione di legge e ai difetti di motivazione costituzionalmente rilevanti, come la motivazione assente o solo apparente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati