Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24914 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24914 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29142-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– controricorrente –
nonchè contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
APPALTO
R.G.N. 29142/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 24/06/2025
CC
avverso la sentenza n. 783/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/05/2021 R.G.N. 338/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli, confermando la pronuncia di primo grado, ha accertato che la società RAGIONE_SOCIALE (subentrata nell’appalto RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE il 189.12.2017) aveva dimostrato, con comportamento univoco e concludente, di dare applicazione al CCNL RAGIONE_SOCIALE, con conseguente obbligo di assumere il lavoratore, NOME COGNOME già addetto al cantiere oggetto di cambio appalto.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza impugnata sulla base di tre motivi. La società RAGIONE_SOCIALE e il lavoratore hanno resistito con distinti controricorsi.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 1321, 1324, 1325, 1332 c.c. e 4 del CCNL Multiservizi avendo, la Corte territoriale erroneamente applicato l’istituto del passaggio diretto al subentro di appalto posto che la società subentrante non applica il suddetto contratto collettivo né è stata attivata la relativa procedura di passaggio dei dipendenti (con particolare riferimento alle specifiche comunicazioni che debbono intercorrere tra ditta cessante e ditta subentrante e
alle conseguenti trattative) né ricorrevano i requisiti previsti per l’assunzione presso la società subentrante.
Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art 2697 c.c. avendo, la Corte territoriale, trascurato di verificare la sussistenza degli elementi richiesti dalla giurisprudenza di legittimità per l’applicazione della disciplina di fonte collettiva e per il passaggio dei dipendenti alla ditta subentrante nonché degli elementi richiesti dalla norma collettiva.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce omesso esame circa l’illegittimità del recesso operato dall’azienda uscente, domanda proposta in via subordinata dal lavoratore.
I motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la stretta connessione, sono in parte inammissibili e per la parte residua non sono fondati.
Questa Corte ha già affermato che «I contratti collettivi non aventi efficacia “erga omnes” costituiscono atti aventi natura negoziale e privatistica, applicabili esclusivamente ai rapporti individuali intercorrenti tra soggetti iscritti alle associazioni stipulanti o che, in mancanza di tale condizione, abbiano espressamente aderito ai patti collettivi o li abbiano implicitamente recepiti, attraverso un comportamento concludente desumibile da una costante e prolungata applicazione, senza contestazione alcuna, delle relative clausole al singolo rapporto. Ne consegue che, ove una delle parti faccia riferimento, per la decisione della causa, ad una clausola di un determinato contratto collettivo di lavoro, il giudice del merito ha il compito di valutare in concreto il comportamento posto in essere dal datore di lavoro e dal lavoratore, allo scopo di accertare, pur in difetto della iscrizione alle associazioni sindacali stipulanti, se dagli atti siano desumibili elementi tali da
indurre a ritenere ugualmente sussistente la vincolatività della contrattazione collettiva invocata» (Cass. n. 24336/2013; in senso conforme, più di recente, Cass. n. 18408/2015, Cass. n. 42001/2021; Cass. n. 7203/2024).
6. Il ricorso si presenta, dunque, inammissibile nella misura in cui richiede a questa Corte una valutazione in concreto del comportamento adottato dalla società subentrante nell’appalto, accertamento di merito insindacabile in questa sede di legittimità; per la parte residua, il ricorso non è fondato, in quanto la Corte territoriale si è conformata al principio di diritto innanzi richiamato verificando, al fine di valutare l’adesione implicita della società alla disciplina di fonte collettiva, la sussistenza di un comportamento concludente significativo dell’adesione all’accordo sindacale.
Va, inoltre, rammentato che la violazione dell’art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018; Cass. n. 18092 del 2020); nella sentenza impugnata non è in alcun modo ravvisabile un sovvertimento dell’onere probatorio, interamente gravante sul lavoratore che invoca il diritto al passaggio diretto presso la società subentrante nell’appalto, ritenuto assolto dalla Corte territoriale sulla base di tutta la documentazione prodotta in atti.
8. In ordine al terzo motivo di ricorso, questa Corte ha già affermato che, ove il contratto collettivo preveda, per l’ipotesi
di cessazione dell’appalto cui sono adibiti i dipendenti, un sistema di procedure idonee a consentire l’assunzione degli stessi, con passaggio diretto e immediato, alle dipendenze dell’impresa subentrante, a seguito della cessazione del rapporto instaurato con l’originario datore di lavoro e mediante la costituzione “ex novo” di un rapporto di lavoro con un diverso soggetto, detta tutela non esclude, ma si aggiunge, a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento (Cass. n. 29922/2018): il profilo di eventuale legittimità/illegittimità del licenziamento intimato dalla società che ha perso l’appalto è del tutto autonomo rispetto al diritto di assunzione presso la società subentrante con conseguente inammissibilità della censura proposta dal ricorrente per difetto di interesse.
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello ove dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge a favore di ciascun controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della
legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 giugno