Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6522 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6522 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30198/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME, domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME domicilio digitale: , con domicilio presso lo studio de ll’avv. NOME COGNOME, domicilio digitale: EMAIL
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 3560/2022, pubblicata in data 11 novembre 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10
gennaio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, emesso dal Tribunale di Milano su istanza di RAGIONE_SOCIALE con il quale si chiedeva il pagamento della somma di euro 49.534,74 a titolo di conguaglio dovuto a fronte della fornitura di energia elettrica.
Nel corso del giudizio l’opposta dichiarava di avere nelle more ceduto ad RAGIONE_SOCIALE il ramo d’azienda relativo alla somministrazione di energia e di essere debitrice del minor importo di euro 8.236,99, oltre interessi mora, come emerso dai chiarimenti resi dalla società di distribuzione, RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale adito, accogliendo parzialmente l’opposizione, condannava l’opponente al pagamento, in favore della società fornitrice, della somma di euro 765,00, oltre interessi moratori, compensando tra le parti le spese di lite.
La sentenza, impugnata da RAGIONE_SOCIALE, è stata riformata dalla Corte d’appello di Milano limitatamente alle spese processuali del giudizio di primo grado, con condanna di RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE, mentre è stata confermata nel resto.
Avverso la suddetta decisione RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resiste RAGIONE_SOCIALE mediante controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale, in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‹‹ Violazione o falsa applicazione (rispetto alla condanna di RAGIONE_SOCIALE disposta in primo grado e confermata in secondo grado): dell’art. 111, sesto comma, Cost., degli att. 112 e 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 118, primo comma, disp. att. cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.) per motivazione apparente ed ultrapetita; degli artt. 167 e 183, sesto comma, cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) per illegittima modifica di domanda cristallizzata e per contrasto con giurisprudenza di legittimità; e dell’art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.) per omesso esame dei fatti decisivi per il giudizio che erano stati oggetto di trattazione ›› .
Lamenta che i giudici di appello avrebbero reso una motivazione del tutto carente e violato il principio che impone la corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Deduce che RAGIONE_SOCIALE, pur conoscendo il consumo totale di energia elettrica (30.831 kwh), non aveva modificato la domanda iniziale, con la quale aveva fatto riferimento ad un diverso consumo, ma anzi l’aveva reiterata con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, cod. proc. civ.; e si duole che, pur avendo già corrisposto quanto dovuto per il consumo di 27671 kwh, il Tribunale prima e poi la Corte d’appello l’avevano condannata al pagamento del l’ulteriore somma di euro 765,00, a titolo di corrispettivo di ulteriori 3.160 kwh.
Sotto altro profilo, evidenzia che entrambi i giudici di merito, in violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., avrebbero omesso di prendere in considerazione la circostanza che RAGIONE_SOCIALE, già prima dell’avvio della procedura monitoria, era a conoscenza, anche grazie alle informazioni ad essa fornite dalla società di distribuzione RAGIONE_SOCIALE, che il consumo effettivo ammontava a complessivi 30.831
kwh.
1.1. Il motivo, sotto tutti i vari profili di doglianza fatti valere, è infondato.
1.2. Occorre premettere che, secondo i principi enunciati dalle Sezioni Unite, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054).
Si è precisato che di ‘motivazione apparente’ può parlarsi laddove essa non renda percepibili le ragioni della decisione, perché consiste in argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass., sez. U, 03/11/2016, n. 22232; Cass., sez. U, 05/04/2016, n. 16599); e che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza una approfondita loro disamina logica e giuridica (Cass., sez. 6-5, 07/04/2017, n. 9105; Cass., 23/03/2017, n. 7402; Cass., 30/05/2019, n. 14762; Cass., sez. 3, 2021, n. 27411).
1.3. Il vizio radicale di motivazione apparente sopra illustrato nelle sue caratteristiche essenziali non si riscontra nella motivazione
della impugnata sentenza. Invero, la Corte d’appello, avallando le conclusioni già raggiunte dal giudice di primo grado, ha accertato, sulla base della prova documentale messa a sua disposizione dalle parti, con riguardo alla consistenza di un saldo a conguaglio, che i consumi di energia erano stati inizialmente conteggiati dal Distributore in 24.542 kwh ed in tale entità erano stati comunicati alla società fornitrice, che aveva poi emesso la fattura a conguaglio del 9 settembre 2014; solo a seguito di una lettura reale compiuta in data 10 dicembre 2013, il Distributore aveva rettificato i dati e rideterminato i consumi in complessivi 30831 kwh per l’intera fornitura, come emergeva dalla comunicazione p.e.c. inviata alla fornitrice in data 18 novembre 2014 e come confermato anche con successiva missiva del 1 dicembre 2017 da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, entrambe acquisite agli atti di causa; sulla base di tali evidenze processuali, ha concluso che RAGIONE_SOCIALE.r.RAGIONE_SOCIALE fosse tenuta a corrispondere, in favore di Eni s.p.a., tenuto conto di quanto già pagato (27.671 kwh), un conguaglio consistente in 3.160,00 kwh, pari alla differenza tra 30.831 kwh effettivamente consumati e 27.671 kwh già fatturati da Eni e già pagati dalla società RAGIONE_SOCIALE Nel ricostruire i consumi di energia elettrica, il giudice di merito ha dato conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle risultanze istruttorie, del percorso compiuto al fine di accogliere parzialmente la pretesa creditoria avanzata da Eni s.p.a., cosicché deve escludersi che la motivazione sia meramente assertiva ed inidonea a far conoscere gli elementi da cui il giudice d’appello ha tratto il proprio convincimento.
1.4. Allo stesso modo la sentenza sfugge al denunciato vizio di cui all’art. 112 cod. proc. civ.
Si determina violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato solo nell’ipotesi in cui il giudice del merito sostituisca la causa petendi dedotta dall’attore con una differente,
fondata su un fatto diverso da quello posto a fondamento della domanda (Cass., sez. 3, 06/04/2021, n. 9255); difatti tale principio riguarda soltanto l’ambito oggettivo della domanda e non anche le ragioni di diritto e di fatto assunte a sostegno della decisione (Cass., sez. 2, 26/01/2021, n. 1616) e non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti nonché in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi ed all’applicazione di una norma giuridica, diverse da quelle invocate dall’istante.
Nel caso de quo , il giudice del merito si è pronunciato sulla domanda avanzata con il ricorso monitorio, che aveva ad oggetto proprio il pagamento di importi dovuti a titolo di conguaglio a fronte della fornitura di energia elettrica, seppure ritenendo, in esito alla valutazione del compendio probatorio acquisito, provata la pretesa creditoria solo in minima parte, sicché non può ritenersi che gli fosse precluso di condannare l’odierna ricorrente per il minor importo di euro 750,00, emergente dalla istruttoria espletata, né tanto meno che in tal modo egli abbia sostituito la domanda originaria con una diversa o che abbia alterato il petitum o la causa petendi (Cass., sez. 3, 12/03/2024, n. 6533; Cass., sez. 6 -L, 11/01/2019, n. 513; Cass., sez. 3, 25/09/2009, n. 20652), considerato che con la originaria domanda la società fornitrice aveva chiesto il pagamento della maggior somma di euro 49.534,74 (di cui alla fattura n. M146866423 del 9 settembre 2014).
Il che esclude pure che la sentenza impugnata sia incorsa in una modificazione della domanda, in violazione dell’art. 183 cod. proc. civ.
1.5. La doglianza risulta inammissibile anche con riguardo alla contestata violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in quanto, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione di tale ultima
disposizione, occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass., sez. U, 30/09/2020, n. 20867).
Nella deduzione del vizio la ricorrente non si è attenuta ai criteri elaborati dalle Sezioni Unite da ultimo richiamate.
Con il secondo motivo la sentenza gravata è impugnata per violazione o falsa applicazione (rispetto alla liquidazione delle spese di lite per il primo e per il secondo grado) dell’art. 111, comma sesto, Cost., dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonché dell’art. 118, primo comma, disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 38, terzo comma, cod. proc. civ. e degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonché 10 e 14 c.p.c. e 5 d.m. n. 55/2014, nel testo aggiornato con decreto n. 147/2022.
La ricorrente lamenta che la Corte d’appello, nel porre a carico di RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE le spese relative al giudizio di primo grado, abbia proceduto alla relativa determinazione ‘sulla base dell’importo effettivamente liquidato’, ossia di euro 765,00, anziché sulla base del valore della domanda originariamente introdotta con il ricorso monitorio, pari ad euro 49.534,74.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. L’art. 5 d.m. 10.3.2014 n. 55 stabilisce che, ai fini della regolazione delle spese di lite, ‹‹ nei giudizi per pagamento di somme o per liquidazione di danni, si ha riguardo di norma alla somma
attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata ›› .
Ciò comporta che, quando la domanda sia accolta, sia pure in minima parte come nella specie, il valore della causa ai fini della liquidazione delle spese deve essere pari alla somma attribuita dal giudice (in tal senso, tra le tante, Cass., sez. 1, 11/03/2006, n. 5381; Cass., sez. 1, 24/08/2004, n. 16707; Cass., sez. 1, 15/07/2004, n. 13113; Cass., sez. 3, 04/03/1998, n. 2407; Cass., sez. L, 09/04/1986, n. 2477).
Da tali criteri non si è discostato il giudice d’appello che ha, peraltro, adeguatamente illustrato le ragioni poste a fondamento del proprio convincimento, sottolineando, quanto alle spese relative al giudizio di secondo grado, di avere disposto la compensazione in ragione del parziale accoglimento del gravame, cosicché deve escludersi il vizio di radicale assenza di motivazione, come pure la violazione delle altre norme denunciate.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda di applicazione degli artt. 88 e 96 cod. proc. civ., sebbene la sentenza di primo grado fosse stata censurata anche per mancata applicazione di tali disposizioni normative.
Ribadisce che la prova della violazione dell’art. 88 cod. proc. civ. dovrebbe desumersi dal comportamento processuale di Eni s.p.aRAGIONE_SOCIALE, che aveva chiesto un decreto ingiuntivo per un importo di gran lunga superiore all’effettivo credito vantato, e dalle modalità strumentali a cui Eni s.p.a. aveva fatto ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo, per avere utilizzato una fattura emessa arbitrariamente per un importo decuplicato.
3.1. La domanda di condanna della controricorrente ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ. non merita accoglimento, in conformità al consolidato orientamento di questa Corte per cui le responsabilità
stabilite dalla norma in esame vengono a trovare spazio di possibile applicazione solo nel caso di soccombenza totale, non anche in quella di soccombenza reciproca (cfr. in proposito, tra le altre, Cass., sez. 1, 15/09/2000, n. 12177; Cass., sez. 1, 14/09/1999, n. 9803; Cass., sez. 1, 23/03/2004, n. 5734; Cass., sez. 1, 30/07/2010, n. 17902; Cass., sez. 2, 14/04/2016, n. 7409; Cass., sez. 1, 13/10/2017, n. 24158; Cass., sez. 1, 30/05/2024, n. 15232).
3.2. Quanto poi alla istanza di applicazione dell’art. 88 cod. proc. civ., deve rilevarsi che la stessa è stata accolta, laddove la Corte d’appello, nel condannare Eni s.p.a. al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, ha motivato che la società, pur a fronte della contestazione immediata sollevata da RAGIONE_SOCIALE in merito alla fattura emessa a conguaglio, ha comunque richiesto la emissione di decreto ingiuntivo e soltanto in corso di causa ha condotto le opportune verifiche e ridotto la propria pretesa, così riconoscendo che la condotta processuale tenuta da RAGIONE_SOCIALE integrasse violazione del dovere di lealtà e proibità delle parti e potesse determinare l’applicazione dell’art. 92, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ., secondo il quale, il giudice, a prescindere dalla soccombenza, può condannare una parte al rimborso delle spese che, in violazione dell’art. 88 cod. proc. civ., ha causato all’altra parte (Cass., sez. U, 20/08/2010, n. 18810).
4. Il ricorso deve, quindi, essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 900,00, di cui euro 700,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione