Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20701 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20701 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 31635-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
nonché contro
COGEDILE SOC. RAGIONE_SOCIALE A R.L. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, CONSORZIO NAZIONALE SERVIZI RAGIONE_SOCIALE, COOPERATIVA LAVORATORI AUSILIARI DEL TRAFFICO L.A.T. SOC. RAGIONE_SOCIALE, COMUNE DI AGEROLA;
– intimati – sul ricorso 31672-2021 proposto da:
Oggetto
R.G.N. 31635/2021 R.G.N. 31672/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 05/06/2025
CC
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
nonché contro
COGEDILE SOC. RAGIONE_SOCIALE. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, CONSORZIO NAZIONALE RAGIONE_SOCIALE, COMUNE DI AGEROLA;
– intimati – e sul RICORSO SUCCESSIVO SENZA N.R.G.:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente successivo –
contro
COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti al ricorso successivo nonché contro
COGEDILE SOC. COOP. A R.L. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, COOPERATIVA LAVORATORI AUSILIARI DEL
RAGIONE_SOCIALE COMUNE DI AGEROLA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1125/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 29/06/2021 R.G.N. 1707/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza in data 25 febbraio 2021, la Corte d’appello di Napoli ha accolto l’impugnazione proposta da NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la decisione del Tribunale di Napoli che aveva dichiarato l’estinzione del giudizio, e, per l’effetto, ha dichiarato la nullità dei contratti a termine stipulati tra gli appellanti e RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nonchè la sussistenza tra le parti di distinti rapporti di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal 18.7.2010 alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE, dall’1.7.2011 alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e dall’1.3.2012 alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE
Ha, quindi, condannato RAGIONE_SOCIALE a ripristinare il rapporto di lavoro degli appellanti con le mansioni precedentemente svolte e condannato le appellate C.RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., in solido, al pagamento di una indennità risarcitoria pari a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre interessi e rivalutazione dalla sentenza al saldo effettivo, condannando, altresì, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in solido, in favore degli appellanti delle spese del doppio grado di giudizio e compensando le spese di entrambi i gradi di giudizio tra Comune di Agerola e RAGIONE_SOCIALE in LCA e le altre parti.
Avverso tale pronunzia propone ricorso RAGIONE_SOCIALE affidandolo a otto motivi.
Con distinti ricorsi successivi, iscritti al numero di ruolo 31672 del 2021, hanno impugnato la medesima decisione la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE rispettivamente con sedici e sette motivi.
Resistono, con distinti controricorsi, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Tutte le parti hanno presentato memorie.
CONSIDERATO CHE
Va preliminarmente rilevato come il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e, perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale ( ex plurimis, Cass. n. 22603 del 2023; Cass. n. 36057 del 2021).
Nel caso di specie, essendo stati tempestivamente proposti i due ricorsi successivi (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) ed iscritti al ruolo R.G. 3672/2021, va preliminarmente disposta
la riunione dei due procedimenti (R.G. 31635/2021 e 31672/2021).
1.Con il primo motivo del ricorso principale, RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 300, 305, 307 c.p.c. per aver la Corte ritenuto che gli appellanti avessero tempestivamente riassunto il giudizio all’esito della liquidazione coatta amministrativa della RAGIONE_SOCIALE
Con il secondo motivo si allega, ex art. 360 n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 102, 145, 291 c.p.c. per aver la Corte ritenuto regolare la notifica alla RAGIONE_SOCIALE del 17.9.2015 e aver ritenuto che il Tribunale avesse solo autorizzato la parte alla rinotifica e non disposto la sua rinnovazione.
Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 132 co. 2 n. 4 c.p.c., 111 co. 6 Cost., allegandosi il vizio di motivazione in ordine alla condanna di RAGIONE_SOCIALE al ripristino dei rapporti di lavoro in conseguenza di condotte illegittime riconducibili alle altre società appellate.
Con il quarto motivo si denunzia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. sostenendosi la nullità della sentenza per omesso esame dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE per non aver la stessa stipulato alcun contratto di appalto con il committente, essendosi limitata, quanto alle lavorazioni affidatele dal CNS, ad assumere il personale di cui all’elenco trasmessole da RAGIONE_SOCIALE nonché delle domande afferenti al calcolo delle somme riconosciute.
Con il quinto motivo si deduce, sotto il profilo dell’art. 360 n 3, la violazione degli artt. 1218 e 2932 c.c. per non aver rilevato la Corte d’appello che COGNOME non ave va mai posto in essere comportamenti inadempienti o colpevoli.
Con il sesto motivo si denunzia, ex art. 360 n. 3, la violazione degli artt. 112,115,416 c.p.c. e 2697 c.c. per aver la Corte dichiarato nullità del termine per mancanza di prova scritta.
Con il settimo motivo si deduce, sotto il profilo dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art.6 CCNL Serv izi Igiene Ambientale e 4 CCNL RAGIONE_SOCIALE, per aver dichiarato il diritto dei lavoratori alla costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato senza verificare la sussistenza dei requisiti del CCNL.
Con l’ottavo motivo si deduce, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2112, 2697 c.c., 29 co.3 d.lgs. 276/2003 per aver la Corte affermato la sussistenza di una successione automatica dei rapporti tra i lavoratori e le società succedu te nell’appalto.
Con il primo motivo di ricorso, da qualificarsi incidentale, RAGIONE_SOCIALE deduce, ex art. 360 n. 4 cpc, la nullità della sentenza per violazione degli artt. 291 c. 3 e 307 c. 3 cpc in relazione all’art. 145 cpc, l à dove la Corte ha ritenuto che il Giudice di primo grado avrebbe erroneamente dichiarato l’estinzione del giudizio, rinvenendo tale erroneità nella circostanza che la notifica del ricorso in riassunzione avanti il Tribunale di Napoli sarebbe stata ritualm ente effettuata alla RAGIONE_SOCIALE in LCA all’indirizzo pec del Commissario Liquidatore Dott. NOME COGNOME.
Con il secondo motivo si denunzia, ex art. 360 n. 4 cpc, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, c. 2 n. 4 cpc e l’omessa motivazione, nonché la violazione degli artt. 291 c. 3 e 307 c. 3 c.p.c. nella parte il giudice di secondo grado ha ritenuto che il Tribunale avesse autorizzato, e non disposto, la rinnovazione della notifica.
Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. la nullità della sentenza per violazione degli artt. 300 e 305 cpc e 43, c. 3, legge fallimentare nella parte in cui la Corte ha ritenuto che il deposito dell’atto di riassunzione del giudiz io, a seguito dell’interruzione del medesimo dichiarata dal Tribunale di Napoli, fosse stato tempestivo, e dunque nella parte in cui ha ritenuto che il giudizio non si fosse estinto per il decorso del termine di tre mesi, e ciò in quanto il dies a quo andrebbe calcolato dal provvedimento dichiarativo dell’interruzione del Giudice e non già dall’asserito deposito del documento attestante l’evento interruttivo.
Con il quarto motivo si allega ex art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità del procedimento per violazione dell’art. 115 cpc nella parte in cui è stata ritenuta provata la nullità dei contratti a termine senza ammettere gli ordini di esibizione richiesti da Cooplat e senza motivare in ordine a tale mancata ammissione.
Con il quinto motivo si deduce, ex art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112 e 115 e 116 cpc là dove è stata dichiarata la nullità di contratti a termine asseritamente stipulati da parte di Cooplat ( e di Gierre), in assenza dell’allegazione e della domanda relative alla stipula ed all’esistenza di detti contratti.
Con il sesto motivo si deduce, ex art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità del procedimento per violazione degli artt. 115 e 116 cpc anche in relazione all’art. 2697 c.c. nonché, ex art. 360 n.5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto d i discussione tra le parti per aver la Corte presupposto che i ricorrenti in primo grado avessero lavorato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE nell’ambito degli stessi servizi poi affidati a Cooplat.
Con il settimo motivo si deduce, ex art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, c. 2 n. 4 c.p.c., sostenendosi l’omessa motivazione nella parte in cui la Corte avrebbe omesso di motivare, in esito alla nullità dei contratti con RAGIONE_SOCIALE, circa la sussistenza di rapporti di lavoro con RAGIONE_SOCIALE, nonché con Gierre.
Con l’ottavo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione di legge con riferimento agli artt. 32, comma 5, L. 183/2010 e 1, c. 13, L. 92/2012 là dove sarebbe conseguito alla nullità del termine l’obbligo degli appaltatori subentranti nell’appalto di assumere i ricorrenti per i periodi nei quali avevano gestito l’appalto medesimo, nonchè nella parte in cui ha accertato la sussistenza in tali periodi di rapporti di lavoro con i predetti appaltatori.
Con il nono motivo si denunzia, ex art. 360 n. 3 cpc la violazione di legge con riguardo all’art. 29, D. Lgs. 276/2003 nonché la violazione di contratto collettivo, ed in particolare dell’art. 6 CCNL Servizi d’igiene ambientale e dell’art. 4 CCNL Imprese di pulizia/Servizi integrati/RAGIONE_SOCIALE oltre alla falsa applicazione di legge con riferimento all’ 2112 cc.
Con il decimo motivo formulato ex art. 360 n. 3 cpc si allega la violazione di contratto collettivo, violazione dell’art. 6 CCNL
Servizi di igiene ambientale e dell’art. 4 CCNL Imprese pulizia/Servizi integrati/Multiservizi sotto altro profilo, nonché dell’art. 69 D. Lgs. 163/2006 , la falsa applicazione di legge con riguardo all’art. 2932 cc e, ex art. 360 n. 5 cpc, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti quanto all’obbligo di assumere i ricorrenti.
Con l’undicesimo motivo si deduce, ex art. 360 n. 4 cpc, la nullità ed erroneità della sentenza per violazione dell’art. 112 cpc nella parte in cui non si è pronunciata sull’eccezione di difetto di legittimazione passiva di Cooplat e sulla domanda principale nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, nonché nella parte in cui ha pronunciato ultra petita non considerando che i ricorrenti in primo grado avevano chiesto la costituzione di rapporti di lavoro a tempo parziale.
Con il dodicesimo motivo si deduce, ex art. 360 n. 4 cpc, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, c. 2 n, 4 cpc e l’omessa motivazione falsa applicazione e violazione degli artt. 29, D. Lgs. 276/2003 e 1676 cc quanto alla motivazione sull’obbligo di RAGIONE_SOCIALE di pagare l’indennità risarcitoria ex art. 32, c. 5, L. 183/2010.
Con il tredicesimo motivo si allega, ex art. 360 n. 3 cpc la violazione di legge ed in particolare degli artt. 1292 e ss. nella parte in cui la Corte ha ritenuto RAGIONE_SOCIALE responsabile solidale in assenza dei presupposti della solidarietà.
Con il quattordicesimo motivo, ex art. 360 n. 3 cpc si deduce la falsa applicazione dell’art. 2112 cc e la violazione dell’artt. 32, c. 5, L. 183/2010 là dove la Corte ha condannato RAGIONE_SOCIALE a
pagare l’indennità risarcitoria prevista dalla norma pur in assenza di motivazione circa la continuità dei rapporti di lavoro
Con il quindicesimo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 n. 4 cpc, si denunzia la nullità ed erroneità della sentenza per violazione dell’art. 112 cpc e dell’art. 32, c. 5, L. 183/2010 nella parte in cui la sentenza ha condannato RAGIONE_SOCIALE a pagare un numero di mensilità eccedente la domanda, e comunque in violazione dell’art. 32, c. 5, L.183/2010.
Con il sedicesimo motivo ex art. 360 n. 3 c.p.c. si deduce la violazione dell’art. 1218 cc, dell’art. 2932 cc e degli artt. 32, c. 5, L. 183/2010 e 1, c. 13, L. 92/2012 nella parte in cui la Corte. pur in assenza di espressa delibazione, ha presupposto l’i nadempimento, imputabile, di Cooplat.
3. Con il primo motivo del ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE si deduce la nullità della sentenza in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. – per violazione degli artt. 300, comma 4, 305 e 307 c.p.c., nella parte in cui la Corte di Appello di Napoli ha ritenuto tempestivamente riassunto il giudizio in data 13.4.2015 all’esito dell’interruzione del processo disposta dal Tribunale di Napoli con provvedimento dell’11.3.2015 nonostante il CNS avesse documentato – con il deposito in data 8.1.2015 delle memorie autorizzate e dell’estratto del Decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 17.5.2013 – la messa in liquidazione coatta della RAGIONE_SOCIALE Con il secondo motivo si denunzia la nullità della Sentenza in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. – per violazione degli artt. 291, comma 3, e 307, comma 3, c.p.c. nella parte in cui la Corte di Appello di Napoli ha ritenuto fondato il motivo di appello dei lavoratori ricorrenti ritenendo regolare la
notifica del ricorso in riassunzione eseguita da questi ultimi alla PEC del Commissario Liquidatore in data 17.9.2015 sebbene tale notifica fosse stata invece prodotta solo in sede di gravame.
Con il terzo motivo si allega la nullità della sentenza – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. – per violazione dell’art. 145, comma 1, c.p.c., nella parte in cui la Corte di Appello di Napoli ha ritenuto regolare la notifica eseguita dai ricorrenti in data 17.9.2015 alla PEC del Commissario Liquidatore nonostante nell’atto notificato non fossero stati indicati le generalità e la qualità della persona destinataria della notifica né specificati la residenza, il domicilio o la dimora abituale.
Con il quarto motivo si deduce la nullità della sentenza – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. – per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. nonché per violazione dell’art. 307, comma 3, c.p.c. nella parte in cui la Corte di Appello di Napoli ha omesso di motivare sulle ricadute in termini processuali della circostanza che la rinnovazione fosse stata autorizzata e non ordinata dal Giudice di primo grado.
Con il quinto motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. -dell’art. 1676 c.c. e dell’art. 29, comma 2, D.Lgs. 276/03, nella parte in cui la Corte di Appello di Napoli ha ritenuto sussistente la responsabilità solidale del CNS nel pagamento dell’indennizzo ex art. 32 L. 183/10 liquidato in misura pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto sebbene i lavoratori non avessero svolto l’attività nell’ambito dell’appalto del Comune di Agerola dal momento del subentro della RAGIONE_SOCIALE e nonostante
sia l’art. 1676 c.c. che l’art. 29, comma 2, D.Lgs. 276/03 non trovino applicazione in caso di pretese di natura risarcitoria.
Con il sesto motivo si denunzia la nullità della sentenza – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. – per omessa motivazione e/o per motivazione apparente e/o per motivazione perplessa ed incomprensibile e/o per manifesta ed irriducibile contraddittorietà, in violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, 115 e 116 c.p.c., nella parte in cui la Corte di Appello di Napoli non avrebbe esplicitato il percorso logico ed argomentativo sulla base del quale la nullità dei contratti a termine avrebbe comportato la loro trasformazione in contratti a tempo indeterminato alle dipendenze delle società subentrate alla RAGIONE_SOCIALE nell’esecuzione dell’appalto.
Con il settimo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. -degli artt. 115 e 116 c.p. e dell’art. 2697 c.c. nella parte in cui la Corte di Appello di Napoli ha omesso l’esame del fatto, decisivo p er il giudizio, relativo all’effettiva sussistenza del rapporto di lavoro con la RAGIONE_SOCIALE e all’effettiva adibizione dei ricorrenti all’appalto con il Comune di Agerola.
I primi due motivi del ricorso RAGIONE_SOCIALE, i primi tre motivi del ricorso RAGIONE_SOCIALE e i primi quattro motivi del ricorso RAGIONE_SOCIALE da trattarsi congiuntamente per ragioni logico – sistematiche, in considerazione della sostanziale sovrapponibilità, sono infondati.
Va preliminarmente rilevato come il vizio di omessa pronuncia, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., ricorre ove il giudice ometta
completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto ma comunque indispensabile per la soluzione del caso concreto, sulla domanda o sull’eccezione sottoposta al suo esame, mentre il vizio di omessa motivazione, dopo la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia stato, ma sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico oppure si sia tradotto nella mancanza assoluta di motivazione, nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (Cass. n. 27751 del 2024).
Occorre, poi, evidenziare come questa Corte recentemente, a Sezioni Unite, abbia affermato che nel caso di apertura del fallimento, l’interruzione del processo è automatica ai sensi dell’art. 43, comma 3, I. fall., ma il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 c.p.c., al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 I. fall. per le domande di credito, decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte.
Tale dichiarazione, qualora non già conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176, comma 2, c.p.c., va notificata alle parti o al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall’ufficio giudiziario (cfr. Cass. Sez. U 07/05/2021 n. 12154).
Il termine per la riassunzione del processo interrotto non decorre dunque dal giorno in cui si è verificato l’evento
interruttivo, bensì da quello in cui di tale evento la parte interessata alla riassunzione abbia avuto conoscenza in forma legale.
La presa di conoscenza «in forma legale» dell’evento interruttivo automatico costituisce anche il punto d’approdo di una prudente, quanto significativa, evoluzione concettuale e linguistica dell’impianto argomentativo costituzionale (cfr. Corte cost. n. 261 del 2010 e n. 17 del 2010) ed è dalla pronuncia dichiarativa del giudice che sorge con identica certezza nei confronti delle parti il nesso tra l’evento e i suoi effetti, per scongiurare i quali il soggetto interessato dovrà attivare un equivalente strumento antagonistico della prosecuzione o riassunzione (Cass. Sez. U n. 12154 del 2021 cit., nonché, sul punto, Cass. n. 1090 del 2022).
Tale principio, così come codificato dalla giurisprudenza di legittimità, non subisce modifiche in ipotesi di contumacia di una parte, essendo alla stessa sottesa la medesima ratio.
4.1. Orbene, nel caso in esame, il termine per la riassunzione del giudizio è stato fatto correttamente decorrere dalla dichiarazione giudiziale di interruzione avvenuta in data 11 marzo 2015, talchè il relativo termine di tre mesi non era ancora decorso alla data del 13 aprile 2015.
Non giova in senso contrario la deduzione di parte ricorrente circa l’avvenuta comunicazione alle altre parti della intervenuta liquidazione coatta della società atteso che non vi è prova, in giudizio, dell’assolvimento, da parte ricorrente, del relativo onere informativo; invero, nonostante si insista, nei ricorsi, sul contenuto delle note nelle quali si sarebbe fatto riferimento perfino al decreto ministeriale di liquidazione – che si assume
depositato – non vi è prova della notificazione alle altre parti del documento in oggetto in data precedente (né è di ausilio il riferimento ad una non meglio identificata pagina polisweb) a quella dell’accertamento giudiziale che sola, alla luce di quanto dichiarato dalla Corte d’Appello, fornisce certezza della legale conoscenza del fattore interruttivo.
Hanno precisato, al riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. n. 34469 del 27/12/2019), non solo che sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c. p. c., le censure afferenti a domande di cui non vi sia compiuta riproduzione nel ricorso, ma anche quelle fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità.
4.2. Quanto alle modalità di effettuazione della notifica al Commissario Liquidatore, va rilevato come abbia affermato correttamente la Corte che risulta dalla copia notificata del ricorso in riassunzione, prodotta, che la notifica dell’atto alla società RAGIONE_SOCIALE in LCA, in data 13.7.2015 fosse stata eseguita presso la sede legale in INDIRIZZO Napoli e rifiutata con la motivazione che “la società non ha più sede sul posto”; in data 31.7.2015 la notifica è stata tentata alla RAGIONE_SOCIALEarl in LCA presso RAGIONE_SOCIALE Napoli ed è stata rifiutata dal portiere dello stabile perché non abilitato più
al ritiro degli atti della RAGIONE_SOCIALE non avendo più sede la società presso RAGIONE_SOCIALE; in data 11.9.2015 l’atto è stato inoltrato a mezzo pec ad amministrazioneEMAIL ed è stato accettato dal sistema ma non è stata rilasciata la ricevuta di consegna in quanto non si trattava di posta certificata; nella stessa data, a mezzo pec, l’atto è stato inoltrato a EMAIL ma è stato rifiutato dal sistema perché l’indirizzo era sconosciuto. In data 17.9.2015 l’atto è stato, invece, regolarmente consegnato alla pec del legale rappresentante, commissario liquidatore NOME COGNOME con rilascio di ricevute di accettazione e consegna da parte del destinatario. Tale notifica, ha ritenuto il giudice di secondo grado, visto il tentativo non andato a buon fine nella sede della società, è stata regolarmente eseguita, ai sensi dell’art.145 c.p.c. al legale rappresentante.
Questa Corte ha infatti chiarito che, con riguardo alle notificazioni ad una persona giuridica, ed alla stregua dell’art. 145, comma l, c.p.c., nel testo dettato dall’art. 2 della l. n. 263 del 2005, applicabile “ratione temporis”, la notifica alla persona fisica che la rappresenta può avvenire, alternativamente, con la consegna dell’atto presso la sede della società, ovvero, quando in esso ne siano specificati residenza, domicilio, dimora abituale, con le modalità prescritte dagli artt. 138, 139 e 141 c.p.c., dovendo altresì ritenersi possibile, in assenza di un espresso divieto di legge, la notifica all’amministratore tramite il servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c. (Cass. n.30882/ 2017).
Tale principio giurisprudenziale si confronta, oggi, con il sistema di notifica telematica che, quanto alla prova del perfezionamento del processo notificatorio, impone esclusivamente il semplice deposito telematico della ricevuta analogica della relata di notifica (cfr., sul punto, Cass. n. 4725
del 2025) attestata, nella specie, dalla Corte, mediante il riferimento, non contestato, al rilascio di ricevute di accettazione e consegna da parte del destinatario.
Il terzo, quarto, il quinto ed il sesto motivo proposti da RAGIONE_SOCIALE, il quarto, il quinto, il sesto, il settimo, l’ottavo e l’undicesimo motivo del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE e il quinto, il sesto e il settimo motivo del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE da trattarsi congiuntamente per l’evidente connessione, sono fondati nei termini seguenti.
5.1. Le parti ricorrenti, censurano correttamente la decisione impugnata là dove la Corte non ha esplicitato il percorso logico ed argomentativo sulla base del quale la nullità dei contratti a termine avrebbe comportato la loro trasformazione in contratti a tempo indeterminato alle dipendenze delle società subentrate alla RAGIONE_SOCIALE nell’esecuzione dell’appalto.
Con riguardo alla dedotta violazione dell’art. 2697 cod. civ., va rilevato che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, ( ex plurimis, Sez. III, n. 15107/2013) la doglianza relativa alla violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma e che tale ipotesi non ricorre nel caso di specie.
Va, inoltre, evidenziato che, secondo quanto statuito dalle Sezioni Unite, per la violazione delle disposizioni che presiedono all’ammissione delle prove, occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione delle
relative norme, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr., SU n. 20867 del 20/09/2020).
Una violazione delle disposizioni concernenti le prove non può porsi, quindi, per una dedotta erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960).
5.2. Nella specie, la Corte, quanto al merito, ha evidenziato, in fatto, come, secondo le prospettazioni degli appellanti – non contestate nel loro fattuale accadimento – con determinazione del Responsabile del Settore Manutenzione ed Ambiente del Comune di Agerola, n. 12 del 6.7.2006, era stato aggiudicato l’appalto per l’affidamento dei servizi comunali (spazzamento, manutenzione di sentieri, alvei, caditoie, e strade comunali, pulizia uffici interni e spazi esterni, servizi cimiteriali, attività di supporto alla raccolta di rifiuti solidi urbani) al CRAGIONE_SOCIALE Bologna (contratto rep. n. 18 del 31.8.2006); che con deliberazione della Giunta Comunale n. 80 del 14.6.2010 era stato ampliato l’oggetto dell’appalto, la cui
esecuzione era stata affidata, dal Consorzio aggiudicatario dell’appalto, alla RAGIONE_SOCIALE; che con delibera della Giunta Comunale del Comune di Agerola n. 96 del 19.8.2011 l’appalto era stato prorogato al 1.3.2011 e con delibera della Giunta Comunale del Comune di Agerola n. 11 del 15.2.2012 era stato ancora prorogato al 31.8.2012; che gli attuali controricorrenti erano stati assunti, in ragione dell’ampliamento dell’appalto, dalla RAGIONE_SOCIALE, in data 18/7/2010, con accordo verbale perfezionatosi in Agerola, presso la Casa Comunale, affinché svolgessero (come poi effettivamente accaduto) mansioni di pulizia e manutenzione delle aree esterne del Comune di Agerola, nonché attività di raccolta rifiuti e spazzamento, inquadramento nel 2 livello, profilo di addetto ai servizi di pulizia; che con nota datata 3.1.2011 veniva loro comunicata la scadenza per la data del ’18/01/2011 ….del rapporto di lavoro a tempo determinato in corso’ e che non era ‘intenzione dell’azienda prorogarlo, sicché in tale data cesserà ad ogni effetto la … prestazione di lavoro’; che, in data 25.2.2011 i ricorrenti erano stati nuovamente assunti, con le medesime modalità (assunzione verbale, presso la Casa Comunale di Agerola, medesime mansioni) ma che, ancora, con nota del 18.5.2011 ai lavoratori era stata comunicata la nuova scadenza del termine del 24.5.2011, sconosciuto dagli stessi.
I lavoratori avevano, quindi, assunto e non vi erano contestazioni in fatto, al riguardo, di aver svolto attività lavorativa alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE dal 18.7.2010 al 18.1.2011 e dal 25.2.2011 al 24.5.2011, osservando un orario di lavoro dalle ore 7,00 alle ore 11,00 per cinque giorni a settimana; che in data 1.7.2011 la soc. RAGIONE_SOCIALEconsorziata, come la prima, al Consorzio Nazionale
RAGIONE_SOCIALE Bologna) era subentrata nell’appalto già condotto dalla RAGIONE_SOCIALE e che, in data 1.3.2012, era subentrata la RAGIONE_SOCIALE. La Corte, quindi, sulla base dell’impugnazione dei contratti per difetto di forma scritta, mancata indicazione del termine iniziale e di quello finale nonché delle ragioni giustificatrici dei contratti a termine, ha ritenuto fondato l’appello proposto.
In particolare, correttamente il giudice di secondo grado ha fatto applicazione alla specie del disposto di cui all’art.1 del D.Lgs. n.368/2001 che nella versione applicabile prevedeva l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro.
Come noto, l’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1 della disposizione in esame, fatto salvo da quanto previsto dal comma 1-bis relativamente alla non operatività del requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo.
Ha concluso, quindi, la Corte che la mancanza di prova scritta dei contratti, che le stesse società assumevano fossero stati pattuiti a termine, aveva determinato la nullità degli stessi per mancanza di indicazione delle ‘ragioni di carattere tecnico organizzativo, produttivo o sostitutivo’ con conseguente trasformazione del rapporto da contratto a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato degli appellanti a far data dal 18.7.2010 alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE soc.RAGIONE_SOCIALE, dall’1.7.2011 alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e dall’1.3.2012 alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE
La Corte ha poi ritenuto che, in virtù di tale successione di rapporti, RAGIONE_SOCIALE, essendo l’ultima appaltatrice, fosse la società tenuta a ripristinare il rapporto di lavoro degli appellanti con le mansioni precedentemente svolte.
Nondimeno, nessun argomento è stato addotto dalla Corte circa l’iter che la ha condotta a ritenere tutte le società subentrate nell’appalto automaticamente responsabili per la violazione della normativa sui contratti a termine imputabile alla società RAGIONE_SOCIALE
In particolare, l’art. 6 CCNL di categoria ratione temporis applicabile (originariamente del CCNL 2003, modificato dal 1° gennaio 2010 ed essenzialmente riprodotto nel CCNL 2012), prevedeva che “Premessa – In caso di avvicendamento nella gestione dell’appalto/affidamento di servizi di cui all’art. 3 del vigente c.c.n.l. tra imprese che applicano il presente c.c.n.l., anche per obbligo stabilito dal capitolato, le imprese sono tenute a osservare le seguenti disposizioni relativamente al subentro nella gestio ne e al rapporto di lavoro del personale. . L’impresa subentrante assume “ex novo”, senza effettuazione del periodo di prova, tutto il personale in forza a tempo indeterminato nonché quello di cui all’art. 59, lett. C) del vigente c.c.n.l. -addetto in via ordinaria allo specifico appalto/affidamento che risulti in forza presso l’azienda cessante nel periodo dei 240 giorni precedenti l’inizio della nuova gestione in appalto/affidamento previsto dal bando di gara e alla scadenza effettiva del contratto di appalto. Ai fini delle predette assunzioni, sono utili le eventuali variazioni dell’organico di cui al precedente capoverso intervenute nei 240 giorni precedenti l’inizio della nuova gestione qualora l’impresa
cessante abbia provveduto a sostituire personale cessato dal servizio con personale assunto a tempo indeterminato
Come questa Corte ha avuto modo di osservare (cfr., sul punto, Cass. n. 32805 del 2023), la previsione in esame assume, a prescindere dall’ambito applicativo dell’art. 2112 cc, evidentemente efficacia cogente nei confronti delle imprese affidatarie del servizio di igiene ambientale, configurando, come più volte chiarito dalla giurisprudenza, un vero e proprio diritto soggettivo in capo al lavoratore alle dipendenze dell’impresa cessata, che rinviene la propria ratio nell’esigenza che i lavoratori addetti in via ordinaria all’appalto oggetto di avvicendamento non rimangano privi di occupazione per effetto di quest’ultimo. Di tale disposizione contrattuale, tuttavia, non è traccia nella decisione impugnata, e neppure risultano accertati in concreto i presupposti per la sua applicabilità ai singoli lavoratori.
Non v’è dubbio che, quanto al profilo soggettivo, che la sentenza che accerta la nullità della clausola appositiva del termine e ordina la ricostituzione del rapporto illegittimamente interrotto, cui è connesso l’obbligo del datore di riammettere in servizio il lavoratore, ha natura dichiarativa e non costitutiva con la conseguenza che la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato opera con effetto “ex tunc” dalla illegittima stipulazione del contratto a termine (Cass. n. 8385/2019) e la ritenuta nullità dell’apposizione del termine determina la conversione in un unico contratto a tempo indeterminato, con effetto retroattivo al momento della stipula del primo contratto a termine dichiarato illegittimo.
Tuttavia, nella specie, la Corte si è limitata a ritenere la sussistenza della responsabilità solidale tra gli appaltatori e tra essi e la consorziata, ex art. 1676 c.c. e 29 d.lgs. 276/03, senza nulla argomentare al riguardo.
Invero, la suddetta tutela speciale, in base alla quale i lavoratori dipendenti dell’appaltatore hanno, nei confronti del committente, un’azione diretta allo scopo di conseguire quanto è loro dovuto con riferimento all’attività lavorativa prestata per eseguire l’opera appaltata, si applica anche ai dipendenti del subappaltatore nei confronti del subcommittente o subappaltante, sia in base al criterio di interpretazione letterale, in quanto il contratto di subappalto altro non è che un vero e proprio appalto che si caratterizza rispetto al contratto-tipo solo per essere un contratto derivato da altro contratto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto, sia in considerazione della ratio delle norme, che è ravvisabile nell’esigenza di assicurare una particolare tutela in favore dei lavoratori ausiliari dell’appaltatore, atta a preservarli dal rischio dell’inadempimento di questi – esigenza che ricorre identica nell’appalto e nel subappalto (cfr. con riguardo all’art. 1676 cod.civ., Cass. n. 12048 del 2003, nonché, Cass. n. 24368 del 2017).
Non discende, tuttavia, automaticamente, da tale compendio normativo la responsabilità di tutte le imprese subentrate nell’appalto, a prescindere da qualsivoglia accertamento, in fatto, circa le modalità di svolgimento del relativo rapporto di lavoro.
Deve, concludersi che il giudice di secondo grado è incorso nel vizio di motivazione di cui all’art. 132 comma 2, n. 4 cod. proc. civ. e 111 Cost., configurabile là dove, come nella specie, la
decisione riveli una obiettiva carenza nell’indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, difettando qualsivoglia disamina logico -giuridica da cui si evinca il percorso argomentativo seguito ( ex plurimis, Cass. n. 3819 del 2020).
Il settimo e l’ottavo motivo proposti da COGNOME, il nono, il decimo, il dodicesimo, il tredicesimo, il quattordicesimo, il quindicesimo e il sedicesimo motivo proposti da RAGIONE_SOCIALE e il quinto, il sesto e il settimo motivo proposti da RAGIONE_SOCIALE devono ritenersi assorbiti essendo preliminarmente necessario che la Corte espliciti il percorso logico che la conduca, ove ne ricorrano i presupposti, a ritenere configurabile una responsabilità solidale, anche con riferimento alle richieste di natura risarcitoria, di tutte le società subentrate nell’appalto.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, pertanto, i ricorsi principale ed incidentali devono essere accolti nei sensi di cui in motivazione.
La sentenza va cassata e la causa rimessa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.
PQM
La Corte riunisce al procedimento n. 31635/2021 il numero 31672/21. Accoglie il ricorso principale e i ricorsi incidentali per quanto di ragione. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, i n diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.
Così deciso nella Adunanza camerale del 5 giugno 2025.