Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2687 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2687 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2284-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE ED ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 367/2023 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 10/07/2023 R.G.N. 498/2022;
R.G.N. 2284/2024
COGNOME
Rep.
Ud.28/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Firenze ha accolto l’appello proposto dal dottor NOME COGNOME nei confronti della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza dei dottori commercialisti e, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato il diritto dell’appellante alla riliquidazione della pensione applicando alla quota ‘reddituale’ della stessa, ossia per l’anzianità maturata entro il 31 dicembre 2003, il criterio di calcolo vigente anteriormente al regolamento 14 luglio 2004.
La Corte territoriale ha condannato, inoltre, la Cassa appellata a pagare al pensionato la differenza sui singoli ratei, limitatamente al decennio antecedente alla notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, oltre agli interessi legali, o alla rivalutazione monetaria secondo Istat se di importo maggiore, dalle singole scadenze al saldo.
Avverso tale sentenza, la Cassa ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, illustrati con memoria.
NOME COGNOME ha depositato controricorso.
A seguito di richiesta di decisione presentata dalla Cassa nei confronti della proposta di definizione anticipata del presente giudizio, veniva fissata l’odierna adunanza camerale, nella quale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso la Cassa, richiamando plurime disposizioni di legge (art. 3 comma 12 della legge nr. 335 del 1995, art. 1 commi 17 e 18 della legge nr. 335 del 1995,
art. 1 comma 763 della legge nr. 396 del 2006 come reinterpretato dall’art. 1 comma 488 della legge nr. 147 del 2013), deduce l’errone a applicazione del principio del pro rata a un trattamento pensionistico decorrente dal primo luglio 2005.
Con il secondo motivo di ricorso, la Cassa deduce la violazione dell’art. 2948 nr. 4 cod.civ. nella parte in cui la sentenza impugnata ha rigettato l’eccezione di prescrizione quinquennale.
Come già evidenziato nella proposta di definizione accelerata ex art. 380bis c.p.c., trattasi di censure che la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto infondate (si vedano tra le tantissime, quanto al primo motivo, Cass. n. 24616 del 2018, n. 31454 del 2021, n. 6133 del 2022, n. 25385 del 2023,n. 23577 del 2024, tutte sulla scia di Cass., Sez.Un., nr. 17742 del 2015, e, quanto al secondo motivo, ex multis, Cass. n. 31641 del 2022, n. 31642 del 2022, n. 449 del 2023, n. 688 del 2023, n. 4349 del 2023, n. 4362 del 2023, n. 4604 del 2023, n. 6170 del 2024).
Per un verso, infatti, la pronuncia impugnata è conforme al principio per cui «in materia di prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, per i trattamenti maturati prima del 1° gennaio 2007 il parametro di riferimento è costituito dal regime origina rio dell’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e non trovano applicazione le modifiche in peius per gli assicurati, introdotte da atti e provvedimenti adottati dagli enti prima dell’attenuazione del principio del pro rata per effetto della riformulazione disposta dall’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come interpretata dall’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147» (v. pronunce citate); per altro verso,
correttamente la sentenza della Corte di appello ha applicato il regime prescrizionale decennale, trattandosi di fattispecie in cui viene in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico.
Inoltre, n ella memoria depositata ai sensi dell’ art. 378 c.p.c., parte ricorrente non ha prospettato argomenti che, anche sotto il profilo della tenuta costituzionale dell’interpretazione adottata, inducono a rimeditare l’indirizzo univocamente assunto dalla giurisprudenza di questa Corte.
Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile ex art. 360bis , n. 1, c.p.c., nulla dovendosi provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, stante il tardivo deposito del controricorso. Trova applicazione, in relazione alla fattispecie concreta il nuovo testo dell’art. 370 c.p.c . (v. Cass., Sez. Un., nr. 7170 del 2024). Pertanto, poiché il ricorso per cassazione risulta notificato telematicamente il 10 gennaio 2024, è tardivo il controricorso depositato il 26 marzo 2024, oltre il termine di quaranta giorni dalla notificazione del primo.
Tuttavia, poiché il giudizio viene definito in conformità alla proposta, occorre applicare l’art. 96, comma 4, c.p.c., come previsto dal citato art. 380bis c.p.c. (Cass., Sez.Un., nn. 27195 e 27433 del 2023; v. anche Cass. nr. 27947 del 2023), non ravvisando il Collegio, ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass., Sez.Un., n. 36069 del 2023).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass., Sez.Un., n. 4315 del 2020)
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater , D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 28 novembre