Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19442 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19442 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8781/2023 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa d all’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente-
contro-
CHIAPPETTA NOME;
-intimato- avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, n. 698/2023, pubblicata in data 21.02.2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8.07. 2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con atto di citazione ritualmente notificato NOME COGNOME premettendo di essere titolare del buono fruttifero postale di Lire due milioni, n. 000303, emesso dall’Ufficio Postale di Cosenza -Rose in data 31.05.1986, conveniva in giudizio, dinanzi al giudice di Pace di Arienzo, Poste Italiane spa, al fine di ottenere il pagamento della somma pari ad €3.999,70, oltre interessi e rivalutazione monetaria, quale differenza tra la somma liquidata e quella spettante in attuazione dei saggi di interesse riportati a tergo del titolo.
Si costituiva in giudizio Poste Italiane RAGIONE_SOCIALE rilevando l’infondatezza in fatto e in diritto della domanda attorea, chiedendone il rigetto, insistendo per la correttezza del rimborso del buono.
Con sentenza depositata in data 8.03.2019, il giudice di pace di accoglieva la domanda, condannando Poste Italiane spa al pagamento della somma pari ad € 3.999,70 e alla refusione delle spese processuali.
Con atto di citazione notificato in data 19.06.2019, Poste Italiane spa proponeva appello avverso la suddetta sentenza chiedendone la riforma, assumendo che: il giudice di primo grado non aveva fatto corretta applicazione della normativa riferibile ai bfp della serie ‘P’ , a cui apparteneva quello oggetto di causa, sottoscritto in data 31.05.1986, al quale era stata applicata la disposizione di cui all’art. 173 del D.P.R. n. 156 del 29.03.1973 (così come modificato con D.L. n. 460/1974, convertito con L. n. 588/1974); lo stesso bpf testualmente prevedeva: ‘ Le variazioni del tasso di interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica di concerto con il Ministero delle Comunicazioni, da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale ‘; Il D.M. del 1986, infatti, aveva rimodulato i tassi di interesse dei buoni fruttiferi
postali emessi in precedenza, specificando, all’art. 6, che ‘ sul montante dei buoni postali fruttiferi di tutte le serie precedenti a quella contraddistinta con la lettera “Q “, compresa quella speciale riservata agli italiani residenti all’estero, maturato alla data del 1° gennaio 1987, si applicavano, a partire dalla stessa data, i saggi di interesse fissati col presente decreto, per i buoni della serie “Q”‘; i n virtù della predetta normativa, risultava allora evidente che gli importi da corrispondersi al momento del pagamento dei buoni postali emessi prima del 30.06.1986 non erano quelli stampigliati a tergo dei titoli, bensì, quelli elaborati dal Decreto Ministeriale posto a conoscenza del risparmiatore attraverso la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale; pertanto, le condizioni contrattuali relative all’emissione dei buoni sarebbero direttamente collegate con quelle stabilite nei Decreti Ministeriali e, comunque, restavano sicuramente esclusi dalla contrattazione con Poste Italiane.
Con sentenza del 21.02.2023, il Tribunale rigettava l’appello, osservando che: la pronuncia della Suprema Corte a Sezioni Unite del 2007, n. 13979, pur riguardando buoni di diversa serie rispetto a quello oggetto del presente giudizio, aveva fornito una lettura sistematica della normativa applicabile ai buoni fruttiferi postali e, in particolare, del dettato del D.P.R. n. 156 del 1973 e dell’art. 6 del D.M. n. 148 del 13.06.1986, nonché della successiva abrogazione dell’art. 173 del citato D.P.R. n. 156, aderendo alla qualificazione dei buoni fruttiferi postali in termini di c .d. ‘titoli di legittimazione’; con la predetta sentenza le Sezioni Unite avevano enunciato un criterio applicabile anche al caso sottoposto al vaglio del Tribunale, affermando che nella disciplina dei buoni postali fruttiferi dettata dal testo unico approvato con il D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si formava sulla base dei dati risultanti dal
testo dei buoni di volta in volta sottoscritti; ne derivava che il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal D.M. che ne aveva disposto l’emissione, doveva essere risolto dando la prevalenza alle prime, essendo contrario alla funzione stessa dei buoni postali – destinati ad essere emessi in serie, per rispondere a richieste di un numero indeterminato di sottoscrittori – che le condizioni alle quali l’amministrazione postale si obbligava potessero essere, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all’atto della sottoscrizione del titolo; il buono sottoscritto da NOME COGNOME era stato emesso in epoca precedente al D.M. 13.06.1986, n. 148, in data 31.05.1986; non era stato contestato dalle parti che Poste Italiane non avesse provveduto ad apporre sul titolo i timbri previsti dall’art. 5 del D.M. e, pertanto, era da valutare se la situazione complessivamente creatasi potesse ragionevolmente indurre un affidamento nel sottoscrittore, tale da renderne giustificata la tutela alla luce del canone della buona fede; la normativa richiamata espressamente imponeva di riportare sui titoli i dati reputati ‘essenziali’ all’informazione dei sottoscrittori, affinché potessero compiutamente valutare i profili di convenienza e di rischio connessi all’investimento; la variazione unilaterale dei tassi di interesse con riferimento al buono fruttifero postale della serie P disposta da Poste Italiane costituiva senz’altro violazione degli obblighi contrattuali assunti ab origine dalla medesima società appellante, dovendosi, nel caso di specie, riconoscere prevalenza alle clausole contrattuali riportate dal titolo e accettate da parte del COGNOME; infatti, la modifica unilaterale non era mai stata comunicata e/o accettata dal sottoscrittore, né poteva ritenersi in questa sede conosciuta dallo stesso in base alla semplice pubblicazione del D.M. n. 146 del 1986 in Gazzetta Ufficiale; dal punto di vista formale e
letterale, infatti, l’unico riferimento al rendimento del titolo rimaneva quello originario risultante dalla tabella stampata a tergo; pertanto, nonostante l’intervenuto Decreto Ministeriale, l’intermediario non aveva diligentemente incorporato nel testo cartolare le complete determinazioni ministeriali relative al rendimento del titolo, e tale comportamento aveva creato un affidamento nel ricorrente sottoscrittore del buono fruttifero, sicuramente meritevole di tutela; in definitiva, non si poteva ritenere ammissibile la possibilità di eterointegrazione automatica del contratto da parte del successivo decreto e al COGNOME erano da riconoscere le condizioni contrattualmente convenute e descritte sul titolo medesimo.
Poste italiane spa ricorre in cassazione con unico motivo. Non risulta costituito il COGNOME al cui difensore è stato notificato il ricorso.
RITENUTO CHE
L’unico motivo denunzia violazione dell’ art. 173 dpr n. 156/73, del dm 13.6.86, nonché dei principi espressi dalla Cassazione a Sezioni Unite, nelle sentenze nn. 13979/07 e 3963/19, e dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 26/2020 ), per aver la Corte d’appello affermato che gli interessi maturassero secondo le disposizione impresse a tergo dei titoli e non secondo le prescrizioni di cui al dm del 1986.
Il motivo è fondato, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte.
Poste Italiane spa ha censurato la sentenza pronunciata dal giudice di Pace nella parte in cui non avrebbe correttamente applicato la normativa riferibile ai buoni fruttiferi p ostali della serie ‘P’ emessi prima dell’entrata in vigore del D.M. n. 148 del 13.06.1986, a cui appartiene quello oggetto del presente giudizio, valorizzando le tabelle rappresentate a tergo del titolo.
Al riguardo, va osservato che, in tema di buoni postali fruttiferi, l’emissione di una nuova serie di buoni, utilizzando i supporti cartacei della serie precedente (P), mediante l’apposizione, sulla parte anteriore, del timbro che indica la nuova serie (Q/P) e, sulla parte posteriore, del timbro recante la misura dei nuovi tassi, che però non copre integralmente la stampa dei tassi d’interesse della precedente serie, lasciando scoperta la parte relativa all’ultimo decennio, non consente al possessore del titolo di pretendere, per tale decennio, gli interessi (più favorevoli) previsti per la vecchia serie, poiché l’imperfezione dell’operazione materiale di apposizione del timbro non ha valore di manifestazione di volontà negoziale rilevante e non determina un errore sulla dichiarazione, essendo, anzi, chiaro che l’accordo ha avuto ad oggetto i buoni di nuova serie e dovendosi, comunque, tenere conto che, ai sensi dell’art. 1342, comma 1 c.c., in caso di moduli predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte prevalgono su quelle precedentemente scritte, qualora siano con esse incompatibili (Cass., n. 4384/2022; n. 22619/20).
Poiché l’interpretazione del testo contrattuale deve raccordare il senso letterale delle parole alla dichiarazione negoziale nel suo complesso, non potendola limitare a una parte soltanto di essa, l’indicazione, per i buoni postali della serie ‘Q/P’, di rendimenti relativi alla serie ‘P’ per l’ultimo periodo di fruttuosità del titolo non è in sé decisivo sul piano interpretativo, in presenza della stampigliatura, sul buono, di una tabella sostitutiva di quella della serie ‘P’, in cui erano inseriti i detti rendimenti, tanto più ove si consideri che la tabella in questione adotta una modalità di rappresentazione degli interessi promessi che risulta eccentrica rispetto a quella di cui alla precedente tabella, così da rendere evidente l’assenza di continuità tra le diverse previsioni, di
talché, in presenza di una incompleta o ambigua espressione della volontà delle parti quanto ai rendimenti del buono postale di nuova emissione rientrante nella previsione dell’art. 173 d.P.R. n. 156 del 1973, opera una integrazione suppletiva che consente di associare al titolo i tassi contemplati, per la serie che interessa, dal decreto ministeriale richiamato dal primo comma del detto articolo (Cass. 22619/23; 4384/22).
Inoltre, è stato affermato che la disciplina contenuta nell’abrogato art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973, come novellato dall’art. 1 del d.l. n. 460 del 1974, conv. in l. n. 588 del 1974, che consentiva variazioni, anche “in pejus”, del tasso di interesse sulla base di decreti ministeriali, in quanto dettata da una fonte di rango legislativo, ha natura cogente (assicurando il contemperamento tra l’interesse generale di programmazione economica e tutela del risparmio del sottoscrittore) e come tale idonea a sostituire ex art. 1339 c.c. la statuizioni negoziali della parti: ne derivava che il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal d.m. che ne disponeva l’emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle seconde, anche relativamente alla serie – istituita con effetto dal 1 luglio 1986 con d.m. 13 giugno 1986 – di buoni postali fruttiferi distinta con la lettera “Q”, fissando per tutte le serie precedenti, e con decorrenza 1 gennaio 1987, un regime di calcolo degli interessi meno favorevole di quello risultante dalla tabella posta a tergo dei buoni (Cass., n. 4748/22).
Inoltre, a tenore della sentenza delle Sezioni Unite, 11 febbraio 2019, n. 3963), si conviene sulla possibilità che il contenuto dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali possa subire, medio tempore , variazioni per effetto di eventuali sopravvenuti decreti ministeriali volti a modificare il tasso degli interessi originariamente
previsto, e si riconosce la necessità in casi siffatti di un’integrazione extratestuale del rapporto, senza però svalutare totalmente la rilevanza delle diciture riportate sui buoni stessi.
Ed è del tutto chiaro, nell’ottica di tale decisione, che il predetto articolo 173 è appunto considerato quale norma cogente, operante secondo il congegno dell’articolo 1339 c.c., espressamente richiamato, giacché, altrimenti, esso non potrebbe incidere su ll’accordo negoziale cristallizzato nel buono postale.
Pertanto, nel caso concreto, per quanto esposto, la variazione del rendimento del buono in questione è da ritenere legittimo.
Ne consegue che, in accoglimento dell’unico motivo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, anche in ordine alle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, e cassa la sentenza impugnata, rinviando la causa al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio dell’8 luglio 2025.