Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14106 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14106 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6416/2019 R.G. proposto da
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Roma, alla INDICOGNOME.
-RICORRENTE –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Roma, INDICOGNOME, presso l’AVV_NOTAIO.
-CONTRORICORRENTE – avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste n. 704/2018, pubblicata in data 4.12.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.4.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 704/2018 la Corte d’appello di Trieste, riformando la decisione di primo grado, ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dall’AVV_NOTAIO per il pagamento di compensi professionali per le attività di collaborazione professionale con l’AVV_NOTAIO.
Oggetto: compensi professionali.
La pronuncia ha stabilito che le parti avevano perfezionato un accordo che prevedeva la divisione dei compensi al 50% sotto la condizione dell’effettivo incasso delle somme da dividere e ciò sulla base del documento NUMERO_DOCUMENTO allegato alla citazione con cui lo stesso AVV_NOTAIO aveva riconosciuto l’esistenza di tale accordo; ha perciò respinto la domanda, affermando che il credito non era esigibile, non essendosi verificata la suddetta condizione sospensiva.
Per la cassazione NOME COGNOME ha proposto ricorso affidato quattro motivi, illustrati con memoria; l’AVV_NOTAIO resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Deve respingersi l’eccezione di inammissibilità del ricorso, essendo sollevate contestazioni in diritto, non precluse ai sensi dell’art. 380 bis n. 1 c.p.c., e non già sollecitato il mero riesame di questioni in fatto.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando che la Corte d’appello non si sia pronunciata sulle eccezioni di nullità dell’accordo sul pagamento dei compensi per indeterminabilità dell’oggetto e per il carattere meramente potestativo della condizione concordata dai professionisti.
Il motivo è infondato.
La Corte di merito, avendo respinto la domanda dell’AVV_NOTAIO , sostenendo che non si era realizzata la condizione sospensiva di esigibilità del compenso, ha implicitamente ritenuto valida detta condizione.
E’ pacifico che a d integrare il vizio di omesso ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa
indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti, come nel caso in esame, incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. 2151/2021; Cass. 2153/2020; Cass. 20718/2018; Cass. 18491/2018; Cass. 29191/2017; Cass. 24155/2017; Cass. 17956/2015; Cass. 20311/2011).
3. Il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 1418, 1325, 1346 e 1355 c.c., per aver la sentenza ritenuto valido l’accordo che subordinava l’esigibilità del credito professionale al pagamento delle somme da parte dei clienti pur mancando l’esatta individuazione degli importi dovuti, o l’indicazione del criterio per determinarle, e pur essendo l’avveramento della condizione rimesso all’arbitrio dell’AVV_NOTAIO.
Il motivo è infondato.
L’accordo perfezionato dai ricorrenti era volto a regolare solo il riparto tra i due difensori delle somme che sarebbero state corrisposte dagli assistiti, per cui non era richiesto a pena di nullità che fossero anche indicate e quantificate ex ante le somme spettanti a ciascun professionista, essendo sufficiente l’individuazione del criterio di suddivisione in percentuale .
La concreta quantificazione era possibile ex post, in applicazione del criterio concordato, destinato ad essere applicato per ciascuna pratica, al momento del pagamento in base ad un’attività delle parti di tipo meramente attuativo e ricognitivo.
La condizione era di natura mista e non meramente potestativa (tale da doversi considerare non apposta ai sensi dell’art. 1355
c.c.), venendo a dipendere dall’impegno della resistente nel coltivare il recupero dei crediti professionali e da un evento incerto (l’effettivo incasso), non al mero arbitrio di quest’ultima, interessata al suo avveramento per i benefici economici che avrebbe ottenuto.
La condizione è, difatti, “meramente potestativa” quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l’assenza di una seria volontà di quest’ultima di ritenersi vincolata dal contratto, e non si configura quando l’evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e di convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l’interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione è rimessa all’esclusivo apprezzamento dell’interessato (Cass. 11774/2007; 18239/2014; Cass. 30143/2019).
La clausola condizionava la sola esigibilità (non la spettanza) del compenso, che non poteva esser preteso dal ricorrente se non dopo che l’AVV_NOTAIO avesse riscosso le competenze professionali dai singoli assistiti.
4. Il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e la mancata disamina dei fatti che l’AVV_NOTAIO aveva dedotto a giustificazione della ritenuta risoluzione dell’accordo professionale e della richiesta di pagamento sulle somme quantificate in base alla tariffe, inadempimenti consistiti nell’omesso versamento dei corrispettivi, nella violazione degli obblighi informativi sullo stato di singole pratiche, nel non aver coltivato le istanze di ammissione al gratuito patrocinio di taluni assistiti e nell’aver l’AVV_NOTAIO
deciso unilateralmente di non procedere per il recupero di parte dei crediti professionali, in violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede in pendenza di condizione.
Il motivo è fondato nei termini che seguono.
La censura, oltre all’omessa pronuncia, deduce nel rispetto dei requisiti di specificità dell’impugnazione -il mancato apprezzamento delle condotte lesive degli interessi del ricorrente descritte a pag. 17 e 20 del ricorso e soprattutto la mancata evidenziazione delle ragioni che hanno indotto la Corte di merito a considerare non rilevanti i comportamenti contrari a buona fede in pendenza di condizione (cfr. ricorso, pag. 2).
Le doglienze del ricorrente devono essere condivise sotto il profilo del vizio di motivazione.
Nella specie, il rigetto della domanda di pagamento dei compensi è dipeso esclusivamente dal mancato avveramento della condizione di esigibilità del 50% del compenso da parte del ricorrente.
Anche a voler ritenere implicita in tale statuizione l’esclusione di profili di responsabilità in capo all’AVV_NOTAIO per il mancato incasso dei corrispettivi, e perciò insussistente la violazione dell’art. 112 c.p.c., appare tuttavia omessa la considerazione delle molteplici violazioni contrattuali contestate ed appare inesplicata la supposta irrilevanza dei suddetti inadempimenti (totale mancanza di pagamenti dei corrispettivi, ad eccezione di € 520,00, violazione degli obblighi informativi riguardo all’andamento delle attività di recupero dei crediti professionali, mancata assistenza alla presentazione della domanda di ammissione al gratuito patrocinio, immotivata rinuncia alle attività di recupero forzoso di taluni crediti), certamente rilevanti ai fini della risoluzione dell’accordo e della remunerazione delle attività svolte secondo tariffa, quale possibile misura restitutoria ai sensi dell’art. 1458 c.c.
Appaiono, in definitiva, trascurati fatti potenzialmente decisivi e le motivazioni della sentenza non consentono di individuare le ragioni della mancata considerazione della condotta della resistente nell’esecuzione del rapporto, anche alla luce del principio per cui sussiste l’obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede anche durante la pendenza della condizione mista (Cass. s.u. 18450/2005; Cass. 5492/2010; Cass. 24325/2011; Cass. 29641/2020; Cass. 25085/2022).
Il quarto motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo risultante dagli atti, per aver la sentenza trascurato che la resistente, con dichiarazione confessoria, aveva negato di aver concordato con l’AVV_NOTAIO la suddivisione del compenso al 50%, e quindi che il pagamento fosse subordinato all’effettivo versamento dei corrispettivi da parte dei clienti.
La sentenza avrebbe poi trascurato il contenuto delle prove orali e documentali che smentivano l’esistenza dell’accordo.
Il motivo è infondato.
L’esistenza della clausola condizionale è stata desunta dalle stesse dichiarazioni del ricorrente, cui la Corte di merito ha riconosciuto carattere confessorio (cfr. sentenza pag. 5) e, quindi, valore di prova legale prevalente sulle acquisizioni probatorie di segno contrario.
Quanto alle dichiarazioni della resistente, la negazione del perfezionamento di un accordo di condivisione degli incassi non costituiva ammissione di fatti sfavorevoli alla resistente, avente valore di confessione contraria o prevalente su quella che la sentenza ha invece ravvisato nella documentazione proveniente dalla controparte (questione su cui non vi è censura).
Nota essenziale del fatto che forma oggetto di confessione e di essere, obbiettivamente, sfavorevole al confitente e, nel contempo,
favorevole all’altra parte, il che si verifica quando il fatto medesimo si trovi, rispetto ai contrastanti interessi delle parti, in rapporto tale che dalla sua ammissione, escludente qualsiasi contestazione sul punto, derivi concreto pregiudizio all’interesse del dichiarante, con corrispondente vantaggio di quello del destinatario (Cass. 1428/1980).
In conclusione, è accolto il terzo motivo di ricorso, con rigetto di ogni altra censura.
La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso, respinge gli altri, cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda