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Calcolo equa riparazione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18315/2024, interviene su un caso di ‘Pinto su Pinto’, ovvero una richiesta di indennizzo per il ritardo nel pagamento di una precedente equa riparazione. La Corte ha stabilito due principi importanti: primo, non è possibile modificare la domanda in corso di causa per includere nuovi ritardi, che devono formare oggetto di un nuovo ricorso. Secondo, ha corretto il calcolo equa riparazione effettuato dalla Corte d’Appello, specificando che il periodo di sei mesi concesso al Ministero per pagare non può essere aggiunto alla ‘durata ragionevole’ del processo, poiché ciò ridurrebbe ingiustamente l’indennizzo spettante al cittadino.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Calcolo Equa Riparazione: La Cassazione Interviene sui Criteri di Durata Ragionevole

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 18315/2024 offre chiarimenti fondamentali in materia di equa riparazione per l’eccessiva durata dei processi, meglio nota come Legge Pinto. La pronuncia si concentra su un aspetto cruciale: il corretto calcolo equa riparazione nei casi in cui lo Stato stesso ritarda nel pagare l’indennizzo già liquidato, fenomeno noto come ‘Pinto su Pinto’. La decisione stabilisce principi netti sulla non modificabilità della domanda in corso di causa e, soprattutto, sui criteri per determinare il periodo di ritardo effettivamente indennizzabile.

I Fatti di Causa

Un cittadino, dopo aver ottenuto un indennizzo di 8.250 € per l’eccessiva durata di un primo processo, si vedeva costretto ad avviare un secondo procedimento (il cosiddetto ‘Pinto su Pinto’) a causa del ritardo dello Stato nel saldare il dovuto. In questo secondo giudizio, veniva liquidata una somma di 1.200 €. Il cittadino, tuttavia, ricorreva in Cassazione lamentando due errori da parte della Corte di Appello. In primo luogo, la mancata pronuncia su un’ulteriore richiesta di indennizzo per il ritardo accumulatosi durante lo stesso procedimento di ‘Pinto su Pinto’. In secondo luogo, un errore nel calcolo equa riparazione, poiché la Corte territoriale aveva illegittimamente sottratto dal totale del ritardo non solo la durata ragionevole del processo, ma anche un ulteriore periodo di sei mesi e cinque giorni.

L’Ordinanza della Corte di Cassazione e il Calcolo Equa Riparazione

La Suprema Corte ha esaminato i due motivi di ricorso giungendo a conclusioni diverse per ciascuno, ma delineando un quadro chiaro per i futuri contenziosi.

La Modifica della Domanda in Corso di Causa: un Principio di Inammissibilità

Sul primo punto, la Cassazione ha rigettato il motivo. Ha affermato che la struttura del processo per equa riparazione non consente di ‘aggiornare’ la domanda in corso di causa per includere ritardi maturati dopo l’avvio del procedimento. Se durante il giudizio si accumula un ulteriore, nuovo ritardo, questo dovrà essere oggetto di un’azione legale separata e distinta. Di conseguenza, la Corte di Appello non ha commesso un’omissione di pronuncia, ma ha correttamente ignorato una modifica della domanda ritenuta inammissibile.

L’Errato Calcolo della Durata Ragionevole

Il secondo motivo di ricorso è stato invece accolto. La Cassazione ha censurato la decisione della Corte di Appello di Perugia, evidenziando un grave errore nel calcolo equa riparazione. La corte territoriale aveva determinato la durata irragionevole del processo presupposto sottraendo, dalla durata complessiva, non solo i tre anni considerati ‘ragionevoli’ per i vari gradi di giudizio, ma anche un ulteriore periodo di 6 mesi e 5 giorni. Questo periodo aggiuntivo è quello che la legge (art. 5-sexies L. 89/2001) concede al Ministero per provvedere al pagamento prima che si possa agire esecutivamente. Secondo la Cassazione, questo calcolo è errato.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che il processo per equa riparazione è unitario e si compone di una fase di cognizione (dove si accerta il diritto) e una di esecuzione (dove si ottiene il pagamento). Tuttavia, il periodo concesso al Ministero per pagare non fa parte della ‘durata ragionevole del processo’. Si tratta, piuttosto, di un termine a favore dell’amministrazione per adempiere spontaneamente, non di un’estensione del tempo processuale tollerabile. Sommare questo periodo alla durata ragionevole del processo, come fatto dalla Corte d’Appello, ha l’effetto illegittimo di ridurre il periodo di ritardo indennizzabile, penalizzando il cittadino che ha già subito le lungaggini della giustizia. In pratica, la Corte di merito aveva ridotto il periodo indennizzabile da quattro a tre anni, basandosi su un presupposto giuridico errato. La Cassazione ha quindi cassato la sentenza su questo punto, rinviando la causa alla Corte di Appello per un nuovo e corretto calcolo.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida due principi di notevole importanza pratica. Primo, chi agisce per ottenere un’equa riparazione deve essere consapevole che ogni periodo di ritardo costituisce un fatto a sé stante e, se maturato dopo l’inizio di una causa, richiederà un nuovo e autonomo giudizio. Secondo, e più importante, viene tutelato il diritto del cittadino a un indennizzo pieno, impedendo che i termini procedurali a favore della Pubblica Amministrazione vengano impropriamente utilizzati per erodere il risarcimento dovuto. La sentenza riafferma che il calcolo equa riparazione deve basarsi su una netta distinzione tra la durata tollerabile di un processo e i tempi concessi all’amministrazione per adempiere ai propri obblighi di pagamento.

È possibile modificare una domanda di equa riparazione in corso di causa per includere un ulteriore ritardo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la struttura del processo di equa riparazione impedisce di modificare la domanda iniziale. La pretesa per un ulteriore lasso di durata irragionevole deve essere fatta valere in un giudizio distinto.

Nel calcolo della durata irragionevole, il periodo di 6 mesi a disposizione del Ministero per pagare l’indennizzo si aggiunge alla durata ‘ragionevole’ del processo?
No, la Corte ha chiarito che è un errore computare il periodo di 6 mesi e 5 giorni, previsto come termine a disposizione del Ministero per pagare, come parte della durata ragionevole del processo. Questo periodo non può essere sommato agli anni di durata tollerabile dei gradi di giudizio.

Il tempo che intercorre tra la fine della fase di cognizione e l’inizio dell’esecuzione viene conteggiato nella durata del processo ai fini dell’equa riparazione?
No, l’ordinanza, richiamando una giurisprudenza consolidata, afferma che il lasso di tempo intercorrente tra la definitività della fase di cognizione e l’inizio della fase esecutiva non è computato nella durata della sequenza processuale, poiché non è considerato ‘tempo del processo’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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