Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8022 Anno 2019
2018
4182
Civile Ord. Sez. L Num. 8022 Anno 2019
Presidente: COGNOMENOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2019
ORDINANZA
sul ricorso 22681-2015 proposto da: da :
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA DEI RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME DEI del presso che la
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato in avvocato avvocato
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 772/2014 della CORTE D’APPELLO dì VENEZIA, depositata ìl 31/03/2015 R.G.N. 1559/2012. R . G . N .
Rilevato che
la Corte d’appello di Venezia (sentenza del 31.3.2015) ha rigettato l’impugnazione proposta dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Rovigo che aveva accolto la domanda di NOME COGNOME volta all’accertamento del diritto alla riliquidazione della pensione di anzianità sulla base del principio del pro rata previsto dall’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995;
ha spiegato la Corte che nel caso in esame l’appellata aveva maturato il diritto alla pensione con decorrenza dall’1.1.2007 a seguito di domanda presentata il 29.12.2006 e, pertanto, la stessa doveva essere liquidata secondo quanto stabilito dall’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995 nella formulazione originaria, che prevedeva l’applicazione rigorosa del principio del pro rata, risultando irrilevanti tanto la modifica apportata alla suddetta norma dalla legge n. 296 del 2006, quanto l’interpretazione datane dall’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013;
per la cassazione della sentenza ricorre la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti commerciali con due motivi, cui resiste COGNOME NOME con controricorso; le parti depositano memoria;
Considerato che
col primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006, in relazione all’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, contestando l’impugnata sentenza nella parte in cui si è ritenuta l’illegittimità, per violazione del principio del pro rata, delle delibere assu dalla stessa Cassa di previdenza il 22.6.2002, il 7.6.2003 ed il 20.12.2003, dopo che nella stessa si è precisato che queste ultime delibere non erano state fatte salve dalla legge finanziaria n. 296/06; inoltre, secondo il presente assunto difensivo, l’erroneità dell’impugnata decisione trova conferma nel fatto che il trattamento pensionistico in esame decorreva dal 10 gennaio 2007 e, quindi, allo stesso era pienamente applicabile, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, lo ius superveniens introdotto dall’art. 1, comma 763, della legge n. 296/06;
col secondo motivo la ricorrente deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995 in relazione al cosiddetto coefficiente di “neutralizzazione”, assumendo che la decisione deve essere cassata nella parte in cui la Corte d’appello di Venezia ha dichiarato l’illegittimità della delibera del 7 giugno 2003 che aveva introdotto, per le sole pensioni di anzianità, il predetto coefficiente, senza avvedersi del fatto che quest’ultimo era stato previsto dal Regolamento del 2003 con riferimento esclusivo alle pensioni liquidate sotto la vigenza delle delibere del 7 giugno 2003 e del 20 dicembre 2003; in
realtà, secondo la ricorrente, il coefficiente di neutralizzazione (la cui applicazion comportava la riduzione della quota retributiva) non rientrava nel novero dei provvedimenti contemplati dall’art. 3, comma 12, della legge n. 335/95, essendo stato introdotto dall’art. 53, quarto comma, del Regolamento di Esecuzione del 2004, nel quale erano confluite le delibere del 7.6.2003 e del 20.12.2003, per cui la sua applicazione non implicava alcuna violazione del principio del pro rata;
attraverso il successivo deposito di memoria la ricorrente ha rinunziato al primo motivo di censura incentrato sulla contestazione concernente l’applicazione del principio del pro rata, dichiarando di prestare adesione alle statuizioni contenute nella sentenza delle Sezioni Unite (sentenza n. 18136 del 16.9.2015) nel frattempo pubblicata, sentenza in cui sono state fissate le linee guida in tema di applicazione del suddetto principio a seconda del periodo di maturazione delle pensioni, per cui è venuto sostanzialmente a mancare in corso di causa l’interesse della Cassa di previdenza alla coltivazione della censura di cui trattasi, con conseguente inammissibilità di quest’ultima;
è, altresì, inammissibile il secondo motivo, attraverso il quale la ricorrente si lamentata della mancata applicazione nella fattispecie del coefficiente di neutralizzazione di fonte regolamentare, posto che dagli atti di causa non emerge che tale questione sia stata dedotta in primo grado, così come non risulta che la stessa sia stata trattata nella successiva fase d’appello, per cui si è in presenza di una censura che viene per la prima volta prospettata nella presente sede di legittimità;
in definitiva il ricorso è inammissibile e le spese di lite, liquidate come da dispositiv seguono la soccombenza della ricorrente, a cui carico va posto anche il pagamento del contributo unificato di cui all’art. 13 del d.p.r. n. 115 del 2002, ricorrendone presupposti;
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese nella misura di C 3700,00, di cui C 3500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma de comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 dicembre 2018