Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16213 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16213 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME COGNOME , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo , in Roma, INDIRIZZO -ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliata , in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
nonchè
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME dell’avvocatura interna, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo dell’Area Legale Territoriale centro RAGIONE_SOCIALE, in Roma, INDIRIZZO
Oggetto: buoni postali fruttiferi
-controricorrente –
Avverso la sentenza del Tribunale di Novara n. 94/2021 pubblicata il 15.2.2021, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22.5.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. ─ Con separati atti di citazione tempestivamente notificati, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno convenuto in giudizio, dinnanzi al Giudice di Pace di Novara, NOME COGNOME proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 1092/2013 con il quale il Giudice di Pace di Novara aveva loro ingiunto il pagamento, in via solidale, in favore di NOME COGNOME COGNOME della somma di € 726,26 per capitale, oltre interessi sull’intero controvalore, pari alla differenza tra quanto liquidato da RAGIONE_SOCIALE alla scadenza di due buoni postali fruttiferi sottoscritti 1’11.2.1982 e quanto ritenuto come dovuto dalla titolare dei buoni, applicando gli interessi previsti a tergo dei buoni medesimi.
A fondamento dell’opposizione, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno evidenziato come la liquidazione dei titoli fosse stata legittimamente effettuata sulla base del tasso di interesse vigente al momento della loro scadenza dal momento che ai buoni fruttiferi postali in questione era applicabile la disciplina prevista dall’art. 173 del DPR 156/1973 sulla cui base il D.M. Tesoro 13 giugno 1986 aveva apportato modifiche ai tassi di interesse applicabili ai titoli predetti. In particolare, RAGIONE_SOCIALE ha evidenziato che la variazione dei tassi d’interesse ben poteva essere conosciuta dai titolari dei buoni trattandosi di variazione disposta da una norma di rango primario, soggetta a regime di pubblicità legale della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
─ Il Giudice di Pace di Novara ha accolto l’opposizione e revocato il d.i. opposto.
3.Avverso tale sentenza COGNOME NOME ha proposto gravame dinanzi al Tribunale Novara che ha rigettato l’appello.
Per quanto qui di interesse il Tribunale adito ha statuito che:
a) alla luce dei principi confermati dalla pronuncia n. 3963/2019 delle Sezioni Unite, la disciplina dei buoni fruttiferi postali in oggetto, serie 0/N emessi nel 1982, deve essere rinvenuta nell’art. 173 D.P.R. n. 156/1973, il quale, come modificato dall’art. 1 del d.l. n. 460/1974, convertito nella l. n. 588/1974, ha previsto che le variazioni del saggio di interesse dei buoni fruttiferi postali fossero disposte con decreto del Ministro per il Tesoro, di concerto con il Ministro per le RAGIONE_SOCIALE e Telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, specificando come tali variazioni avrebbero potuto essere estese ad una o più delle serie di buoni precedentemente emessi; in tal caso, la tabella concernente gli interessi riportata a tergo dei buoni sarebbe stata integrata da altra tabella messa a disposizione dei titolari dei buoni presso gli uffici postali;
b) il d.m. 13.6.1986, attuando la suddetta disposizione, ha previsto per tutte le serie precedenti alla serie “Q” dal medesimo decreto istituita, un regime di calcolo di interessi meno favorevole di quello risultante dalla tabella posta a tergo dei buoni;
i buoni postali in esame rientrano nella previsione citata e, quindi, i relativi interessi non possono che computarsi secondo quanto previsto dal D.M. 13.6.1986, come correttamente affermato dalla sentenza impugnata;
la questione – sollevata dall’appellante – della natura dispositiva, e non imperativa, dell’art. 173 non è correttamente posta al fine della soluzione della questione in esame ove la modificabilità del tasso di rendimento pattuito fra le parti con successivo decreto ministeriale è espressamente prevista da una norma di rango
primario, vigente all’epoca della sottoscrizione dei buoni per cui è causa;
la conoscenza del risparmiatore sulla variazione dei tassi è garantita dalla pubblicazione sulla G.U.;
confermava la manifesta infondatezza dei diversi profili di incostituzionalità dedotti dalla ricorrente nella comparsa costituzionale.
4 . ─ COGNOME NOME ha presentato ricorso per cassazione con quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria. RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
-Con il primo motivo: Violazione dell’art. 173 d.p.r. n. 156/1973 e degli artt. 1173, 1175, 1366, 1375 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. per avere il Tribunale omesso di indagare se il diritto di variazione dei rendimenti esercitato dall’emittente in assenza delle tabelle integrative fosse lecito o abusivo e, in questo secondo caso, di indagare la validità del rimborso dei buoni ai tassi peggiorativi, quale atto compiuto in forza di diritto abusivamente esercitato e lesivo dell’obbligo di buona fede oggettiva finalizzato, in specie, a consentire la verifica dell’effetto prodotto dalle variazioni sull’investimento e la conseguente gestione del contratto per il periodo successivo in termini di recesso o prosecuzione dell’investimento.
5.1 -La censura è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi che ha esplicitamente e chiaramente condiviso l’orientamento di questa Corte che ha più volte ribadito che la variazione in peius era opponibile al risparmiatore attraverso la sola pubblicità sulla G.U. e,
pertanto, alcuna valutazione di illeceità o abusività nell’esercizio del diritto si può ipotizzare.
6. -Con il secondo motivo: Violazione dell’art. 173 d.p.r. n.156/1973 e degli artt., 1325, 1326 e 1333 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per avere il Tribunale, quando ha n ritenuto sufficiente la pubblicazione sulla G.U. attribuito implicitamente al silenzio mantenuto dalla ricorrente a seguito delle variazioni operate dal dm 1986 il valore di mancato recesso espressivo del consenso necessario alla prosecuzione del contratto alle nuove condizioni, anziché, ritenere necessario a tal fine un silenzio circostanziato alla disponibilità delle tabelle integrative.
6.1 -La censura è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi sulla questione. La Corte, dopo aver statuito che la pubblicazione sulla G.U. era sufficiente ha fatto proprio il percorso logico di altri Tribunali di merito che hanno evidenziato che la eventuale mancata messa a disposizione della tabella integrativa presso gli uffici postali avrebbe potuto al più avere un rilievo sotto il profilo risarcitorio ove il risparmiatore riesca a dimostrare un nesso di causalità tra l’omissione e l’esistenza di un danno. Aspetto questo mai trattato nel giudizio ove non v’è alcun «cenno utile all’individuazione di ipotetici danni9 conseguenti alla prospettata carenza di informazione e alla loro quantificazione». In tale contesto esula qualsiasi valutazione sul significato in assoluto del silenzio quale elemento espressivo della volontà di continuare nel rapporto alle condizioni variate, perché tale effetto poteva essere impedito soltanto dall’espresso ed inequiv oco esercizio del diritto di recesso che in alcun modo può essere esercitato ‘silenziosamente’.
7. -Con il terzo motivo: Violazione e falsa applicazione. dell’art. 1339 c.c., in relazione al combinato disposto degli artt. 173 d.p.r.
n.156/1976 e 6 dm 13.6.1983, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. per avere il Tribunale applicato il meccanismo della sostituzione automatica a norme dispositive: violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 18 d.p.r. n.1092/1985 e del regolamento di attuazione d.p.r. n.217/1986 per avere il Tribunale ritenuto operativa la presunzione di conoscenza legale alla pubblicazione in gazzetta ufficiale di atti amministrativi provvedimentali e del. dm 1986 in particolare; violazione e falsa applicazione dell’art.12 Preleggi c.c. nell’interpretazione dell’art. 173 d.p.r. n. 156/1973 in relazione all’art. 360, n.3, c.p.c. per avere il Tribunale attribuito alla norma un significato diverso da quello fatto palese del significato proprio delle parole secondo la connessione tra esse. Contrasto nella giurisprudenza di legittimità. Indicazione di motivi volti a sollecitare una nuova riflessione della Suprema Corte a mutare l’orientament o dalla sentenza n. 3963/2019.
7.1 ─ La prima censura del terzo motivo omette di considerare che questa Corte ha ripetutamente statuito che la disciplina contenuta nell’abrogato art. 173 d.P.R. n. 156/1973, come novellato dall’art. 1 d.l. n. 460/1974, convertito in l. n. 588/1974, che consentiva variazioni, anche in peius, del tasso di interesse sulla base di decreti ministeriali, in quanto dettata da una fonte di rango legislativo, ha natura cogente (assicurando il contemperamento tra l’interesse generale di programmazione economica e tutela del risparmio del sottoscrittore) e come tale idonea a sostituire ex art. 1339 c.c. le statuizioni negoziali delle parti (ex multis, Cass., n.567/2023).
Egualmente per l’altra censura del medesimo motivo questa Corte, e questo Collegio ritiene di condividere tale orientamento, ha ribadito che: «proprio tenuto conto della natura dell’emittente all’epoca dei fatti, le Sezioni Unite di questa Corte n. 3963 del 2019 hanno ritenuto legittimamente variato il tasso per effetto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di
variazione, tenuto conto che l’emittente, quale ente pubblico, incarnava anche interessi pubblici legati al contemperamento dei vincoli di bilancio rispetto alle aspettative di tutela del risparmio privato; e che tanto consentiva di ritenere che la delegazione normativa contenuta nella norma primaria (art. 173 codice postale) a un decreto ministeriale rendesse quest’ultimo valido veicolo integrativo dl precetto primario». «La conoscenza di tale circostanza è affidata dal legislatore alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La prescrizione della messa a disposizione della tabella integrativa ha la diversa finalità di consentire al risparmiatore di verificare presso l’ufficio postale l’ammontare del proprio credito per interessi all’esito dell’intervenuta variazione, anche ai fini del controllo della regolarità della riscossione e della sua conformità alla normativa vigente al momento della riscossione. E’, quindi, erroneo ritenere, come fa invece il ricorrente, che tale prescrizione costituisca un obbligo informativo dalla cui osservanza dipenda la vincolatività della variazione per il risparmiatore». Come già ricordato tale effetto è stato considerato costituzionalmente legittimo dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 26 del 2020.
8 .-La ricorrente ritiene erronea la valutazione fatta dal Tribunale sull’eccezione di illegittimità costituzionale della norma sollevata, a suo dire, per contrasto con norme diverse da quelle considerate nella pronuncia della Corte Cost. n 26/1990.
8.1 -La Corte Costituzionale (n. 26/2020) ha definitivamente chiarito che l’estensione delle modificazioni anche in peius dei tassi di interesse non ha irragionevolmente leso l’affidamento dei risparmiatori sul tasso di interesse esistente al momento della sottoscrizione dell’investimento, poiché la variazione sfavorevole del tasso di interesse – che bilancia l’esigenza di tutela del risparmio con quella di contenimento della spesa pubblica in rapporto
all’andamento dell’inflazione e dei mercati in caso di titoli emessi da enti a soggettività statale -non risale al momento della sottoscrizione del titolo, ma opera solo per il futuro (cfr., Cass., n. 22619/2023; Cass., n.25614/2023; Cass., n. 19244/2023; Cass., n. 19235/2023). La Corte di merito statuendo l’infondatezza delle censure formulate sulle pretese di non applicazione del tasso in peius ha implicitamente escluso la risarcibilità di un danno per il quale aveva escluso l’esistenza del fatto lesivo. La motivazione della Corte definisce la funzione della norma come di componimento tra interesse pubblico e privato e come tale non può essere in contrasto con la normativa costituzionale evocata in questa sede dal ricorrente e chiarisce che a tal fine qualsiasi equiparazione tra il risparmio postale e quello bancario non è configurabile.
─ Per quanto esposto, il ricorso va rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 1.200 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge a favore di RAGIONE_SOCIALE e in € 1. 0 00 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge a favore di RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione