Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27607 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 27607 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso 16502-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO presso lo studio de ll’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
Oggetto
APPALTO
TRASFERIMENTO
AZIENDA
RNUMERO_DOCUMENTON.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 02/10/2024
PU
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 24/2023 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 24/01/2023 R.G.N. 790/2021; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/10/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO che ha concluso per il rigetto del primo motivo e inammissibile il secondo; udito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME per delega verbale AVV_NOTAIO
NOME COGNOME;
udito l’AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Bologna, in riforma della sentenza del Tribunale della medesima sede, ha accertato che il subentro della società RAGIONE_SOCIALE nell’appalto dei servizi di vigilanza, accoglienza e portierato presso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Bologna ha integrato un trasferimento di ramo di azienda, ai sensi del novellato art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 276 del 2003, ed ha condannato la società al pagamento di alcune differenze retributive a NOME COGNOME passata alle dipendenze della società vincitrice dell’appalto.
La Corte territoriale -rilevato che la novellata disposizione normativa richiede, ai fini dell’esclusione RAGIONE_SOCIALE garanzie dettate dall’art. 2112 cod.civ., che l’impresa subentrante nell’appalto presenti elementi di discontinuità -ha ritenuto che detti elementi non fossero emersi in quanto, nonostante la reciproca autonomia e l’assenza di collegamenti fra i soggetti uscente e subentrante, una parte della strumentazione tecnica impiegata nonché i locali erano necessariamente forniti dalla stazione appaltante, mentre gli unici elementi di novità organizzativa
introdotti dalla società subentrante erano consistiti nell’adozione RAGIONE_SOCIALE nuove divise di lavoro e dei cartellini di riconoscimento; il giudice di appello ha, pertanto, ritenuto applicabili le tutele previste dall’art. 2112 cod.civ. le quali, peraltro, lasciano la libertà, al cessionario, di sostituire la fonte collettiva di disciplina dei rapporti di lavoro (purché dello stesso livello di quella applicata presso il cedente), con conseguente legittimità del mantenimento del contratto collettivo già applicato dalla società RAGIONE_SOCIALE (seppur contenente trattamenti deteriori rispetto alla fonte sostituita); ha, infine, condannato la società al pagamento di specifiche voci retributive (concernenti la retribuzione ordinaria spettante, differente dall a ‘retribuzione di accesso’ limitata, ex contratto integrativo del 23.6.2015, al personale assunto entro il 31.12.2015; l’anzianità di servizio; superminimo già goduto; riparametrazione percentuale del part time).
Avverso tale sentenza la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Il lavoratore ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 29, comma 3, del d.lgs. n. 276 del 2003 e 2112 cod.civ. per avere, la Corte territoriale, fornito una lettu ra della novella legislativa (apportata dall’art. 30 della legge n. 122 del 2016 al comma 3, dell’art. 29 cit.) in contrasto con il dettato normativo e con la ratio della disposizione, privandola di concreta applicazione; invero gli elementi di discontinuità non possono essere ricercati tra quegli aspetti esecutivi dell’appalto pubblico rispetto ai quali l’imprenditore
aggiudicatario non ha alcun potere discrezionale di intervento e di modifica (come nel caso dell’appalto in oggetto) posto che la stazione appaltante non intende mutare l’oggetto del contratto affidato ma solo il soggetto esecutore dell’attività. Posto che la novella legislativa ha preso le mosse dalla procedura di infrazione per violazione della direttiva 2001/23/UE, l’identità tra due attività economiche va valutata in base ai principi elaborati in sede europea (oltre che nazionale) che richiedono la cons ervazione, tra l’impresa cedente e quella cessionaria, del medesimo ‘insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria’.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotto, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, avendo, la Corte territoriale, trascurato che la società RAGIONE_SOCIALE, nello svolger e il servizio in appalto aggiudicato dall’RAGIONE_SOCIALE, ha fatto ricorso a personale e mezzi di lavoro diversi da quelli precedentemente impiegati dalla società perdente l’appalto (RAGIONE_SOCIALE, imprimendo così una effettiva ‘discontinuità’ orga nizzativa rispetto al precedente appaltatore. Invero, i lavoratori provenienti dalla precedente appaltatrice hanno utilizzato cartellini di riconoscimento e divise da lavoro forniti in via esclusiva da RAGIONE_SOCIALE, che è, altresì intervenuta con (altri) propri dipendenti.
I motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la loro stretta connessione, non sono meritevoli di accoglimento. 4. L’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 276 del 2003 nella versione originaria escludeva l’applicazione RAGIONE_SOCIALE tutele dettate dall’art. 2112 per il trasferimento di azienda o di parte di azienda in caso di cambio di appalto.
5. L’art. 30 della legge n. 122 del 2016 ha modificato il suddetto comma 3 dell’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003 che, nella versione applicabile ratione temporis, recita:
« L’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda ».
La novella legislativa è stata dettata dall’imminenza della procedura di infrazione comunitaria relativa alla elusione della direttiva 2001/23, in materia di trasferimento di azienda: invero, pur se questa Corte aveva ritenuto che la diversità di modell o negoziale tra cessione d’azienda e subentro nell’appalto (l’uno generalmente bilaterale; l’altro necessariamente trilaterale) non fosse determinante per escludere l’applicazione dell’art. 2112 al subentro nell’appalto (Cass. n. 11918 del 2013), la Commissione europea aveva ritenuto insufficiente l’autorevole orientamento giurisprudenziale ai fini della valutazione della compatibilità della norma con la disciplina dell’Unione europea (ancorando, l’orientamento di legittimità, la tutela dell’art. 2112 c.c. al requisito del passaggio di beni di non trascurabile entità).
La formulazione letterale e la costruzione sintattica della disposizione normativa, così come novellata, rende chiaro che il legislatore, pur mantenendo distinti due fenomeni giuridici caratterizzati da vicende negoziali differenti, ha ribaltato la prospettiva precedente (ossia la formulazione originale dell’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003, ove si escludeva che il
cambio di appalto integrasse un trasferimento di azienda), ed ha ritenuto che -in caso di appalto genuino da parte di un nuovo appaltatore ossia di un imprenditore che abbia propria struttura organizzativa ed operativa -opera una sorta di presunzione di operatività dell’art. 2112 c.c., per cui il cambio di appalto costituisce un trasferimento di azienda, a meno che la società subentrante sia caratterizzata da ‘elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa’.
La ratio legis è stata, dunque, quella di porre una regola, rappresentata dalla configurazione (in caso di subentro in un appalto) di un trasferimento di azienda, con l’eccezione dell’esclusione di tale configurazione in caso siano presenti elementi di discontinuità: solamente in presenza di circostanze tali da determinare una discontinuità fra la precedente organizzazione produttiva e quella nuova si potrà, dunque, escludere l’applicabilità dell’art. 2112 c.c.
Questo rapporto regola-eccezione determina, sul piano processuale, un’inversione dell’onere della prova in ordine agli elementi costitutivi della ricorrenza di una cessione di azienda, incombendo sulla parte che la nega (in genere, l’imprenditore subentrante) la relativa prova (della sopravvenuta discontinuità).
Alla luce dell’interpretazione teleologica della disposizione vanno, dunque, identificati gli ‘elementi di discontinuità’ che consentono di rinvenire una ‘specifica identità di impresa’ tale da escludere il fenomeno successorio.
Ai fini di escludere l’applicazione dell’art. 2112 c.c. l’imprenditore subentrante deve possedere un’autonoma ‘struttura organizzativa e produttiva’, con assunzione del conseguente rischio di impresa, requisiti costitutivi che, per
costante giurisprudenza, individuano le ipotesi di genuino appalto dalle fattispecie di illegittima interposizione di manodopera; l’elemento della discontinuità d’impresa è, invece, opposto a quello della identità di impresa che si realizza, secondo orientamento di questa Corte, ove ‘permangono gli stessi mezzi, beni e rapporti giuridici finalizzati all’esercizio stabile e continuativo dell’attività economica in forma di impresa’ (Cass. n. 17063 del 2015, Cass. n. 1102 del 2013), da accertarsi in base al complesso RAGIONE_SOCIALE circostanze di fatto che caratterizzano la specifica operazione, tra cui il tipo d’impresa, la cessione o meno di elementi materiali, la riassunzione o meno del personale, il trasferimento della clientela, il grado di analogia tra le attività esercitate (Cass. n. 17567 del 2020).
12. Secondo la giurisprudenza comunitaria, per poter apprezzare la conservazione dell’autonomia funzionale di un ramo di impresa, dev’essere preso in considerazione il complesso RAGIONE_SOCIALE circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione di cui trattasi, fra le quali rientrano in particolare il tipo di impresa o di stabilimento in questione, la cessione o meno di elementi materiali, quali gli edifici e i beni mobili, il valore degli elementi immateriali al momento della cessione, la riassunzione o meno della maggior parte del personale da parte del nuovo imprenditore, il trasferimento o meno della clientela, nonché il grado di analogia RAGIONE_SOCIALE attività esercitate prima e dopo la cessione e la durata di un’eventuale sospensione di tali attività (CGCE 11.3.1997, C-13/95, COGNOME; CGCE 20.11.2003, C-340/2001, COGNOME; CGCE 15.12.2005, C232/04 e C-233/04, COGNOME e COGNOME; CGUE 6.9.2011, C-108/10, COGNOME; CGUE 20.7.2017, C-416/18, COGNOME NOME ; CGUE 13.6.2019, C-664/2017, Ellinika Nafpigeia AE) .
In particolare, la Corte di Giustizia ha ribadito che lo scopo della direttiva 2001/23/CE (che ha sostituito la precedente direttiva 1977/187 già modificata dalla direttiva 1998/50) è quello di assicurare la continuità dei rapporti di lavoro esistenti nell’ambito di un’entità economica, a prescindere da un cambiamento del proprietario, laddove essa conservi la sua identità nel proseguimento effettivo della gestione o dalla sua ripresa . Invero, ‘è il mantenimento non già della struttura organizzativa specifi ca imposta dall’imprenditore ai diversi fattori di produzione trasferiti, bensì del nesso funzionale di interdipendenza e complementarità fra tali fattori a costituire l’elemento rilevante per determinare la conservazione dell’identità dell’entità trasferi ta: il mantenimento di un siffatto nesso funzionale tra i vari fattori trasferiti consente al cessionario di utilizzare questi ultimi, anche se essi sono integrati, dopo il trasferimento, in una nuova diversa struttura organizzativa al fine di continuare u n’attività economica identica o analoga (CGUE 12.2.2009, C-466/07, COGNOME; successivamente, in conformità, CGUE 9.9.2015, C-160/2014, COGNOME).
Ebbene, tenuti presenti la giurisprudenza comunitaria e nazionale, nonché l’intento legislativo di ricondurre, salvi casi eccezionali, il subentro nell’appalto nell’ambito della (distinta) fattispecie della cessione del ramo di azienda, si deve valutare -per identificare la discontinuità dell’impresa subentrante (che abbia acquisito il personale già impiegato nell’appalto) – se il complesso di elementi organizzativi e produttivi introdotti, nello specifico appalto, dal subentrante sia caratterizzato da profili di tale novità da interrompere il nesso funzionale di interdipendenza e complementarietà precedentemente
sussistente tra i fattori della produzione che consentivano l’esecuzione dell’appalto.
L’applicazione RAGIONE_SOCIALE tutele dettate dall’art. 2112 c.c. conseguirà tutte le volte in cui si rilevi che l’entità trasferita senza la necessità di integrazioni di rilievo da parte dell’impresa subentrante sia idonea ad eseguire l’appalto in tendenziali condizioni di autonomia operativa. Le modifiche organizzative apportate dall’impresa subentrante nella fase di esecuzione dell’appalto determineranno, dunque, una ‘discontinuità ‘ nella misura in cui incidano sul complesso aziendale in modo tale da integrare una autonomia funzionale insufficiente: la valutazione dei fattori, che attiene tipicamente all’accertamento demandato al giudice di merito, dovrà concentrarsi sulla frazione del preesistente complesso produttivo utilizzato dall’impresa subentrante al fine di comprendere se quella organizzazione funzionale rappresenti una struttura coordinata e autonomamente capace di conseguire un determinato obiettivo (l’esecuzione dell’appalto), senza necessità di rilevanti integrazioni da parte dell’impresa subentrante nell’appalto (nello stesso senso, cfr. Cass. n. 19977 del 2024 che, avendo riguardo ad un servizio di mensa, ha affermato che ‘ la discontinuità va accertata o esclusa con riguardo alla conservazione dell’identità dell’entità trasferita, da intendersi quale organizzazione funzionale, ovvero quale struttura coordinata autonomamente capace di conseguire un determinato obiettivo, che prosegue nel cambio di appalto, anche nel caso in cui l’assunzione dei lavoratori sia imposta dal contratto di appalto o da clausola sociale di contratto collettivo ‘ ).
Va, pertanto, formulato il seguente principio di diritto: Ai sensi dell’art. 29, comma 3 del d.lgs. n. 276 del 2003 come
novellato dall’art. 30 della legge n. 122 del 2016, l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa non costituisce trasferimento d’azienda se il complesso di elementi organizzativi e produttivi introdotti, nello specifico appalto, dal subentrante sia caratterizzato da profili di tale novità da interrompere il nesso funzionale di interdipendenza e complementarietà precedentemente sussistente tra i fattori della produzione che consentivano l’esecuzione dell’appalto.
16. Nel caso di specie la Corte territoriale ha correttamente interpretato l’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 276 del 2003 nel senso innanzi precisato, ritenendo di escludere (con riguardo al servizio di vigilanza e portierato fornito al committente) la ricorrenza di elementi di discontinuità nelle modifiche organizzative inserite dal nuovo appaltatore consistenti nell’adozione RAGIONE_SOCIALE divise della società e dei cartellini di riconoscimento e tali, pertanto, da non incidere sull’autonomia funzionale del gruppo di lavoratori acquisito.
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in RAGIONE_SOCIALE 200,00 per esborsi, nonché in RAGIONE_SOCIALE 5.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 2 ottobre