Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 17146 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17146 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
Dott. NOME COGNOME
Presidente –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere COGNOME
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 2681/2024 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliato presso il loro studio in ROMA INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
IRAGIONE_SOCIALE. (ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO), in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato presso la PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
Oggetto: pubblico impiego indennità buonuscita -onorari professionisti legali enti pubblici non economici –
avverso la sentenza n. 483/2023 della CORTE D ‘ APPELLO di TORINO, depositata il 31/10/2023 R.G.N. 332/2023, pubblicata in data 24/11/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
1. Con ricorso dinanzi al Tribunale di Novara, l’INAIL esponeva che: l’avv.to NOME COGNOME già proprio dipendente dal 01/07/1994 fino al 30/12/2011, con qualifica di professionista II livello – settore difesa legale, aveva percepito il trattamento di fine servizio calcolato in base a stipendio tabellare, stipendio di anzianità, indennità di coordinamento ed integrazione per le somme percepite per onorari e compensi professionali; – il trattamento di fine servizio era stato erogato al COGNOME in tre ratei, con riserva di ripetizione per la quota relativa agli onorari legali ed ai compensi professionali liquidati; – l’erogazione di detta quota era indebita, poiché le voci retributive relative agli onorari ed ai compensi professionali erano escluse dalla base di calcolo del trattamento di fine servizio ex art. 13 l. n. 70/1975; – l’Istituto aveva richiesto al Toscano la restituzione della quota medesima, ammontante ad euro 285.462,58 al netto delle imposte, con PEC in data 8/7/2021.
Deduceva la sussistenza del proprio diritto al recupero della somma indebitamente versata al Toscano, essendo l’art. 13 l. n. 70/1975 inderogabile, con conseguente irrilevanza ai fini del calcolo del trattamento di fine servizio.
Chiedeva quindi la condanna del COGNOME alla restituzione in proprio favore della somma predetta.
Si costituiva il convenuto confermando di aver prestato servizio -quale avvocato interno- nel periodo 1.7.1994-30.12.2011 e di aver percepito, al termine, la somma lorda di € 635.074,03 in tre rate (erogate nel marzo 2012 e nel gennaio del 2013 e 2014).
Rilevava che le somme erano state calcolate come da delibera CdA Inail n. 407/1982 che aveva incluso le voci suddette, incidenti per il 70,5% sulla retribuzione annua; -che la riserva di ripetizione era stata formulata nella circolare 66/2004 e che la missiva del 2015 (doc. 4 Inail) non costituiva rivendicazione dei diritti azionati, perché espressa in termini eventuali; -che l’intimazione alla restituzione di € 463.405,34 era giunta nell’agosto 2019, quando l’INAIL continuava a riconoscere la computabilità di tali voci quali elementi retributivi ai fini del TFS (docc. 3 e 4); -che, sebbene gli onorari e i compensi professionali costituissero il 70,5% della retribuzione di riferimento, l’Istituto aveva chiesto la restituzione di un importo pari al 73,99% del TFS. A fronte della natura retributiva delle voci suddette, affermava come dovessero le stesse essere incluse nel TFS degli avvocati degli enti previdenziali e come la sentenza delle SU 7158/2010 cit., non ne precludesse l’inclusione nella base di calcolo, trattandosi di remunerazione necessaria di specifica attività lavorativa avente carattere integrativo dello stipendio. Ha sostenuto, nel caso di accoglimento della tesi INAIL, l’illegittimità costituzionale dell’art. 13 L. 70/1975 per violazione degli artt. 36 e 3 Cost, in ragione, rispettivamente, dell’esclusione di ben 2/3 delle somme ordinariamente percepite in corso di rapporto dalla retribuzione differita e della disparità di trattamento che si sarebbe venuta a manifestare rispetto alla posizione dei dirigenti, le cui indennità di posizione fissa e variabile erano computate ai fini del TFS.
Rilevava altresì come gli onorari costituissero elemento retributivo fisso, parametrato agli importi incassati dall’Ente per le cause vinte e all’anzianità di servizio ex art. 26, co. 4 L. 70/1975 e 30 DPR 411/76; come l’art. 5, co. 1, L. 88/1989 avesse conferito all’Istituto la potestà di deliberare il regolamento di fine servizio anche in deroga alle norme di cui alla L. 70/1975 e come la validità della delibera 407/1982 fosse riscontrabile dall’implicito richiamo all’art. 42 CCNL 2006-2009; -come la Corte di Cassazione, con ord. N. 40004/21, avesse rimesso alla Corte
Costituzionale la questione di legittimità dell’art. 2033 c.c. nel caso di indebito retributivo erogato da ente pubblico e di legittimo affidamento del dipendente pubblico percipiente sulla definitività dell’attribuzione a seguito di pronuncia della CEDU 11.2.2021; -come dovessero ritenersi sussistenti tutte le ragioni poste dalla giurisprudenza di Strasburgo per l’irripetibilità e come la riserva di ripetizione, posta dall’Istituto, dovesse ritenersi inefficace. Ha lamentato infine la lesione del principio dell’affidamento in relazione al lungo tempo trascorso tra cessazione del rapporto, erogazione del TFS e richiesta di restituzione e contestato la quantificazione della somma rivendicata in assenza di un conteggio analitico.
2. Il Tribunale accoglieva la domanda e dichiarava indebita la percezione da parte del convenuto, a titolo di indennità di anzianità, della somma netta di euro 285.462,58 e, sulla scorta della pronuncia S.U. 7158/2010, riteneva che il riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo aveva valenza tecnico-giuridica, sicché doveva ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari e dovevano ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo.
Proponeva appello NOME COGNOME deducendo che, da una corretta interpretazione delle pronunce SS.UU., doveva ritenersi che la locuzione ‘stipendio complessivo annuo’ era sinonimo della voce ‘stipendio tabellare’, con l’effetto di dover includere, ex art. 13 L. 70/1975, nel computo del trattamento di anzianità gli onorari e i compensi professionali che erano parte dello stipendio complessivo annuo – si costituiva l’INAIL chiedendo la reiezione del gravame.
La Corte distrettuale rigettava l’appello, confermando la pronuncia di primo grado in adesione alle pronunce SS.UU..
La Corte d’appello di Torino faceva applicazione del principio affermato da Cass. S.U. n. 7158/2010, ossia che la locuzione, quale base di calcolo, «stipendio complessivo annuo» contenuta nell’art. 13 legge n. 70/1975, norma rimasta in vigore, dopo la contrattualizzazione dei rapporti, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non avevano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 cod. civ. e non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, ha valenza tecnico-giuridica, sicché devono ritenersi computabili nella indennità di anzianità solamente le voci retributive dello stipendio tabellare e la sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari; inoltre devono ritenersi abrogate, illegittime e comunque non applicabili, le disposizioni regolamentari – come quelle dell’INAIL – che prevedevano il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza, comunque denominato.
L’avvocato ha proposto ricorso in Cassazione affidato a tre motivi.
L’INAIL ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si lamenta la v iolazione dell’art. 5, comma 1, lett. g), della legge 9 marzo 1989, n. 88, nonché dell’art. 2, comma 7, L. 335/1995 e degli artt. 2, 45 e 69 D.Lgs. 165/2001, e falsa applicazione dell’articolo 13 della legge 20 marzo 1975, n. 70 (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.).
Il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto inderogabile l’art. 13 L. 70/1975, nonché p er aver violato l’art. 5, comma 1, lett. g), L. n. 88/1989, ai sensi del quale, in continuità con l’art. 4, punto 10, DPR 30.4.1970 n. 639, la disciplina del trattamento di fine servizio del personale dipendente dell’INAIL è di competenza del Consiglio
di amministrazione dell’ente attraverso l’adozione di apposito regolamento; inoltre la corte territoriale avrebbe erroneamente escluso che la contrattazione collettiva possa derogare alla disciplina legale del trattamento di fine servizio del personale degli enti pubblici non economici.
Con il secondo motivo ci si duole della violazione dell’art. 13 della legge 20 marzo 1975, n. 70 e degli artt. 3 e 36 della Costituzione (art.360, n.3, c.p.c.).
Parte ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che la componente stipendiale degli onorari erogata non rientri nella nozione di stipendio annuo complessivo in godimento di cui all’art. 13 L. 70/1975 .
Con il terzo ed ultimo motivo si eccepisce la f alsa applicazione dell’art. 2033 cod. civ. e violazione degli artt. 1429, 1431, 1442 e 2033 cod. civ., nonché dell’art.1 del Protocollo n.1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, anche a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 8/2023 (art.360, n.3, c.p.c.).
Il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto fondata l’azione di ripetizione di indebito dell’INAIL ed escluso la violazione del principio del legittimo affidamento del ricorrente stesso.
Ciò posto, rileva il Collegio che l’avv.to NOME COGNOME quale difensore del ricorrente, ha formulato nella memoria ex art. 380 bis .1. cod. proc. civ. istanza di rinvio per la discussione alla pubblica udienza prospettando il ricorso la «soluzione di questioni di diritto di particolare rilevanza, che vanno dalla corretta qualificazione giuridica dell’indennità di anzianità agli effetti della successione delle leggi nel tempo, alla corretta interpretazione e applicazione dei principi enunciati da questa Corte con le sentenze a SS.UU. n. 7154/2010 e n. 7158/2010 e alla rilevanza della tutela dei diritti quesiti».
L’udienza pubblica, nell’attuale assetto del giudizio di legittimità, costituisce invero il ‘luogo’ privilegiato nel quale devono essere assunte, in forma di sentenza e mediante più ampia e diretta interlocuzione tra le
parti e tra queste e il P.M., le decisioni con peculiare rilievo di diritto (v. Cass. n. 6274/2023; Cass. n. 19115/2017).
10. La presente causa riveste indubbia valenza nomofilattica, dovendo valutarsi i riflessi delle sentenze della Corte cost. n. 8/2023 e n. 73/2024 sulle questioni di diritto che vengono agitate dalle parti.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo perché ne sia fissata la trattazione in pubblica udienza.
Si comunichi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione