Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21422 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21422 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28584-2021 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
CASA DI CURA RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza n. 3081/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/06/2021 R.G.N. 360/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza impugnata e pubblicata il 23 giugno 2021, ha confermato la pronuncia di
Oggetto
Mansioni
R.G.N. 28584/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 05/06/2025
CC
primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE volta ad ottenere il ripristino dell’adibizione a mansioni di centralinista, dopo essere stata assegnata il 20 febbraio 2018 alle mansioni di cuoca;
la Corte territoriale, in sintesi, esaminata la classificazione del personale secondo la contrattazione collettiva applicabile al rapporto (CCNL Case di Cura AIOP), ha ritenuto operante l’art. 2103 c.c. nella formulazione novellata dal d. lgs. n. 81 del 2015 che consente l’adibizione a ‘mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte’;
ha constatato che nel livello B1 impiegatizio, attribuito alla lavoratrice, è collocato anche il ‘cuoco con 10 anni di anzianità, nella stessa qualifica e nella stessa struttura’, di modo che l’istante aveva conservato livello, retribuzione e categoria;
ha osservato che la COGNOME ‘se avesse avuto l’inquadramento come centralinista sarebbe passata nella categoria degli operai non essendo prevista per tale mansione l’inserimento tra gli impiegati B1’;
per la cassazione di tale sentenza, in data 15 novembre 2021, ha proposto ricorso la soccombente con tre motivi; non ha svolto attività difensiva la società intimata;
la parte ricorrente ha anche comunicato memoria;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati;
1.1. il primo denuncia: ‘Violazione ed errata applicazione dell’art. 2103 c.c. così come modificato dal d. lgs. n. 81 del 2015 nonché violazione ed errata applicazione degli artt. 45 e 51 del CCNL Case di Cura AIOP in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3’; si c ritica la sentenza impugnata per avere ‘errato nel valutare la categoria legale correlata alla mansione di cuoco attribuita alla ricorrente, , considerandola come rientrante nella categoria legale degli ‘impiegati’ anziché, come statuisce il CCNL (appli cabile), in quella di ‘operaia”;
1.2. il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2087 c.c., sostenendo che l’assegnazione alle diverse mansioni avrebbe violato la disposizione codicistica; 1.3. il terzo motivo deduce: ‘Motivazione apparente, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.’, in quanto la Corte avrebbe ‘completamente travisato e sminuito il requisito di 10 anni di anzianità’;
il ricorso non può trovare accoglimento;
2.1. il primo motivo presenta un preliminare profilo di inammissibilità in quanto nell’illustrazione di esso non viene specificato quando sia stato integralmente depositato e dove sia reperibile il contratto collettivo nazionale posto a fondamento della censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. (cfr. Cass. SS.UU. n. 20075 del 2010; Cass. SS.UU. n. 25038 del 2013; Cass. SS. UU. n. 7161 del 2010; conformi: Cass. nn. 17602 del 2011 e n. 124 del 2013);
in ogni caso la doglianza non si confronta né confuta adeguatamente l’argomento dirimente, contenuto nella sentenza impugnata, secondo cui le mansioni di centralinista rivendicate dalla ricorrente appartenevano, per contratto collettivo, alla categoria degli operai (posizione B), così come
quelle di cuoco, e, a differenze di queste ultime, neanche erano suscettibili di progressione nella successiva posizione economica B1, appartenente alla categoria degli impiegati;
2.2. il secondo motivo è inammissibile in quanto la questione della pretesa violazione dell’art. 2087 c.c. non risulta affrontata nella sentenza gravata;
secondo giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (cfr. Cass. SS.UU. n. 34469 del 2019), di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. SS. UU. n. 2399 del 2014; Cass. n. 2730 del 2012; Cass. n. 20518 del 2008; Cass. n. 25546 del 2006; Cass. n. 3664 del 2006; Cass. n. 6542 del 2004; Cass. n. 32084 del 2019; Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 27568 del 2017); nella specie chi ricorre non riporta i contenuti specifici degli atti processuali dai quali evincere: come la questione era stata introdotta nel giudizio; in qual modo la stessa era stata risolta dalla sentenza di primo grado; come la questione medesima era stata devoluta in appello;
2.3. il terzo motivo è inammissibile in quanto deduce il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le
modifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), senza indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf. Cass. n. 20944 del 2019);
pertanto, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso; non occorre provvedere sulle spese in difetto di attività difensiva della società intimata;
invece, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, principale e incidentale, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 5 giugno 2025.
La Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME