Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16270 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16270 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
Oggetto: danno da tardiva attuazione di direttiva comunitaria – specializzazione in medicina
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 19305/22 proposto da:
-) COGNOMENOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME , COGNOME NOME , domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
nonché da
-) NOMECOGNOME domiciliata ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
-) Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, Ministero dell’Università, Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona rispettivamente del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei ministri pro tempore , domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato ;
– controricorrenti – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma 3 febbraio 2022 n. 746; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1° aprile 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Tutti gli odierni ricorrenti sono laureati in medicina che si iscrissero ad una scuola di specializzazione e conseguirono il relativo diploma prima del 2006. Nel 2013, insieme ad altri 381 attori, convennero dinanzi al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’economia, esponendo che:
-) durante la frequenza del corso di specializzazione erano stati remunerati con una borsa di studio dell’importo di lire 21.500.000, ai sensi dell’art. 6 d. lgs. 8.8.1991 n. 257;
-) tale importo non rappresentava quella ‘adeguata remunerazione’ che gli Stati membri dell’Unione Europea avrebbero dovuto garantire, ai sensi della Direttiva 93/16/CEE.
Chiesero pertanto la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento del danno sofferto in conseguenza della tardiva attuazione della normativa comunitaria, quantificata in euro 20.000 per ciascun anno di frequenza della scuola di specializzazione per ciascuno degli attori.
La domanda fu rigettata sia in primo grado (Trib. Roma 10.6.2016 n. 11802) che in appello (App. Roma 3.2.2022 n. 746, la quale accolse il gravame limitatamente alla quantificazione delle spese di lite). La Corte d’appello ritenne che :
-) la domanda di risarcimento del danno era infondata, perché gli attori avevano percepito una remunerazione da ritenersi ‘adeguata’, e la scelta del legislatore di incrementare tale remunerazione solo a partire dall’anno accademico 2006-2007 era un atto sovrano libero nel fine e non sindacabile (p. 17);
-) la domanda di rivalutazione della borsa di studio era infondata, in virtù dei successivi decreti che avevano via via disposto e poi prorogato il blocco della rivalutazione dei compensi di qualsiasi genere dovuti dalla pubblica amministrazione (d.l. 19.9.1992 n. 384 e successivi: p. 19-20 della sentenza impugnata).
La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione con un primo ricorso da nove degli originari attori, con ricorso fondato su cinque motivi ( d’ora innanzi, ‘ il gruppo D’Addetta ‘) ; e poi con un secondo ricorso da NOME COGNOME con ricorso fondato su un motivo.
La Presidenza del consiglio e gli altri tre ministeri sopra indicati hanno resistito con due separati controricorsi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente rileva il Collegio che la sentenza n. 746/22 della Corte d’appello di Roma è già stata impugnata per cassazione da 223 degli originari attori, il cui ricorso è stato rigettato con ordinanza 27.3.2025 n. 8105.
Tale circostanza, per quanto non coerente con le previsioni dell’art. 335 c.p.c., per le ragioni di seguito esposte non riverbera effetti sull’esito del presente giudizio.
2. Il primo motivo ricorso del gruppo ‘COGNOME+8′.
Col primo motivo i ricorrenti lamentano la ‘violazione dell’art. 132 c.p.c.’.
Deducono che tale norma sarebbe stata violata perché a p. 23 della sentenza impugnata si riferisce che oggetto del giudizio fu l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 8721/15, invece che – come sarebbe stato corretto scrivere – la sentenza n. 11808/16.
2.1. Il motivo supera ogni limite di temerarietà.
I ricorrenti pretendono di bollare come causa di ‘ nullità della sentenza ‘ quel che fu un mero refuso, inidoneo ad ingenerare il benché minimo dubbio su quale fosse il provvedimento impugnato, quali le parti in causa, quali i motivi di gravame. Stupisce, pertanto, la disinvoltura con cui la difesa dei ricorrenti non si fa scrupolo di definire ‘ elemento di fatto più che rilevante ‘ un banale lapsus calami .
3. Il secondo motivo del ricorso proposto dal ‘gruppo COGNOME‘.
Col secondo motivo i ricorrenti prospettano la violazione degli artt. 13 e 16 della Direttiva 82/16 , ‘ dell’art. 3 cost. e 14 CEDU ‘, nonché ‘ degli artt. 37, 38
e 39 del d. lgs. 368/99 e artt. 37, 38 e 39 del d. lgs. 368/99 ‘ (così testualmente; se questa Corte avesse voluto applicare lo stesso metro col quale i ricorrenti hanno preteso di sostenere la nullità della sentenza d’appello, a causa dell’erronea indicazione della sentenza impugnata, questo motivo si sarebbe dovuto dichiarare inammissibile ).
Nell’illustrazione del motivo si sostiene che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che la Direttiva 82/76 non imponesse agli Stati membri una misura minima della retribuzione da ritenere ‘adeguata’ .
La tesi giuridica sostenuta dai ricorrenti è la seguente: che siccome nel 2006 agli iscritti alle scuole di specializzazione fu accordata una remunerazione d’una certa misura, tutti coloro che frequentarono le scuole di specializzazione negli anni precedenti hanno diritto a percepire ex post la stessa remunerazione.
3.1. Il motivo è inammissibile ex art. 360bis , n. 1, c.p.c., alla luce del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui ‘ la disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi, prevista dall’art. 39 del d.lgs. n. 368 del 1999, si applica, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle relative scuole di specializzazione solo a decorrere dall’anno accademico 2006-2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, che restano soggetti alla disciplina di cui al d.lgs. n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, giacché la Direttiva 93/16/CEE non introduce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio di cui al d.lgs. cit. ‘ (così, con ampia motivazione, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13445 del 29/05/2018, Rv. 648963 -01; nello stesso senso, ex permultis , Sez. 3, Ordinanza n. 35376 del 18.12.2023; Sez. 3, Ordinanza n. 1157 del 17.1.2022; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6355 del 14/03/2018, Rv. 648407 -01).
4. Il terzo motivo del ricorso proposto dal ‘gruppo COGNOME‘.
Col terzo motivo i ricorrenti lamentano il rigetto della domanda di condanna al pagamento delle misure di adeguamento e rivalutazione monetaria della borsa di studio da essi percepita.
4.1. Il motivo – anche a prescindere dalla sua confusiva esposizione, irrispettosa dell’art. 366 n . 4 c.p.c. – è infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte, cui fu devoluta la questione di diritto oggi all’esame del Collegio, con sentenza n. 20006 del 19/07/2024, hanno stabilito (dando seguito alla giurisprudenza pressoché totalitaria di questa Corte) che l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1992/1993 e il 2005/2006 non è soggetto all’adeguamento triennale, in virtù del blocco di tale aggiornamento previsto, con effetti convergenti e senza soluzione di continuità, dall’art. 7, comma 5, d.l. n. 384 del 1992, conv. dalla l. n. 438 del 1992, come interpretato dall’art. 1, comma 33, della l. n. 549 del 1995; dall’art. 3, comma 36, della l. n. 537 del 1993; dall’art. 1, comma 66, della l. n. 662 del 1996; dall’art. 32, comma 12, della l. n. 449 del 1997; dall’art. 22 della l. n. 488 del 1999; dall’art. 36 della l. n. 289 del 2002.
Alla suddetta decisione ha dato seguito Sez. 3, Ordinanza n. 29499 del 15/11/2024, ed alle rispettive motivazioni si può qui rinviare ex art. 118, comma primo, ultimo periodo, disp. att. c.p.c..
5. Il quarto motivo del ricorso proposto dal ‘gruppo COGNOME‘.
Il quarto motivo denuncia la ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 cost. ‘.
L’illustrazione del motivo esordisce sostenendo che l’attività svolta dagli specializzandi deve essere qualificata come ‘lavoro subordinato’, e prosegue affermando che la borsa di studio da essi percepita durante la frequentazione della scuola di specializzazione non costituì una ‘ retribuzione proporzionata ‘ ai sensi dell’articolo 36 della Costituzione.
5.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 -bis , n. 1, c.p.c., alla luce del principio – costantemente ribadito da questa Corte da oltre diciassette anni in qua – secondo cui l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione universitarie non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato né del lavoro parasubordinato, sicché, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica di scambio tra la suddetta attività e la remunerazione prevista dalla legge, è inappl icabile l’art. 36 Cost. ed il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto (Sez. 1, Ordinanza n. 28552 del 13.10.2023, pronunciata su identica fattispecie, identico motivo ed identico difensore rispetto all’odierno ricorso ; Sez. lav. 19.11.2008, n. 27481; Sez. lav. 22.9.2009, n. 20403; Sez. lav. (ord.) 27.7.2017, n. 18670; Sez. lav. (ord.) 1.4.2021, n. 9103).
6. Il quinto motivo del ricorso proposto dal ‘gruppo COGNOME‘.
Col quinto motivo è denunciata la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c..
Il motivo censura la scelta della Corte d’appello di compensare le spese per un terzo, invece che compensarle del tutto.
6.1. Il motivo è inammissibile. La scelta del giudice di merito di compensare o non compensare le spese, così come la misura della disposta compensazione, sono riservate al giudice di merito e non sono sindacabili in questa sede.
7. Il ricorso proposto da NOME COGNOME .
Con l’unico motivo è censurata la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto che il diritto comunitario ‘ non ha stabilito una misura minima della remunerazione ad essi spettante, lasciando al legislatore nazionale piena discrezionalità ‘ .
7.1. Il motivo è inammissibile per le ragioni già esposte al precedente § 4.1.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
8.1. Le spese dovute dai ricorrenti del ‘gruppo COGNOME vanno determinate previo aumento nella misura stabilita dall’art. 4, comma 2, ultimo periodo, d.m. 55/14, e quindi come segue:
-) determinando il valore della causa in base al petitum (art. 4 d.m. 55/14), e dunque in base alla domanda di importo più elevato; tale importo, avendo gli attori chiesto un risarcimento di euro 20.000 per ciascun anno di corso più interessi e rivalutazione’ dal 1991 è di euro 80.000 maggiorati di interessi e rivalutazione, e dunque euro 310.859 (Cass. Sez. 3, 17/04/2024, n. 10367);
-) assumendo quindi a base di calcolo lo scaglione di valore compreso tra 260.000 e 520.000 euro;
-) applicando la tabella vigente ratione temporis rispetto all’ultimo atto compiuto dall’Avvocatura Generale (e cioè dopo le modifiche di cui al d.m. 147/22, entrato in vigore il 28.8.2022; il controricorso dell’Avvocatura è stato notificato il 12.9.2022);
-) individuando quale parametro il valore – prossimo al minimo – di euro 5.200, in considerazione della natura ormai ‘ settled’ delle questioni poste dai ricorrenti;
-) tenendo conto che non vi è stato deposito di memoria da parte della Presidenza del Consiglio;
-) aumentando il suddetto valore del 30% per ciascuno dei soccombenti successivo al primo fino al nono (e quindi del 240%).
Il totale ascende dunque ad euro 5.200 + 240%, ovvero euro 17.680.
P.q.m.
(-) rigetta il ricorso proposto da NOME COGNOME
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 2.200 più spese prenotate a debito;
(-) dichiara inammissibile il ricorso proposto dai restanti ricorrenti;
(-) condanna COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, in solido, alla rifusione in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 17.680, oltre spese prenotate a debito;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della