Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16182 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16182 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME in proprio e in qualità di erede di COGNOME NOME e COGNOME NOME , in qualità di erede di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dalle AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME pec: EMAIL e NOME COGNOME pec: EMAIL
-ricorrenti-
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza dalla Corte di Appello di Brescia n. 281/2021 pubblicata il 10.3.2021, non notificata.
Oggetto: buoni postali fruttiferi
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22.5.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. ─ Con proprio ricorso per decreto ingiuntivo le sigg.re COGNOME NOME (di seguito deceduta in corso di causa) e COGNOME NOME, dichiaratesi titolari di sette buoni postali fruttiferi, di cui cinque emessi prima del 13.6.1986 e due in data 17.6.1986, adirono il Tribunale di Bergamo, al fine di ottenere un’ingiunzione di pagamento -in loro favore e a carico di RAGIONE_SOCIALE – della complessiva somma di € 18.728,64, oltre interessi dalla domanda al saldo. Il giudice adito accolse l’istanza monitoria ed emise il decreto ingiuntivo n. 5476/14, che fu opposto da RAGIONE_SOCIALE, che, eccepito preliminarmente il difetto di legittimazione passiva, ne chiese la revoca e/o la declaratoria di nullità. Contestò, inoltre, anche il quantum debeatur affermando che, per effetto della loro riscossione, il sottoscrittore dei buoni postali fruttiferi non abbia diritto al pagamento delle somme menzionate nella tabella riportata a tergo dei buoni, in quanto il loro rendimento sarebbe “fissato autoritativamente per atto amministrativo” il cui contenuto prevarrebbe sul tenore letterale dei titoli.
─ Il Tribunale di Bergamo, con propria sentenza n. 858/2017 del 29.3.2017, rigettò l’opposizione proposta.
3.Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto gravame dinanzi alla Corte di Appello di Brescia che ha accolto parzialmente l’appello .
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:
sulla base dei principi espressi dalle SS.UU. n.3963/2019, la conoscenza della variazione dei tassi è affidata alla sola
pubblicazione sulla G.U. La prescrizione della messa a disposizione della tabella integrativa ha la finalità di consentire al risparmiatore di verificare l’ammontare del proprio credito per interessi anche ai fini della regolarità della loro riscossione. Pertanto tale modalità non costituisce un obbligo informativo dalla cui inosservanza dipenda la vincolatività della variazione del tasso di interessi per il risparmiatore;
b) l’istanza di rinvio pregiudiziale alla CGUE è tardiva ed è priva di fondamento anche alla luce di quanto statuito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 26/2020 e dalla citata sentenza delle SS.UU.;
c)ed in particolare:
c1) non v’è lesione del legittimo affidamento del risparmiatore poiché l’art. 173 prevede la possibilità di variazione in peius limitatamente per il solo futuro a decorrere dall’entrata in vigore del decreto che la disponga. La previsione di consentire espressamente e rendere quindi prevedibili modifiche anche riduttive del tasso di interessi non consente di configurare un affidamento del risparmiatore e quindi una sua lesione;
c2) non sussiste una disparità di trattamento in sfavore dei sottoscrittori dei BF P in quanto RAGIONE_SOCIALE era prima un’azienda autonoma dello stato e poi un ente pubblico economico che ha comportato una diversa natura e funzione dei BFP rispetto agli strumenti finanziari e la loro natura di documenti di legittimazione consente di ritenere che i sottoscrittori siano soggetti alle variazioni introdotte dai decreti ministeriali;
c3) non v’è lesione del diritto all’informativa dal momento che essa viene garantita dalla pubblicazione sulla G.U. «anche in conformità al generale principio della conoscenza della norma che attribuiva alla pubblica amministrazione il potere di variare il saggio di interesse
anche con riferimento ai titoli già emessi e sottoscritti» (SS.UU. n.3963/2019).
4 . ─ COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno presentato ricorso per cassazione con tre motivi, ed anche memoria. RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorrenti deducono:
-Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione dell’art. 173 DPR n. 156/1973 (ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.). I profili di diritto dell’Unione europea e il possibile contrasto con il diritto interno. Il rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione europea: l’obbligo di rinvio ex art. 267 TFUE, da parte di “un organo giurisdizionale nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno”.
5.1 -La censura ripropone le medesime istanze già esaminate dalla Corte di Appello che ha adeguatamente motivato il rigetto della richiesta sulla base degli enunciati di questa Corte e della Corte Costituzionale che hanno chiarito la natura e la funzione dei BFP, nonché la diversa natura dell’ente em ittente rispetto agli altri intermediari finanziari. La Corte esamina ogni rilievo singolarmente indicando, coerentemente, il suo dissenso sul preteso contrasto tra il diritto nazionale e quello unionale (pp.21-22). La controricorrente evidenzia anche, condivisibilmente, che alcune Corti di merito hanno sottolineato che la normativa unionale richiamata (Direttive 1993/22/CE e 2004/39/CE) è successiva sia all’art. 173 del DPR n. 156/1973, sia all’arco temporale di emi ssione e sottoscrizione dei buoni nonché del d.m. del 13.6.1983. La richiesta di rinvio alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex art. 267 TFUE è fondata su una
interpretazione della normativa che è in contrasto con la particolare rilevanza dell’interesse pubblico che è stata delineata dalle ordinanze e sentenze di questa Corte che hanno più volte chiarito le rationes legis poste a fondamento delle disposizioni che la richiesta sembra voler ignorare (Cfr., Cass., n. 22619/2023, ma anche Cass., n. 4384/2022; Cass., n. 4748/2022; Cass., n. 4751/2022; Cass., n. 4763/2023; Cass., n. 87/2023; Cass., n. 122/2023; Cass., n. 567/2023; Cass., n. 26718/2023; Cass., n. 6805/2024; Cass., n. 6762/2024). La stessa sentenza della Corte Costituzionale, più volte citata, chiarisce definitivamente come il d.m. in questione non è lesivo della posizione del risparmiatore e ne delinea le peculiarità rispetto agli interessi pubblici che sottendono l’emissione dei buoni che legittimano la diversità di trattamento rispetto agli altri strumenti finanziari. In tema di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia incombente sui giudici di ultima istanza, in base al criterio del cd. “acte clair”, non esiste alcun diritto della parte che formula la relativa istanza all’automatico rinvio ogniqualvolta la Corte di cassazione non ne condivida le tesi difensive, essendo sufficiente che le ragioni del diniego siano espresse (Corte EDU, caso RAGIONE_SOCIALE vs. Belgio) ovvero implicite se la questione pregiudiziale sia manifestamente inammissibile o manifestamente infondata (Corte BDU, caso RAGIONE_SOCIALE vs. Italia, §36) (Cass., n. 19880/2021; Cass., n. 36776/2022). La Corte di Giustizia, difatti, anche da ultimo (con sentenza resa alla grande sezione in causa C-561/19, RAGIONE_SOCIALE), nel chiarire -nuovamentela portata dell’obbligo di rinvio dei giudici nazionali di ultima istanza, ex art. 267, comma 3, del TFUE, ha posto l’accento sulla necessità della motivazione in ordine alla sussistenza di una situazione di esonero dall’obbligo di rinvio pregiudiziale, all’esito dell’esercizio del potere -dovere di valutazione sul punto, che spetta ai giudici nazionali, sotto la propria responsabilità, in maniera
indipendente e con la dovuta attenzione, nell’ambito del sistema di cooperazione diretta tra la Corte e i giudici medesimi, cui è estranea ogni iniziativa delle parti, le quali non possono privare questi ultimi di tale indipendenza (punti 50-57); significativamente, inoltre, ha sottolineato che «ciò posto, la mera possibilità di effettuare una o diverse altre letture di una disposizione del diritto dell’Unione, nei limiti in cui nessuna di queste altre letture appaia sufficientemente plausibile al giudice nazionale interessato, segnatamente alla luce del contesto e della finalità di detta disposizione, nonché del sistema normativo in cui essa si inserisce, non può essere sufficiente per considerare che sussista un dubbio ragionevole quanto all’interpretazion e corretta di tale disposizione (punto 48)» (cfr. Cass., n. 603/2023).
6. -Con il secondo motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1337 e 1375 c.c.: i doveri informativi gravanti in capo a RAGIONE_SOCIALE all’atto del collocamento dei buoni postali fruttiferi e, ancora successivamente, a seguito della pubblicazione del D.M. 13.6.1986 con conseguente diritto dei ricorrenti al risarcimento del danno (ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.).
6.1 -La censura è formulata sulla base dell’esistenza a carico di RAGIONE_SOCIALE italiane di un obbligo informativo ulteriore rispetto alla pubblicazione sulla G.U. Questa Corte ha più volte ribadito che «proprio tenuto conto della natura dell’emittente all’epoca dei fatti, le Sezioni Unite di questa Corte n. 3963 del 2019 hanno ritenuto legittimamente variato il tasso per effetto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di variazione, tenuto conto che l’emittente, quale ente pubblico, inca rnava anche interessi pubblici legati al contemperamento dei vincoli di bilancio rispetto alle aspettative di tutela del risparmio privato; e che tanto consentiva di ritenere che la delegazione normativa contenuta nella norma
primaria (art. 173 codice postale) a un decreto ministeriale rendesse quest’ultimo valido veicolo integrativo dl precetto primario». «La conoscenza di tale circostanza è affidata dal legislatore alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La prescrizione della messa a disposizione della tabella integrativa ha la diversa finalità di consentire al risparmiatore di verificare presso l’ufficio postale l’ammontare del proprio credito per interessi all’esito dell’intervenuta variazione, anche ai fini del controllo della regolarità della riscossione e della sua conformità alla normativa vigente al momento della riscossione». E, pertanto, «erroneo ritenere, come fa invece il ricorrente, che tale prescrizione costituisca un obbligo informativo dalla cui osservanza dipenda la vincolatività della variazione per il risparmiatore» (Cass., SS.UU., n. 3963/2019). Tale effetto è stato considerato costituzionalmente legittimo dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 26/2020. L ‘infondatezza delle censure formulate sulla pretesa esistenza dell’obbligo informativo esclude la risarcibilità di un danno per il quale va esclusa l’esistenza del fatto lesivo.
7. -Con il terzo motivo: Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 l. n. 2248/1865 All. E in ordine alla disapplicazione del D.M. 13.6.1986 (ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.)
7.1 ─ La censura è infondata. La Corte di merito ha ampiamente motivato la necessità di applicazione del d.m. del 1986 richiamando la giurisprudenza di questa Corte. E’ evidente che, pertanto, che «sulla richiesta di disapplicazione del d.m. 13.6.1986 per eccesso di potere in quanto sprovvisto della benchè minima motivazione», la Corte ha preso una posizione chiara esplicita e condivisibile.
─ Per quanto esposto, il ricorso va rigettato con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 3.500 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione