Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5281 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 5281  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 16411-2022 proposto da:
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in  INDIRIZZO,  presso  INDIRIZZO GARDIN,  rappresentata  e  difesa  dall’avvocato  COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato  in  ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO  COGNOME,  rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5665/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 11/01/2022 R.G.N. 1131/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
R.G.N. 16411/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 18/01/2024
CC
Rilevato che :
1. La Corte d’appello di Napoli ha accolto l’appello di NOME COGNOME, agente della Banca Monte dei Paschi di Siena spa e, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda della società volta ad ottenere, in base alla clausola n. 3 del contratto sottoscritto tra le parti, la restituzione del ‘bonus portafoglio’ da parte dell’agente receduto (sebbene per  giusta  causa)  prima  della  maturazione  del  termine  di trentasei mesi dall’inizio del rapporto di agNOME.
2. La Corte territoriale ha premesso che la statuizione del tribunale, secondo cui il recesso dell’agente era assistito da giusta causa, non era stata impugnata dalla società, con conseguente giudicato sul punto; ha interpretato il contratto (secondo cui ‘ ove non venga rispettata la clausola della vigenza contrattuale entro la scadenza del 36° mese dalla data di perfezionamento del contratto di agNOME e verificandosi quindi la cessazione del contratto per sua iniziativa -per qualsiasi ragione o causa -nonché l’interruzione del contratto a seguito del recesso manifestato dalla Banca ai sensi dell’art. 9, comma 6, del contratto di agNOME, lei sarà tenuto a restituire tutte le somme percepite a titolo di Premio di Portafoglio… Il suddetto premio costituisce il corrispettivo riconosciuto al promotore in dipendenza del patto di fedeltà triennale… In ogni caso, si conviene espressamente che la maturazione del premio in parola deve intendersi sospensivamente condizionata alla durata triennale del contratto NOME NOME…COGNOME) rilevando come il bonus fosse corrisposto fin dal primo anno ma solo in via provvisoria, poiché il relativo diritto era sospensivamente condizionato alla durata minima di 36 mesi del rapporto; ha ritenuto che la corretta interpretazione del testo contrattuale, atta ad evitare la nullità della clausola in
questione, fosse nel senso di intendere l’espressione ‘cessazione del contratto per sua iniziativa – per qualsiasi ragione o causa’ come riferita a un ‘recesso comunque libero, motivato da ragioni personali dell’agente, di personale valutazione economico s ociale secondo parametri di ragionamento che fanno capo all’agente medesimo e alle sue scelte, non a un comportamento illecito di controparte che induce o costringe al recesso (poiché) in tal caso l’atto negoziale di recesso non sarebbe espressione di una ‘iniziativa’ della parte motivata da qualsivoglia ragione ma della prevaricazione di controparte’ (sentenza d’appello, pag. 4, penultimo cpv.).
Avverso la sentenza la Banca Monte dei Paschi di Siena spa ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
 Il  Collegio  si  è  riservato  di  depositare  l’ordinanza  nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che :
Con l’unico motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e ss. c.c. La società censura l’interpretazione data dalla Corte di merito perché contraria al senso letterale delle parole, nella specie chiaro ed inequivoco, e alla ratio della previsione contrattuale, nonché tale da introdurre una eccezione rispetto alla disciplina come concordata tra le parti. Osserva che il recesso dell’agente prima del decorso dei 36 mesi costituiva ragione ostativa alla maturazione del premio e che il mero decorso del tempo, quindi la permanenza del rapporto di agNOME oltre i 36 mesi, rappresentava l’unico discrimine ai fini della maturazione o meno del premio stesso; che inequivoca è l’espressione ‘per qualsiasi ragione o causa’ adoperata in riferimento al recesso
dell’agente e dirimente la locuzione ‘in ogni caso’, che rende evidente come le parti intesero condizionare la maturazione del premio esclusivamente all’avvenuto decorso del triennio dalla sottoscrizione del contratto.
Il motivo non è fondato.
Costituisce orientamento consolidato quello secondo cui l’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o di vizio motivazionale rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4 c.p.c. Per far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione (mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti), ma altresì precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato; con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione alternativa (Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536). D’altra parte, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni (tra le altre: Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178). Ne consegue che non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi già dallo stesso esaminati; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che
aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass. 7500/2007; Cass. n. 24539/2009). 8. La sentenza d’appello ha adottato una interpretazione della clausola contrattuale compatibile col significato letterale della stessa e, in particolare, con l’espressione ivi adoperata di ‘cessazione del contratto per sua iniziativa’, intendendo quest’ul timo termine come tale da presupporre una decisione o un atto libero e volontario e non coartato, sia pure indirettamente, dalla condotta illegittima di parte datoriale.
9. La predilezione di tale lettura (tra le varie plausibili) della clausola in parola è stata motivata dai giudici di appello anche in base al canone di conservazione degli effetti del contratto, di cui all’art. 1367 c.c. Essi hanno osservato che l’interpr etazione proposta dalla preponente porterebbe a qualificare la clausola ‘al di là della stessa condizione meramente potestativa’, di cui all’art. 1355 c.c., in quanto se si attribuisse ad ‘una condotta contrattualmente antiprecettiva…paradossalmente la for za di realizzare la condizione, l’illecito assurgerebbe a concretizzazione della mera potestà, il che evidentemente è un risultato che l’ordinamento non potrebbe tollerare’ (sentenza d’appello, pag. 4, terzo cpv.). Da tali premesse i giudici di appello han no fatto discendere la necessità di individuare ‘la corretta interpretazione del testo contrattuale che evita il percorso impervio della nullità della clausola e porta ad evitare un risultato così aberrante’ (pag. 4, quinto cpv.).
10. In tale percorso la Corte di merito si è posta in sintonia con i  principi  di  diritto  enunciati  da  questa  SRAGIONE_SOCIALE  quanto  al criterio  di  conservazione  del  contratto.  Si  è  al  riguardo chiarito  che  ‘in  tema  di  interpretazione  del  contratto,  il criterio  ermeneutico  contenuto  nell’art.  1367  cod.  civ.  –
secondo il quale, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno – va inteso non già nel senso che è sufficiente il conseguimento di qualsiasi effetto utile per una clausola, per legittimarne una qualsivoglia interpretazione pur contraria alle locuzioni impiegate dai contraenti, ma che, nei casi dubbi, tra possibili interpretazioni, deve tenersi conto degli inconvenienti cui può portare una (o più) di esse e perciò evitando di adottare una soluzione che la renda improduttiva di effetti. Ne consegue che detto criterio – sussidiario rispetto al principale criterio di cui all’art. 1362, primo comma, cod. civ. – condivide il limite comune agli altri criteri sussidiari, secondo cui la conservazione del contratto, cui esso è rivolto, non può essere autorizzata attraverso una interpretazione sostitutiva della volontà delle parti, dovendo in tal caso il giudice evitarla e dichiarare, ove ne ricorrano gli estremi, la nullità del contratto’ (Cass. 28357 del 2011; n. 19994 del 2004). Entro tali limiti si è mossa la sentenza impugnata avendo fatto leva su uno dei possibili significati del termine ‘iniziativa’, sì da renderlo coerente allo scopo di conservazione degli effetti del contratto medesimo.
11. In tale contesto, le critiche avanzate da parte ricorrente, lungi dal rilevare errori giuridici nell’attività ermeneutica dei giudici di appello, finiscono per prospettare una lettura alternativa del testo contrattuale, che in nessun modo si confronta con il rischio di nullità della clausola in questione, ove intensa nel senso voluto dalla preponente, e con l’esigenza di conservazione degli effetti della previsione contrattuale nei limiti segnati dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata. Esse non meritano pertanto accoglimento.
Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
 La  regolazione  delle  spese  del  giudizio  di  legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
14. Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La  Corte  rigetta  il  ricorso.  Condanna  la  ricorrente  alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 6.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi,  oltre  spese  forfettarie  nella  misura  del  15%  e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato  pari  a  quello  previsto  per  il  ricorso  a  norma  del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 18 gennaio 2024