Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26256 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26256 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31402/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 1262/2021 depositata il 07/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.- La sig.ra NOME COGNOME ha adìto il Tribunale di Bergamo per chiedere la condanna di RAGIONE_SOCIALE a rimborsare i due buoni fruttiferi postali (BPF) appartenenti alla «serie Q» emessi il 18.12.1986, quindi al pagamento della somma di € 11.389,30 oltre interessi, invocando la misura del tasso di rendimento riportata sulla parte posteriore dei moduli della «serie P» utilizzati dall’amministrazione all’atto dell’emissione, non avendo il dipendente postale apposto – oltre al timbro «serie Q/P» sulla parte anteriore – le dovute modifiche del tasso della nuova serie sulla parte posteriore dei moduli predetti come previsto dal D.M. 13.6.1986 istitutivo della nuova serie di BPF. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha contestato la pretesa invocando l’applicazione dei saggi di rendimento previsti dal D.M. 13/06/1986.
2.- Il Tribunale di Bergamo ha accolto la domanda poiché le diciture riportate sui buoni postali dovevano considerarsi prevalenti su quelle dell’antecedente decreto Ministeriale di emissione della nuova «serie Q» ed avevano generato un affidamento incolpevole del risparmiatore.
RAGIONE_SOCIALE, ha proposto appello osservando che sulla parte posteriore dei buoni risulta apposto il timbro che indica i tassi previsti dal D.M. 13/06/1986: «BRAGIONE_SOCIALE AI SEGUENTI TASSI: 8% FINO AL 5° ANNO; 9% DAL 6° AL 10° ANNO; 10,50% DALL’11° AL 15% ANNO; 12% DAL 16° AL 20° ANNO’ e che essendo il rendimento previsto per il periodo successivo al 20° anno, di importo fisso a bimestre ma diverso per ciascun ‘taglio’ dei BFP all’epoca sottoscrivibili (come si evince dalla tabella
allegata in calce allo stesso D.M. 13.6.1986), è stato corretto che l’allora Amministrazione PT rimandasse alla lettura del D.M. 13.6.1986 quanto agli specifici importi previsti a titolo di rendimento dopo i primi 20 anni e, quindi, alle tabelle allegate al medesimo.
3.- La Corte d’Appello ha respinto il gravame e confermato la sentenza di primo grado statuendo che: (a) il rapporto tra sottoscrittore ed ente emittente il titolo si configura in termini strettamente contrattuali soggetti al regime di diritto privato; (b) l’integrale applicazione del regime dei tassi di interesse di cui al D.M. invocato presupponeva la completezza e l’univocità delle indicazioni introdotte, che ben poteva a quello scopo avvenire per relationem «ma giammai» in modo parziale, poiché «il sottoscrittore è naturalmente indotto a ritenere che, per le parti non incise dalla modifica, si mantenga intatta la disciplina espressa nel testo del titolo» come puntualmente verificatosi: infatti, dettata con il secondo timbro una disciplina conforme alle indicazioni espresse nel D.M., circa la determinazione dell’interesse spettante al sottoscrittore per il primo periodo ventennale, era stato «totalmente omesso ogni riferimento al periodo successivo, dal 21° al 30° anno, in quanto non è stata riportata alcuna modifica rispetto alla dicitura relativa all’importo fisso a bimestre riconosciuto per tale ultimo periodo»; (c) in virtù di tale condotta omissiva dell’emittente che, «pur potendo fornire un’informazione esauriente sulla disciplina da applicare, ha preferito offrirne una incompleta», va tutelato il ragionevole affidamento in ordine alla spettanza di interessi sul capitale – per il periodo dal ventunesimo al trentesimo anno successivo all’emissione – secondo il previgente regime, come stabilito nella sentenza delle SS.UU. del 2007, già richiamata dal giudice di prime cure.
4.- Avverso la sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE affidandosi ad un unico motivo. Ha resistito la controricorrente, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per invalidità della procura speciale alle liti derivante dalla mancata produzione della procura notarile fonte dei poteri del rappresentante di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che l’ha rilasciata agli odierni patrocinanti della ricorrente. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis1 c.p.c.
5.- Il Pubblico Ministero ha concluso per l’accoglimento del motivo stante il fatto che va affermata la prevalenza del dato normativo sul dato formale e l’eterointegrazione del contratto con le disposizioni regolamentari dettate per i Buoni postali fruttiferi oggetto di acquisto da parte dell’attrice, che corrispondevano alla successiva «serie Q», laddove la dicitura «serie P» riguarda esclusivamente l’utilizzo di modelli prestampati ad esaurimento impiegati per la vendita della successiva «serie Q».
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per la invalidità della procura speciale alle liti della ricorrente perché non sarebbe dato evincere il potere rappresentativo (sostanziale) del soggetto che l’ha conferita, ovvero dell’AVV_NOTAIO , che, quale «Responsabile della Funzione RAGIONE_SOCIALE» ne sarebbe stato investito per mezzo di una procura notarile non allegata né depositata in atti.
L’eccezione infatti è infondata alla luce della documentazione integrativa depositata in data 21.5.2024, dalla quale risulta che, in ragione dell’atto a rogito AVV_NOTAIO del 19.4.2019, rep. 53558, racc. 15006, l’AVV_NOTAIO è legittimato a rilasciare procure alle liti per conto della ricorrente, in forza di procura rilasciata dal «AVV_NOTAIO nella sua qualità di
Vicedirettore Responsabile pro tempore della funzione RAGIONE_SOCIALE».
Non rileva il fatto che la resistente abbia genericamente osservato che non sarebbe dato comprendere in forza di quali poteri di rappresentanza della società un soggetto che non riveste la carica di rappresentante legale di RAGIONE_SOCIALE abbia legittimamente delegato l’AVV_NOTAIO; infatti nella procura speciale alle liti prodotta è affermato che detto «soggetto» ha conferito il potere in ragione di una sua specifica funzione (Condirettore e Responsabile RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) che – a mente degli art. 2206 -2209 cod. civ. – ben può costituire la legittima fonte dei poteri di rappresentanza conferiti per lo specifico settore di attività all’AVV_NOTAIO anche da chi non è il rappresentante legale della società, ma ne è procuratore. Invero, poiché i procuratori dell’imprenditore derivano i poteri rappresentativi da un atto che va iscritto nel Registro delle Imprese in forza del rinvio operato dall’art. 2209 c.c. alla disciplina dell’institore di cui agli artt. 2206 e ss. c.c, ed è, perciò, di generale conoscibilità, spetta a chi intende contestarne la sussistenza formulare una precisa eccezione, e non limitarsi a formule dubitative; né, peraltro, può introdursi detta eccezione – come avvenuto nella specie – nella memoria ex art. 380 bis1 c.p.c. che assolve all’esclusiva funzione di illustrare i motivi di impugnazione (o di inammissibilità della stessa) che siano già stati ritualmente enunciati nel ricorso e nel controricorso, tanto più se il deposito della stessa avviene -come nel presente caso – in limine del termine concesso (10 giorni prima della data fissata per la camera di consiglio), quando sono consumati i poteri di controparte di integrare la documentazione anche con riguardo alla ammissibilità del ricorso ex art. 372 c.p.c. (che prevede detta facoltà sino a 15 giorni prima della data fissata per la camera di consiglio).
In proposito giova richiamare una recente pronuncia di questa Corte, ove – considerato che il rilievo dell’effettiva esistenza della qualità spesa da colui che si afferma rappresentante non è officioso – la Corte ha concluso per la tardività della eccezione formulata solo con la memoria ex art. 380 bis1 c.p.c. atteso che lo sfalsamento del termine per il deposito ex art. 372 c.p.c. (dieci giorni prima della camera di consiglio, la prima, quindici il secondo) non consente alla controparte, destinataria del rilievo, di replicare fattivamente; ed ha richiamato Sezioni Unite n. 20596/2007 che ha affermato « In tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non ha l’onere di dimostrare tale sua qualità, neppure nel caso in cui l’ente si sia costituito in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante e l’organo che ha conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall’atto costitutivo o dallo statuto, poiché i terzi hanno la possibilità di verificare il potere rappresentativo consultando gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la prova negativa. Solo nel caso in cui il potere rappresentativo abbia origine da un atto della persona giuridica non soggetto a pubblicità legale, incombe a chi agisce l’onere di riscontrare l’esistenza di tale potere a condizione, però, che la contestazione della relativa qualità ad opera della controparte sia tempestiva, non essendo il giudice tenuto a svolgere di sua iniziativa accertamenti in ordine all’effettiva esistenza della qualità spesa dal rappresentante, dovendo egli solo verificare se il soggetto che ha dichiarato di agire in nome e per conto della persona giuridica abbia anche asserito di farlo in una veste astrattamente idonea ad abilitarlo alla rappresentanza processuale della persona giuridica stessa ».
2.Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 156/1973 art. 182 e dei principi espressi
dalla Suprema Corte nelle sentenze n. 13979/2007 e n. 3963/2019 assunte a SS.UU., in relazione all’art. 360 , co. 1, n. 3 c.p.c.
La ricorrente osserva che la Corte d’Appello di Brescia ha errato nel ritenere che, poiché il timbro aggiuntivo apposto su retro dei buoni de quibus fa riferimento ai nuovi tassi di interesse relativi alla nuova «serie Q» solamente per il periodo fino al 20^ anno e nulla prevede per il periodo dal 21^ al 30^ anno, per quest’ultimo lasso di tempo il rendimento debba rimanere quello indicato sulla tabella originariamente stampata a tergo del titolo a tutela dell’affidamento ingenerato nel risparmiatore; e che la sentenza delle SS.UU. della Corte di Cassazione n. 13979/2007 – parzialmente ed erroneamente richiamata nella fattispecie – deve essere letta ed interpretata in ragione del caso ivi considerato (ben diverso dal presente) e unitamente alla più recente Cass. SS.UU. n.3963 /2019.
2.La censura è fondata alla luce dell’orientamento espresso dalle sentenze delle Sezioni Unite di questa Corte già citate dalla ricorrente e del consolidato orientamento di legittimità formatosi per effetto di numerose pronunce analoghe.
2.1- Come già affermato da questa Corte « la disciplina contenuta nell’abrogato art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973, come novellato dall’art. 1 del d.l. n. 460 del 1974, convertito in l. n. 588 del 1974, che consentiva variazioni, anche in peius, del tasso di interesse sulla base di decreti ministeriali, in quanto dettata da una fonte di rango legislativo, ha natura cogente (assicurando il contemperamento tra l’interesse generale di programmazione economica e tutela del risparmio del sottoscrittore) e come tale è idonea a sostituire ex art. 1339 c.c. la statuizioni negoziali della parti»; né rileva quanto eccepito dalla controricorrente ovvero che il congegno sostitutivo operi per effetto di un provvedimento ministeriale, giacché esso ripete la sua autorità dalla primaria fonte normativa; cfr. Cass. SS.UU. n. 3963 /2019); «ne deriva che
il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal decreto ministeriale che ne disponeva l’emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle seconde, anche relativamente alla serie, istituita con effetto dal 1 luglio 1986 con d.m. 13 giugno 1986, di buoni postali fruttiferi distinta con la lettera «Q», fissando per tutte le serie precedenti, e con decorrenza 1 gennaio 1987, un regime di calcolo degli interessi meno favorevole di quello risultante dalla tabella posta a tergo dei buoni ».
Né la norma abrogatrice dell’art. 173, ovvero l’art. 7 del decreto legislativo n. 284 del 30 luglio 1999, ha mutato detto regime per i titoli già emessi, avendo previsto al terzo comma, « che i rapporti già in essere alla data di entrata in vigore dei decreti destinati a stabilire le nuove caratteristiche dei libretti di risparmio postale e dei buoni fruttiferi postali continuano a essere regolati dalle norme anteriori» .
2.2Nella specie si tratta dell’emissione di una nuova serie di buoni avvenuta con il D.M. 13.6.1986, utilizzando i supporti cartacei della serie precedente («P»), mediante l’apposizione, sulla parte anteriore, del timbro che indica la nuova serie («Q/P») e, sulla parte posteriore, del timbro recante la misura dei nuovi tassi, il quale, però, non copre integralmente la stampa dei tassi d’interesse della precedente serie poiché lascia scoperta la parte relativa all’ultimo decennio.
Ciò, tuttavia, non consente al possessore del titolo di pretendere, per tale decennio, gli interessi (più favorevoli) previsti per la vecchia serie, per una convergenza di ragioni già illustrate in numerose pronunce di questa Corte che di tale questione si è più volte occupata (Cass. n. 24639/2021; Cass. n. 38114/2021; Cass. n. 22577/2023; Cass. n. 19235/2023; Cass. n. 1278/2023; Cass. n. 19092/2023; Cass. n. 3321/2023; 25583/2023, 25587/2023, 25620/2023, 25624/2023, 25718/2023 e 26740/2023):
(a) in assenza del carattere letterale del titolo – che, invero, costituisce un mero documento di legittimazione – la mancata specifica deroga degli interessi dell’ultimo periodo non assume rilievo dirimente: infatti la riconducibilità del buono alla serie nuova e ai rendimenti previsti dal decreto esclude che fosse ragionevole ipotizzare che il nuovo regime riguardasse solo il primo ventennio e non l’intero periodo di validità del buono postale che, per espressa disposizione, rientrava «a tutti gli effetti» nella nuova serie ordinaria;
(b) l’imperfezione dell’operazione materiale di apposizione del timbro non ha valore di manifestazione di volontà negoziale rilevante e non determina un errore sulla dichiarazione, essendo chiaro e pacifico che l’accordo negoziale ha avuto ad oggetto i buoni di nuova serie, e « la pretesa di far discendere la misura degli interessi da una combinazione della disciplina prevista per i buoni della «serie Q», provvisoriamente emessi per mancanza dei relativi supporti cartacei, in forma di buoni della «serie Q/P», con la disciplina prevista per i buoni della «serie P», non ha alcun fondamento sul piano di una elementare logica nell’applicazione dei principi basilari dell’interpretazione contrattuale, sia dal versante della lettera che dell’intenzione delle parti, ai sensi dell’art. 1362 c.c., giacché, se i buoni sono sottoposti alla disciplina della «serie Q», e l’autorità preposta dalla legge chiarisce che la disciplina della «serie Q» si applica anche alla «serie Q/P», di modo che sul documento viene apposta la sigla «TARGA_VEICOLO», ciò sta a testimoniare che l’applicazione della disciplina dei defunti buoni della «serie P» è palesemente esclusa » (Cass. 10 febbraio 2022, n. 4384, in motivazione, confermata in Cass. 14 febbraio 2022, n. 4748, Cass. 14 febbraio 2022, n. 4751, Cass. 14 febbraio 2022, n. 4763);
(d) non sussistono i presupposti per la tutela dell’affidamento del possessore dei buoni qui resistente che ha acquistato i medesimi successivamente al decreto che li istituiva pacificamente come
serie diversa, sottoscrivendo moduli che riportavano entrambi i timbri prescritti onde distinguerne le condizioni di rendimento rispetto a quelli della precedente serie;
(e) sin dal momento dell’emissione del titolo, l’intestatario era in grado di avvedersi che il buono postale acquistato apparteneva alla serie «TARGA_VEICOLO» e che, quindi, i tassi di interesse applicabili nei primi vent’anni erano quelli previsti dal D.M. istitutivo della nuova serie e che quelli dell’ultimo decennio erano ricavabili dai primi sulla base dell’importo sottoscritto; invero quanto alla misura del rendimento bimestrale spettante nel terzo decennio (dal 21° al 30° anno), dall’esame della tabella stampata sul retro del titolo è agevole ricavare che il rendimento bimestrale del buono nel terzo decennio, varia sulla base dell’ultimo tasso previsto sul capitale rimborsabile al termine del primo ventennio e dipende quindi dall’importo facciale del titolo; il che spiega anche perché il D.M. 1986 prevedeva che il timbro da porre sul retro del modulo di buoni appartenenti a una precedente serie dovesse indicare soltanto la misura dei nuovi tassi dal 1° al 20° anno, essendo implicito che ciò sarebbe bastato per consentire ai titolari di quei buoni di ricalcolare autonomamente il rendimento dell’ultimo decennio sulla falsariga dell’originaria tabella impostata su tassi diversi.
3.Va, infine, dichiarata inammissibile la richiesta della resistente di condanna di RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno cagionato dalla violazione, da parte di quest’ultima, dei propri obblighi di informazione « poiché, laddove informato della difformità dei tassi di interesse dei Buoni rispetto ad un Decreto già emesso, la signora COGNOME NOME avrebbe infatti potuto orientare le proprie scelte di investimento su prodotti più redditizi e dai rendimenti stabili e garantiti nel tempo», questione che – a prescindere dalla fondatezza delle ragioni che non si misurano con quanto già affermato da questa Corte a proposito della tutela del legittimo affidamento – certamente è radicalmente estranea al
presente giudizio di legittimità, non essendo neppure stata posta e discussa nel giudizio di merito.
4.- Per quanto esposto, il ricorso va accolto.
La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà a quanto sopra indicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M .
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 11.9.2024