Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18315 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18315 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/07/2024
ordinanza
sul ricorso 11033/2023 proposto da:
NOME NOME, difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE;
-intimato- avverso il decreto RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di Perugia 341/2022 del 30/11/2022.
Ascoltata la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa e ragioni RAGIONE_SOCIALE decisione
1. – Presupposto è un processo di equa riparazione, articolatosi in una fase di cognizione e in una fase esecutiva, conclusosi con un indennizzo pari a € 8.250. Il 25/6/2022 viene proposta la domanda di equo indennizzo («Pinto su Pinto») di € 1.600 (€ 400×4 anni di durata irragionevole del processo presupposto). All’esito RAGIONE_SOCIALE fase monocratica è liquidata la somma di € 1.200, confermata nella fase collegiale (sulla base di un conteggio
diverso). La parte privata ricorre in cassazione con due motivi, illustrati da memoria. Il RAGIONE_SOCIALE rimane intimato.
2.1. – Il primo motivo denuncia che la Corte di appello di Perugia ha omesso di pronunciarsi sulla parte RAGIONE_SOCIALE domanda aggiunta con la memoria del 16/9/2022, in ragione dell’ulteriore durata RAGIONE_SOCIALE fase esecutiva (anni 2, mesi 4, giorni 15) conclusasi in corso di giudizio con l’emissione in data 10/6/2022 del decreto autorizzativo del pagamento dell’indennizzo dovuto. Fa valere che, a fini del computo RAGIONE_SOCIALE durata del processo, la fase di ottemperanza si conclude con l’effettivo pagamento del credito (non gi à con il provvedimento che definisce il giudizio con la nomina del commissario ad acta). Nel caso di specie il pagamento è avvenuto il 10/6/2022 con l’emissione del decreto di autorizzazione al pagamento dell’indennizzo dovuto.
2.2. – Il secondo motivo denuncia che la Corte di appello, dopo aver rideterminato la durata del giudizio presupposto in anni 6 e giorni 4 – omettendo di tener conto dell’ulteriore periodo di tempo intercorso fino all’emissione del mandato di pagamento del 10/6/2022 cfr. primo motivo -ha detratto come durata ragionevole il periodo di tre anni (un anno per ogni grado di giudizio, compreso quello di rinvio) e l’ulteriore periodo di mesi 6 e giorni 5 (ex art. 5-sexies co. 5 l. 89/2001) a disposizione del RAGIONE_SOCIALE per pagare l’indennizzo, cosicché il periodo indennizzabile è ridotto a d anni 3, mesi 5 e giorni 29, arrotondati (ex art. 2-bis co. 1 l. 89/2001) ad anni 3. Si deduce violazione degli artt. 2 e 2-bis l. 89/2001, 6 para. 1 Cedu, 111 co. 2 e 117 co. 1 Cost.
-Il primo motivo è infondato.
La struttura del processo di equa riparazione impedisce di modificare la domanda in corso di causa, al fine di far valere il diritto all’equo indennizzo per il lasso di durata irragionevole ulteriore rispetto a quello a base del petitum introduttivo. Se del caso, la pretesa ulteriore potrà dedursi in un giudizio distinto. Dall’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE modifica RAGIONE_SOCIALE domanda, segue il
rigetto del motivo con cui si censura ex art. 112 c.p.c. l’omessa pronuncia sulla parte RAGIONE_SOCIALE domanda aggiunta in corso di causa.
Il primo motivo è rigettato.
3. -Il secondo motivo è fondato.
Nel grado di merito, la realizzazione del diritto all’equa riparazione passa per una sequenza procedimentale unitaria, articolata in due fasi (di cognizione e di esecuzione). Tale struttura, rigida nel suo dover rispettare complessivamente il termine ragionevole di un anno, è connotata invece da flessibilità temporale nel suo snodo di passaggio dalla prima alla seconda fase, poiché non è necessario che la fase esecutiva inizi entro un lasso di tempo determinato decorrente dalla definizione RAGIONE_SOCIALE fase di cognizione. Fa da contrappeso a tale flessibilità la circostanza che il lasso di tempo intercorrente tra la definitività RAGIONE_SOCIALE fase di cognizione e l’inizio RAGIONE_SOCIALE fase esecutiva non è computato nella durata RAGIONE_SOCIALE sequenza cognitivo-esecutiva, poiché non è tempo del processo (così si è assestata la giurisprudenza di legittimità sulla base di Cass. SU 19883/2019: cfr. ad esempio Cass. 33764/2022). La fase esecutiva può essere costituita indifferentemente dall’espropriazione forzata oppure dal giudizio di ottemperanza, ma solo nel primo caso il creditore è tenuto a rispettare il termine dilatorio ex art. 14 d.l. 669/1996 conv. in l. 30/1997, decorrente dalla notifica del titolo esecutivo, prima di dare impulso all’esecuzione (cfr. Cass. 10182/2022, 3023/2024).
Pertanto, la Corte di appello di Perugia ha errato nel computare a titolo di durata ragionevole del grado di merito del processo presupposto, oltre ad un anno, anche il periodo di 6 mesi e 5 giorni, cosicché il periodo indennizzabile è stato illegittimamente ridotto ad anni 3, mesi 5 e giorni 29, arrotondati (ex art. 2-bis co. 1 l. 89/2001) ad anni 3, anziché ad anni 4 secondo il computo corretto.
4. -In sintesi, il secondo motivo è accolto, il primo motivo è rigettato, il provvedimento impugnato è cassato in relazione al motivo accolto, la causa
è rinviata alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo, cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto, rinvia la causa alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma il 10/5/2024.