Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16146 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16146 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2842 R.G. anno 2023 proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
contro
ricorrente avverso la SENTENZA n. 829/2022 emessa da CORTE D’APPELLO BRESCIA.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 aprile 2024 dal
consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
─ Con sentenza pubblicata in data 15 dicembre 2020 il Tribunale di Bergamo, accogliendo in parte la domanda di NOME COGNOME, ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di € 71.168,75 oltre interessi legali, a titolo di rimborso di dieci buoni postali fruttiferi. Nel caso in esame i titoli recavano entrambi i timbri previsti dal d.m. 13 giugno 1986 , ossia l’uno, sul fronte, che era modificativo della serie di appartenenza, l’altro, sul retro, indicante i nuovi tassi fino al periodo relativo al ventesimo anno, senza nulla disporre per il periodo successivo, fino al trentesimo anno. Il Tribunale ha ritenuto che fossero applicabili i nuovi tassi contemplati dal cit. d.m. del 13 giugno 1986, anche per il periodo relativo all’ultimo decennio .
In sede di gravame la sentenza di primo grado è stata riformata dalla Corte di appello di Brescia con esclusivo riguardo al capo delle spese processuali, che sono state compensate.
3 . ─ NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, su due motivi; l’impugnazione è resistita da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
E’ stata formulata , da parte del Consigliere delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c.. A fronte di essa parte ricorrente ha domandato la decisione della causa. Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La proposta ha il tenore che segue:
«on il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1218, 1223, 1337,1375 c.c., per non avere condannato la controparte a titolo di risarcimento del danno, essendo invece integrati tutti i presupposti della fattispecie, attesa la diligenza professionale dovuta da RAGIONE_SOCIALE, come di recente affermato anche dal provvedimento AGCM del 18 ottobre 2022, e dovendo il
danno essere determinato secondo il c.d. interesse differenziale;
«con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 5 d.m. 13.6.1986 e 173 d.P.R. n. 156/1973, laddove il giudice d’appello, conformandosi ai principi di diritto fissati da Cass. SU n. 3963/2019, ed altre decisioni, ha aderito a un ‘opzione interpretativa che non si condivide;
« il ricorso è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 -bis, n. 1, c.p.c.; «i motivi formulano inconsistenti critiche all’orientamento delle SU n. 3963/2019, ulteriormente ribadito da plurime decisioni (fra cui: Cass., Sez. I, 25.1.2023, n. 2350; Sez. VI-1, 11.1.2023, n. 603, 3 Sez. VI-1, 11.1.2023, n. 567; Sez. VI-1, 4.1.2023, n. 122; Sez. VI-1, 3.1.2023, n. 87; Sez. I, 29.12.2022, n. 38111; Sez. I, 14.2.2022, n. 4763; Sez. I, 14.2.2022, n. 4751; Sez. I, 14.2.2022, n. 4748; Sez. I, 10.2.2022, n. 4384);
« la RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. ha ivi stabilito che la disciplina contenuta nell’abrogato art. 173 del d.P.R. n. 156/73, nel testo novellato dall’art. 1 del d.l. n. 460/74, come convertito, che consentiva variazioni, anche in peius , del tasso d’interesse sulla base di decreti ministeriali, continua a trovare applicazione ai rapporti in essere alla data di entrata in vigore del d.m. del tesoro 19 dicembre 2000, emanato in attuazione della norma abrogatrice dell’art. 7, comma 3, del d.lgs. n. 284/1999;
«in particolare, si è già chiarito che anzitutto, priva di fondamento è la censura nella parte in cui si punta sull’omessa informazione della possibilità di variazione, posto che il legislatore ha affidato la conoscenza della modifica dei tassi di interesse alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (in termini, in relazione a fattispecie analoga, cfr. Cass. n. 24527/21); inoltre, il fatto stesso che le modifiche del tasso d’interesse sono espressamente consentite, le rende prevedibili, di modo che è escluso che possa consolidarsi, e prospettarsi di conseguenza leso, un ‘ affidamento ‘ del risparmiatore sulla invariabilità del saggio vigente al momento della sottoscrizione del titolo (in termini,
Corte cost., n. 26/20), sul quale, invece, il ricorrente insiste; improprio è, d’altronde, lo stesso ricorso alla categoria dell’affidamento riposto dai risparmiatori sul tasso di interesse esistente al momento della sottoscrizione dell’investimento, posto che la variazione sfavorevole del tasso d’interesse non risale a quel momento, ma opera per il futuro, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto che la dispone;
«tale quadro normativo non è suscettibile di essere superato né con l’argomento, speso nel motivo, concernente il provvedimento AGCM dell’ottobre 2022 (che, per espressa affermazione dello stesso, non verte su tale vicende), né dall’inconsistente affermazio ne che si verte in materia di risarcimento del danno e non di pagamento, essendo all’evidenza per entrambi presunto un inadempimento che, invece, in fatto ed in diritto la Corte del merito ha correttamente escluso» ;
2. Il Collegio osserva quanto segue.
Entrambi i motivi investono il tema dell ‘ apposizione, sul retro del titolo, di un timbro «che modifica i rendimenti esclusivamente per i primi venti anni di durata dell’investimento ». La soluzione sposata dalla Corte di Brescia ha, anche con riguardo a tale questione, il conforto di una giurisprudenza di legittimità (Cass. 10 febbraio 2022, n. 4384; Cass. 14 febbraio 2022, n. 4748; Cass. 14 febbraio 2022, n. 4751; Cass. 14 febbraio 2022, n. 4763, Cass. 3 gennaio 2023, n. 87, Cass. 4 gennaio 2023, n. 122; Cass. 11 febbraio 2023, n. 567) che è stata ribadita di recente con l’enunciazione del seguente principio di diritto: « In tema di buoni postali fruttiferi, poiché l’interpretazione del testo contrattuale deve raccordare il senso letterale delle parole alla dichiarazione negoziale nel suo complesso, non potendola limitare a una parte soltanto di essa, l’indicazione, per i buoni postali della serie ‘TARGA_VEICOLO‘, di rendimenti relativi alla serie ‘P’ per l’ultimo periodo di fruttuosità del titolo non è in sé decisivo sul piano interpretativo, in presenza della stampigliatura, sul buono, di una tabella sostitutiva di quella della serie ‘P’, in cui erano inseriti i detti rendimenti, tanto più ove si consideri che la tabella in
questione adotta una modalità di rappresentazione degli interessi promessi che risulta eccentrica rispetto a quella di cui alla precedente tabella, così da rendere evidente l’assenza di continuità tra le diverse previsioni, di talché, in presenza di una incompleta o ambigua espressione della volontà delle parti quanto ai rendimenti del buono postale di nuova emissione rientrante nella previsione dell’art. 173 d.P.R. n. 156 del 1973, opera una integrazione suppletiva che consente di associare al titolo i tassi contemplati, per la serie che interessa, dal decreto ministeriale richiamato dal primo comma del detto articolo » (Cass. 26 luglio 2023, n. 22619; in senso conforme, da ultimo: Cass. 30 dicembre 2023 n. 36565; Cass. 30 dicembre 2023, n. 36581). Si è precisato, al riguardo, che la richiamata opzione ricostruttiva non collide con l’interpretazione secondo buona fede : « Per certo, l’elemento letterale deve sempre essere riguardato alla stregua degli ulteriori criteri ermeneutici, tra cui quello dell’interpretazione secondo buona fede ex art. 1366 c.c. (Cass. 17 novembre 2021, n. 34795; Cass. 14 settembre 2021, n. 24699). La regola di cui all’art. 1366 c.c., secondo cui il contratto deve essere interpretato secondo buona fede, impone tuttavia di analizzare le espressioni usate dalle parti contraenti stabilendo quale sia il significato obbiettivo sul quale le stesse, in relazione alle circostanze concrete, potevano e dovevano fare ragionevole affidamento (Cass. 20 luglio 2000, n. 9532), con la conseguenza che non possono perorarsi interpretazioni che pretendano di ricavare il detto affidamento da elementi letterali non significativi avendo riguardo al più ampio contesto del negozio» (Cass. 26 luglio 2023, n. 22619, in motivazione).
Il secondo motivo risulta rinunciato, e sul punto non si deve adottare alcuna statuizione: ma con riferimento al primo va confermato che il sottoscrittore del titolo non ha ragione di coltivare alcun ragionevole affidamento quanto alla mancata stampigliatura dei rendimenti dell’ultimo decennio ; tale principio risulta fermo da questa Corte fin dalle prime pronunce rese sul punto nel corso del 2022, onde
il primo mezzo, incentrato s ull’osservanza del canone della buona fede, rientra nell’ipotesi di cui all’ art. 360bis , n. 1, c.p.c..
– Il ricorso è in conclusione inammissibile.
─ Le spese processuali seguono la soccombenza.
Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta condanna della parte istante a norma dell’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c..
Vale rammentare quanto segue: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) ─ che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. ─ codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, la parte ricorrente va condannata, nei confronti di quella controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 6.000,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di € 6.000,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della
Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione