Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18683 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18683 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2628/2023 R.G. proposto da :
MILANESE COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende
avverso SENTENZA di TRIBUNALE NOVARA n. 362/2022 depositata il 23/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- Poste Italiane ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto dal sig. NOME COGNOME dal Giudice di pace di Novara avente ad oggetto il pagamento della somma di euro 2.487,41 a titolo di rimborso del controvalore di un buono postale fruttifero serie O collocato da Poste Italiane il 7/05/1983.
2.Il sig. COGNOME al momento dell’incasso del buono -avvenuto il 18/12/2014- si era visto offrire la somma di euro 2.125,29 inferiore a quella attesa in base alle condizioni di rendimento a suo parere indicate sul titolo e pari ad euro 4.612,70.
Il Giudice di Pace – dichiarata la carenza di legittimazione passiva della Cassa Depositi e Prestiti -aveva accolto l’opposizione di Poste Italiane revocando il decreto e respingendo le domande alternative svolte dall’opposto: di liquidazione del BPF secondo le condizioni di rendimento a suo dire indicate sul titolo e pari ad euro 4.612,70, oppure di risarcimento del danno subìto a causa dell’inadempimento di Poste Italiane consistente nella mancata disponibilità presso gli uffici postali, nel periodo dal 1986 all’incasso del buono, delle tabelle previste dal comma 3 dell’art. 173 DPR 156/73;
3.- Il Tribunale Novara, avanti al quale il sig. COGNOME ha proposto appello, ha confermato la decisione di prime cure con la sentenza n. 362/2022 qui impugnata con cui ha osservato:
(a) che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, i BPF in questione si annoverano tra i documenti di legittimazione disciplinati dall’art. 2002 c.c.; non costituendo titoli di credito ad
essi non sono estendibili i principi di autonomia causale, di incorporazione e di letteralità che tipicamente caratterizzano la disciplina dei titoli di credito, donde la piena legittimità delle integrazioni extratestuali del rapporto mediante i decreti ministeriali modificativi del saggio di interesse indicato sui titoli stessi, dovendo il sottoscrittore reputarsi ‘ edotto della possibile successiva variabilità del tasso d’interesse, per effetto di un’eventuale posteriore determinazione in tal senso dell’amministrazione pubblica (…) trattandosi di un elemento normativo caratterizzante ormai quel genere di titol i (cfr. Cass. Sez. Unite, 15.06.2007, n. 13979; Cass. 2005 n. 27809 )’; invero già al tempo dell’emissione del titolo per cui è causa una fonte di rango legislativo l’art. 173 DPR 156/1973, come modificato dall’art. 1 del D.L. n. 460 del 1974, convertito nella legge n. 588 del 1974 – prevedeva la possibilità che, in pendenza del rapporto, le condizioni originariamente stabilite fossero modificate con decreto ministeriale, specificando come tali variazioni avrebbero potuto essere estese anche ad una o più delle serie di buoni precedentemente già emessi;
(b) che il D.M. 13.06.1986 ha previsto, per tutte le serie precedenti alla serie ‘Q’ dal medesimo decreto istituita, un regime di calcolo di interessi meno favorevole di quello risultante dalla tabella posta a tergo dei buoni; invero l’art. 6, stabilisce che ‘ sul montante dei buoni postali fruttiferi di tutte le serie precedenti a quella contraddistinta dalla lettera ‘Q’ maturato alla data del 1 gennaio 1987, si applicano, a partire dalla stessa data, i saggi d’interesse fissati col presente decreto per i buoni della serie ‘Q ”; poiché il buono postale sottoscritto dall’appellante rientrava nella previsione citata, i relativi interessi non potevano che computarsi secondo quanto previsto dal D.M. 13 giugno 1986;
(c) a proposito, poi, della dedotta erronea applicazione degli artt. 1374 e 1339 c.c. in materia di integrazione del contratto e
violazione del principio di gerarchia delle fonti -avendo lamentato l’appellante la violazione del criterio di specialità nella risoluzione di antinomie tra norme di pari grado, laddove l’art. 3 del DM Tesoro 01.02.1925 avrebbe dovuto prevalere sull’art. 6 del D.M. 13.06.1986, dal momento che, il primo, per individuare i tassi di rimborso applicabili ai buoni già emessi, fa leva su un dato specifico costituito dalla data di emissione del buono, mentre il secondo rinvia a tutte le serie precedenti ovvero a varie annualità e senza specificazione di data, risultando, così, più generico -che la doglianza era infondata poiché entrambe le disposizioni citate prendono in considerazione il dato temporale e, pertanto, non può ritenersi che l’una sia speciale rispetto all’altra;
(d) a proposito, inoltre, della dedotta violazione dell’obbligo informativo previsto dall’art. 173 del DPR 156/1976 sul presupposto della affermata insufficienza a tal scopo della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei decreti ministeriali di variazione, donde l’errore del primo giudice che non avrebbe tratto le dovute conseguenze dall’inadempimento di Poste Italiane all’obbligo di esposizione negli uffici postali delle tabelle indicanti i nuovi tassi applicati, Il Tribunale ha osservato che:
(i) fermo quanto affermato nella sentenza n. 3963/2019 delle Sezioni Unite a proposito del fatto che andava esclusa la rilevanza dell’esposizione delle tabelle in questione ai fini della vincolatività dei nuovi tassi per il risparmiatore, l’appellante aveva sottolineato il diverso profilo attinente alla ritenuta lesione, mediante la mancata messa a disposizione delle suddette tabelle, del diritto alla libera allocazione del risparmio; e ciò rilevando che, mentre la conoscenza della variazione (cioè del fatto che l’emittente abbia esercitato lo ius variandi ) è affidata alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale istitutivo dei nuovi tassi, la conoscenza degli effetti della variazione sul singolo investimento è affidata alle tabelle integrative; perciò -a dire dell’appellante –
stanti i nuovi tassi peggiorativi fissati dal DM 1986, il risparmiatore avrebbe dovuto essere messo in condizione di conoscere il nuovo valore di rimborso per i bimestri maturati successivamente, ricavabile dalle tabelle integrative la cui mancata messa a disposizione, dunque, avrebbe inibito l’operatività del meccanismo di contrappeso contrattuale previsto dall’anticipato incasso del buono, determinando in capo al risparmiatore un danno patrimoniale per lesione al diritto di scegliere se collocare altrove i propri risparmi, recedendo da un investimento ritenuto non più sufficientemente redditizio;
(ii) detta domanda risarcitoria era, tuttavia, carente sia sotto il profilo dell’allegazione dell’inadempimento, sia sotto il profilo della prova del danno e del nesso causale tra questo e l’asserita mancata esposizione delle tabelle, poiché, da un lato, la parte non aveva prospettato di essersi recata presso uno specifico ufficio postale -o più uffici postali – in uno specifico momento successivo al 1986, dopo aver appreso della intervenuta diminuzione del tasso di rendimento, e di non avere ivi rinvenuto le tabelle integrative; né aveva allegato e dimostrato che, proprio in conseguenza di tale mancanza, le fosse stata preclusa la facoltà di scegliere se recedere dall’investimento a suo tempo effettuato ad altre condizioni; né, infine, aveva allegato di aver manifestato, prima della scadenza, la volontà di riscuotere il buono al fine di mutare il proprio investimento; l’appellante, invero, si era limitato a protestare, del tutto genericamente, l’inadempimento dell’emittente all’obbligo di esporre sin dal 1986, e di mantenere esposte fino a prescrizione dei diritti dei sottoscrittori di buoni della serie O, le relative tabelle integrative;
(e) che non erano condivisibili le considerazioni svolte da parte appellante circa l’impossibilità di eterointegrazione, ex art. 1339 c.c., delle condizioni di rimborso apposte sui buoni postali da parte dell’art. 173 DPR 156/1973 e del D.M. 13.06.1986 sul presupposto
che la possibilità di eterointegrazione delle condizioni di rimborso avrebbe richiesto l’indicazione sul titolo degli elementi di rischio connessi all’investimento e dunque l’avvertimento della possibilità di successiva modifica dei tassi di interesse, a nulla rilevando l’intervenuta pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei decreti ministeriali di esercizio dello ius variandi , e ciò perché la possibilità di integrazione del rapporto contrattuale ad opera di decreti ministeriali era espressamente prevista da disposizioni aventi forza di legge, quali quelle contenute nell’art. 173 DPR 156/1973 ed l potere di eterointegrazione dei contratti può essere esercitato anche da una autorità amministrativa se e nei limiti in cui tale potere sia ad essa attribuito, come nel caso di specie, da una disposizione di legge in conformità a Cass. 30.07.2009 n. 17746;
(f) che il motivo d’appello relativo alla statuizione sulla carenza di legittimazione passiva della Cassa e Depositi e Prestiti s.p.a., risultava assorbito dalle considerazioni concernenti il rigetto, nel merito, delle istanze di parte appellante.
Infine, il Tribunale ha giudicata manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale dell’art. 173 in parola per violazione degli artt. 41, 43, 47 e 97 Cost. sotto tutti i profili prospettati (inapplicabilità dell’art. 1339 c.c., analogia con il sistema bancario, inidoneità della pubblicazione sulla GU a tutelare il risparmiatore, violazione della riserva di legge per la limitazione dell’esercizio della libertà d’iniziativa economica privata) in quanto faceva leva su argomenti ritenuti fallaci sia dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sia dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 26/2020 che delle statuizione delle prime ha condiviso ampiamente le motivazioni.
3.- Avverso la sentenza ha proposto ricorso il sig. NOME COGNOME affidato a sette motivi di cassazione. Poste Italiane e Cassa Depositi e Prestiti hanno resistito con controricorso. Poste Italiane ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo deduce violazione e falsa applicazione delle norme degli artt. 173, comma 1, cod. postale (nella versione di cui all’art. 1 legge n. 588/1974) e 1339 cod. civ. nonché d.m. 13 giugno 1986 per avere il Tribunale di Novara, da un lato, erroneamente ritenuto la disposizione del codice postale come intesa ad applicare il meccanismo di eterointegrazione contrattuale di cui all’art. 1339 c.c.; dall’altro, per averla comunque intesa a stabilire la sufficienza della pubblicazione del d.m. 13 giugno 1986 nella Gazzetta Ufficiale per operare la variazione in pejus dei tassi nell’ambito del rapporto contrattuale di cui ai buoni. Secondo il ricorrente la norma dell’art. 173, comma 1, non avrebbe la forza, né la funzione di incidere direttamente sui contratti in essere, di attivare, cioè, il meccanismo integrativo automatico richiamato dall’art. 1339 c.c., bensì solo quella di disciplinare l’azione degli enti preposti alla raccolta del risparmio mediante collocamento dei buoni postali; né, per i buoni già emessi, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei D.M. emessi nell’esercizio dello ius variandi sarebbe idonea, in sé, ad attivare il predetto meccanismo, non potendo che risultare collegata con la previsione di cui al comma 3 della disposizione in argomento sulle tabelle (originarie e successive) messe a disposizione degli uffici postali, argomento che il ricorrente sviluppa anche nel terzo motivo.
2.- Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle norme degli artt. 173, comma 1, secondo periodo, cod. postale (nella versione di cui all’art. 1 legge n. 588/1974), 1321 e 1372 cod. civ., nonché art. 3 e 47, comma 1, cost. e art. 1 prot. 1 CEDU, per avere il Tribunale di Novara erroneamente ritenuto non necessaria -al fine dell’applicazione, ai buoni fruttiferi di serie precedente alla serie Q, dei tassi di rendimento sostitutivi di quelli originari e predisposti da un apposito decreto ministeriale di «estensione» -la preventiva previsione, nel testo del contratto di
investimento di un’apposita clausola manifestativa di un potere di ius variandi dell’emittente, a tutela dell’investitore che abbia acquistato -sin dall’origine un buono postale corredato da una tabella per la liquidazione dei tassi perfettamente corrispondente a quella prevista dalla normativa che lo ha istituito (in sostanza per non essere stata apposta sul buono una clausola contrattuale, stampigliature e/o diciture a carattere informativo nel senso predetto); sostiene il ricorrente che ‘ la consapevolezza di una variabilità astratta dei rendimenti è cosa ben diversa dalla consapevolezza nella variabilità in concreto, ossia nel fatto che i tassi peggiorativi sarebbero stati applicati proprio ai buoni che il risparmiatore stava sottoscrivendo in quel momento ‘, perciò la mancata menzione sul corpo del buono dello ius variandi sarebbe indice della volontà degli enti emittenti di non applicare -per le fattispecie, appunto, in cui l’avvertenza non veniva apposta i tassi sopravvenuti agli investimenti in corso, ingenerando nel risparmiatore un legittimo affidamento nel senso predetto. Né la pronuncia delle Sezioni Unite n. 3963/2019, richiamata dal Tribunale, affronterebbe il tema trattato in questo motivo (i.e. modi e termini in cui la facoltà di modifica unilaterale viene a fare parte del contenuto contrattuale dell’investimento), occupandosi solo del (diverso) tema della conoscenza da parte del risparmiatore dell’avvenuta modifica dei tassi, per affermare che per questo specifico proposito -non occorre la messa a disposizione delle nuove tabelle negli uffici postali giacché la ‘ conoscenza di tale circostanza è affidata dal legislatore alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ‘. Infine la pronuncia si porrebbe in aperto contrasto anche con il principio costituzionale di eguaglianza sostanziale art. 3 Cost, perché, sebbene la facoltà di variazione fosse prevista dal 1974, soltanto gli acquirenti di buoni a partire dal 1987 potevano giovarsi di un modulo cartaceo recante l’avvertenza del rischio implicito di contratto ovvero della a stampigliare sul
corpo dei buoni della dicitura ‘ i tassi sono suscettibili di variazioni successive a norma di legge ‘ (oltre che con quello di tutela del risparmio).
3.- Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle norme degli artt. 173, comma 3 cod. postale (nella versione di cui all’art. 1 legge n. 588/1974), 1321, 1372, 1339 cod. civ., art. 12 preleggi c.c. e dell’art. 47 co. 1 cost e art. 1 prot. 1 CEDU, per avere il Tribunale di Novara erroneamente escluso che la prescrizione del comma 3 dell’art. 173 cod. postale (per cui gli uffici postali mettono a disposizione del pubblico degli investitori in buoni postali le tabelle predisposte in base al decreto ministeriale di «estensione») integra una condizione necessaria per l’applicazione dei nuovi rendimenti previsti dal decreto di «estensione» agli investimenti in buoni già in corso di esecuzione, laddove ha affermato ‘ tenuto conto dei principi affermati sul punto dalla sentenza n. 3963/2019 delle Sezioni Unite, che hanno espressamente escluso, come si è detto, la rilevanza dell’esposizione delle tabelle in questione ai fini della vincolatività dei nuovi tassi ‘.
Il testo letterale della norma, infatti, varrebbe univocamente a significare che l’effetto integrativo è svolto dalle tabelle previste dal co.3, non dal decreto ministeriale previsto dal co.1. In altre parole -in difformità da quanto ritenuto da Cass. Sez Un. n. 3963/2019, il DM non inciderebbe in maniera immediata e diretta sul contratto, ma, al contrario, in via riflessa attraverso la tabella, che il secondo periodo del comma 3 art. 173 dispone siano messe a disposizione negli Uffici Postali.
4.- I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi ed in parte sovrapponibili.
Il primo ed il terzo mezzo sono rivolti in sintesi a censurare la decisione in punto meccanismo di eterointegrazione contrattuale di cui all’art. 1339 c.c. e sufficienza della pubblicazione del D.M. 13
giugno 1986 nella Gazzetta Ufficiale agli effetti del concreto esercizio dello ius variandi in pejus dei tassi nell’ambito del rapporto contrattuale in oggetto, che non potrebbe che risultare collegato con la previsione di cui al comma 3 della disposizione dell’art. 173 del codice postale sulle tabelle messe a disposizione degli uffici postali, nel senso che detta ultima norma varrebbe univocamente a significare che l’effetto integrativo è svolto solo dalle tabelle previste dal co.3, non dal decreto ministeriale previsto, che avrebbe solo efficacia ‘interna’ agli enti deputati all’emissione dei titoli; tanto che come sostiene nel secondo mezzo -l’omessa indicazione sul titolo emesso della possibilità stessa della variazione dei tassi di rendimento al momento indicati sul cartaceo, sarebbe indice dell’opposta volontà degli enti emittenti, ovvero di quella di non applicare -in quel caso -i tassi sopravvenuti agli investimenti in corso, o, comunque, sarebbe idonea ad ingenerare nel risparmiatore un legittimo affidamento nel senso predetto.
4.1 -Si tratta di censure inammissibili ex 360 bis n. 1 c.p.c. giacché nella sentenza impugnata il giudice di merito si è pronunciato sulle dette questioni in maniera esaustiva e in linea con la consolidata e qui condivisa giurisprudenza di questa Corte né il ricorrente supporta dette censure con argomentazioni che inducano a indirizzare la Corte verso un nuovo orientamento.
4.2La possibilità sancita dall’art. 173 del DPR n. 156/1973 di variazione dei saggi di interessi dei buoni postali a mezzo di decreti ministeriali, con possibilità di estensione delle variazioni a serie precedenti, è stata ampiamente valutata e ripetutamente affermata da questa Corte con l’avallo della Corte Costituzionale.
Invero il rapporto relativo al servizio dei Buoni Fruttiferi Postali di cui si tratta risulta regolato dalla disciplina posta dallo Stato (D.P.R. n. 156/73, art. 173, modificato con D.L. 30.9.1974 n. 460, convertito nella legge 25.11.1974 n. 588), senza che il titolare e
Poste Italiane (che è mero collettore delle risorse finanziarie e collocatore dei titoli) possano stabilire negozialmente le condizioni del rapporto stesso; i BFP sono documenti di legittimazione ai sensi dell’art. 2002 c.c. privi di requisiti di letteralità, autonomia ed astrattezza tipici dei titoli di credito onde sono soggetti al meccanismo di integrazione contrattuale di cui all’art. 1339 c.c.
Per cui questa Corte ha affermato: (a) che la disciplina contenuta nell’abrogato art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973, come novellato dall’art. 1 del d.l. n. 460 del 1974, convertito in l. n. 588 del 1974, che consentiva variazioni, anche in peius , del tasso di interesse sulla base di decreti ministeriali, in quanto dettata da una fonte di rango legislativo, ha natura cogente (assicurando il contemperamento tra l’interesse generale di programmazione economica e tutela del risparmio del sottoscrittore); (b) detta disciplina è come tale idonea a sostituire ex art. 1339 c.c. la statuizione negoziale delle parti .
Inequivoca in tal senso è Cass. SS.UU. n. 3963/2019 (pagg. 1213, punto n.17), laddove a proposito di un assunto diverso arresto delle Sezioni Unite nella sentenza n. 13979/2007, ha chiarito che queste ‘non hanno affatto affermato, come pretenderebbe il ricorrente, la prevalenza in ogni caso del dato testuale portato dai titoli rispetto alle prescrizioni ministeriali intervenute successivamente alla emissione (…) ed, anzi, l’hanno esplicitamente negato, a fronte dell’inequivoco dato testuale dell’art. 173 del codice postale che prevedeva un meccanismo di integrazione contrattuale, riferibile alla disposizione dell’art. 1339 del codice civile e destinato ad operare, nei termini sopra descritti, per effetto della modifica, da parte della pubblica amministrazione, del tasso di interesse vigente al momento della sottoscrizione del titolo ‘.
4.3- Quanto alla tesi del ricorrente per cui il mutamento dei rendimenti non seguirebbe ex lege all’adozione di nuovi tassi fissati
con D.M. che espressamente disponga anche per buoni già emessi, essendo necessario un atto dell’emittente (ovvero l’indicazione sul buono del potere di esercizio dello ius variandi in mancanza del quale detto potere risulterebbe rinunciato) si osserva che : (a) la tesi contrasta con la natura del collocatore dei BPF e non ha alcuna autonomia decisionale, dovendo attenersi, in sede di liquidazione dei buoni, alle prescrizioni che la legge impone e che sono quelle, già dette, fissate dall’art. 173, in mera applicazione del quale il D.M 13.6.1986, che all’art. 6 dispone che ‘ Sul montante dei buoni postali fruttiferi di tutte le serie precedenti a quella contraddistinta con la lettera “Q”, compresa quella speciale riservata agli italiani residenti all’estero, maturato alla data del 1° gennaio 1987, si applicano, a partire dalla stessa data, i saggi di interesse fissati col presente decreto, per i buoni della serie “Q” , onde Poste Italiane è obbligata a rispettare le disposizioni in esso contenute; (b) questa Corte ha risolto ogni questione sollevata con la citata pronuncia n. 3963, resa a Sezioni Unite, con cui si è pronunciata proprio su una controversia riguardante la legittimità variazione del tasso di interesse in peius, disposta dal D.M. del 13 giugno 1986, di buoni fruttiferi postali sottoscritti tra il 1982 e il 1983 stabilendo, con riferimento all’art. 173 del Codice Postale, che: ‘ In base a tale disposizione normativa, da ritenersi, come si è detto, quella applicabile al caso in esame, era consentito alla pubblica amministrazione di variare il tasso di interesse, relativo ai buoni già emessi, con decreto ministeriale da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale. I buoni soggetti alla variazione del tasso di interesse dovevano considerarsi rimborsati con gli interessi al tasso originariamente fissato e convertiti nei titoli della nuova serie con il relativo tasso di interesse. A fronte della variazione del tasso di interesse era quindi consentita al risparmiatore la scelta di chiedere la riscossione dei buoni, ottenendo gli interessi corrispondenti al tasso originariamente fissato, ovvero quella di non recedere
dall’investimento che avrebbe da quel momento prodotto gli interessi di cui al decreto di variazione, salvo il diritto del risparmiatore di ottenere la corresponsione degli interessi originariamente fissati per il periodo precedente alla variazione .’ (Cass. SS.UU., sentenza n. 3963/2019, punto n. 14); inoltre, con riferimento alla mancata conoscenza da parte dell’investitore della possibilità di una successiva variazione del tasso di interesse, le SS.UU hanno affermato che ‘ deve ritenersi altrettanto infondata la doglianza secondo cui non è stata valutata dalla Corte di appello la mancata conoscenza da parte dell’investitore della possibilità di una successiva variazione peggiorativa del tasso di interesse. Si tratta di una conoscenza che, come si è detto, deriva dalla pubblicità legale del decreto ministeriale di variazione del saggio di interesse mediante la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, oltre che, ovviamente, dal generale principio della conoscenza della norma che attribuiva alla pubblica amministrazione il potere di variare il saggio di interesse anche con riferimento ai titoli già emessi e sottoscritti. ‘(Cass. Civ., SS.UU., sentenza n. 3963/2019, punto n. 20).
In sintesi circa la retroattività del D.M. emesso in base a disposizione di legge, questa Corte ha fatto proprio l’orientamento di autorevole dottrina in punto concorso di fonti, legale e convenzionale, nella determinazione del contenuto negoziale: l’art. 1339 c.c. attiene alla parte di regolamento negoziale affidata alla fonte legale; il contratto, quale regolamento, subisce le variazioni che nel tempo le sue fonti possono disporre; come per accordo delle parti può variare una parte del contenuto negoziale, allo stesso modo per quella parte di regolamento riservata alla competenza legale il contenuto può variare per volontà di legge; una legge modificativa di un contenuto negoziale, per la parte di regolamento riservata alla legge, non è diversa da un accordo modificativo del contratto.
4.4Quanto alla pretesa necessità, per l’operatività della variazione dei tassi di interesse, della messa a disposizione da parte dell’ufficio postale delle tabelle concernenti i nuovi tassi (terzo mezzo) si tratta di tesi sconfessata dal costante orientamento giurisprudenziale di legittimità circa l’interpretazione del terzo comma dell’art. 173 del Codice postale laddove prevede che ‘ Gli interessi vengono corrisposti sulla base della tabella riportata a tergo dei buoni; tale tabella, per i titoli i cui tassi siano stati modificati dopo la loro emissione, è integrata con quella che è a disposizione dei titolari dei buoni presso gli uffici postali’ . Questa Corte con la sentenza più volte citata (cui hanno dato continuità numerose pronunce a sezioni semplici) ha stabilito ha respinto analoga doglianza puntualizzando che ‘non può non rilevarsi come il riferimento alla tabella concernente la revisione dei tassi di interessi (nella specie quella operata con il decreto ministeriale del 13 giugno 1986) non costituisca affatto una parte della modalità di comunicazione all’interessato della intervenuta nuova prescrizione ministeriale. La conoscenza di tale circostanza è affidata dal legislatore alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La prescrizione della messa a disposizione della tabella integrativa ha la diversa finalità di consentire al risparmiatore di verificare presso l’ufficio postale l’ammontare del proprio credito per interessi all’esito dell’intervenuta variazione, anche ai fini del controllo della regolarità della riscossione e della sua conformità alla normativa vigente al momento della riscossione. E’ quindi erroneo ritenere, come fa invece il ricorrente, che tale prescrizione costituisca un obbligo informativo dalla cui osservanza dipenda la vincolatività della variazione per il risparmiatore’ (Cass. SS.UU. n. 3693/2019, punto n. 19 )’, così non solo specificando che la conoscenza dei nuovi rendimenti è affidata alla pubblicazione del D.M. in Gazzetta Ufficiale, ma chiarendo anche, in maniera chiara ed incontrovertibile, la specifica funzione delle tabelle integrative.
4.6- I principi ermeneutici richiamati si sono consolidati dopo l’intervento nomofilattico di cui alla sentenza SS.UU. 3963/2019 per effetto di numerosissime sentenze (in tal senso si sono poi pronunciate numerose volte le sezioni semplici; ex multis, Cass., n.24527/2021; Cass., n. 4384/2022; Cass., n. 4748/2022; Cass. n. 4751/2022; Cass. n. 4763/2022; Cass.6805/2024; Cass. n. 15514/24; Cass. n. 15363/2024; Cass. n.33631/2024 ); basti ricordare da ultimo proprio su titolo ante 1986, Cass. n. 6805/2024, che ne richiama il passaggio per cui « , in base alla menzionata disposizione normativa, è consentito alla Pubblica Amministrazione di variare il tasso di interesse relativo ai buoni già emessi e che ciò può avvenire con decreto ministeriale da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale. Dopo tale adempimento, i buoni postali soggetti alla variazione del tasso di interesse devono considerarsi rimborsati con gli interessi al tasso originariamente fissato e convertiti nei titoli della nuova serie con il relativo tasso di interesse dalla data del 1° gennaio 1987, potendo l’investitore decidere se recedere, chiedendo la liquidazione del tasso pattuito, o continuare e adattarsi per il futuro al nuovo tasso; sul tema della variazione dei tassi successiva alla sottoscrizione del titolo, non è previsto alcun onere informativo da parte dell’emittente in ordine alla variazione dei tassi che possa rendere inopponibile quest’ultima al sottoscrittore, poiché la conoscenza della variazione è affidata dal legislatore alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e la prescrizione della messa a disposizione della tabella integrativa ha una finalità diversa e, segnatamente, quella di consentire al risparmiatore di verificare presso l’ufficio postale l’ammontare del proprio credito per interessi all’esito dell’intervenuta variazione, anche ai fini del controllo della regolarità della riscossione».
4.5- Vale aggiungere, che nessun fondato dubbio di contrarietà alla costituzione fa insorgere detta disciplina -come prospettato dal ricorrente- da momento che la Corte Costituzionale con la
sentenza n. 26/2020, ha affermato che: ‘ La qualificazione -per costante giurisprudenza della Corte di legittimità -di detti buoni come «titoli di legittimazione» ha dato ragione della soggezione dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali alle variazioni derivanti dalla sopravvenienza dei decreti ministeriali volti a modificare il tasso degli interessi originariamente stabilito ‘, che ‘ ciò ha portato a ritenere che, in ragione appunto della «soggettività statuale del soggetto emittente e garanzie derivanti da tale profilo soggettivo», la modificazione -demandata dalla norma censurata al decreto ministeriale (accompagnata dalla prescrizione di messa a disposizione della nuova tabella ai titolari dei buoni presso gli uffici postali) -trovasse ingresso all’interno del contratto di sottoscrizione del buono, mediante una integrazione ab externo del suo contenuto, riconducibile alla previsione dell’art. 1339 del codice civile (Corte di cassazione, sentenza n. 3963 del 2019)’ (C. Cost., n. 26/2020, punto n. 4.2); ha inoltre chiarito che l’estensione delle modificazioni anche in peius dei tassi di interesse non ha irragionevolmente leso l’affidamento dei risparmiatori sul tasso di interesse esistente al momento della sottoscrizione dell’investimento, nel quadro di « un ragionevole bilanciamento tra la tutela del risparmio e un’esigenza di contenimento della spesa pubblica; contenimento che, in caso di titoli emessi da enti a soggettività statuale, implicava appunto la previsione di strumenti di flessibilità atti ad adeguare la redditività di tali prodotti all’andamento dell’inflazione e dei mercati », poiché la variazione sfavorevole del tasso di interesse – non risale al momento della sottoscrizione del titolo, ma opera solo per il futuro, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto che la dispone, in base a una facoltà consentita dalla legge che non lede pertanto alcuno dei parametri costituzionali invocati come lesi (v. per detti richiami anche la citata n. 6805/2024).
5.- Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle norme degli artt. 173, comma 3, cod. postale (nella versione di cui all’art. 1 legge n. 588/1974), 1325, 1326, 1333, nonché 47, comma 1, cost. e art. 1 prot. 1 CEDU, per avere il Tribunale di Novara erroneamente ritenuto che la prescrizione del comma 3 dell’art. 173 cod. postale (per cui gli uffici postali mettono a disposizione del pubblico degli investitori in buoni postali le tabelle predisposte in base al decreto ministeriale di «estensione») sia irrilevante ai fini della formazione del consenso necessario alla prosecuzione dell’investimento in corso alle nuove condizioni di rendimento.
