Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26608 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26608 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/10/2024
Oggetto: buoni postali fruttiferi – variazione in pejus
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al n. 20473/2021 R.G. proposti da COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima , sito in Bergamo, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia n. 30/2021, depositata il 18 gennaio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di appello di Brescia, depositata il 18 gennaio 2021, che, in parziale riforma della sentenza appellata, aveva condannato le RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese del giudice di primo grado, confermando, nel resto, tale sentenza;
detta sentenza era appellata, in via principale, da RAGIONE_SOCIALE a mezzo di due motivi, intesi a far dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo ed il difetto di legittimazione passiva di essa appellante; ed in via incidentale dall’odierno ricorrente, che ne chiedeva la riforma con la condanna di RAGIONE_SOCIALE al rimborso anche della differenza tra quanto dallo stesso chiesto in primo grado e quanto ivi accordato;
la Corte di appello ha dato atto che il giudizio traeva origine dalla proposizione di una domanda da parte del predetto NOME COGNOME di condanna delle RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 160.355,76, a titolo di rimborso di dodici buoni postali fruttiferi sottoscritti tra il 16 luglio e il 27 agosto 1984 e che il Tribunale aveva condannato la società convenuta al pagamento della minor somma di euro 71.849,60, in applicazione dei criteri di cui al d.m. 13 giugno 1986, e alla metà delle spese processuali, compensate per la frazione residua;
quindi, disattese le eccezioni pregiudiziali opRAGIONE_SOCIALE dalla società in punto di difetto di giurisdizione e di difetto di legittimazione passiva, qu est’ultima fondata sul fatto che i titoli erano stati emessi in epoca antecedente alla pri vatizzazione dell’ RAGIONE_SOCIALE, ha confermato la decisione di primo grado in ordine all’applicazione ai buoni postali in oggetto de i tassi di interesse fissati con il d.m. 13 giugno 1986 , accogliendo l’appello incidentale dell’odierno ricorrent e solo limitatamente al capo relativo alle spese processuali;
il ricorso è affidato a tre motivi;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE;
-quest’ultima deposita memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
va preliminarmente disattesa la richiesta di interruzione del giudizio avanzata dall’AVV_NOTAIO in ragione del sopravvenuto decesso del proprio assistito, odierno ricorrente, atteso che nel giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio, non trova infatti applicazione l’istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli art. 299 c.p.c., ss. sicché, una volta instauratosi il giudizio, il decesso, come nella specie, del ricorrente, comunicato dal suo difensore, non produce l’interruzione del giudizio (cfr. Cass. 28 dicembre 2022, n. 37898; Cass. 21 febbraio 2021, n. 3630; Cass. 3 dicembre 2015, n. 24635);
nel merito, con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 73, d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, per aver la sentenza impugnata omesso di considerare che il terzo comma di tale disposizione prevede, ai fini dell ‘efficacia delle variazioni in pejus del rendimento dei buoni postali, la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei provvedimenti contenenti tali variazioni e la messa a disposizione dei risparmiatori delle relative tabelle;
-lamenta l’assenza di un’adeguata informazione al momento dell’acquisto dei titol i e sottolinea che il diritto dell’Unione Europea in particolare, le direttive 93/22/CEE, 2004/39/CE e 2014/65/UE -impone che il risparmiatore sia informato circa la natura dell’investimento, la tipologia dei titoli e il loro grado di rischio prima della collocazione e, dopo il collocamento del titolo, circa le significative variazioni di rendimento intervenute;
aggiunge, poi, che la mancata o, comunque, inadeguata informativa ai risparmiatori si pone in contrasto con l’art. 17 della Cart a dei diritti fondamentali UE, limitando ingiustificatamente il diritto di proprietà, nonché con i principi generali del diritto dell’Union e Europea del
legittimo affidamento e della certezza del diritto;
in via subordinata chiede il rinvio pregiudiziale della causa ai sensi dell’art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in ordine alla verifica della compatibilità della normativa interna con le Direttive nn. 93/22/CEE e 2004/39/CE, con i diritti di proprietà e di pari trattamento e con il principio di tutela del consumatore;
il motivo è infondato;
giova rammentare che la normativa di riferimento in tema di jus variandi dei rendimenti dei buoni postali fruttiferi è costituita dal d.P.R. n. 156 del 1973, il cui art. 173, nella sua versione originaria, stabilisce che «1. Gli interessi vengono corrisposti a seconda della tabella riportata a tergo dei buoni. 2. Le variazioni del saggio d’interesse sono disRAGIONE_SOCIALE con decreto del AVV_NOTAIO da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale; esse hanno effetto soltanto per i buoni emessi dal giorno dell’entrata in vigore del decreto stesso, e non per quelli emessi anteriormente, per i quali continuano ad applicarsi le tabelle d’interesse esistenti a tergo dei medesimi»;
-l’art. 1 d.l. 30 settembre 1974, n. 460, conv. con modif. dalla l. 25 novembre 1974, n. 588, ha novellato la disposizione nel senso che segue: «1. Le variazioni del saggio d’interesse dei buoni postali fruttiferi sono disRAGIONE_SOCIALE con decreto del AVV_NOTAIO per il AVV_NOTAIO, di concerto con il AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE le RAGIONE_SOCIALE, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale; esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie. 2. Ai soli fini del calcolo degli interessi, i buoni delle precedenti serie, alle quali sia stata estesa la variazione del saggio, si considerano come rimborsati e convertiti in titoli della nuova serie e il relativo computo degli interessi è effettuato sul montante maturato, in base alle norme di cui al primo comma del precedente art. 172, alla data di entrata in vigore del decreto previsto dal presente articolo. Per i buoni che siano
stati emessi da meno di un anno, il nuovo saggio decorre dalla data di compimento dell’anno ed il calcolo degli interessi è eseguito sul montante maturato alla scadenza di questo periodo. 3. Gli interessi vengono corrisposti sulla base della tabella riportata a tergo dei buoni; tale tabella, per i titoli i cui tassi siano stati modificati dopo la loro emissione, è integrata con quella che è a disposizione dei titolari dei buoni stessi presso gli uffici postali»;
– tali disposizioni normative, applicabili ratione temporis al caso in esame, consentono variazioni, anche in pejus , del tasso di interesse sulla base di decreti ministeriali e i buoni soggetti alla variazione del tasso di interesse devono considerarsi rimborsati con gli interessi al tasso originariamente fissato e convertiti nei titoli della nuova serie con il relativo tasso di interesse, riconoscendo ai risparmiatori, a fronte della variazione di tale tasso, di chiedere la riscossione dei buoni, ottenendo gli interessi corrispondenti al tasso originariamente fissato, ovvero, in alternativa, di non recedere dall’investimento che avrebbe da quel momento prodotto gli interessi di cui al decreto di variazione, salvo il diritto del risparmiatore di ottenere la corresponsione degli interessi originariamente fissati per il periodo precedente alla variazione (cfr. Cass., Sez. Un., 11 febbraio 2019, n. 3963);
– non è persuasiva e va, dunque, disattesa la tesi del ricorrente secondo cui il jus variandi possa essere esercitato solo a vantaggio del risparmiatore, ponendosi in contrasto con il contenuto delle richiamate previsioni normative, per cui immune da censura è sul punto la decisione impugnata, la quale ha fatto corretta applicazione delle medesime disposizioni;
in ordine alla compatibilità della riferita regolamentazione normativa con i principi del diritto dell’Unione Europea, si osserva che la Direttiva 93/22/CEE, evocata dal ricorrente , risulta successiva all’entrata in vigore del richiamato d.l. n. 460 del 1974, e che, comunque, la stessa non si applica «alle banche centrali degli Stati membri, altri enti
nazionali che svolgono funzioni analoghe ed altri enti pubblici incaricati della gestione del debito pubblico o che intervengono nella medesima», giusta il suo art. 2.2, lett. f);
– né appare concludente il richiamo al diritto di proprietà e di parità di trattamento, atteso che la disciplina dei buoni postali fruttiferi risponde anche ad interessi generali, tali da giustificare l’adozione d elle censurate regole in tema di jus variandi e, inoltre, che il legislatore non ha mai perso di vista la tutela dell’interesse del risparmio da parte del sottoscrittore, riservando allo stesso cospicui benefici (garanzia dello Stato per capitale ed interessi; trattamento fiscale vantaggioso; inter essi composti; durata fino a trent’anni, ma, come si diceva, con facoltà di immediato rimborso, dopo un certo numero di anni, a vista e presso l’intera rete degli uffici postali nazionali; esenzione da ogni commissione e onere; utilizzabilità per costituire cauzioni a favore dello Stato e degli enti pubblici; non sequestrabilità né pignorabilità, tranne che per ordine dell’autorità giudiziaria in sede penale; vantaggi in sede di passaggio generazionale della ricchezza) (cfr. Cass. 10 febbraio 2022, n. NUMERO_DOCUMENTO);
– la possibilità di variazione, anche in senso sfavorevole, dei tassi di interesse sui buoni fruttiferi postali riflette un ragionevole bilanciamento tra la tutela del risparmio e un’esigenza di contenimento della spesa pubblica; contenimento che, in caso di titoli emessi da enti a soggettività statuale, implica la previsione di strumenti di flessibilità atti ad adeguare la redditività di tali prodotti all’andamento dell’inflazione e dei mercati (così, Corte Cost. 20 febbraio 2020, n. 29); – quanto esposto porta ad escludere che vi sia ragione di interpellare sul punto la Corte di giustizia, come del resto già ritenuto in analogo giudizio dalla pronuncia di questa Corte dell’ 11 gennaio 2023, n. 603, in cui si richiama il principio, espresso da Corte giust. UE 6 ottobre 2021, RAGIONE_SOCIALE , C -561/19, secondo cui «a mera possibilità di effettuare una o diverse altre letture di una
disposizione del diritto dell ‘ Unione, nei limiti in cui nessuna di queste altre letture appaia sufficientemente plausibile al giudice nazionale interessato, segnatamente alla luce del contesto e della finalità di detta disposizione, nonché del sistema normativo in cui essa si inserisce, non può essere sufficiente per considerare che sussista un dubbio ragionevole quanto all’interpretazione corretta di tale disposizione»;
con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1335 e 1375 cod. civ., chiedendo la condanna della RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni per inadempimento dei propri obblighi informativi;
il motivo è inammissibile;
la censura è priva di una puntuale critica alla sentenza impugnata, emergendo, piuttosto, la volontà di ottenere una pronuncia della Corte su una (nuova) domanda;
in ogni caso, trattandosi di una questione di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente avrebbe dovuto non solo allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (cfr. Cass. 1° luglio 2024, n. 18018; Cass. 9 agosto 2018, n. 20694);
-il mancato assolvimento di un siffatto onere osta all’ammissibilità della doglianza;
con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 5, l. 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, per aver il giudice di appello disatteso la richiesta di disapplicazione del d.m. 13 giugno 1986 per difetto di motivazione in ragione della ritenuta inesistenza, all’ epoca della sua emanazione, di un siffatto requisito;
il motivo è inammissibile;
il giudice ordinario può disapplicare l’atto amministrativo solo quando la valutazione della legittimità del medesimo debba avvenire in via incidentale, ossia quando l’atto non assume rilievo come causa della lesione del diritto del privato, ma come mero antecedente, sicché la questione della sua legittimità viene a prospettarsi come pregiudiziale in senso tecnico e non come principale (cfr. Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2015, n. 2244; Cass., Sez. Un., 13 settembre 2006, n. 19659; Cass. 22 febbraio 2022, n. 2588);
-nel caso in esame il d.m. 13 giugno 1986 è direttamente determinativo del rapporto dedotto in lite, poiché in base a tale decreto viene calcolato il rendimento del titolo richiesto dal ricorrente, per cui non è oggetto di un accertamento meramente incidentale;
per le suindicate considerazioni, pertanto, il ricorso non può essere accolto;
la spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi euro 7.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 10 settembre 2024.