Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19771 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19771 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 27177/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente
–
-contro-
COGNOME rappresentato e difeso d all’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 696/22, de lla Corte d’appello di Firenze, depositata in data 13.04.2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME con un ricorso ex art. 702 bis c.p.c., conveniva Poste Italiane spa innanzi al Tribunale di Livorno, nel quale, premettendo di essere contitolare di due buoni postali fruttiferi, appartenenti alla serie Q/P ed emessi rispettivamente in date 13.2 e 12.6.1987, richiedeva il pagamento dell’importo risultante dall’applicazione delle prescrizioni relative ai rendimenti con tenute sul retro dei due titoli, pari all’importo complessivo di un milione di lire.
Con ordinanza resa in data 21.5.2019, il Tribunale accertava e dichiarava il diritto del ricorrente al pagamento della somma del capitale per ciascun titolo, oltre agli interessi al tasso indicato nella tabella riportata a tergo dei buoni fruttiferi postali (senza dover documentare l’esistenza in vita, ovvero il decesso degli altri co-intestatari dei titoli, o la presenza o meno di eredi di quest’ultimi).
Con sentenza del 13.4.2022, la Corte territoriale rigettava l’appello di Poste Italiane spa, osservando che: i buoni erano stati emessi dopo il dm 13.6.86, e recavano nella tabella sul retro un tasso d’interesse diverso rispetto a quello previsto dal suddetto dm, già vigente al tempo della loro emissione; ciò non poteva determinare una sostituzione automatica delle indicazioni negoziali con quelle imposte dalla disciplina ministeriale, ancorché precedente; le disposizioni impresse a tergo, sebbene divergenti da quelli indicate nel suddetto decreto, vincolavano dunque l’ente emittente ai fini della quantificazione dell’importo spettante al titolare del buono; tale conclusione esprimeva anche la tutela dell’affidamento del sottoscrittore. Poste Italiane spa ricorre in cassazione, avverso la suddetta sentenza d’appello, con unico motivo, illustrato da memoria. NOME COGNOME resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
L’unico motivo denunzia violazione degli artt. 173 dpr n. 156/73, 4, 5 dm 13.6.86, 1339 cc , per aver la Corte d’appello affermato che, poiché i buoni postali in questione erano stati emessi dopo l’entrata in vigore del dm 13.6.86 senza che l’ente emittente avesse modificato le condizioni economiche già stampigliate sui titoli della serie P per gli anni dal 21° al 30° applicando il relativo timbro, e considerato che dopo la loro emissione non era sopravvenuto alcun ulteriore decreto, ai fini della quantificazione dell’importo spettante al sottoscrittore occorreva far riferimento al tasso d’ interesse stampigliato sul retro dei buoni.
Al riguardo, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale, nel sostenere la prevalenza del tenore letterale del titolo, ha escluso di fatto l’operatività del meccanismo d’integrazione del suo contenuto da parte dei decreti ministeriali, non essendo altresì ragionevole sostenere che l’automa tica integrazione dei buoni potesse operare solo con riferimento ai decreti emanati successivamente all’emissione dei titoli e non anche rispetto a quelli antecedenti, in difformità dalla citata giurisprudenza di legittimità.
Il motivo è fondato sulla base della consolidata giurisprudenza di questa Corte.
Nella specie si tratta di buoni della serie «Q/P», previsti dal decreto ministeriale del giugno 1986, emessi tra l’ottobre del 1986 ed il settembre del 1989 su supporti cartacei della precedente serie «P», di durata trentennale, e recanti sul verso una stampigliatura, aggiunta mediante un timbro, sostitutiva dell’impressione a stampa dei precedenti buoni della serie «P», riferita alla quantificazione degli interessi per l’arco di un ventennio, timbro che però non si sovrappone integralmente al preesistente testo a stampa, rimanendo visibile la previsione della precedente serie «P» relativa all’ultimo decennio.
La questione controversa concerne la quantificazione degli interessi appunto per l’ultimo decennio di vita dei buoni: e cioè se tale quantificazione, concernente i titoli della serie «Q/P», debba essere condotta sulla base di quella parte dell’impressione a stampa relativa ai vecchi titoli della serie «P», ovvero sulla base del decreto ministeriale il 13 giugno 1986 relativo ai buoni della serie «Q».
Va osservato che, in tema di buoni postali fruttiferi, poiché l’interpretazione del testo contrattuale deve raccordare il senso letterale delle parole alla dichiarazione negoziale nel suo complesso, non potendola limitare a una parte soltanto di essa, l’indicazione, per i buoni postali della serie ‘Q/P’, di rendimenti relativi alla serie ‘P’ per l’ultimo periodo di fruttuosità del titolo non è in sé decisivo sul piano interpretativo, in presenza della stampigliatura, sul buono, di una tabella sostitutiva di quella della serie ‘P’, in cui erano inseriti i detti rendimenti, tanto più ove si consideri che la tabella in questione adotta una modalità di rappresentazione degli interessi promessi che risulta eccentrica rispetto a quella di cui alla precedente tabella, così da rendere evidente l’assenza di continuità tra le diverse previsioni, di talché, in presenza di una incompleta o ambigua espressione della volontà delle parti quanto ai rendimenti del buono postale di nuova emissione rientrante nella previsione dell’art. 173 d.P.R. n. 156 del 1973, opera una integrazione suppletiva che consente di associare al titolo i tassi contemplati, per la serie che interessa, dal decreto ministeriale richiamato dal primo comma del detto articolo (Cass., n. 22619/2023; n. 4384/2022). L’emissione di una nuova serie di buoni, utilizzando i supporti cartacei della serie precedente (P), mediante l’apposizione, sulla parte anteriore, del timbro che indica la nuova serie (Q/P) e, sulla parte posteriore, del timbro recante la misura dei nuovi tassi, che però non copre integralmente la stampa dei tassi d’interesse della precedente serie, lasciando scoperta la parte relativa all’ultimo decennio, non consente al possessore del titolo di
pretendere, per tale decennio, gli interessi (più favorevoli) previsti per la vecchia serie, poiché l’imperfezione dell’operazione materiale di apposizione del timbro non ha valore di manifestazione di volontà negoziale rilevante e non determina un errore sulla dichiarazione, essendo, anzi, chiaro che l’accordo ha avuto ad oggetto i buoni di nuova serie e dovendosi, comunque, tenere conto che, ai sensi dell’art. 1342, comma 1 c.c., in caso di moduli predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte prevalgono su quelle precedentemente scritte, qualora siano con esse incompatibili (Cass., n. 4384/2022).
Inoltre, a tenore della sentenza delle Sezioni Unite, 11 febbraio 2019, n. 3963, si conviene sulla possibilità che il contenuto dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali possa subire, medio tempore , variazioni per effetto di eventuali sopravvenuti decreti ministeriali volti a modificare il tasso degli interessi originariamente previsto, e si riconosce la necessità in casi siffatti di un’integrazione extratestuale del rapporto, senza però svalutare totalmente la rilevanza delle diciture riportate sui buoni stessi.
Anche con riguardo alla qualificazione dei buoni postali fruttiferi quali documenti di legittimazione, la citata sentenza delle Sezioni Unite ha ritenuto altresì che tale qualificazione ha giustificato la soggezione dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali alle variazioni derivanti dalla sopravvenienza dei decreti ministeriali, volti a modificare il tasso degli interessi originariamente previsto, e ha portato a ritenere che la modificazione trovasse ingresso all’interno del contratto mediante una integrazione del suo contenuto ab externo secondo la previsione dell’art. 1339 c.c.
Ed è del tutto chiaro, nell’ottica di tale decisione, che il predetto articolo 173 è appunto considerato quale norma cogente, operante secondo il congegno dell’articolo 1339 c.c., espressamente richiamato, giacché, altrimenti, esso
non potrebbe incidere sull’accordo negoziale cristallizzato nel buono postale.
Ne deriva che il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal d.m. che ne disponeva l’emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle seconde, anche relativamente alla serie – istituita con effetto dal 1 luglio 1986 con d.m. 13 giugno 1986 – di buoni postali fruttiferi distinta con la lettera “Q”, fissando per tutte le serie precedenti, e con decorrenza 1 gennaio 1987, un regime di calcolo degli interessi meno favorevole di quello risultante dalla tabella posta a tergo dei buoni (Cass., n. 4748/2022).
Né si può seriamente dubitare che l’apposizione di un timbro di dimensioni inferiori alla precedente stampigliatura, che non sia perciò fisicamente idoneo a coprirla integralmente, lasciandone viceversa scoperto un pezzo, e cioè una mera imperfezione dell’operazione materiale di apposizione del timbro, non sia qualcosa che possa avere in qualche modo, anche lontanamente, a che vedere con una manifestazione di volontà concludente, rilevante sul piano negoziale. Si vuol dire che, nel caso in esame, non si è in presenza di un errore sulla dichiarazione, ossia di una manifestazione di volontà, che l ‘ordinamento impone di considerare nella sua oggettività, quale estremo limite cui si spinge il principio di tutela dell’affidamento sull’altrui dichiarazione, tanto da far prevalere la volontà dichiarata o la dichiarazione trasmessa sulla reale volontà del dichiarante, qualora, per ipotesi, l’errore manchi del requisito della riconoscibilità (articolo 1433 in relazio ne all’articolo 1428 c.c.).
In tale fattispecie, non solo non c’è la volontà dell’ente di pattuire la misura degli interessi che il sottoscrittore ha richiesto , ma non c’è neppure la univoca dichiarazione che il sottoscrittore invoca, giacché egli la fa discendere dalla forzata giustapposizione, dal collage , di due clausole che stanno invece ognuna per proprio conto: l’una, apposta a timbro,
concernente i buoni della serie «Q/P», l’altra, preesistente, quelli della serie «P».
La pretesa di far discendere la misura degli interessi da una combinazione della disciplina prevista per i buoni della serie «Q», provvisoriamente emessi per mancanza dei relativi supporti cartacei, in forma di buoni della serie «Q/P», con la disciplina prevista per i buoni della serie «P», non ha alcun fondamento sul piano di una elementare logica nell’applicazione dei principi basilari dell’interpretazione contrattuale, sia dal versante della lettera che dell’intenzione delle parti, ai sensi dell’articolo 1362 c.c., giacché, se i buoni sono sottoposti alla disciplina della serie «Q», e l’autorità preposta dalla legge chiarisce che la disciplina della serie «Q», si applica anche alla serie «Q/P», di modo che sul documento viene apposta la sigla «Q/P», ciò s ta a testimoniare che l’applicazio ne della disciplina dei vecchi buoni della serie «P» è palesemente esclusa.
Il che è tanto più vero alla luce dell’articolo 1342, primo comma, c.c., il quale stabilisce, in caso di moduli predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, che le clausole aggiunte al modulo prevalgono su quelle ivi precedentemente scritte qualora siano incompatibili – e che siano incompatibili è in re ipsa , visto che il decreto ministeriale ha individuato i nuovi tassi in sostituzione dei precedenti – con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate (Cass., n. 4763/2022; n. 4748/2022).
Per quanto esposto, in accoglimento del motivo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello , anche in ordine alle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’appello di Firenze , in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 2 luglio 2025