Secondo il ricorrente il Tribunale di merito avrebbe ritenuto ‘ -implicitamente, ma chiaramente -che il silenzio serbato dal risparmiatore a seguito della variazione costituisca consenso alla prosecuzione del contratto alle nuove condizioni espresso nella forma del mancato recesso’, tesi non condivisibile perché si porrebbe in contrasto con i principi civilistici in materia di formazione del vincolo contrattuale per contratti conclusi mediante moduli o formulari, come i buoni postali: il silenzio serbato dal ricorrente a seguito delle variazioni, in sé considerato, costituirebbe circostanza priva di valore inferenziale quanto all’accettazione del nuovo regolamento economico, a tal fine essendo necessario, invece, la formulazione della nuova proposta mediante le tabelle integrative, non avvenuta asseritamente in specie, come sarebbe stato ampiamente provato (l’assenza, presso gli uffici postali, delle tabelle previste dal comma 3 dell’art. 173 costituirebbe fatto non contestato e, come tale accertato sin dal primo grado, come sviluppato nel quinto motivo).
5.1- Il motivo è inammissibile in quanto Il Tribunale non ha affermato quanto il ricorrente afferma, neppure implicitamente, in tal senso la censura forza la ratio decidendi che come si è visto è incentrata -correttamente -sulla natura cogente della disciplina
che deriva dalla norma di legge di cui all’art. 173 del codice postale come modificato e dalla conseguente operatività del meccanismo integrativo del contratto inter partes che non necessità di alcuna manifestazione di accettazione, bilanciando, piuttosto, l’effetto predetto con la facoltà del sottoscrittore del buono postale di recedere dall’investimento in qualsiasi momento presentando il titolo all’incasso con diritto alla liquidazione del medesimo secondo i tassi vigenti all’atto della sottoscrizione qualora non reputi più vantaggioso siffatto impiego della somma investita.
6.- Il quinto motivo, denuncia violazione degli artt. 173 (nella versione di cui all’art. 1 legge n. 588/1974) 1337 e 1375 c.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3); violazione degli artt. 99, 112, 324 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3), n. 4) e n. 5), per avere il Tribunale di Novara omesso di considerare che l’assenza, presso gli uffici postali, delle tabelle ex co 3 art. 173 DPR 156/73, era già stata accertata nella sentenza di primo grado con formazione di giudicato interno e per avere, quindi, erroneamente affermato che la domanda di risarcimento si prospettasse priva di allegazione in relazione all’inadempimento all’obbligo informativo. Osserva il ricorrente che la sentenza del Giudice di pace, al riguardo, afferma: ‘ nel caso in esame, si osserva che la doglianza del Milanese sull’assenza dell’informativa negli uffici postali non risulta contestata da Poste (si applica, pertanto, il principio di non contestazione). Inoltre sono stati formulati dall’opposto diversi capitoli di prova (negativa) specifici e pertinenti a dimostrare il fatto non contestato: i quali non sono stati ammessi sia perché il fatto non è contestato, sia perché in caso di contestazione di tale omissione sarebbero state le Poste a dover fornire prova dell’attività di informazione svolta ‘ e detta statuizione di primo grado non era è stata oggetto di impugnazione neppure incidentale, sicché sul punto si doveva ritenere formatosi il
giudicato interno. Inoltre, il Tribunale avrebbe pronunciato oltre la domanda.
7.- Il sesto motivo denuncia violazione degli artt. 115 e 132 co 1 n. 4, 324 c.p.c., 2697, 2727, 2728 c.c. art. 173 dpr 156/73 (nella versione di cui all’art. 1 legge n. 588/1974) in relazione all’art. 360 co 1 n. 4), per avere il Tribunale di Novara omesso di considerare la pacifica, in quanto non contestata condotta illecita di inadempimento (violazione dell’obbligo informativo per mancata messa a disposizione delle tabelle), il danno patrimoniale (differenza tra il controvalore dei titoli calcolato in base ai rendimenti cartolari e la somma complessivamente corrisposta all’incasso) e il nesso di causalità tra inadempimento dell’obbligo informativo e danno (ove l’informazione relativa alla variazione dei tassi fosse stata messa a disposizione dei titolari dei buoni interessati tramite le tabelle ragionevolmente il sig. COGNOME edotto degli effetti peggiorativi prodotti sul suo buono, avrebbe esercitato il recesso perché, una volta venuti meno i rendimenti che lo avevano determinato alla sottoscrizione, non aveva più alcuna ragione restare vincolato ad un contratto trentennale).
8.- Il Quinto e il sesto motivo possono essere esaminati insieme in quanto entrambi attengono al rigetto della domanda risarcitoria.
I motivi sono entrambi inammissibili.
8.1 Anzitutto le censure non si confrontano con la ratio decidendi del Tribunale di Novara, che, anzitutto, non riguarda dalla questione in fatto -oggetto del deodtto giudicato interno- se fosse o meno accertato che quando il sig. COGNOME si recò all’Ufficio Postale per il rimborso del buono in suo possesso le tabelle relative al D.M. del 13 giugno 1986 relativo alla variazione in pejus dei tassi dei BFP anche del 1982 1 1983 ci fossero o meno, bensì la diversa questione in fatto -che ha ritenuto non allegata né provata -che la parte appellante non aveva prospettato di essersi recata presso uno specifico ufficio postale -o più uffici postali – in uno specifico
momento successivo al 1986, dopo aver appreso della intervenuta diminuzione del tasso di rendimento, e di non avere ivi rinvenuto le tabelle integrative; né aveva allegato e dimostrato che, proprio in conseguenza di tale mancanza, le fosse stata preclusa la facoltà di scegliere se recedere dall’investimento a suo tempo effettuato ad altre condizioni; né, infine, aveva allegato di aver manifestato, prima della scadenza, la volontà di riscuotere il buono al fine di mutare il proprio investimento
Invero il Giudice di merito -fermo il fatto che il dovere di informazione circa la variazione dei tassi era da intendersi assolto con la pubblicazione del relativo D.M.1986 in Gazzetta Ufficiale in conformità all’orientamento di legittimità consolidato (Cass. Civ., SS.UU. n. 3693/2019, punto n. 19) e partendo dal fatto l’appellante aveva sottolineato, ai fini risarcitori, il diverso profilo attinente alla ritenuta lesione, mediante la mancata messa a disposizione delle tabelle recanti i nuovi tassi, del diritto alla libera allocazione del risparmio ha escluso che l’appellante avesse allegato e provato l’unica questione di fatto in astratto rilevante in detta specifica prospettiva decisoria ( vedi sentenza impugnata pagg. 7 ultimo capoverso, 8 e 9).
8.2 – Del resto il quinto e il sesto motivo sono inammissibili anche sotto ulteriori e convergenti ragioni, non potendosi -in violazione dell’art. 366 comma 1 n. 4 c.p.c. dedurre plurimi vizi di legittimità (in tal caso tre diversi, ex art. 360 n. 3, n. 4 e n.5) senza che dalla illustrazione si possa cogliere con chiarezza in che termini il punto della decisione censurata li integrerebbe, tanto più ove si tratti di vizi incompatibili logicamente (quali quelli dell’erronea applicazione di legge, che, evidentemente, contraddice la censura di omessa motivazione) per non dire del fatto che il n. 5 dell’art. 360 c.p.c. attiene notoriamente all’omesso esame di un ‘fatto storico’, e non di una circostanza processuale quale in
questo caso -la formazione di un giudicato interno -che, semmai, è da inquadrarsi in un vizio in procedendo .
9.L’interesse all’esame de l settimo motivo – che denuncia violazione delle norme degli articoli 99, 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. per avere il Tribunale di Novara omesso di pronunciare sul terzo motivo di appello erroneamente ritenendo che tale motivo concernesse la legittimazione passiva di Cassa Depositi e Prestiti spa, anziché la titolarità passiva della posizione sostanziale sottesa al buono postale oggetto di causa -è evidentemente assorbito dall’inammissibilità dei motivi che precedono come lo stesso riconosce, laddove afferma che ‘ gli effetti del pregiudizio in capo al ricorrente si manifestano sul giudizio di rinvio il suo esame è consequenziale all’accoglimento di uno o più dei motivi precedenti ‘.
10.- Da ultimo il ricorrente solleva: a) incidente di legittimità costituzionale dell’art. 1 D .M. Tesoro 20/05/1987 (anche con riguardo al contenuto dell’art. 173 DPR 156/73 nella parte in cui si limita a disporre la pubblicazione dei nuovi tassi sulla Gazzetta Ufficiale): la disposizione sarebbe illegittima per violazione degli artt. 3 e 47 della Costituzione perché, disponendo l’espresso inserimento, nel testo dei buoni di nuova emissione, del fatto per cui i tassi sono suscettibili di variazioni successive a norma di legge, non prevede, contestualmente, nessuna modalità di adeguamento del testo dei buoni postali collocati prima del DM 1987 e a quell’epoca ancora in esecuzione; b) Incidente di legittimità costituzionale dell’art. 173 DPR 156/73, nella parte in cui non esclude l’applicabilità di tassi peggiorativi sopravvenuti ai buoni appartenenti a serie precedenti collocati ante 1986, e dell’art. 7 comma 3 D. Lgs. 284/99 nella parte in cui esclude l’effetto abrogativo dell’art. 173 predetto con riguardo ai rapporti ancora pendenti, per violazione degli artt. 41 e 47 Cost
Le questioni di legittimità costituzionali sollevate sono inidonee alla formazione del dubbio di costituzionalità per la loro manifesta infondatezza, trattandosi di temi su cui la Corte Costituzionale (nella sentenza n. 26 del 2020) è già intervenuta asseverando il consolidato orientamento di legittimità di cui s’è riferito e qui condiviso (v. sopra parag.4.5).
– Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore dei resistenti che liquida per Poste Italiane s.p.a. in euro 2.200,00 di cui € 200,00 per esborsi, e per Cassa Depositi e Prestiti s.p.a. in euro 1.500,00, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima