Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22209 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22209 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4415 R.G. anno 2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME
intimato
avverso la sentenza n. 474/2022 depositata il 3 agosto 2022 del Tribunale di Campobasso.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 luglio 2025 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. ─ RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello avverso la sentenza
del Giudice di pace di Campobasso con cui era stata respinta la propria opposizione al decreto ingiuntivo pronunciato, in favore di NOME COGNOME per la somma di euro 726,81, quale differenza del valore di rimborso di un buono postale fruttifero della serie «Q/P»: buono sottoscritto il 27 agosto 1987 e riscosso il 9 gennaio 2018. Col gravame l’appellante aveva lamentato che, riportando il buono fruttifero l’indicazione della detta serie «Q/P», i tassi di interesse applicabili fossero quelli determinati dal d.m. del 13 giugno 1986. La controversia concerne un titolo recante la trascrizione di un rendimento che, per il periodo dal ventunesimo al trentesimo anno, risulta essere diverso da quanto indicato nel menzionato decreto ministeriale e corrispondere, invece, ai tassi di interesse riconosciuti, con riguardo a detto arco temporale, ai buoni della precedente serie «P».
Il Tribunale ha respinto l’impugnazione. Ha rilevato, in sintesi, che la discrasia di contenuto tra le condizioni riportate sul titolo e la normativa di riferimento antecedente all’emissione del buono deve essere risolta in favore del dato letterale, non potendo il risparmiatore ragionevolmente rappresentarsi, in sede di sottoscrizione, che le condizioni alle quali l’Amministrazione postale si obbliga siano diverse da quelle a lui rese note. Secondo il Tribunale, dell’errore informativo imputabile all’amministrazione non può rispondere il risparmiatore «poiché in tal modo si comprometterebbero le esigenze di tutela del risparmio diffuso intorno alle quali si impernia la disciplina vigente in materia». Il Giudice di appello ha concluso affermando potersi ritenere legittimo l’affidamento riposto dall ‘ appellato sulla stampigliatura presente sul retro del titolo in quanto riconducibile a un errore dell’Amministrazione postale a lui non addebitabile.
2 . ─ Ricorre per cassazione, con tre motivi, Poste Italiane. NOME COGNOME non ha resist ito all’impugnazione. La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del l’art. 173 del d.P.R. n. 156/1973 e del d.m. 13 giugno 1986, la falsa applicazione dei principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13979 del 2007, la violazione dei principi contenuti nella sentenza delle Sezioni Unite n. 3963 del 2019, nonché delle recenti ordinanze nn. 4384, 4751, 4763 e 4748 del 2022 e nn. 87, 122 e 567 del 2023. Assume l’« insussistenza della prevalenza del dato letterale contenuto nella originaria stampa apposta sul supporto cartaceo utilizzato, obliterata dal timbro».
Col secondo mezzo Poste Italiane oppone la violazione e falsa applicazione del l’art. 173 del d.P.R. n. 156/1973 e del d.m. 13 giugno 1986, dei principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13979 del 2007, la violazione dei principi contenuti nella sentenza delle Sezioni Unite n. 3963 del 2019, nonché delle ordinanze di questa Corte rese nel febbraio 2022 e nel gennaio 2023. Deduce l’« nsussistenza di difetto informativo».
Col terzo motivo la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione del l’art. 173 del d.P.R. n. 156/1973 e del d.m. 13 giugno 1986, dei principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13979 del 2007, la violazione dei principi contenuti nella sentenza delle Sezioni Unite n. 3963 del 2019, nonché delle ordinanze di questa Corte rese nel febbraio 2022 e nel gennaio 2023.
2 . – I tre motivi possono esaminarsi congiuntamente , vertendo sulle condizioni di rimborso dei buoni postali della serie «Q/P», e sono fondati.
La pronuncia impugnata si infrange contro la compatta giurisprudenza di legittimità (Cass. 10 febbraio 2022, n. 4384; Cass. 14 febbraio 2022, n. 4748; Cass. 14 febbraio 2022, n. 4751; Cass. 14 febbraio 2022, n. 4763, Cass. 3 gennaio 2023, n. 87, Cass. 4 gennaio 2023, n. 122; Cass. 11 febbraio 2023, n. 567) che è stata poi ribadita,
a seguito di pubblica udienza, da Cass. 26 luglio 2023, n. 22619 con l’enunciazione de i seguenti principi di diritto:
« Poiché l’interpretazione del testo contrattuale deve raccordare il ‘ senso letterale delle parole ‘ alla dichiarazione negoziale nel suo complesso, non potendola limitare a una parte soltanto di essa, l’indicazione, per i buoni postali della serie ‘Q/P’, di rendimenti relativi alla serie ‘P’ per l’ultimo periodo di fruttuosità del titolo non è in sé decisivo sul piano interpretativo, in presenza della stampigliatura, sul buono, di una tabella sostitutiva di quella della serie ‘P’, in cui erano inseriti i detti rendimenti: tanto più ove si consideri che la tabella in questione adotta una modalità di rappresentazione degli interessi promessi che risulta eccentrica rispetto a quella di cui alla precedente tabella, così da rendere evidente l’assenza di continuità tra le diverse previsioni »
«In presenza di una incompleta o ambigua espressione della volontà delle parti quanto ai rendimenti del buono postale di nuova emissione rientrante nella previsione dell’art. 173 d.P.R. n. 156/1973, opera una integrazione suppletiva che consente di associare al titolo i tassi contemplati, per la serie che interessa, dal decreto ministeriale richiamato dal primo comma del detto articolo »
Nella richiamata pronuncia è stato sottolineato che col negare rilievo all’elemento letterale rappresentato dalla stampigliatura dei rendiment i relativi all’ultimo decennio non si finisce per dare ingresso a un’interpretazione contraria a buona fede. Vero è, infatti, che l’elemento letterale deve sempre essere riguardato alla stregua degli ulteriori criteri ermeneutici, tra cui quello dell’interpretazione secondo buona fede ex art. 1366 c.c. (Cass. 17 novembre 2021, n. 34795; Cass. 14 settembre 2021, n. 24699). La regola d i cui all’art. 1366 c.c., secondo cui il contratto deve essere interpretato secondo buona fede, impone tuttavia di analizzare le espressioni usate dalle parti contraenti stabilendo quale sia il significato obbiettivo sul quale le stesse, in relazione alle
circostanze concrete, potevano e dovevano fare ragionevole affidamento (Cass. 20 luglio 2000, n. 9532), con la conseguenza che non possono perorarsi interpretazioni che pretendano di ricavare il detto affidamento da elementi letterali non significativi avendo riguardo al più ampio contesto del negozio.
L ‘evocazione , da parte del Tribunale, della giurisprudenza delle Sezioni Unite (Cass. Sez. U. 15 giugno 2007, n. 13979) quanto alla prevalenza delle condizioni di rimborso trascritte nel titolo su quelle previste dal decreto ministeriale, non è concludente: come già osservato in motivazione dalla cit. Cass. 26 luglio 2023, n. 22619, altro è tener conto del dato testuale del titolo, altro è enfatizzarne la portata in contrasto col canone ermeneutico di cui all’art. 1362 c.c. , norma che, come è noto, impone di interpretare il contratto indagando quale sia stata l’intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole.
E’ sul punto da rimarcare la profonda diversità intercorrente tra la fattispecie oggetto di controversia e l’ipotesi presa in considerazione dalla richiamata pronuncia di Cass. Sez. U. 15 giugno 2007, n. 13979.
Come ricordato nella sentenza n. 22619 del 2023, nella pronuncia delle Sezioni Unite si delineava un termine di scadenza del possibile rimborso anticipato dei buoni fruttiferi che era differente da quello indicato nei titoli. In particolare, in base a un decreto ministeriale entrato in vigore da prima dell’emissione de i titoli, il termine di scadenza dei buoni era di nove anni, e non di otto (come in precedenza previsto), ma i buoni erano mancanti di quanto contemplato dal decreto, il quale, in caso di utilizzazione di moduli già stampati per le emissioni precedenti (recanti la sigla «AA»), ammetteva l’applicazione della nuova disciplina in presenza di una stampigliatura di una sigla diversa sui titoli («AB-AA»), i quali dovevano inoltre recare espressa menzione del differente termine di scadenza: di qui la lite vertente sul rendimento dei titoli, che era stato ragguagliato dalle parti ai diversi
termini di scadenza. Nella circostanza è stato osservato che « a discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e quanto indicato sui buoni offerti in sottoscrizione dall’ufficio ai richiedenti può rilevare per eventuali profili di responsabilità interna all’amministrazione, ma non può far ritenere che l’accordo negoziale, in cui pur sempre l’operazione di sottoscrizione si sostanzia, abbia avuto ad oggetto un contenuto divergente da quello enunciato dai medesimi buoni ». Le Sezioni Unite hanno difatti valorizzato la prescrizione, contenuta nell’art. 173, comma 3, d.P.R. n. 156 del 1973, che impone di « procedere al rimborso degli interessi sulla base della tabella riportata a tergo dei buoni sottoscritti dal risparmiatore ». Nella presente fattispecie non si controverte, invece, della presenza di una tale tabella e del radicale contrasto di essa con la previsione del decreto ministeriale che regola l’emissione dei titoli: si fa piuttosto questione di una previsione (quella relativa ai tassi dell’ultimo decennio) ricavata da una tabella che è sostituita, sul titolo, da altra tabella. Non entra quindi immediatamente in gioco il conflitto tra le distinte discipline dei rendimenti che sono desumibili, rispettivamente, dal decreto ministeriale e dal titolo (ipotesi, questa, presa in esame dalla richiamata pronuncia delle Sezioni Unite). Viene piuttosto in questione il significato che possa accordarsi ad indicazioni, presenti nel contesto del buono fruttifero, che concernono un particolare aspetto del rapporto: quello relativo agli interessi da corrispondersi dal ventunesimo al trentesimo anno di vita del titolo.
Non vi è ragione di discostarsi dalla richiamata giurisprudenza di questa Corte, ribadita da plurime decisioni, alcune delle quali intervenute in tempi recentissimi (cfr., infatti, Cass. 8 maggio 2025, n. 12181 e Cass. 8 aprile 2025, n. 9202).
3 . -La sentenza è cassata.
Non essendovi necessità di ulteriori accertamenti di fatto, il decreto ingiuntivo va revocato.
Le spese del giudizio di merito e di quello di legittimità vanno
compensate, essendosi la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata formata in epoca successiva al momento della proposizione del ricorso monitorio.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata; decidendo nel merito, accoglie l’opposizione e revoca il decreto ingiuntivo; compensa per l’intero le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione