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Buoni fruttiferi postali: tassi e decreti, vince la legge

Un risparmiatore ha citato in giudizio un intermediario finanziario per ottenere il pagamento di interessi su due buoni fruttiferi postali della serie ‘Q/P’ secondo i tassi più alti previsti dalla precedente serie ‘P’, i cui moduli erano stati usati per l’emissione. Il Tribunale ha respinto la domanda, stabilendo che i tassi applicabili sono quelli inferiori, introdotti con un Decreto Ministeriale del 1986. La decisione si fonda sull’art. 173 del D.P.R. 156/1973, che permetteva la modifica dei tassi di interesse con decreto, anche per le serie già emesse. Questa norma, considerata cogente, prevale sulle condizioni stampate sul titolo, escludendo il legittimo affidamento del risparmiatore.

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Pubblicato il 28 gennaio 2025 in Diritto Bancario, Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Buoni Fruttiferi Postali: Quando la Legge Cambia i Tassi di Interesse

Il dibattito sui rendimenti dei buoni fruttiferi postali è da anni al centro di numerose controversie legali. Molti risparmiatori, al momento della riscossione, si sono visti liquidare importi inferiori a quelli che si aspettavano sulla base delle condizioni originariamente stampate sui titoli. Una recente sentenza del Tribunale di Pescara fa luce su un aspetto cruciale: la prevalenza della legge sui tassi di interesse rispetto a quanto riportato sul buono stesso. Analizziamo insieme questo caso per capire le ragioni della decisione del giudice.

I Fatti di Causa: La Richiesta del Risparmiatore

Un risparmiatore aveva sottoscritto due buoni fruttiferi postali nel 1987. Questi titoli, pur essendo della nuova serie ‘Q/P’, erano stati emessi utilizzando i moduli cartacei della precedente serie ‘P’. Sul retro di questi buoni era presente un timbro che aggiornava i tassi di interesse solo per i primi 20 anni, senza specificare nulla per il decennio successivo (dal 21° al 30° anno).

Al momento della riscossione, l’intermediario finanziario ha liquidato gli interessi sulla base dei tassi previsti da un Decreto Ministeriale del 1986 per la serie ‘Q’, che erano meno vantaggiosi di quelli della serie ‘P’. Il risparmiatore, ritenendo di aver diritto ai tassi più alti della serie ‘P’ per il periodo non coperto dal timbro, ha prima fatto ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario, ottenendo un parere favorevole, e poi ha intentato una causa civile chiedendo la condanna dell’intermediario al pagamento della differenza.

La Decisione del Tribunale sui Buoni Fruttiferi Postali

Il Tribunale di Pescara ha respinto integralmente la domanda del risparmiatore. Secondo il giudice, la normativa applicabile al momento dell’emissione dei buoni consentiva la modifica dei tassi di interesse tramite decreto ministeriale, e tale modifica era da considerarsi prevalente rispetto alle condizioni stampate sul titolo cartaceo.

La corte ha stabilito che i buoni in questione, emessi nel 1987, appartenevano a tutti gli effetti alla serie ‘Q’ (e per estensione ‘Q/P’) e che, pertanto, ad essi si applicavano i tassi di rendimento stabiliti dal D.M. del 13 giugno 1986. Questa normativa aveva introdotto un regime di calcolo degli interessi meno favorevole, estendendolo anche alle serie precedenti.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione del Tribunale si basa su un’analisi rigorosa della legislazione dell’epoca, in particolare sull’art. 173 del D.P.R. n. 156/1973. Questa norma, definita ‘cogente’ (cioè inderogabile dalla volontà delle parti), prevedeva espressamente che le variazioni del saggio d’interesse dei buoni fruttiferi postali potessero essere disposte con decreto ministeriale e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale. Tali variazioni potevano essere estese anche a serie emesse in precedenza.

Il giudice ha spiegato che questa normativa creava un meccanismo di integrazione automatica del contratto: le condizioni stabilite dal decreto ministeriale si sostituivano a quelle eventualmente difformi presenti sul titolo. Di conseguenza, il contrasto tra le condizioni stampate e quelle stabilite dal decreto doveva essere risolto a favore di queste ultime.

Inoltre, il Tribunale ha chiarito perché il famoso precedente delle Sezioni Unite della Cassazione (n. 13979/07), spesso invocato dai risparmiatori, non fosse applicabile. Quel caso riguardava un errore dell’amministrazione postale al momento dell’emissione, non una modifica successiva dei tassi disposta per legge. La giurisprudenza più recente (Cass. n. 4748/2022) ha confermato che, in casi come quello in esame, la normativa sopravvenuta prevale, escludendo il ‘legittimo affidamento’ del risparmiatore. La possibilità di una variazione dei tassi era infatti conoscibile attraverso la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che costituisce una presunzione di conoscenza per tutti i cittadini.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche per i Risparmiatori

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nei rapporti con i buoni fruttiferi postali emessi sotto la vigenza della vecchia normativa, le disposizioni di legge e i decreti ministeriali possono modificare le condizioni economiche del contratto, prevalendo su quanto stampigliato sul buono. Per il giudice, la semplice apposizione parziale di un timbro non costituisce una manifestazione di volontà dell’ente emittente di mantenere le vecchie condizioni, ma solo un’imperfezione materiale nell’adeguamento del modulo. Di conseguenza, il risparmiatore non può vantare un legittimo affidamento sui tassi originari se una norma cogente ne ha disposto la modifica. La decisione sottolinea l’importanza della diligenza e della conoscenza delle normative vigenti, la cui pubblicità legale le rende opponibili a chiunque.

I tassi di interesse indicati su un buono fruttifero postale possono essere modificati da un decreto successivo all’emissione?
Sì. Secondo la sentenza, l’art. 173 del D.P.R. 156/1973, vigente all’epoca, permetteva espressamente al Ministro del Tesoro di variare i tassi di interesse con decreto, anche per le serie di buoni già in circolazione. Tale norma, essendo cogente, si sostituiva alle condizioni originarie.

Perché il principio del legittimo affidamento del risparmiatore non è stato applicato in questo caso?
Il Tribunale ha ritenuto che non si potesse generare un legittimo affidamento, poiché la possibilità di una variazione dei tassi era prevista da una norma di legge (l’art. 173 D.P.R. 156/1973). La pubblicazione del decreto modificativo sulla Gazzetta Ufficiale crea una presunzione legale di conoscenza da parte di tutti i cittadini, che avrebbero potuto informarsi con l’ordinaria diligenza.

La decisione dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) è vincolante per il Giudice?
No. La sentenza chiarisce che il pronunciamento dell’Arbitro Bancario Finanziario ha natura stragiudiziale e non è vincolante per l’autorità giudiziaria. Il giudice, pertanto, può giungere a una decisione diversa e autonoma basata sull’analisi delle norme e dei fatti di causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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