Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2110 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 2110 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17435/2021 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona dei procuratori speciali AVV_NOTAIO NOME COGNOME e AVV_NOTAIO NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALEAVV_NOTAIO ( ), che la rappresenta e difende, in virtù di procura in calce al ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ; elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME ( ), RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, che la rappresenta e difende, unitamente all’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ( ), in virtù di procura a margine del controricorso;
-controricorrente-
per la cassazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza n. 561/2020 del TRIBUNALE di TRIESTE emessa in grado di appello, depositata il 18 dicembre 2020; udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella pubblica udienza del 13 settembre 2023 dal AVV_NOTAIO;
udito l’AVV_NOTAIO;
udito l’AVV_NOTAIO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso, ribadendo le conclusioni già formulate in forma scritta.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Trieste, RAGIONE_SOCIALE, deducendo che:
aveva stipulato con la convenuta un contratto di conto corrente bancario cui accedeva il servizio di collegamento telematico Banco Posta Impresa Online (BPIOL);
tra i servizi cui RAGIONE_SOCIALE si era contrattualmente obbligata figurava quello di dare esecuzione ai cc.dd. ‘bonifici domiciliati’ in favore di soggetti sprovvisti di conto corrente bancario o dei quali fossero ignote le relative coordinate; bonifici che essa RAGIONE_SOCIALE, grazie al predetto servizio BPIOL, poteva disporre direttamente in via telematica, inserendo nel sistema i dati del beneficiario e comunicando a quest’ultimo le indicazioni e il codice di riferimento per il ritiro RAGIONE_SOCIALE‘importo presso un ufficio postale;
utilizzando questo servizio, essa aveva disposto, tra gli altri, un bonifico domiciliato RAGIONE_SOCIALE‘importo di Euro 3.700,00 in favore di un suo creditore, tale NOME COGNOME, comunicandogli la password per l’incasso e le altre istruzioni necessarie per il ritiro RAGIONE_SOCIALEa somma, nonché l’invito a presentarsi, a tal fine, presso un qualsiasi sportello postale;
RAGIONE_SOCIALE aveva però eseguito il pagamento a persona diversa dal beneficiario, la quale aveva falsamente dichiarato di essere il creditore dopo essersi presentata all’incasso munita di documento di identità presumibilmente falso;
essa aveva quindi dovuto procedere ad un nuovo pagamento, per soddisfare il reale creditore.
Sulla base di queste deduzioni -ed assumendo altresì che, in ragione RAGIONE_SOCIALE‘indebito pagamento a persona diversa dal beneficiario, RAGIONE_SOCIALE dovesse ritenersi inadempiente rispetto all’obbligazione contrattualmente assunta domandò la condanna RAGIONE_SOCIALEa convenuta al risarcimento del danno subìto in ragione RAGIONE_SOCIALEa duplicazione del pagamento.
Il Giudice di pace di Trieste accolse la domanda e condannò RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa somma da questa richiesta, oltre interessi e rivalutazione, sul presupposto che, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 43, secondo comma, del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736 (legge sugli assegni) la convenuta fosse responsabile, nei confronti RAGIONE_SOCIALEa disponente, del pagamento effettuato a persona non legittimata, a prescindere dalla sussistenza RAGIONE_SOCIALEa colpa nell’identificazione del beneficiario.
La decisione è stata integralmente riformata, in appello, dal Tribunale di Trieste, il quale, in accoglimento RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE, ha rigettato la domanda di RAGIONE_SOCIALE, sulla base dei seguenti rilievi:
il bonifico domiciliato, quale sistema di pagamento che consente ai correntisti di RAGIONE_SOCIALE, sulla base di specifica convenzione, di effettuare pagamenti in contanti su tutto il territorio nazionale, anche a favore di chi non ha, invece, un conto postale o bancario, avrebbe natura di delegatio solvendi , che si inserisce nel rapporto di mandato sotteso a quello di conto corrente, per effetto RAGIONE_SOCIALEa quale l’istituto depositario riceve l’incarico dall’ordinante di accreditare al beneficiario la somma oggetto RAGIONE_SOCIALEa provvista;
-quale delegazione titolata, ma non ‘cartolarizzata’, il bonifico domiciliato concreterebbe dunque un istituto ontologicamente diverso rispetto all’assegno, sia pure munito RAGIONE_SOCIALEa clausola di non trasferibilità, il quale è invece un titolo di credito, sicché non sarebbe applicabile a tale diverso istituto la regola di cui all’art. 43, secondo
