LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Cambio appalto: diritto all’assunzione del lavoratore

Un lavoratore impiegato nel servizio di igiene urbana non viene riassunto dalla società subentrante in un cambio appalto. La Corte di Cassazione conferma il diritto del lavoratore all’assunzione in base al Contratto Collettivo Nazionale, che prevale sul bando di gara. Tuttavia, respinge la richiesta di pagamento delle retribuzioni da parte del Comune committente, chiarendo che la responsabilità solidale di quest’ultimo richiede la prova di un debito residuo verso la società appaltatrice. L’ordinanza stabilisce quindi un’importante distinzione tra il diritto al posto di lavoro e le condizioni per ottenere un risarcimento economico dal committente.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Cambio appalto: diritto all’assunzione e limiti alla responsabilità del Comune

Il cambio appalto rappresenta un momento delicato per i lavoratori, che vedono il proprio datore di lavoro sostituito da una nuova azienda. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, chiarendo due aspetti fondamentali: la prevalenza del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) sul bando di gara per garantire l’assunzione e i precisi limiti della responsabilità solidale del committente pubblico per le retribuzioni non corrisposte.

I Fatti di Causa

Un lavoratore, impiegato stabilmente nel servizio di igiene urbana per un Comune, si è visto negare l’assunzione da parte della società che aveva vinto il nuovo appalto. La precedente azienda, infatti, impiegava un numero di lavoratori superiore a quello previsto dal nuovo bando di gara. Il lavoratore ha quindi agito in giudizio per ottenere il riconoscimento del suo diritto all’assunzione presso la nuova appaltatrice e la condanna di quest’ultima e del Comune, in solido tra loro, al pagamento delle retribuzioni maturate dal momento del mancato subentro.

La Corte d’Appello aveva dato ragione al lavoratore sul diritto all’assunzione, basandosi sull’art. 6 del CCNL di settore (Fise Assoambiente), ma aveva respinto la domanda di pagamento nei confronti del Comune. Entrambe le parti, il lavoratore e il Comune, hanno quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul cambio appalto

La Suprema Corte ha rigettato i motivi principali del ricorso del lavoratore e ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale presentato dal Comune, consolidando importanti principi in materia di cambio appalto.

La decisione ha confermato che il diritto del lavoratore a essere riassunto dalla nuova impresa si fonda direttamente sulla clausola sociale prevista dal CCNL, che prevale sulle disposizioni del bando di gara. Tuttavia, ha specificato che per far valere la responsabilità solidale del committente (il Comune) non è sufficiente dimostrare il mancato pagamento delle retribuzioni, ma è necessario provare l’esistenza di un debito del committente stesso verso l’impresa appaltatrice.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi distinti.

In primo luogo, riguardo al diritto all’assunzione, i giudici hanno stabilito che le clausole dei contratti collettivi che disciplinano il passaggio dei dipendenti in caso di cambio appalto hanno la funzione di tutelare la stabilità occupazionale. Tali clausole vincolano l’impresa subentrante, anche se il bando di gara prevedeva un organico inferiore. Il fatto che l’azienda uscente impiegasse più personale del previsto non è un elemento sufficiente a negare il diritto del singolo lavoratore, se questi possiede i requisiti previsti dal CCNL (come un’anzianità di servizio minima presso quel cantiere).

In secondo luogo, sul fronte della responsabilità solidale del committente, la Corte ha applicato rigorosamente l’art. 1676 del Codice Civile. Questa norma consente ai dipendenti dell’appaltatore di agire direttamente contro il committente per ottenere quanto loro dovuto, ma solo “nei limiti del debito che il committente ha verso l’appaltatore” nel momento in cui propongono la domanda. Nel caso specifico, il lavoratore non aveva fornito la prova di un tale debito residuo del Comune verso la società subentrante. La particolare situazione della società, sottoposta a confisca secondo il Codice Antimafia, rendeva questa prova ancora più cruciale e soggetta a specifiche procedure, che non erano state seguite. Di conseguenza, la domanda di condanna solidale del Comune è stata correttamente respinta.

Infine, il ricorso del Comune è stato giudicato inammissibile per carenza di interesse concreto. Il Comune contestava il numero eccessivo di lavoratori, ma non ha saputo dimostrare quale danno attuale e specifico avrebbe subito dall’assunzione del lavoratore, rendendo il suo ricorso puramente teorico.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. Per i lavoratori, rafforza la tutela del posto di lavoro nel cambio appalto, confermando che i diritti sanciti dalla contrattazione collettiva sono preminenti rispetto alle clausole amministrative di un bando. Per i committenti, sia pubblici che privati, chiarisce che la responsabilità solidale per i crediti retributivi non è automatica. Per essere chiamati a pagare, è necessario che il lavoratore dimostri l’esistenza di un debito ancora aperto verso l’appaltatore, trasformando la richiesta da un’azione di garanzia generica a una vincolata a specifici presupposti probatori.

In un cambio appalto, la clausola del contratto collettivo che prevede l’assunzione prevale sul bando di gara che indica un numero inferiore di lavoratori?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la clausola del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) che tutela l’occupazione prevale sulle previsioni del bando di gara. Se un lavoratore possiede i requisiti previsti dal CCNL (es. anzianità di servizio in un determinato cantiere), ha diritto all’assunzione presso la nuova azienda, anche se questa impiegava un numero di dipendenti superiore a quello indicato nel capitolato d’appalto.

Il lavoratore non assunto dalla nuova azienda può chiedere le retribuzioni non pagate direttamente al committente pubblico (es. il Comune)?
Può farlo, ma solo a determinate condizioni. Secondo l’art. 1676 del Codice Civile, il lavoratore deve dimostrare che, al momento della sua domanda, il committente aveva ancora un debito economico nei confronti della società appaltatrice. Se questa prova manca, la richiesta di condanna in solido del committente viene respinta.

Perché il ricorso del Comune è stato ritenuto inammissibile?
Il ricorso incidentale del Comune è stato dichiarato inammissibile per carenza d’interesse. Il Comune si opponeva all’assunzione del lavoratore sostenendo che il numero di dipendenti era superiore a quello previsto dal bando, ma non ha dimostrato di aver subito un danno concreto e attuale da tale assunzione. Senza la prova di un pregiudizio effettivo, l’interesse a ricorrere viene a mancare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati