Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16385 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16385 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7391/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE NOME, RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 609/2021 depositata il 26/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n.609/2021, pubblicata il 26 gennaio 2020, affidato ad un unico articolato motivo di doglianza. NOME COGNOME resiste con controricorso, illustrato da successiva memoria.
Per quanto ancora di interesse, la Corte d’appello, a conferma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda del ricorrente, ammesso alla difesa in proprio in quanto avvocato, volta a ottenere ristoro dei danni subiti per ingiusta detenzione nei confronti del Ministero della giustizia (con il quale è addivenuto a una composizione bonaria) e di alcuni professionisti che lo avevano denunciato in sede penale in ragione di una consulenza contabile redatta nell’interesse del fallimento RAGIONE_SOCIALE, in seguito alla quale era stato avviato un procedimento penale nei suoi confronti per bancarotta preferenziale: imputazione dalla quale era stato assolto, ma che tuttavia nella fase di indagini lo aveva condotto al suo arresto con prolungata detenzione domiciliare.
Prima della pronuncia della sentenza d’appello impugnata, il ricorrente si è cancellato volontariamente dall’albo
professionale, senza darne comunicazione alla Corte d’appello e, pertanto, ne deduce la nullità.
Motivi della decisione
Con un unico motivo di ricorso, il ricorrente, ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., lamenta la ‘ nullità della sentenza per essere stata pronunciata dopo l’insorgere di un caso di interruzione ex lege ex art. 301 c.p.c. ‘. Secondo il ricorrente, che richiama sul punto le argomentazioni svolte nella sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 3702/2017, ‘ la cancellazione volontaria dall’Albo di appartenenza del difensore determina l’interruzione del processo dal giorno dell’avveramento (nella specie:17.12.2020) con conseguente nullità delle attività ulteriormente poste in essere e che, nel caso che intrattiene, si estendono oltre che alla pubblicazione della sentenza n. 609/2021 in data 26.01.2021, anche alla validità della notificazione della medesima sentenza avvenuta in data 02.02.2021 …’.
Il motivo è manifestamente infondato e, dunque, inammissibile.
L’indirizzo indicato nella pronuncia delle Sezioni unite n. 3702/2017, richiamata nel motivo, dà concreta attuazione al principio del giusto processo, ed è inteso a salvaguardare lo ius postulandi della parte rappresentata dalla difesa tecnica, ove quest’ultima venga meno per sua libera autodeterminazione. In particolare, il caso osservato in quella sede si riferisce alla sorte della notifica dell’atto d’appello eseguita nei confronti del procuratore domiciliatario dell’appellato volontariamente cancellatosi dall’albo prima della notifica medesima, ma dopo il deposito della sentenza impugnata. Secondo quanto chiarito dalle stesse Sezioni Unite, da ciò conseguirebbe la nullità della notifica (ove non sanata, retroattivamente, dalla costituzione spontanea dell’appellato o mediante il meccanismo di cui all’art. 291, comma 1, c.p.c.), nonché la nullità del procedimento e
della sentenza di appello, ma non anche il passaggio in giudicato della decisione di primo grado, con l’ulteriore effetto che il termine di impugnazione non riprenderebbe a decorrere fino al relativo suo venir meno o fino alla sostituzione del menzionato difensore (Sez. U 13/02/2017 n. 3702, Rv. 642537 – 02).
Nel caso in esame, invece, la parte munita della qualità necessaria per esercitare in proprio l’ufficio di difensore, pretende di applicare lo stesso principio posto a salvaguardia dello ius postulandi della parte processuale riguardo alla peculiare ipotesi in cui la stessa parte processuale, sebbene autorizzata a difendersi in proprio, ha autonomamente deciso, nelle more della decisione, di cancellarsi dall’albo professionale, perdendo la qualità necessaria per esercitare il suo ufficio di difensore. Viene pertanto in rilievo che, in tale ipotesi, non risulta applicabile l’art. 301 c.p.c., in quanto fuoriesce dal sistema di tutela del diritto di difesa il caso del professionista che, autorizzato a stare in giudizio personalmente (ex art. 86 c.p.c.), provochi a suo piacimento l’interruzione del processo, imponendo alle altre parti un implicito e costante onere di verifica della permanenza in capo alla parte costituita ex art. 86 c.p.c. ‘della qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore ‘, in ogni momento del giudizio.
In proposito va, piuttosto, data continuità al principio, espresso da questa Suprema Corte di Cassazione in una fattispecie analoga, secondo cui la cancellazione volontaria dall’albo degli avvocati, ottenuta dalla parte che, munita della qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore, sta in giudizio personalmente, non comporta una causa di interruzione del giudizio (cfr. Cass. Civ.Sez. III, n. 22848 del 29/9/2017).
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 a favore della parte resistente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese , liquidate in € 20.200,00, oltre € 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, all’ufficio competente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto .
Così deciso in Roma, il 31/05/2024.