Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18685 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18685 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29062/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1308/2022 depositata il 21/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- Il sig. NOME COGNOME ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Pisa, Poste Italiane Spa chiedendone la condanna al
pagamento della somma di euro 42.650,37 oltre interessi a titolo di corretta liquidazione del controvalore di tre buoni postali fruttiferi (BPF) sottoscritti, in data 7.1.1987, 3.3.88 e 12.3.88, laddove la convenuta invocava l’applicazione dei saggi di rendimento previsti dal D.M. 13/06/1986 istitutivo della relativa serie.
2.- La sentenza con cui il Tribunale adito ha accolto la domanda è stata impugnata da Poste italiane, e confermata -per quanto qui ancora interessa dalla Corte d’Appello di Firenze che ha, in sintesi, osservato nel merito del gravame che:
(a) pur essendo indiscusso che a seguito dell’entrata in vigore del D.M. 13.6.1986 n. 148 i BPF potessero essere emessi utilizzando moduli della precedente ‘serie P’ apponendovi la dicitura ‘serie Q/P’ , nonché un timbro sulla parte posteriore che recava le misure dei nuovi tassi sensibilmente ridotti, di fatto, nel caso di specie tale adattamento era avvenuto solo in modo parziale, in quanto il timbro apposto sul retro dei titoli ‘serie Q/P’ in possesso del sig. COGNOME modificava il tasso, in ossequio a quanto previsto dal citato n. 148/86, solo per i primi 20 anni ma non per il periodo successivo;
(b) trattandosi di stabilire se, per il periodo compreso tra il 20° e il 30° anno posteriore all’emissione del buono debba prevalere la disciplina degli interessi chiaramente indicata sul buono stesso, oppure la diversa disciplina regolamentare già vigente, che il titolare del buono avrebbe potuto conoscere con l’ordinaria diligenza, il primo giudice aveva fatto chiara applicazione del principio sancito dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 13979/2007;
(c) era infondata la tesi di Poste Italiane secondo cui nel caso di specie era da escludersi la possibilità di applicare i principi espressi dalla sentenza di legittimità citata in quanto relativa al caso, del tutto diverso, in cui al cliente erano stati consegnati BPF che non recavano l’aggiornamento dei tassi, benché la modifica dei tassi
stessi fosse già in atto, poiché -osservava la Corte – il timbro prestampato apposto sui titoli prima della consegna all’attore a modifica dei tassi già indicati a stampa sul modulo, recava l’indicazione dei nuovi tassi di interesse introdotti dal D.M. n. 148/86 solo fino al 20° anno, dovendosi, quindi, ritenere delimitata a questo lasso temporale la modifica stessa, e rimanendo quindi vigenti dopo il 20° anno i tassi di interesse già stampati sul supporto cartaceo;
(d) né la successiva pronuncia delle Sez. Un. n. 3963 del 2019 -invocata -era rilevante, giacché ai sensi dell’art. 173 Codice Postale, la modifica dei tassi introdotta per legge è destinata ad operare, ex art. 1339 c.c., solo per i buoni già emessi con un determinato interesse prima della modifica normativa che varia detto interesse, mentre per i buoni di futura emissione (come in questo caso) la modifica dei tassi è destinata ad operare solo se ed in quanto riportata sul titolo;
(e) non condivisibile era anche la recente ordinanza (Cass. nr e4748/2022), emessa in un caso identico, poiché il terzo comma dell’art. 173 codice postale per cui ‘ Gli interessi vengono corrisposti sulla base della tabella riportata a tergo dei buoni; tale tabella, per i titoli i cui tassi siano stati modificati dopo la loro emissione, è integrata con quella che è a disposizione dei titolari dei buoni stessi presso gli uffici postali ‘ – prevede come regola che i buoni postali fruttino gli interessi che sono prestampati sul buono stesso, i quali possono essere sostituiti con interessi diversi soltanto in caso di modifica normativa successiva alla loro emissione; e nella specie, di fatto, il timbro apposto sui buoni oggetto di causa aveva modificato detti tassi solo per i primi 4 scaglioni, lasciando inalterato il 5° scaglione relativo al periodo dal 21° al 30° anno e ciò non poteva considerarsi -come ritenuto nella pronuncia invocata da ultimo -una mera imperfezione dell’operazione materiale di apposizione del timbro (che, essendo
di dimensioni inferiori alla precedente stampigliatura, era fisicamente inidoneo a coprirla integralmente) inidonea ad essere letta come univoca manifestazione di volontà: infatti la questione non era affatto che il timbro non copra integralmente la precedente stampigliatura, bensì che il timbro rechi una variazione solo parziale del saggio di interesse garantito da quanto stampigliato sul titolo, ossia solo per i primi 20 anni, nulla disponendo in ordine alla redditività del titolo stesso relativo agli ultimi 10 anni.
3.- Avverso la sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE affidato a due motivi di cassazione, corredato di memoria. NOME COGNOME è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 173 D.P.R. n. 156/1973 in violazione dei principi espressi dalla Suprema Corte nella sentenza n. 13979/2007, e di quelli contenuti nella recente giurisprudenza di legittimità (Ordinanze n.4784/2022 e n. 4748, 4763, 4751 depositate il 14.2.2022), in relazione all’art. 360 co. I n. 3 c.p.c.
2.- Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione in materia di affidamento. 173 D.P.R. n. 156/1973 in violazione dei principi espressi dalla Corte di cassazione con le Ordinanze n.4784/2022 e n. 4748, 4763, 4751 depositate il 14.2.2022, in relazione all’art. 360 co. I n. 3 c.p.c.
Secondo la ricorrente la tesi del Corte d’appello è infondata sia in fatto che in diritto:
in fatto perché non corrisponde al vero che il caso di specie sia ‘identico’ a quello esaminato da Cass. Sez. Unite n. 13979/2007, infatti, mentre sui Buoni esaminati dalla Suprema Corte nel 2007 non era indicata la serie di appartenenza, in quelli ora in esame è ben stampata, sia sul fronte che sul retro, la loro appartenenza alla serie ‘Q/P’. In secondo luogo perché, a differenza del Buono esaminato dalla Cassazione nel 2007, nel caso ora in esame i tassi
di interesse erano originariamente stampati sul modulo cartaceo, che è stato utilizzato in esecuzione dell’art. 5 del D.M. 13.6.1986 e sono stati obliterati dal timbro applicato da Poste Italiane, timbro che nei Buoni esaminati nel 2007 non era presente: differenze obiettive, già di per sé sole escluderebbero possa farsi fondato riferimento a casi identici che invece identici non sono;
– in diritto, per i motivi che la Corte di Cassazione aveva ben spiegato dedicando a questo specifico profilo un approfondimento che la Corte Appello di Firenze non aveva adeguatamente considerato; invero l’ordinanza n. 4784/2022, esaminata la sentenza n. 13979/2007 aveva evidenziato come essa fosse inapplicabile nei casi relativi a Buoni che recano stampata sul fronte e sul retro la serie di appartenenza (come nel caso in esame), e, in continuità con la giurisprudenza precedente, ribadito il carattere negoziale del rapporto che si instaura tra le parti, l’operatività del congegno previsto dall’art. 1339 c.c. e l’efficacia cogente all’articolo 173 e, in dipendenza di questo, del decreto ministeriale, per concludere che ove era chiaramente indicata la serie di appartenenza ed apposta sul retro la timbratura delle condizioni negoziali di rendimento e rimborso, non solo non c’è la volontà dell’ente di pattuire la misura degli interessi stampato sul modulo di una serie precedente che il sottoscrittore della nuova serie richiede, ma non c’è neppure la univoca dichiarazione che il sottoscrittore invoca, giacché egli la fa discendere dal collage di due clausole che stanno invece ognuna per proprio conto: l’una, apposta a timbro, concernente i buoni della serie «Q/P», l’altra, preesistente, a quelli della serie ‘P’; convergendo in tal senso anche le regole di ermeneutica contrattuale, sia dal versante della lettera che dell’intenzione delle parti, ai sensi dell’art. 1362 c.c., giacché se i buoni sono sottoposti alla disciplina della serie ‘Q’, e l’autorità preposta dalla legge chiarisce che la disciplina della serie ‘Q’ si applica anche alla serie ‘Q/P’, di modo che sul documento
viene apposta la sigla ‘Q/P’, ciò sta a testimoniare che l’applicazione della disciplina dei defunti buoni della serie è palesemente esclusa.
La Corte d’appello non avrebbe espresso alcunché a proposito della indagine sulla volontà e sulla intenzione delle parti, laddove né Poste né tanto meno il Ministero o Cassa DD. e PP. avevano mai minimamente manifestato né la volontà e né l’intenzione di combinare, nel rimborsare un Buono, i tassi di una serie con i tassi di una diversa serie non più in vigore, essendo, del resto, stravagante pensare che la volontà dello Stato possa essere stata quella di rimborsare i Buoni della serie Q/P solo in parte ai tassi stabiliti dal D.M. che tale serie ha istituito, mentre la restante parte avrebbe dovuto essere rimborsata ai tassi di interesse di una serie precedente (la serie P) non più in vigore al momento della emissione del Buono. Anche laddove la Corte d’appello ha replicato che ‘ la questione non è affatto che il timbro non copra integralmente la precedente stampigliatura, ma invece che il timbro rechi una variazione solo parziale del saggio di interesse garantito da quanto stampigliato sul titolo, ossia solo per i primi 20 anni ‘ si trattava di argomento infondato, poiché l’art. 5 prescrive che il timbro indichi ‘ i nuovi tassi di interesse ‘ e non anche l’importo bimestrale, ed il timbro recava nella specie esattamente i tassi di interesse come stabiliti dal D.M. 13.6.1986.
Infine, (secondo mezzo) la sentenza impugnata conterrebbe affermazioni infondate anche a proposito del negligente comportamento di Poste Italiane che avrebbe ingenerato un affidamento del titolare dei buoni quanto al diritto a ricevere, dal ventunesimo al trentesimo anno, gli interessi nella misura originariamente stampata sul retro del supporto cartaceo utilizzato per emettere il Buono, perché, da un lato, non può sussistere affidamento su di un documento di legittimazione e cioè su di un documento non dotato del requisito della letteralità, ma in cui,
oltretutto, è ben impressa, sia sul fronte che sul retro, la serie di appartenenza; dall’altro la Corte d’Appello erroneamente definirebbe la parte originariamente stampata sul modulo utilizzato ed obliterata dal timbro, ‘quanto previsto dal Buono’, trattandosi, invece, di un residuo della originaria stampa pe runa serie non più in vigore, in conformità al D.M. 13.6.1986.
3.- I due motivi – che possono essere esaminati insieme perché connessi attenendo all’interpretazione e applicazione dell o ius variandi previsto dell’art. 173 del d.P.R. citato sono fondati.
Invero a proposito dei principi interpretativi ed applicativi delle norme citate dalla ricorrente, il Collegio, intende dare continuità all’orientamento ormai consolidatosi di questa Corte dopo l’intervento nomofilattico di cui alla sentenza SS.UU. 3963/2019, sollecitata proprio per dirimere un ipotizzato – ma infondato contrasto con la pronuncia precedente resa da SS.UU. 13979/2007, attraverso numerose ordinanze a partire dalla n. 4784/2022,
3.1Si tratta dei principi ermeneutici che sorreggono l’applicazione dell’art. 173 DPR n.156/1973, per i quali la modifica dei tassi di interesse relativi alle diverse serie dei BPF è efficace ed immediatamente applicabile a seguito degli adempimenti previsti dal primo comma dell’art. 173 stesso (« 1. Le variazioni del saggio d’interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale; esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie»), ovvero dopo la pubblicazione del D.M. sulla Gazzetta Ufficiale, quale modalità necessaria e nel contempo sufficiente a rendere opponibile la variazione istitutiva di nuova serie dei prodotti di investimento in discorso ai terzi.
3.2- Questa Corte ha affermato : (a) che « la disciplina contenuta nell’abrogato art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973, come novellato
dall’art. 1 del d.l. n. 460 del 1974, convertito in l. n. 588 del 1974, che consentiva variazioni, anche in peius , del tasso di interesse sulla base di decreti ministeriali, in quanto dettata da una fonte di rango legislativo, ha natura cogente (assicurando il contemperamento tra l’interesse generale di programmazione economica e tutela del risparmio del sottoscrittore)»; (b) detta disciplina è «come tale idonea a sostituire ex art. 1339 c.c. la statuizioni negoziali della parti» ; (c) «ne deriva che il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal decreto ministeriale che ne disponeva l’emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle seconde, anche relativamente alla serie, istituita con effetto dal 1 luglio 1986 con D.M. 13 giugno 1986, di buoni postali fruttiferi distinta con la lettera «Q», fissando per tutte le serie precedenti, e con decorrenza 1 gennaio 1987, un regime di calcolo degli interessi meno favorevole di quello risultante dalla tabella posta a tergo dei buoni ».
3.3- Detto arresto in nessun modo contraddice alla precedente sentenza a SS.UU. del 2007 cui fa riferimento la sentenza gravata che – come espressamente affermato nella successiva sentenza a SS.UU.- attiene al diverso caso in cui nessun timbro era stato apposto sul modulo della serie precedente del buono postale sottoscritto: « Le Sezioni Unite (nella richiamata sentenza n. 13979/2007) non hanno affatto affermato, come pretenderebbe il ricorrente, la prevalenza in ogni caso del dato testuale portato dai titoli rispetto alle prescrizioni ministeriali intervenute successivamente alla emissione (…) ed, anzi, l’hanno esplicitamente negato, a fronte dell’inequivoco dato testuale dell’art. 173 del codice postale che prevedeva un meccanismo di integrazione contrattuale, riferibile alla disposizione dell’art. 1339 del codice civile e destinato ad operare, nei termini sopra descritti, per effetto della modifica, da parte della pubblica amministrazione,
del tasso di interesse vigente al momento della sottoscrizione del titolo ‘ (Cass. SS.UU. n. 3963/2019, pagg. 12 -13, punto n.17).
3.4 -Alla luce di detti interventi nomofilattici numerose pronunce (cfr. Cass. n. 24639/2021; Cass. n. 38114/2021; Cass. n. 22577/2023; Cass. n. 19235/2023; Cass. n. 1278/2023; Cass. n. 19092/2023; Cass. n. 3321/2023; 25583/2023, 25587/2023, 25620/2023, 25624/2023, 25718/2023 e 26740/2023) hanno, poi, già affermato il principio che il sottoscrittore di un titolo che reca chiaramente (come pacificamente è nella specie) i timbri indicati dal D.M. 1° Luglio 1986, non può pretendere, per l’ultimo decennio, gli interessi (più favorevoli) previsti per la vecchia serie; e ciò per una convergenza di ragioni che risultano non solo da entrambi gli interventi nomofilattici citati, ma anche dalla Sentenza della Corte Cost. n. 26 del 2020, sollecitata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’impianto regolativo in questione; ovvero: (a) l’assenza del carattere letterale del titolo -che, invero, costituisce un mero documento di legittimazione -onde la mancata specifica deroga degli interessi dell’ultimo periodo non assume rilievo dirimente, ovvero tale da escludere i tassi di rendimento previsti dal D.M. del 1986: infatti la chiara riconducibilità del buono alla serie nuova ed ai rendimenti previsti dal decreto, esclude che fosse ragionevole ipotizzare che il nuovo regime riguardasse solo il primo ventennio e non l’intero periodo di validità del buono postale che, per espressa disposizione del decreto, rientrava, «a tutti gli effetti», nella nuova serie ordinaria; (b) il tasso previsto dal ventunesimo al trentesimo anno ben poteva essere sostituito ex lege (art. 1339 c.c.) in ragione di quanto risultante dalla tabella dei tassi allegata al D.M. del 13.06.1986, in ragione, peraltro, di una semplice operazione aritmetica, dipendendo i rendimenti fissi bimestrali dell’ultimo decennio dal tasso previsto per il 20° anno); (c) l’incompletezza del timbro non ha valore di manifestazione di volontà negoziale
rilevante e non determina un errore sulla dichiarazione, essendo chiaro e pacifico che l’accordo negoziale ha avuto ad oggetto i buoni di nuova serie: infatti – come chiaramente osservato – « la pretesa di far discendere la misura degli interessi da una combinazione della disciplina prevista per i buoni della «serie Q», provvisoriamente emessi per mancanza dei relativi supporti cartacei, in forma di buoni della «serie Q/P», con la disciplina prevista per i buoni della «serie P», non ha alcun fondamento sul piano di una elementare logica nell’applicazione dei principi basilari dell’interpretazione contrattuale, sia dal versante della lettera che dell’intenzione delle parti, ai sensi dell’art. 1362 c.c., giacché, se i buoni sono sottoposti alla disciplina della «serie Q», e l’autorità preposta dalla legge chiarisce che la disciplina della «serie Q» si applica anche alla «serie Q/P», di modo che sul documento viene apposta la sigla «Q/P», ciò sta a testimoniare che l’applicazione della disciplina dei defunti buoni della «serie P» è palesemente esclusa » (Cass. n. 4384/22, Cass. n. 4748/22, Cass. n. 4751/22, Cass. n. 4763/22); (d) in detto contesto non sussistono i presupposti per la tutela dell’affidamento del possessore dei buoni che li ha sottoscritti successivamente al decreto che li istituiva pacificamente come serie diversa, poiché il D.M. chiariva che il vecchio supporto cartaceo in concreto utilizzato era diverso per il solo fatto che il Poligrafico dello Stato non ne aveva ancora stampato di nuovi, e prescrivendo – per chiarezza -l’apposizione sia sul fronte che sul retro del modulo i timbri indicativi della serie effettiva (nella specie «Q/P») e dei diversi e minori tassi applicabili; pertanto, nessuna tutela di un legittimo affidamento è invocabile in siffatte fattispecie.
3.5- Ciò in conformità, del resto, a quanto osservato anche dalla Corte costituzionale nella sent. n. 26/2020, per cui la norma dell’art. 173 in argomento « per il fatto stesso di consentire espressamente -e rendere, quindi, prevedibili -successive
modifiche, anche riduttive, del saggio di interessi, escludeva con ciò che potesse consolidarsi, e prospettarsi di conseguenza leso, un “affidamento” del risparmiatore sulla invariabilità del saggio vigente al momento della sottoscrizione del titolo ». Corte Costituzionale che ha, altresì, sottolineato che « la possibilità di variazione, anche in senso sfavorevole, dei tassi di interesse sui buoni fruttiferi postali, consentita dalla disposizione in esame, riflette un ragionevole bilanciamento tra la tutela del risparmio e un’esigenza di contenimento della spesa pubblica; contenimento che, in caso di titoli emessi da enti a soggettività statuale, implicava, appunto, la previsione di strumenti di flessibilità atti ad adeguare la redditività di tali prodotti all’andamento dell’inflazione e dei mercati ».
– Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione che si atterrà a quanto sopra indicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima