Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26275 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26275 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23441/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TRENTO n. 141/2021 depositata il 10/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.- La sig.ra NOME COGNOME ha adìto il Tribunale di Rovereto per chiedere la condanna di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a rimborsare i due buoni fruttiferi postali (BPF) appartenenti alla serie «Q/P» emessi il 30.01.1992, ciascuno munito della clausola «PFR» (pari facoltà di rimborso) ed intestati, oltre che a sé stessa, anche al sig. NOME COGNOMECOGNOME deceduto il 9.1.2014, e, quindi, al pagamento della somma di € 62.368,87 oltre interessi. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha contestato la pretesa ritenendo che la somma eventualmente dovuta fosse comunque inferiore e pari ad euro 29.299,58.
2.- Il Tribunale di Rovereto con sentenza 13.5.2020 ha accolto la domanda e condannato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento dell’importo preteso comprensivo di capitale ed interessi calcolati, questi ultimi, in base al regime riportato sul retro di ciascun buono, oltre agli interessi maturati dal giorno della notifica dell’atto di citazione al saldo.
3.─ RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte d’Appello di Trento censurando le valutazioni del primo giudice relative sia all’ an debeatur che al quantum, in particolare rilevando: (a) che nella specie andava applicato il disposto dell’art. 203 del D.P.R. 256/1989 per cui, in caso di decesso di uno dei cointestatari e della conseguente inefficacia della clausola della pari facoltà di rimborso, era necessaria la quietanza di tutti gli aventi diritto; (b) che la quantificazione degli interessi dovuti all’atto del rimborso doveva rispettare la tipologia dei buoni acquistati che erano della serie «Q» e non della serie «P» (ciò con particolare riguardo al Buono di maggiore importo n. 000.024).
4.- La Corte d’Appello ha respinto il gravame e confermato la sentenza di primo grado, per quanto qui di interesse statuendo
che: (a) la disciplina normativa dettata per i libretti postali è estesa ai buoni fruttiferi in quanto compatibile, per espresso disposto dell’articolo 203 del D.P.R. 256/1989; (b) a fronte del contrasto sussistente nella giurisprudenza di legittimità sulla normativa applicabile – contrasto fondato sulla persistenza o meno di efficacia della clausola di «pari facoltà di rimborso» in caso di decesso di uno dei due contitolari – doveva trovare applicazione la disciplina specifica dettata per i buoni postali fruttiferi (l’art. 208 del D.P.R. citato) e non, invece, quella dettata per i libretti postali mancando i presupposti di una sua estensione per analogia; sicché, in caso di decesso di uno dei due cointestatari, l’altro ben può incassare la somma portata dagli stessi senza necessità di quietanza di altri aventi diritto; (c) con riguardo in particolare al BPF n. 000.024 da lire 5 milioni, che l’appellata aveva diritto di ottenere il rimborso alle condizioni previste risultanti dal retro del titolo consegnato (non più attivo ma non emendato), in ragione delle quali l’investitore aveva deciso l’acquisto e sulle quali aveva fatto «legittimo affidamento».
5.- Avverso la sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE affidandolo a due motivi di ricorso seguiti da memoria. Ha resistito la controricorrente che ha depositato, altresì, memoria.
6.Il Pubblico Ministero -in adesione al consolidato orientamento di questa Corte (vedi per tutte Cassazione n. 225772023) -ha concluso per il rigetto del primo motivo di ricorso, e per l’accoglimento del secondo motivo, stante il fatto che i titoli acquistati dalla odierna controricorrente corrispondevano alla «serie Q» laddove la dicitura «serie P» riguardava esclusivamente modelli prestampati ad esaurimento impiegati per la vendita della successiva «serie Q», emessi con D.M. 13.6.1986.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 156/1973 art.182 e del D.P.R. n.
256/1989 artt. 182, 187, 203 e 208, dell’art. 14 disp. sulla legge in generale e del principio espresso dalla Suprema Corte nella sentenza n. 11137 del 10.6.2020, in relazione all’art. 360 co. I n. 3 c.p.c.
La ricorrente, invocando le norme indicate reputa che, mancando una previsione specifica in materia di buoni fruttiferi postali cointestati per il caso di decesso di uno dei contitolari, sia operativo il rinvio alla disciplina dei libretti postali (come stabilito da questa Corte con la sentenza n. 11137 del 10.6.2020), a prescindere da un’operazione di carattere interpretativo qual e è l’«applicazione analogica» di cui la sentenza gravata contesta vi fossero i presupposti.
Né l’ordinanza di questa Corte n. 16683/2020 – citata dalla Corte territoriale – varrebbe a sorreggere una soluzione in termini opposti del problema in esame, il quale coinvolge l’esigenza di tutela del debitore da eventuali iniziative degli eredi del contitolare deceduto, ma anche quella di salvaguardia della posizione degli eredi stessi per l’estinzione del titolo in caso di incasso da parte del cointestatario superstite: la «pari facoltà» potrebbe sussistere solo se i due intestatari del Buono possono esercitarla «alla pari», il che verrebbe meno per effetto del decesso di uno dei due titolari.
2. – La censura è infondata.
Questa Corte ha rimeditato un suo precedente orientamento in materia e in punto di diritto si è ormai largamente e costantemente consolidato l’orientamento secondo cui in materia di buoni postali fruttiferi cointestati, recanti la clausola «pari facoltà di rimborso», in caso di morte di uno dei cointestatari, ciascun cointestatario superstite è legittimato a ottenere il rimborso dell’intera somma portata dal documento: invero non trova applicazione l’art. 187, comma 1, d.P.R. n. 256/1989, che, in tema di libretti di risparmio, impone la necessaria quietanza di tutti gli aventi diritto, poiché i buoni fruttiferi circolano ‘a vista’ e tale diverso regime impedisce
l’applicazione della citata disciplina (Cass., n. 24639/2021; Cass., n. 38114/2021; Cass., n. 22577/2023; Cass., n. 19235/2023; Cass., n. 1278/2023; Cass., n. 19092/2023; Cass., n. 3321/2023; Cass., n.15655/2024).
In particolare, da ultimo l’ordinanza n. 22577/2023 ha chiarito quanto alle due specie di titoli che: (a) « pur essendo vero che appartengono alla specie dei documenti di legittimazione, ex art. 2002 c.c. e non hanno natura di titoli di credito, tra i due ricorre una rilevante differenza, tale da incidere sul funzionamento della clausola «pari facoltà di rimborso» ; (b) «infatti in deroga al principio generale di libera cedibilità dei crediti, fissata dall’art. 1260 c.c., l’art. 204, comma 3, d.P.R. n. 256/1989 sancisce l’intrasferibilità del credito portato dai buoni postali» ; (c) «i buoni postali fruttiferi si caratterizzano per un marcato rafforzamento del diritto di credito dell’intestatario sulla somma portata dal documento ad ottenerne il rimborso «a vista», il che si traduce nell’incanalamento della fase di pagamento della somma portata dal titolo su un unico prefissato binario, quale il pagamento, appunto «a vista», all’intestatario : e ciò è sufficiente a dire che la previsione concernente la riscossione dei libretti di deposito, in caso di clausola «pari facoltà di rimborso », non è esportabile al campo dei buoni fruttiferi» ; (d) il contrario assunto secondo cui, in caso di clausola «pari facoltà di rimborso» di buoni postali fruttiferi cointestati a due o più persone, il decesso di uno dei cointestatari precluderebbe il rimborso dell’intero agli altri, finirebbe per paralizzare proprio l’aspetto per il quale detti buoni, dotati della apposizione della menzionata clausola, si caratterizzano; (e) non rileva la funzione di protezione dell’erede o dei coeredi del cointestatario defunto, giacché « in caso di cointestazione con clausola «pari facoltà di rimborso», e dunque di solidarietà attiva, l’obbligazione solidale, alla morte di uno dei concreditori, «si divide fra gli eredi in proporzione delle quote» (art. 1295 c.c.), senza
incidere sulla posizione del cointestatario superstite, onde la riscossione riservata all’intestatario superstite in nulla interferisce con la spettanza del credito , colui che abbia riscosso rimanendo tenuto nei rapporti interni nei confronti dell’erede o degli eredi del cointestatario defunto ».
3. Il secondo motivo censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 173 D.P.R. n. 156/1973 e del D.M. 13.6.1986 in relazione all’art. 360 comma I n. 3 c.p.c. nella parte in cui la sentenza gravata ha rigettato l’appello formulato in merito al quantum debeatur in relazione al BFP serie «Q» n.000.024 dell’importo di lire 5.000.000 emesso in data 30 gennaio 1992. Sostiene la ricorrente che detto BPF rientra nella vigenza del D.M. del 13 giugno 1986, in esecuzione del quale (art. 5) RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE provvedeva a rettificare la serie cui apparteneva il modulo del titolo utilizzato sostituendo la lettera ‘P’, prestampata sul buono, con la lettera «Q» e a sbarrare le condizioni economiche prestampate sul retro del buono con il timbro trasversale recante la dicitura «i tassi sono suscettibili di variazioni successive a norma di legge. L’ammontare degli interessi è soggetto alle trattenute fiscali previste alla data di emissione» . Sicché la Corte avrebbe sbagliato nell’applicazione della norma citata ed errato nel qualificare il BFP n. 000.024 come «un buono non più attivo» consegnato erroneamente, il cui regime degli interessi, stampato sul retro, avrebbe mantenuto efficacia avendovi l’investitore fatto legittimo affidamento. Invero alla data di emissione (30 gennaio 1992) il titolo era stato «attivato» ed assoggettato, ex lege, alla disciplina prevista per i buoni della Serie «Q» dal D.M. del 13 giugno 1986, alle cui condizioni economiche il BPF n. 000.024 sottostava per il solo fatto di appartenere alla serie («Q») disciplinata dal medesimo.
Ha invocato a conforto delle proprie ragioni la giurisprudenza di legittimità ed i principi sanciti dalle Sezioni Unite n. 13979/2007 e
ribaditi con le Sezioni Unite n. 3963/2019; in particolare le Sezioni Unite 2019, avrebbero chiarito che non è dirimente l’apposizione del timbro recante le condizioni economiche, giacché il contenuto del BFP viene integrato automaticamente ab externo -ex art. 1339 c.c. -dalla disciplina del D.M. allo stesso applicabile; disciplina, inoltre, pacificamente opponibile al titolare del BFP in ragione dell’avvenuta pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, essendo questi onerato di conoscere le condizioni economiche applicabili al titolo in base alla serie di appartenenza.
Ne deriverebbe che la Sig.ra COGNOME non poteva fare alcun ragionevole affidamento sulle condizioni economiche riportate sul retro del BFP, per di più obliterate dall’apposito timbro da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che avrebbe dovuto indurla a risalire alla disciplina applicabile contenuta nel D.M. 13 giugno 1986.
3.1- La censure è fondata.
3.2- Va premesso che il motivo di censura non è inammissibile come assume parte resistente in quanto esso attinge all’unica ratio decidendi su cui si regge la gravata decisione della Corte d’Appello di Trento con riguardo al secondo motivo d’appello (relativo appunto al conteggio degli interessi maturati all’atto dell’incasso del buono) la quale Corte, infatti, pur rilevando che RAGIONE_SOCIALE nel costituirsi in giudizio in primo grado «non aveva lamentato nessun errore di conteggio degli interessi né l’erroneo riferimento ad un buono relativo a serie diversa da quella apparente», non ha concluso che il motivo di impugnazione era nuovo ed inammissibile, ma si è limitata a sottolineare che questa condotta dimostrava la « strumentalità» della successiva contestazione relative al quantum , per poi confermare nel merito quanto statuito dal Tribunale argomentando circa «l’erronea consegna di un buono non più attivo» e la conseguente applicabilità del «regime degli interessi ad esso relativi stampato sul retro» del
titolo che «mantiene efficacia e va applicato perché l’investitore vi ha fatto legittimo affidamento».
Del resto l’odierna resistente che eccepisce l’inammissibilità del ricorso non ha proposto ricorso incidentale onde contestare l’erroneità in punto della sentenza gravata sotto il profilo della violazione di legge sub specie di error in procedendo, sicché la Corte è chiamata a valutare solo la legittimità delle ragioni che reggono la decisione gravata, senza alcuna necessità di considerare se RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avesse o meno tempestivamente e compiutamente contestato il quantum preteso dalla sig. COGNOME alla luce del regime degli interessi risultanti dal modulo sottoscritto.
3.3- Ciò detto vanno brevemente richiamati i principi che in materia questa Corte ha affermato:
è stata riconosciuta la piena validità dell’esercizio, da parte delle allora RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE ius variandi in peius , sulla base del novellato articolo 173 D.P.R. n. 156/1973, (Cass., 16 dicembre 2005, n. 27809) e la natura del buono fruttifero postale che non è un titolo di credito, ma un documento di legittimazione, onde « sul tenore letterale del buono erano destinate a prevalere le successive determinazioni ministeriali» in ragione dell’art. 173 laddove afferma che « Le variazioni del saggio d’interesse … hanno effetto per i buoni di nuova serie … e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie »;
successivamente si è pronunciata sulla materia Cass. Sez. Un. n. 13979/2007 – concernente un caso peculiare, in cui il modulo sottoscritto era relativo ad un buono di una serie diversa da quella effettivamente sottoscritta senza che risultasse alcun timbro o dicitura che specificasse questa circostanza e, quindi, la variazione delle condizioni negoziali di riferimento -che ha precisato che il rapporto tra il sottoscrittore e RAGIONE_SOCIALE si instaura su un piano negoziale, con conseguente soggezione alla disciplina del contratto e che « il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei
titoli » è « destinato a formarsi proprio sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritt i»; sicché, ferma la « possibilità che il contenuto dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali possa subire, medio tempore, variazioni per effetto di eventuali sopravvenuti decreti ministeriali volti a modificare il tasso degli interessi originariamente previsto », e la « necessità in casi siffatti di un’integrazione extratestuale del rapporto » ex art. 1339 c.c., precisa, però, che non è possibile « svalutare totalmente la rilevanza delle diciture riportate sui buoni stessi» ove il buono non contenga alcun indice in ragione del quale il sottoscrittore potesse supporre – al momento della sottoscrizione – che le condizioni applicabili per il calcolo degli interessi non fossero quelle risultanti dal documento medesimo; per casi siffatti ha posto l’accento sulle norme che « espressamente impongono di riportare sui titoli i dati reputati essenziali all’informazione del sottoscrittore, affinché egli possa compiutamente valutare i profili di convenienza e di rischio connessi al suo investimento, ma che verrebbero paradossalmente a porre le premesse di un’informazione fuorviante, ove si ammettesse che le condizioni alle quali l’amministrazione postale si obbliga possano essere invece, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all’atto stesso della sottoscrizione del buono» ;
c) la successiva pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. 11 febbraio 2019 n. 3963), in continuità con la precedente, ha osservato che « le Sezioni Unite non hanno affatto affermato … la prevalenza in ogni caso del dato testuale portato dai titoli rispetto alle prescrizioni ministeriali intervenute successivamente alla emissione e … anzi hanno esplicitamente negato, a fronte all’inequivoco dato testuale dell’art. 173 del codice postale che prevedeva un meccanismo di integrazione contrattuale, riferibile alla disposizione dell’art. 1339 del codice civile e destinato ad operare, nei termini sopra descritti, per effetto della modifica, da
parte della pubblica amministrazione, del tasso di interesse vigente al momento della sottoscrizione del titolo»; ciò in ragione della cogenza della norma di cui all’art. 173 cit. che opera per effetto di provvedimenti ministeriali (i decreti) che ripetono, evidentemente, la loro autorità dalla primaria fonte normativa; questa pronuncia ha, anche precisato che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di detti decreti ministeriali per mezzo di cui si attua lo ius variandi in discorso, costituisce per i possessori dei buoni la fonte della conoscenza legale del contenuto del titolo e della variazione del tasso di interesse ad esso relativo (effetto considerato costituzionalmente legittimo dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 26 del 2020); e che la prescrizione della messa a disposizione della tabella integrativa (indicativa dei nuovi tassi) da parte degli Uffici Postali ha la finalità di consentire al risparmiatore di verificare presso l’Ufficio, appunto, l’ammontare del proprio credito per interessi all’esito dell’intervenuta variazione, anche ai fini del controllo della regolarità della riscossione e della sua conformità alla normativa vigente al momento della riscossione, mentre è « erroneo ritenere….che tale prescrizione costituisca un obbligo informativo dalla cui osservanza dipenda la vincolatività della variazione per il risparmiatore» (in tal senso si sono poi pronunciate numerose volte le sezioni semplici; ex multis, Cass., n.24527/2021; Cass., n. 4384/2022; Cass., n. 4748/2022; Cass. n. 4751/2022; Cass. n. 4763/2022; Cass. n. 15363/2024).
3.4- Ebbene nel caso di specie, si tratta di buoni appartenenti alla serie «Q» istituita dal D.M. 13.6.1986, sottoscritti nel 1992, ove, a dire RAGIONE_SOCIALE stesso ricorrente, e come ricorda la sentenza gravata, era stata sostituita la lettera «P», prestampata sul buono, con la lettera «Q», mentre le condizioni sul retro del buono erano state sbarrate con un timbro trasversale recante la dicitura «i tassi sono suscettibili di variazioni successive a norma di legge.
L’ammontare degli interessi è soggetto alle trattenute fiscali previste alla data di emissione».
Sicché reputa il Collegio che la Corte d’Appello non abbia fatto corretta applicazione dei principi stabiliti dalla giurisprudenza nell’affermare che nella specie si è trattato «dell’erronea consegna di un buono non più attivo» con la conseguente applicabilità del «regime degli interessi ad esso relativi stampato sul retro» del titolo che «mantiene efficacia e va applicato perché l’investitore vi ha fatto legittimo affidamento», avendo peraltro questa Corte già chiarito che « l’esigenza di tutela dell’affidamento, incolpevole beninteso, certamente riscontrabile in ipotesi di buoni all’apparenza appartenenti ad una determinata serie, quantunque sottoscritti nel vigore di un decreto che avesse modificato la disciplina degli interessi, qualora detti buoni non manifestassero alcun elemento dal quale il sottoscrittore potesse desumere una discrepanza tra condizioni risultanti dal documento e condizioni previste dalla normativa applicabile, non ha nulla a che spartire con il diverso caso in cui, in adesione allo stesso precetto normativo, il vecchio supporto cartaceo in concreto utilizzato – per il solo fatto che il RAGIONE_SOCIALE non ne avesse ancora stampato di nuovi recasse l’apposizione sul recto della serie effettiva, nella specie «TARGA_VEICOLO», tale da richiamare la normativa ad essa applicabile, e sul verso un timbro sostitutivo della impressione a stampa preesistent e» (in motivazione Cass. n.4384/2022).
Non può che condividersi, infatti, l’opinione che « una volta che si ricostruisce il rapporto derivante dalla sottoscrizione dei buoni postali fruttiferi in termini strettamente negoziali, come le Sezioni Unite hanno fatto, …. diviene ineluttabile verificare quale fosse la volontà sottesa all’accordo » e che l’apposizione, sia pure imperfetta, del timbro previsto dall’art. 5 D.M. 13.6.1986 non può non avere il senso di una manifestazione di volontà concludente dell’ente, rilevante sul piano negoziale, nel senso che al
sottoscrittore non possono essere riconosciuti gli interessi che oggi richiede, previsti da una serie precedente a quella che nello stesso atto introduttivo riconosce essere la serie «QTARGA_VEICOLOP».
4.- Per quanto esposto, il ricorso va accolto con riguardo al secondo motivo.
La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà a quanto sopra indicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo di ricorso.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Trento, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’11.9.2 024