Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16474 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16474 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Milano, INDIRIZZO;
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOME , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima in Bergamo alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia n.908/2021 pubblicata il 12.7.2021, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7.6.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Oggetto: Buoni postali fruttiferi
FATTI DI CAUSA
1. ─ La controricorrente ha sottoscritto BPF che sono stati tutti emessi, in conformità con il dettato normativo, su moduli della precedente ‘Serie P’, con l’apposizione sulla parte anteriore, di un timbro recante la dicitura ‘Serie Q/P’ e sulla parte posteriore, di un timbro recante nuovamente la dicitura ‘TARGA_VEICOLO‘ e la misura dei nuovi ‘tassi’ previsti per tale nuova serie . Attraverso quest’ultimo timbro, apposto in ogni buono sopra la tabella del tasso dei rendimenti relativa ai moduli della precedente serie ‘P’, RAGIONE_SOCIALE ha informato la controparte che il capitale investito sarebbe stato soggetto al nuovo regime di interessi previsto dal Decreto del Ministero del Tesoro 13 giugno 1986 (pubblicato all’interno della Serie Generale della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, n. 148 del 28 giugno 1986) -emanato in attuazione dell’art. 173 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 -istitutivo della Serie Q/P, parametrato ai nuovi tassi dell’8% fino al 5° anno, del 9% dal 6° al 10° anno, del 10,50% dall’11° al 15° anno e del 12% dal 16° anno.
2.La COGNOME si è presentata all’ufficio postale di riferimento per chiedere la riscossione dei predetti buoni e in tale occasione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha riscontrato la richiesta di pagamento, evidenziando la disponibilità a corrisponderle l’importo complessivo risultante dai rendimenti previsti per la relativa serie ai sensi del D.M. 13 giugno 1986, pari a € 66.817,89.
L’attuale controricorrente ha rifiutato di ricevere il pagamento nell’ammontare proposto da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ai sensi dei rendimenti stabiliti per i BFP dal D.M. 13 giugno 1986, in quanto ha ritenuto che il calcolo proposto da RAGIONE_SOCIALE dovesse ritenersi errato e di aver diritto a percepire un importo maggiore calcolato sulla base della tabella e dei rendimenti riportati sul retro dei buoni, asseritamente pari a €
104.370,24, per una differenza rispetto alle somme riconosciute da RAGIONE_SOCIALE di € 37.552,35 .
3 .─ Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. notificato a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in data 18 aprile 2017, la sig.ra COGNOME ha convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE dinanzi al Tribunale di Bergamo per ottenere la liquidazione degli interessi sulla base dei rendimenti indicati sui Buoni. Il tribunale adito ha accolto la domanda.
4.─ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto gravame, dinanzi alla Corte di appello di Brescia che, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello. Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:
La valutazione circa la fondatezza del motivo di gravame, correlato al disposto di cui all’art.5 del DM 13.6/.1986, deve essere effettuata muovendo dalla premessa della configurazione in termini strettamente civilistici (contrattuali) del rapporto tra risparmiatore (sottoscrittore) ed ente (attualmente società) emittente il titolo (buono fruttifero postale): in tal senso è la giurisprudenza di legittimità, la quale afferma in proposito: «occorre ricordare che, anche quando servizi postali come quello in esame erano offerti da un’azienda dello Stato (la quale, con la legge n. 71 del 1994, fu poi trasformata nell’RAGIONE_SOCIALE, avente natura di ente pubblico economico, e quindi in società per azioni), essi si caratterizzavano per l’essere organizzati e gestiti in forma d’impresa: donde – già allora – conseguiva «la conformazione dei rapporti con gli utenti come rapporti contrattuali, fondamentalmente soggetti al regime del diritto privato» (così Corte Cost. n. 303/1988);
b) seppur è vero che, secondo la disciplina speciale invocata, l’apposizione dei due timbri, a fronte e nel retro del titolo, avrebbe reso possibile l’integrale applicazione del regime dei tassi di interesse di cui al DM invocato, ancorché apposti su modulistica che, in quanto riferita ad emissioni precedenti, recava tabelle di determinazione del rimborso riferibili ad essi, e quindi tendenzialmente superate, cionondimeno tale effetto può intendersi integralmente verificato
solo a condizione della completezza e dell’univocità delle indicazioni in tal modo introdotte, semmai efficaci ancorché effettuate per relationem , ma giammai se parziali, per l’ovvia considerazione che, in presenza di queste ultime, il sottoscrittore è naturalmente indotto a ritenere che, per le parti non incise dalla modifica, si mantenga intatta la disciplina espressa nel testo del titolo;
c) col secondo timbro, si è dettata una disciplina precisa, in conformità alle indicazioni espresse nel DM, circa la determinazione dell’interesse, composto, spettante al sottoscrittore per il primo periodo ventennale (8% fino al 5° anno, 9% dal 6° al 10°, 10,50% dall’11° al 15° anno, 12% dal 16° al 20° anno), e viceversa si è totalmente omesso ogni riferimento al periodo successivo, dal 20° al 30° anno; si è peraltro lasciata intatta la dicitura preesistente. E’ logico supporre il formarsi di un ragionevole affidamento in ordine alla spettanza di interessi sul capitale in misura pari a quelli indicati nel timbro per il primo ventennio e dell’ulteriore spettanza a bimestre per la decade successiva.
5. ─ RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con due motivi ed anche memoria.
COGNOME NOME ha presentato controricorso, ed anche memoria.
AVV_NOTAIO dott. NOME COGNOME per il Procuratore Generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso .
RAGIONI DELLA DECISIONE
La controricorrente preliminarmente contesta la capacità del dell’AVV_NOTAIO, che ha sottoscritto la procura alle liti per conto di RAGIONE_SOCIALE, poichè non risulta allegata la procura in forza della quale gli è stato conferito il potere di rappresentanza processuale di RAGIONE_SOCIALE evocando un precedente di questa Corte n. 11898/2019.
La censura non è fondata. La legittimazione dell’AVV_NOTAIO nel conferire procura alle liti è ampiamente documentata
dalla citazione della procura AVV_NOTAIOile del 19 aprile 2019 per AVV_NOTAIO NOME COGNOME; la procura in questione risulta depositata su PCT. In ogni caso, la procura anche se non prodotta è atto soggetto a iscrizione nel registro delle imprese (art. 2206 c.c.), sicché ne resta confermata la sua conoscibilità. Questa Corte ha anche statuito, recentemente, che « In tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non ha l’onere di dimostrare tale sua qualità, neppure nel caso in cui l’ente si sia costituito in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante e l’organo che ha conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall’atto costitutivo o dallo statuto, poiché i terzi hanno la possibilità di verificare il potere rappresentativo consultando gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la prova negativa. Solo nel caso in cui il potere rappresentativo abbia origine da un atto della persona giuridica non soggetto a pubblicità legale, incombe a chi agisce l’onere di riscontrare l’esistenza di tale potere a condizione, però, che la contestazione della relativa qualità ad opera della controparte sia tempestiva, non essendo il giudice tenuto a svolgere di sua iniziativa accertamenti in ordine all’effettiva esistenza della qualità spesa dal rappresentante, dovendo egli solo verificare se il soggetto che ha dichiarato di agire in nome e per conto della persona giuridica abbia anche asserito di farlo in una veste astrattamente idonea ad abilitarlo alla rappresentanza processuale della persona giuridica stessa. Nel processo di cassazione, svolto con il rito camerale, la predetta contestazione relativamente alla legittimazione processuale del rappresentante del ricorrente deve essere sollevata con il controricorso e non può essere proposta solo con la memoria depositata ai sensi dell’art.380bis -1 c.p.c., rispetto alla quale la parte destinataria dell’eccezione non ha più la possibilità di integrare le proprie produzioni ai sensi dell’art.372 c.p.c .» (Cass., n. 15177 /2024)
La ricorrente deduce:
─ Con il primo motivo: In rapporto all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 4, 5 e 6, d.m. 13 giugno 1986 e dell’art. 173 d.p.r. 156/1973 anche in combinato disposto con l’art. 1339 c.c.
7. – Con il secondo motivo: In rapporto all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 173 d.p.r. 156/1973 in combinato disposto con gli artt. 4 e 5 d.m. 13 giugno 1986. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1433, 1438 e 1362 c.c.
7.1 ─ I motivi sono connessi e possono essere trattati unitariamente. Le censure sono fondate. Il D.M. 13 giugno 1986 del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, in Gazzetta Ufficiale 28 giugno 1986, n. 148, ha disposto, all’art. 4: « 1. Con effetto dal 1° luglio 1986, è istituita una nuova serie di buoni postali fruttiferi distinta con la lettera “Q” i cui saggi di interesse sono stabiliti nella misura indicata nelle tabelle allegate al presente decreto.
Gli interessi sono corrisposti insieme al capitale all’atto del rimborso dei buoni; le somme complessivamente dovute per capitale ed interessi risultano dalle tabelle riportate a tergo dei buoni medesimi ».
L’art. 5 ha aggiunto: « 1. Sono, a tutti gli effetti, titoli della nuova serie ordinaria, i buoni della precedente serie P emessi dal 1° luglio 1986.
Per questi ultimi verranno apposti, a cura degli uffici postali, due timbri: uno con la lettera “Q”, i cui moduli verranno forniti dal RAGIONE_SOCIALE dello Stato sulla parte anteriore, con la dicitura “Serie Q/P”, l’altro, sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi ».
L’art. 6, infine, ha stabilito: « 1. Sul montante dei buoni postali fruttiferi di tutte le serie precedenti a quella contraddistinta con la lettera “Q” maturato alla data del 1° gennaio 1987, si applicano, a partire dalla stessa data, i saggi di interesse fissati col presente decreto, per i buoni della serie “Q”.
Per i buoni della serie “P” emessi dal 1° gennaio 1986 al 30 giugno 1986, i nuovi saggi decorreranno dal 1° luglio 1987 si applicheranno sul montante maturato a questa ultima data.
I buoni di cui al comma 1 del presente articolo beneficeranno dell’attribuzione degli interessi bimestrali a decorrere dal 1° marzo 1987 e quelli di cui al comma 2, a decorrere dal 1° settembre 1987; da calcolarsi secondo gli indici di cui alla tabella allegata al presente decreto.
Gli interessi sono corrisposti insieme al capitale all’atto del rimborso dei buoni ».
L’art. 173 codice postale e il D.M. 13 giugno 1986, art. 5 richiedono poi di essere sinteticamente inquadrati nell’ambito della complessiva disciplina dei buoni postali fruttiferi, che sarebbe del tutto erroneo assimilare così e semplicemente alla raccolta del risparmio da parte di istituti bancari, ché, anzi, come di recente è stato osservato, «la natura giuridica delle RAGIONE_SOCIALE come azienda autonoma dello Stato (sino al 1994) e poi come ente pubblico economico (fino al 1999) ha comportato, infatti, una innegabile eterogeneità dei buoni fruttiferi negoziati dalle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rispetto agli strumenti finanziari offerti dal sistema bancario » (Corte Cost., n. 26/ 2020).
In altra sentenza la Corte ha ben evidenziato che «benché facciano parte delle forme ordinarie del risparmio postale, sono assimilabili ai titoli del debito pubblico» (Corte Cost., n. 508/1995), il che rende manifesto che la relativa disciplina è improntata ad imprescindibili esigenze di bilancio che al Governo spetta perseguire ed al Parlamento approvare, ai sensi dell’art. 81 Cost., all’epoca nel vecchio testo.
In tale contesto il legislatore non ha mai perso di vista la tutela dell’interesse del risparmio da parte del sottoscrittore e ha proceduto, così, a bilanciare gli interessi in gioco. La Consulta ha chiaramente affermato che l’estensione delle modificazioni anche in peius dei tassi di interesse non ha irragionevolmente leso l’affidamento dei risparmiatori sul tasso di interesse esistente al momento della sottoscrizione dell’investimento, poiché la variazione sfavorevole del tasso di interesse – che bilancia l’esigenza di tutela del risparmio con quella di contenimento della spesa pubblica in rapporto all’andamento dell’inflazione e dei mercati in caso di titoli emessi da enti a soggettività statale – non risale al momento della sottoscrizione del titolo, ma opera solo per il futuro, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto che la dispone, in base a una facoltà consentita dalla legge che non lede pertanto alcuno dei parametri costituzionali invocati come lesi.
Questa Corte ha valorizzato, al fine di negare rilievo decisivo alla previsione della misura degli interessi apposta sui buoni ( ‘ Gli interessi vengono corrisposti sulla base della tabella riportata a tergo dei buoni”) che il buono fruttifero postale non è un titolo di credito, ma un documento di legittimazione, giacché, a tenore dell’art. 173, «sul tenore letterale del buono erano destinate a prevalere le successive determinazioni ministeriali» (Cass., n. 27809/2005).
Va evidenziato che rispetto la fissazione dei principi sopra riportati la successiva sentenza (spesso evocata per sostenere la tesi evocata dai sottoscrittori in queste vicende Cass., Sez. Un., n. 13979/2007), non delinea alcuna diversa interpretazione poiché concerneva un caso peculiare, diverso da quello odierno, giacché i buoni postali erano stati emessi successivamente alla pubblicazione di un decreto ministeriale che aveva portato da otto a nove anni la scadenza del possibile rimborso anticipato, decreto con cui si era previsto che, in caso di impiego di buoni già stampati per emissioni precedenti, recanti la sigla “AA”, si dovesse procedere ad apporre su di essi una
stampigliatura con l’indicazione di una sigla diversa (“TARGA_VEICOLO“) e con la menzione del diverso termine di scadenza, cosa che, nel caso in questione, a differenza del caso oggi in esame, non era stato fatto: e cioè il buono era puramente e semplicemente un buono sella serie “TARGA_VEICOLO“, dunque di una serie diversa da quella effettivamente sottoscritta.
Anche con riguardo alla qualificazione dei buoni postali fruttiferi quali documenti di legittimazione la successiva sentenza delle Sezioni Unite ha ribadito il contenuto di quella del 2007, ritenendo altresì che qualificazione dei buoni postali come documenti di legittimazione «ha giustificato la soggezione dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali alle variazioni derivanti dalla sopravvenienza dei decreti ministeriali, volti a modificare il tasso degli interessi originariamente previsto, e ha portato a ritenere che la modificazione trovasse ingresso all’interno del contratto mediante una integrazione del suo contenuto ab externo secondo la previsione dell’art. 1339 c.c. Una simile ricostruzione, cui con la presente decisione si intende dare continuità, è chiaramente incompatibile con l’applicazione della disciplina di tutela dei consumatori». Ed, infatti, nel richiamare la decisione del 2007, di cui si è poc’anzi fatta menzione, quella del 2019 ha osservato che «le Sezioni Unite non hanno affatto affermato la prevalenza in ogni caso del dato testuale portato dai titoli rispetto alle prescrizioni ministeriali intervenute successivamente alla emissione e anzi hanno esplicitamente negato, a fronte all’inequivoco dato testuale dell’art. 173 codice postale che prevedeva un meccanismo di integrazione contrattuale, riferibile alla disposizione dell’art. 1339 c.c. e destinato ad operare, nei termini sopra descritti, per effetto della modifica, da parte della pubblica amministrazione, del tasso di interesse vigente al momento della sottoscrizione del titolo».
Ancor più chiaramente la sentenza ha precisato il discusso art. 173 contempla un «meccanismo di integrazione contrattuale, riferibile
alla disposizione dell’art. 1339 c.c. destinato ad operare per effetto della modifica, da parte della pubblica amministrazione, del tasso di interesse vigente al momento della sottoscrizione del titolo» (Cass., Sez. Un., n. 3963/2019).
La pretesa, quindi, di far discendere la misura degli interessi da una combinazione della disciplina prevista per i buoni della serie “Q”, provvisoriamente emessi per mancanza dei relativi supporti cartacei, in forma di buoni della serie “Q/P”, con la disciplina prevista per i buoni della serie “P”, non ha alcun fondamento sul piano di una elementare logica nell’applicazione dei principi basilari dell’interpretazione contrattuale, sia dal versante della lettera che dell’intenzione delle parti, ai sensi dell’art. 1362 c.c., giacché, se i buoni sono sottoposti alla disciplina della serie “Q”, e l’autorità preposta dalla legge chiarisce che la disciplina della serie “Q”, si applica anche alla serie “TARGA_VEICOLO/P”, di modo che sul documento viene apposta la sigla “TARGA_VEICOLO“, ciò sta a testimoniare che l’applicazione della disciplina dei precedenti buoni della serie “P” è palesemente esclusa. Il che è tanto più vero alla luce dell’art. 1342 c.c., comma 1, il quale stabilisce, in caso di moduli predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, che le clausole aggiunte al modulo prevalgono su quelle ivi precedentemente scritte qualora siano incompatibili – e che siano incompatibili è in re ipsa, visto che il decreto ministeriale ha individuato i nuovi tassi in sostituzione dei precedenti – con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate (così in motivazione Cass., n. n. 22619/2023).
8. – Con il terzo motivo: In rapporto all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 173 d.p.r. 156/1973 in combinato disposto con l’art. 5 d.m. 13 giugno 1986 .
8.1─ La censura è fondata. Questa Corte ha chiarito (Cass., n. 4748/2022) che: « non sembra si possa seriamente dubitare che
l’apposizione di un timbro di dimensioni inferiori alla precedente stampigliatura, che non sia perciò fisicamente idoneo a coprirla integralmente, lasciandone viceversa scoperto un pezzo, e cioè una mera imperfezione dell’operazione materiale di apposizione del timbro, non sia qualcosa che possa avere in qualche modo, anche lontanamente, a che vedere con una manifestazione di volontà concludente, rilevante sul piano negoziale. Si vuol dire che, nel caso in esame, non si è in presenza di un errore sulla dichiarazione, ossia di una manifestazione di volontà, che l’ordinamento impone di considerare nella sua oggettività, quale estremo limite cui si spinge il principio di tutela dell’affidamento sull’altrui dichiarazione, tanto da far prevalere la volontà dichiarata o la dichiarazione trasmessa sulla reale volontà del dichiarante, qualora, per ipotesi, l’errore manchi del requisito della riconoscibilità (art. 1433 in relazione all’art. 1428 c.c.): qui non solo non c’è la volontà dell’ente di pattuire la misura degli interessi che oggi il sottoscrittore richiede, ma non c’e’ neppure la univoca dichiarazione che il sottoscrittore invoca, giacché egli la fa discendere dalla forzata giustapposizione, dal collage, di due clausole che stanno invece ognuna per proprio conto: l’una, apposta a timbro, concernente i buoni della serie “TARGA_VEICOLO“, l’altra, preesistente, quelli della serie “P” ».
« La pretesa di far discendere la misura degli interessi da una combinazione della disciplina prevista per i buoni della serie “Q”, provvisoriamente emessi per mancanza dei relativi supporti cartacei, in forma di buoni della serie “Q/P”, con la disciplina prevista per i buoni della serie “P”, non ha alcun fondamento sul piano di una elementare logica nell’applicazione dei principi basilari dell’interpretazione contrattuale, sia dal versante della lettera che dell’intenzione delle parti, ai sensi dell’art. 1362 c.c., giacché, se i buoni sono sottoposti alla disciplina della serie “Q”, e l’autorità preposta dalla legge chiarisce che la disciplina della serie “Q”, si applica anche alla serie “Q/P”, di modo che sul documento viene
apposta la sigla “TARGA_VEICOLO“, ciò sta a testimoniare che l’applicazione della disciplina dei defunti buoni della serie “P” è palesemente esclusa. Il che è tanto più vero alla luce dell’art. 1342 c.c., comma 1, il quale stabilisce, in caso di moduli predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, che le clausole aggiunte al modulo prevalgono su quelle ivi precedentemente scritte qualora siano incompatibili – e che siano incompatibili è in re ipsa, visto che il decreto ministeriale ha individuato i nuovi tassi in sostituzione dei precedenti – con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate » (Cfr., Cass., n. 22619/2023 e successive conformi).
9. ─ Per quanto esposto, il ricorso va accolto. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà a quanto sopra indicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità
P.Q.M .
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione