Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3063 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 3063  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21709-2020 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso  LA  CANCELLERIA  DELLA  CORTE  SUPREMA  DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 646/2019 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 21/11/2019 R.G.N. 691/2017;
Oggetto
Cancellazione elenchi lavoratori agricoli
R.G.N. 21709/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 25/10/2023
CC
udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  camera  di consiglio  del  25/10/2023  dal  AVV_NOTAIO  NOME COGNOME.
RILEVATO IN FATTO
che,  con  sentenza  depositata  il  21.11.2019,  la  Corte d’appello di Messina, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato decaduta NOME COGNOME dal diritto di chiedere la reiscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli relativi  all’anno  2009 ,  a  seguito  della  cancellazione  dai quali  l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE  le  aveva  notificato  un  indebito  relativo  a prestazioni di disoccupazione erogate nel 2011;
che  avverso  tale  pronuncia  NOME  COGNOME  ha  proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura, successivamente illustrato con memoria;
che l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 25.10.2023, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 22, comma 1°, d.l. n. 7/1970 (conv. con l. n. 83/1970), e 38, comma 6, d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), per avere la Corte di merito ritenuto che l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avesse dato prova dell’avvenuta pubblicazione telematica degli elenchi di variazione recanti la sua cancellazione nei giorni 15.11.2014-10.1.2015, senza considerare che ella aveva contestato sia la tempestività che l’idoneità all’uopo del docume nto prodotto dall’ente previdenziale all’atto della (tardiva) costituzione in primo grado;
che questa Corte ha recentemente chiarito che la notificazione al lavoratore del disconoscimento di giornate
lavorative mediante la pubblicazione telematica da parte dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE  nel  proprio  sito internet ,  ai  sensi  dell’art.  38, comma 7, d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), nel testo  antecedente  alla  modifica  apportata  dall’art.  43, comma 7, d.l. n. 76/2020 (conv. con l. n. 120/2020), può avere  ad oggetto anche  giornate lavorative relative all’iscrizione negli elenchi nominativi annuali antecedenti l’entrata in vigore della norma (così Cass. n. 37974 del 2022 e succ. conf.);
che, sotto altro profilo, è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio di diritto secondo cui l’inosservanza del termine di centoventi giorni previsto dall’art. 22, d.l. n. 7/1970 (conv. con l. n. 83/1980), per la proposizione dell’azione giudiziaria a seguito della notifica, o presa di conoscenza, del provvedimento definitivo di iscrizione o mancata iscrizione nei predetti elenchi, ovvero di cancellazione dagli stessi, determina, in quanto relativa al compimento di un atto di esercizio di un diritto soggettivo, la decadenza sostanziale del privato, che non solo è sottratta alla sanatoria prevista dall’art. 8 della legge n. 533/1973, ma, riguardando una materia sottratta alla disponibilità delle parti, è anche rilevabile di ufficio dal giudice in ogni stato e grado del giudizio, a norma dell’art. 2969 c.c., salvo il limite del giudicato interno (così, tra le più recenti, Cass. n. 17653 del 2020); che, ciò posto, è evidente che l’odierna ricorrente, pur deducendo formalmente un vizio di violazione di legge, intende censurare in questa sede l’idoneità probatoria del documento prodotto dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in prime cure che i giudici territoriali hanno reputato utile al fine di dimostrare l’avvenuta pubblicazione degli elenchi recanti la cancellazione in suo danno e, conseguentemente, la tardività dell’adito giudiziale;
che è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità se non nei ristretti limiti dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 24155 del 2017, 3340 del 2019, 7091 del 2023);
che, nella specie, il motivo di censura incorre precisamente nella confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulato con riguardo ad una presunta violazione delle disposizioni di legge richiamate nella rubrica, pretende in realtà di criticare l’accertamento di fatto in esito al quale il i giudici territoriali hanno ritenuto, come detto, che dalla documentazione depositata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in atti si evincesse che la cancellazione dell’odierna ricorrente dagli elenchi era stata oggetto di pubblicazione telematica nel periodo compreso tra il 15.12.2014 e il 10.1.2015;
che nemmeno gioverebbe riqualificare il motivo di censura sub specie di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, dal momento che, anche a voler concedere che il documento in questione possa attingere al rango di fatto (secondario) decisivo, esso è stato espressamente esaminato dai giudici;
che non sarebbe invece possibile qualificare il motivo di gravame  come  volto  a  contestare  la  sussistenza  stessa della motivazione, ex artt. 132, n. 4, e 360, n. 4, c.p.c.,
concernendo tale ragione di censura un error in procedendo (così  Cass.  S.U.  n.  22232  del  2016  e  succ. conf.) che, ancorché senza l’impiego di formule sacramentali,  postula  l’univoco  riferimento  alla  nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, all’uopo non bastando argomentare sulla violazione di legge o sulla mancanza o insufficienza della motivazione (arg. ex Cass. S.U. n. 17931 del 2013 e succ. conf.);
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile;
che nulla va disposto sulle spese ex art. 152 att. c.p.c., controvertendosi non solo sull’iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli, ma altresì sulla sussistenza dell’indebito (così Cass. n. 1292 del 2023, in rel. a Cass. n. 16676 del 2020);
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del  ricorso,  sussistono  i  presupposti  processuali  per  il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del