comma, del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, dettata per l’assegno bancario non trasferibile ed estesa all’assegno circolare per effetto del richiamo contenuto nell’art. 86 RAGIONE_SOCIALEo stesso regio decreto;
-esclusa l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE‘art. 43, secondo comma, RAGIONE_SOCIALEa legge sugli assegni, doveva però riconoscersi che l’assetto contrattuale vigente tra le parti comportava, nella fattispecie, una deroga alla regola generale RAGIONE_SOCIALE‘art. 1189 cod. civ., non potendo la mandataria reputarsi liberata in ragione RAGIONE_SOCIALE‘apparente legittimazione a ricevere RAGIONE_SOCIALE‘ accipiens , ma dovendo essa ritenersi onerata, secondo i principi generali che presiedono all’esperimento RAGIONE_SOCIALEe azioni contrattuali, RAGIONE_SOCIALEa dimostrazione RAGIONE_SOCIALE‘esatto ad empimento o RAGIONE_SOCIALEa non imputabilità RAGIONE_SOCIALE‘inadempimento, provando o di aver pagato al reale creditore o di avere adoperato la dovuta diligenza nella identificazione RAGIONE_SOCIALEa persona presentatasi all’incasso;
nel caso concreto, la prova RAGIONE_SOCIALEa prima circostanza era mancata ma era stata fornita la dimostrazione RAGIONE_SOCIALEa seconda, poiché RAGIONE_SOCIALE aveva proceduto con diligenza all’identificazione RAGIONE_SOCIALE‘ accipiens nel rispetto RAGIONE_SOCIALEe condizioni generali di contratto, che imponevano, da un lato, di riscontrare la concordanza dei dati anagrafici contenuti nella disposizione telematica effettuata dall’ordinante con quelli riportati sui documenti di riconoscimento presentati dal beneficiario per la riscossione; e, dall’al tro lato, di ricevere, da parte del beneficiario, la comunicazione del proprio codice fiscale e RAGIONE_SOCIALEa parola chiave fornitagli dall’ordinante, per controllarne la coincidenza con quelli presenti nel flusso del mandato elettronico;
in particolare, la carta di identità in corso di validità e il codice fiscale esibiti dalla persona presentatasi all’incasso erano stati verificati e annotati nella quietanza;
la quietanza, dunque, riportava, oltre al codice fiscale del richiedente (corrispondente a quello RAGIONE_SOCIALE‘effettivo beneficiario), anche gli estremi di un documento di identità, verificato unitamente al codice fiscale e alla password per l’incasso, comunicata dalla società che aveva ordinato il bonifico; circostanze che consentivano
di ritenere assolto l’onere di avere adoperato la dovuta diligenza nell’identificazione del destinatario del pagamento;
in proposito, doveva altresì negarsi portata precettiva alla raccomandazione contenuta nella circolare ABI del 7 maggio 2001, relativa all’opportunità per la banca negoziatrice RAGIONE_SOCIALE‘assegno di traenza di richiedere due documenti d’identità muniti di foto grafia al presentatore del titolo, e doveva conclusivamente ritenersi che l’aver pagato al beneficiario (ancorché presunto) di un bonifico domiciliato, individuato come tale nella persona che aveva mostrato un documento di identità con le generalità del beneficiario stesso e che, inoltre, era in possesso del codice fiscale e RAGIONE_SOCIALEa password per l’incasso, costituisse una condotta adeguata con riferimento all’obbligazione contrattualmente assunta;
-d’altra parte, il flusso telematico conteneva l’indicazione del nominativo, RAGIONE_SOCIALE‘indirizzo e del codice fiscale del beneficiario, ma RAGIONE_SOCIALE aveva omesso di indicare elementi ulteriori, come la data di nascita o il documento di identificazione, che avrebbero potuto consentire all’operatore postale di riscontrare l’eventuale diversa identità del soggetto richiedente il pagamento.
Ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, sulla base di due motivi . Ha risposto con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
Fissata l’adunanza camerale, in prossimità RAGIONE_SOCIALEa quale RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria illustrativa, con ordinanza interlocutoria, la Sezione sesta, con ordinanza interlocutoria n. 27413/2022 del 20 settembre 2022, ha rinviato la causa alla pubblica udienza, stante i profili di novità RAGIONE_SOCIALEe questioni trattate.
La trattazione del ricorso è stata poi fissata in pubblica udienza.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, anticipando le medesime richieste formulate in udienza, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
La società ricorrente ha depositato ulteriore memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo viene denunciata « violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 43, secondo comma, del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (Legge Assegni) e RAGIONE_SOCIALE‘art. 12 Disp. sulla legge in generale, a’ sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, primo comma, n. 1, cod. proc. civ. ».
La sentenza d’appello è censurata nella parte in cui esclude l’applicazione analogica, alla fattispecie in esame, RAGIONE_SOCIALE‘art. 43, secondo comma, del R.D. n. 1736 del 1933 (legge assegni).
La società ricorrente sostiene che il servizio di bonifico domiciliato presenti evidenti tratti di somiglianza con la struttura RAGIONE_SOCIALE‘assegno bancario non trasferibile, poiché, da un lato, anche il primo risponderebbe alla funzione di individuare un unico beneficiario RAGIONE_SOCIALEa disposizione, non sostituibile, il cui diritto al pagamento deriva dall’ordine effettuato dal correntista all’Istituto; mentre dall’altro lato, il secondo, munito RAGIONE_SOCIALEa clausola di non trasferibilità, avrebbe ormai perduto il proprium legato alla sua natura di titolo di credito, in ragione del regime di « circolazione attenuata » progressivamente assunto a seguito dei reiterati interventi legislativi in materia di tracciabilità e controllo dei redditi e dei flussi finanziari.
Pertanto, la lacuna di disciplina ravvisabile in ordine alla fattispecie del bonifico domiciliato dovrebbe essere colmata attraverso l’estensione analogica di quella dettata per l’assegno bancario non trasferibile, con la conseguenza che, in caso di erroneo pagamento a persona diversa dal beneficiario, l’istituto negoziatore dovrebbe risponderne verso l’ordinante ai sensi del citato art. 43, secondo comma, del R.D. n. 1736 del 1933.
Tra l’altro, aggiunge la società ricorrente, avuto riguardo al prevalso orientamento giurisprudenziale (viene citata la sentenza n. 12477 del 2018 RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite di questa Corte), la responsabilità RAGIONE_SOCIALEa banca negoziatrice RAGIONE_SOCIALE‘assegno verso il traent e, ex art. 43 cit. , ad onta del testo RAGIONE_SOCIALEa disposizione, non andrebbe qualificata come responsabilità oggettiva ma come responsabilità per colpa, sicché la questione RAGIONE_SOCIALEa sua applicabilità o meno alla fattispecie del bonifico
domiciliato assumerebbe una portata meramente teorica, trovando comunque applicazione le regole generali in materia di inadempimento RAGIONE_SOCIALEe obbligazioni.
1.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
1.1.a L’inammissibilità del motivo emerge anzitutto alla luce RAGIONE_SOCIALE‘ultimo rilievo formulato dalla stessa società ricorrente, atteso che la doglianza concerne l’asserita violazione di una norma di legge la cui applicazione, alla stregua RAGIONE_SOCIALEe stesse deduzioni RAGIONE_SOCIALEa denunciante, sarebbe irrilevante.
1.1.b. L’inammissibilità del motivo emerge anche in considerazione RAGIONE_SOCIALEa reale ratio decidendi RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, con la quale esso non sembra adeguatamente confrontarsi (v., già, in tal senso, con riguardo ad una fattispecie sovrapponibile alla presente, Cass. 13/09/2022, n. 26866).
Il giudice di appello, infatti, pur affermando che alla fattispecie in esame non può estendersi la disciplina contenuta nell’art. 43, secondo comma, R.D. n. n. 1736 del 1933, ha ritenuto soggetta la fattispecie medesima al regime RAGIONE_SOCIALEa responsabilità contrattuale, correttamente sancendo, sul piano RAGIONE_SOCIALEa ripartizione RAGIONE_SOCIALE‘onere probatorio, che gravava su RAGIONE_SOCIALE l’onere di dimostrare, alternativamente, o di avere esattamente adempiuto (pagando al reale beneficiario) o (nell’ipotesi in cui avess e pagato a persona diversa) di avere comunque eseguito la prestazione con la dovuta diligenza (che è quella nascente, ai sensi del secondo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 1176 cod. civ., dalla sua qualità di operatore professionale, tenuto a rispondere del danno anche in ipotesi di colpa lieve), con conseguente non imputabilità RAGIONE_SOCIALE‘inadempimento.
Tale regime di responsabilità (con la connessa regola di riparto RAGIONE_SOCIALE‘onere probatorio), a seguito RAGIONE_SOCIALE‘interpretazione evolutiva RAGIONE_SOCIALE‘art. 43, secondo comma, RAGIONE_SOCIALEa legge sugli assegni, offerta dalla giurisprudenza di legittimità, non si differenzia dal regime che connota la responsabilità RAGIONE_SOCIALEa banca negoziatrice verso il traente
per l’ipotesi di pagamento RAGIONE_SOCIALE‘assegno bancario non trasferibile a persona diversa dal prenditore.
Infatti, questa Corte, nel suo massimo consesso (con la sentenza n. 12477 del 2018 RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite di questa Corte, richiamata anche dalla ricorrente) ha affermato -e il principio è stato successivamente più volte ribadito a sezione semplice (Cass. 11/05/2023, n. 12861; Cass. 12/02/2021, n. 3649) -che la responsabilità RAGIONE_SOCIALEa banca negoziatrice ha carattere contrattuale da contatto sociale e, pertanto, non ha natura di responsabilità oggettiva, la quale è ravvisabile solo laddove difetti un rapporto in senso lato ‘contrattuale’ tra danneggiante e danneggiato, ed il primo sia chiamato a rispondere del fatto dannoso nei confronti del secondo, non per essere con questi entrato in contatto, ma in ragione RAGIONE_SOCIALEa particolare posizione rivestita o RAGIONE_SOCIALEa relazione che lo lega alla res causativa del danno.
Da tale principio è stata tratta l’implicazione che la norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 43, secondo comma, R.D. n.1736 del 1933 non comporta alcuna deroga ai principi generali in tema di identificazione del presentatore del titolo, talché la responsabilità RAGIONE_SOCIALEa banca non si configura ‘in ogni caso’, anche a prescindere dall’elemento RAGIONE_SOCIALEa colpa nell’errore sulla identificazione del prenditore, essendo la debitrice ammessa, nell’ipotesi di tale errore, alla prova liberatoria di avere comunque usato la dovuta diligenza nel procedere all’identificazione medesima.
Anche alla luce RAGIONE_SOCIALEa ratio decidendi RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, pertanto, l’applicazione o meno del citato art. 43, secondo comma, RAGIONE_SOCIALEa legge sugli assegni, non avrebbe mutato, nella sostanza, il regime di responsabilità concretamente applicabile nella fattispecie, desumibile, pur sempre, dalle regole generali contenute negli artt. 1176, secondo comma, e 1218 cod. civ..
1.1.c. In ogni caso, ove pure fosse stato possibile delibarlo nel merito, il primo motivo di ricorso sarebbe stato infondato.
Correttamente il giudice di appello ha inquadrato il bonifico domiciliato nello schema RAGIONE_SOCIALEa delegazione di pagamento, la quale, con riguardo al regime di responsabilità del delegato nei confronti del delegante per l’erronea individuazione del delegatario, è soggetta alla disciplina del mandato, che, a sua volta, ripete quella generale di cui all’art. 1218 cod. civ.
La fattispecie del bonifico domiciliato, pertanto, risulta debitamente disciplinata dalla legge, non ponendosi alcuna necessità di ricorrere, attraverso il procedimento analogico, a « disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe » (arg. ex art.12 preleggi) e quindi, nella specie, alla regola che disciplina la responsabilità RAGIONE_SOCIALEa banca negoziatrice verso il traente di un assegno non trasferibile, a prescindere dalla asserita ‘somiglianza’ tra i due istituti.
Con il secondo motivo viene denunciata « violazione o falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1362, 1366 e 1370 cod. civ.; 1218, 1175 e 1176, II comma, cod. civ.; 2697 cod. civ., 35, comma 2, D.P.R. n. 445 del 2000), a’ sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, I comma, n. 3, cod. proc. civ., in tema di individuazione del contenuto del contratto concluso tra le parti ed in tema di riparto RAGIONE_SOCIALEa prova liberatoria RAGIONE_SOCIALE‘inadempimento gravante sul debitore relativamente al grado di diligenza richiesto ed alla non imputabili tà RAGIONE_SOCIALE‘impossibilità RAGIONE_SOCIALEa prestazione. Tema RAGIONE_SOCIALEa falsità materiale ictu oculi riconoscibile del documento di identità » .
Il motivo, nel suo complesso, investe la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto che RAGIONE_SOCIALE, pur non fornendo la prova RAGIONE_SOCIALE‘esatto adempimento ( cioè, di aver pagato al reale creditore), avesse però fornito quella RAGIONE_SOCIALEa non imputabilità del proprio inadempimento, dimostrando di aver tenuto una condotta diligente nell’identificazione RAGIONE_SOCIALEa persona presentatasi come beneficiario.
Esso muove dall’assunto che la violazione RAGIONE_SOCIALEa regola di diligenza di cui all’art. 1176, secondo comma, cod. civ. sarebbe censurabile in Cassazione quando, come nella specie, « il caso
concreto sia idoneo a fungere da moRAGIONE_SOCIALEo generale di comportamento in una serie indeterminata di casi analoghi », sicché il giudice di legittimità può essere chiamato a sindacare il relativo giudizio reso dal giudice di merito per verificarne la coerenza o il contrasto con gli « standard valutativi esistenti nella realtà sociale ».
L’articolata doglianza si specifica in tre censure.
2.a. Sotto un primo profilo, la sentenza impugnata è censurata nella parte in cui ha affermato che il flusso telematico relativo alla disposizione posta in essere da RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE nel momento in cui aveva ordinato il bonifico domiciliato, recava le indicazioni del nominativo, RAGIONE_SOCIALE‘indirizzo e del codice fiscale del beneficiario, ma non anche ulteriori «inf ormazioni di carattere anagrafico», che l’ordinante aveva omesso di indicare.
La ricorrente deduce che, contrariamente a quanto rilevato dal giudice di appello, non sussisteva, per l’ordinante, la possibilità di allegare alla richiesta di bonifico domiciliato un maggior numero di informazioni, utili a identificare il destinatario del pagamento, non essendo ciò permesso dalla piattaforma informatica predisposta da RAGIONE_SOCIALE; osserva che lo standard di informazioni richieste al cliente, ai fini RAGIONE_SOCIALE‘esecuzione del bonifico domiciliato, era stabilito dall’attuale controricor rente, cosicché la richiesta telematica veniva attivata in conformità alle prescrizioni RAGIONE_SOCIALEa detta piattaforma e previo inserimento nel ‘ form ‘ dei dati richiesti dalla stessa banca e reputati sufficienti per prendere in carico il bonifico, il quale, quindi, doveva essere da essa correttamente eseguito, senza possibilità di imputare le conseguenze RAGIONE_SOCIALE‘inadempimento alla condotta RAGIONE_SOCIALE‘ordinante.
2.b. Sotto un secondo profilo, la sentenza di appello è censurata per avere giudicato diligente la (o, in altri termini, per avere escluso il carattere negligente RAGIONE_SOCIALEa) condotta di RAGIONE_SOCIALE diretta ad identificare il presunto beneficiario del bonifico attraverso la verifica -oltre che del codice fiscale e RAGIONE_SOCIALEa password posseduti –RAGIONE_SOCIALE‘ unico documento di identità da lui esibito allo sportello.
La società ricorrente sostiene, al contrario, che l’operazione di identificazione del preteso creditore avrebbe potuto considerarsi conforme al moRAGIONE_SOCIALEo sociale di diligenza qualificata di cui all’art. 1176, secondo comma, cod. civ., solo se fosse stata condotta attraverso l’esame di due documenti di riconoscimento.
2.b.I. In tal senso, ad avviso di RAGIONE_SOCIALE, deponeva anzitutto il regolamento contrattuale concluso tra le parti, il quale, all’art. 3, obbligava espressamente RAGIONE_SOCIALE, in qualità di delegata al pagamento, a riscontrare la concordanza dei dati anagrafici contenuti nella disposizione telematica con quelli riportati sui « documenti di riconoscimento », così imponendo testualmente la presentazione (e la conseguente verifica), non già di un solo documento, bensì di più documenti di identità corrispondenti ai tipi individuati nell’art.35, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000.
2.b.II. Nello stesso senso, al di là RAGIONE_SOCIALE‘espressa previsione contrattuale, deponevano, inoltre, sempre secondo la ricorrente, gli standard valutativi del moRAGIONE_SOCIALEo di diligenza qualificata esistenti nella realtà sociale, il mancato rispetto dei quali, nel giudizio di responsabilità (o, come nella specie, di irresponsabilità) formulato dal giudice del merito, sarebbe sempre denunciabile in sede di legittimità; infatti, la proliferazione RAGIONE_SOCIALEe ipotesi di accesso abusivo alle informazioni personali e di furto di dati anagrafici e di identità, conseguita alla diffusione del mezzo telematico di trasmissione RAGIONE_SOCIALEe predette informazioni, avrebbe reso socialmente esigibile dal soggetto chiamato all’esecuzione di un pagamento delegato e, dunque, conforme al moRAGIONE_SOCIALEo di comportamento del c.d. RAGIONE_SOCIALE -una condotta rigorosa diretta alla « ferrea » e « inequivocabile » identificazione del preteso beneficiario, in conformità alla raccomandazione contenuta nella circolare ABI del 7 maggio 2001, che suggerisce agli operatori bancari di identificare il prenditore di un assegno non trasferibile mediante due documenti d’identità muniti di fotografia.
2.c. Sotto un terzo profilo, la sentenza impugnata è censurata per avere ritenuto che RAGIONE_SOCIALE, abbia provato, in alternativa all’esatto adempimento , il carattere non imputabile del proprio inadempimento, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1218 cod. civ., dimostrando di avere tenuto una condotta conforme al moRAGIONE_SOCIALEo di diligenza qualificata (ex art. 1176, secondo comma, cod. civ.) nell’identificazione del beneficiario del pagamento.
La società ricorrente evidenzia che non è stata prodotta in giudizio una copia dei documenti che la banca esecutrice avrebbe asseritamente esaminato ai fini RAGIONE_SOCIALE‘identificazione del percettore, sicché RAGIONE_SOCIALEa concreta effettuazione di tale esame essa non avrebbe dato alcuna prova, pur essendovi onerata.
Omettendo di rilevare tale mancanza, il Tribunale avrebbe violato sia le regole sul riparto RAGIONE_SOCIALE‘onere RAGIONE_SOCIALEa prova, sia l’art. 1176 cod. civ.: atteso, sotto il primo aspetto, che la mancanza in atti di copia del documento di identità avrebbe implicato la non prefigurabilità in astratto RAGIONE_SOCIALEa dimostrazione RAGIONE_SOCIALE‘adempimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di identificazione, ed in particolare RAGIONE_SOCIALEa verifica RAGIONE_SOCIALEa coincidenza tra i dati anagrafici riportati nei documenti presentati allo sportello e le indicazioni inserite dal richiedente il bonifico nel «flusso informatico» digitato nella piattaforma poste; e considerato, sotto il secondo aspetto, che la mancata conservazione di copia del documento asseritamente esaminato si porrebbe comunque in contrasto con gli standard sociali valutativi del moRAGIONE_SOCIALEo di diligenza professionale.
2.1. Il secondo motivo di ricorso, avuto riguardo alle tre censure in cui si articola, è in parte inammissibile e in parte infondato.
2.1.a. È, anzitutto, inammissibile la prima censura con cui si critica la sentenza impugnata per avere ritenuto -evidentemente sulla base di un accertamento di fatto -che il flusso RAGIONE_SOCIALEa disposizione telematica effettuata da RAGIONE_SOCIALE conteneva l’indicazione del nominativo, RAGIONE_SOCIALE‘indirizzo e del codice fiscale del beneficiario, ma non anche gli ulteriori dati anagrafici, non indicati negli appositi ‘ campi ‘ informatici, che avrebbero potuto consentire
all’operatore postale di riscontrare l’eventuale diversa identità del soggetto richiedente il pagamento.
Questa censura, oltre che tendente a suscitare dalla Corte di legittimità un apprezzamento dei fatti alternativo a quello svolto dal giudice del merito (in ordine alla asserita non corrispondenza al vero RAGIONE_SOCIALEa circostanza relativa alla possibilità per l’or dinante, di inserire dati ulteriori nella piattaforma telematica), non si confronta con la reale ratio decidendi RAGIONE_SOCIALEa statuizione impugnata.
Il giudice di appello, infatti, non ha diminuito o escluso la responsabilità contrattuale RAGIONE_SOCIALEa debitrice RAGIONE_SOCIALE in ragione del rilievo di un fatto colposo esclusivo o concorrente RAGIONE_SOCIALEa creditrice RAGIONE_SOCIALE, ma ha escluso la responsabilità RAGIONE_SOCIALEa debitrice per avere questa dimostrato di aver tenuto una condotta diligente nella identificazione del preteso beneficiario del bonifico domiciliato, pagando -dopo avere compiuto le verifiche previste dalle condizioni generali di contratto -alla persona che aveva esibito un documento di identità con le generalità del reale creditore, e che inoltre era in possesso del codice fiscale e RAGIONE_SOCIALEa password per l’incasso.
Rispetto a questa ratio decidendi resta evidentemente estraneo il rilievo relativo alla mancata comunicazione telematica di dati ulteriori relativi alla persona del beneficiario che ne avrebbero consentito una più completa individuazione; rilievo che deve reputarsi svolto ad abundantiam da parte del giudice del merito, con conseguente inammissibilità RAGIONE_SOCIALEa censura ad esso rivolta.
2.1.b. La seconda censura del secondo motivo, invece, è in parte inammissibile e in parte infondata.
2.1.b.I. È inammissibile nella parte in cui critica l’interpretazione compiuta dal giudice di appello del contratto concluso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, sull’assunto che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, il detto regolamento contrattuale (art. 3) avrebbe obbligato espressamente RAGIONE_SOCIALE, in qualità di delegata al pagamento, a riscontrare la concordanza dei dati anagrafici
contenuti nella disposizione telematica con quelli riportati sui « documenti di riconoscimento », così imponendo testualmente la presentazione (e la conseguente verifica), non già di un solo documento, bensì di più documenti di identità corrispondenti ai tipi individuati nell’art. 35, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000.
Secondo il pacifico e consolidato orientamento di questa Corte, l’interpretazione del contratto, traducendosi in un’operazione di ricerca ed individuazione RAGIONE_SOCIALEa comune volontà dei contraenti, costituisce un accertamento di fatto, riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per violazione RAGIONE_SOCIALEe regole ermeneutiche (ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), oppure per inadeguatezza di motivazione (ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nella formulazione antecedente alla novella di cui al d.l. n. 83 del 2012, ove applicabile), oppure, ancora, nel vigore del novellato testo di detta norma, per omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti (Cass. 14/07/2016, n. 14355; v. anche, tra le altre, Cass. 22/06/2005, n. 13399).
Quale che sia la censura in concreto formulata, nessuna di esse può, peraltro, risolversi in una critica del risultato esegetico raggiunto dal giudice del merito, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione, atteso che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data al contratto dal giudice del merito non deve essere l’unica possibile, né la migliore in astratto, ma una RAGIONE_SOCIALEe possibili, e plausibili, interpretazioni ( ex multis , Cass. 2/05/2006, n. 10131; Cass. 20/11/2009, n. 24539; Cass. 15/11/2017, n. 27136; Cass. 28/11/2017, n. 28319).
Nel caso di specie, il giudice di appello ha espressamente considerato il testo RAGIONE_SOCIALEe condizioni generali di contratto che imponevano a RAGIONE_SOCIALE di riscontrare « la concordanza dei dati anagrafici contenuti nella disposizione telematica con quelli riportati sui documenti di riconoscimento presentati dal beneficiario RAGIONE_SOCIALEa riscossione » ed ha plausibilmente interpretato l’espressione
« documenti di riconoscimento presentati » come riferita al documento di identità di volta in volta esibito allo sportello dal richiedente il pagamento. D’altra parte, la plausibilità di tale interpretazione trova conferma nella circostanza che la clausola contrattuale non prevedeva che il beneficiario dovesse presentare due documenti ma si limitava, genericamente, a fare riferimento ai « documenti di riconoscimento presentati dal beneficiario », così rendendo evidente che, ai fini RAGIONE_SOCIALE‘esatto adempimento RAGIONE_SOCIALE‘ obbligazione contrattualmente assunta, era sufficiente che la verifica dei dati anagrafici contenuti nella disposizione telematica fosse condotta controllandone la corrispondenza con quelli presenti nel documento di identità di volta in volta esibito dai richiedenti.
La circostanza che il giudice del merito abbia fornito una interpretazione del contratto sicuramente plausibile (se non decisamente corretta) esclude la possibilità di dolersene in sede di legittimità sol perché la parte che propone la censura aveva interesse a che fosse privilegiata una diversa interpretazione rimasta disattesa.
La seconda censura veicolata con il secondo motivo di ricorso, appare, dunque, sotto questo aspetto, inammissibile, in quanto si risolve nella mera critica del risultato interpretativo raggiunto dal Tribunale e nella non consentita contrapposizione, a quella fornita dal giudice di merito, di una diversa e più favorevole interpretazione del contratto.
2.1.b.II. La seconda censura del secondo motivo di ricorso è, invece, infondata nella parte in cui -sull’assunto che il giudizio di osservanza o di violazione RAGIONE_SOCIALEa regola di diligenza di cui all’art. 1176 cod. civ., formulato dal giudice del merito, sarebbe censurabile in Cassazione quando si ponga in contrasto con gli « standard valutativi esistenti nella realtà sociale » nell’ipotesi in cui « il caso concreto sia idoneo a fungere da moRAGIONE_SOCIALEo generale di comportamento in una serie indeterminata di casi analoghi » -sostiene che il necessario esame di due documenti di identità, ai fini RAGIONE_SOCIALE‘esatto adempimento
RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di identificazione del beneficiario del bonifico, sarebbe stato comunque imposto, a prescindere dalle previsioni contrattuali, dall’esigenza di conformarsi al moRAGIONE_SOCIALEo di diligenza professionale di cui all’art. 1176, secondo comma, cod. civ., i n conformità alla raccomandazione contenuta nella circolare ABI del 7 maggio 2001.
Al riguardo va osservato che -sebbene sia condivisibile, in linea generale, l’assunto secondo il quale il giudizio di inadempimento (o di adempimento) e il conseguente giudizio di responsabilità (o irresponsabilità) contrattuale, pur essendo riservati al giudice del merito, restano sindacabili in Cassazione quando si pongano in contrasto con i principi RAGIONE_SOCIALE‘ordinamento, come espressi dalla giurisprudenza di legittimità, e con quegli standard valutativi esistenti nella realtà sociale che concorrono, con i menzionati principi, a comporre il diritto vivente (entrambi idonei a riempire di contenuto la nozione ‘elastica’ di diligenza professionale richiesta dall’art.1176, secondo comma, cod. civ.: in tal senso, ad es., Cass. 21/03/2019, n. 8047 e Cass. 19/12/2019, n. 34107) -nella fattispecie non solo deve recisamente escludersi tale contrasto, ma deve riconoscersi che, al contrario, tanto i principi ordinamentali espressi dal diritto vivente quanto gli standard sociali integrativi RAGIONE_SOCIALEo stesso sarebbero stati violati proprio se fosse stata affermata la necessità RAGIONE_SOCIALEa esibizione di due documenti di identità.
In tal modo, infatti, per un verso, sarebbero stati disattesi i principi affermati da questa Corte circa il carattere non precettivo RAGIONE_SOCIALEa raccomandazione contenuta nella circolare ABI del 7 maggio 2001 (Cass. 19/12/2019, n. 34107 e Cass. 13/09/2022, n. 26866, citt. ); per altro verso, sarebbe stata disapplicata la regola, desumibile dalle disposizioni di legge sull’efficacia certificativa dei singoli documenti d’identità e comunque socialmente riconosciuta, secondo cui l’attività di identificazione RAGIONE_SOCIALEe pe rsone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento di identità personale.
2.1.c. La terza censura del secondo motivo è infondata, sia nella parte in cui deduce la violazione RAGIONE_SOCIALEe regole di riparto RAGIONE_SOCIALE‘onere probatorio, sia nella parte in cui deduce la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1176, secondo comma, cod. civ.
Il giudice di appello ha ritenuto che RAGIONE_SOCIALE avesse fornito la prova di avere adoperato la dovuta diligenza professionale nella identificazione RAGIONE_SOCIALEa persona presentatasi all’incasso, da un lato procedendo, nel rispetto RAGIONE_SOCIALEe condizioni generali di contratto, a riscontrare la concordanza dei dati anagrafici contenuti nella disposizione telematica effettuata da RAGIONE_SOCIALE con quelli riportati sul documento di riconoscimento presentato allo sportello dal preteso beneficiario per la riscoss ione; e, dall’altro lato, ricevendo, da parte di quest’ultimo, la comunicazione del proprio codice fiscale e RAGIONE_SOCIALEa parola chiave fornitagli dall’ordinante, onde controllarne la coincidenza con quelli presenti nel flusso del mandato elettronico.
Il Tribunale, inoltre, ha ritenuto accertato, in fatto, che il documento di identità esibito dalla persona presentatasi all’incasso (unitamente al suo codice fiscale) era stato annotato nella quietanza di pagamento.
Movendo da tale accertamento di fatto, il giudice di appello ha dunque inferito che il documento, i cui estremi erano stati annotati sulla quietanza di pagamento insieme al codice fiscale, fosse stato debitamente verificato senza poterne evidentemente apprezzare, prima facie , l’eventuale falsità; e ha concluso che l’aver proceduto all’attività di identificazione mediante riscontro di un documento di identità apparentemente autentico (tra l’altro esibito da persona in possesso del codice fiscale e RAGIONE_SOCIALEa password per l’incasso comunicata dalla società ordinante il bonifico) fosse condotta perfettamente conforme al moRAGIONE_SOCIALEo sociale di diligenza professionale, escludendo l’esigibilità dalla banca mandataria di ulteriori cautele.
Viene, dunque, in considerazione un motivato accertamento di merito (come tale, incensurabile in sede di legittimità), all’esito del
quale il giudice di appello, lungi dall’attribuire l’onere probatorio ad una parte diversa da quella cui sarebbe spettato secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALEa fattispecie basate sulla distinzione tra fatti costitutivi ed eccezioni (nel che soltanto sarebbe ravvisabile la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 cod. civ.: cfr., ex multis , Cass. 29/05/2018, n. 13395 e Cass. 23/10/2018, n. 26769), ha invece ritenuto che RAGIONE_SOCIALE avesse debitamente assolto quello impostole dalla norma generale di cui all’art . 1218 cod. civ., pur traendo questa dimostrazione, anziché dal mezzo di prova precostituita rappresentato dalla copia del documento (che non è stata prodotta agli atti), dal ragionamento inferenziale fondato su una presunzione che, movendo dal fatto accer tato RAGIONE_SOCIALE‘annotazione del documento sulla quietanza di pagamento, ha consentito di risalire al fatto ignoto RAGIONE_SOCIALEa verifica RAGIONE_SOCIALEa sua -almeno prima facie -apparente autenticità.
Da un lato, dunque, la mancata produzione in giudizio RAGIONE_SOCIALEa copia del documento rileva, non come fatto sostanziale indice RAGIONE_SOCIALEa ontologica non prefigurabilità in astratto RAGIONE_SOCIALEa dimostrazione RAGIONE_SOCIALE‘adempimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di identificazione , bensì come mera omissione processuale e probatoria, ovverosia come mancata allegazione di un mezzo probatorio precostituito del fatto oggetto RAGIONE_SOCIALEa prova liberatoria RAGIONE_SOCIALEa debitrice, che il giudice del merito, nel pieno esercizio RAGIONE_SOCIALEe proprie prerogative, ha tuttavia reputato irrilevante, ritenendo di potere desumere la predetta prova liberatoria da un diverso mezzo istruttorio, costituito dal ragionamento presuntivo; al riguardo, va ricordato il consolidato principio secondo il quale tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – RAGIONE_SOCIALEe risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione RAGIONE_SOCIALEe prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
Dall’altro lato, l’accertata posizione in essere, da parte di RAGIONE_SOCIALE, di una attività di identificazione RAGIONE_SOCIALEa persona presentatasi allo sportello, fondata sulla previa verifica -oltre che RAGIONE_SOCIALEa corrispondenza RAGIONE_SOCIALEa password e del codice fiscale a quelli indicati nel flusso telematico -anche RAGIONE_SOCIALE‘apparente autenticità del documento di identità da essa esibito, non può essere considerata in contrasto né con i principi ordinamentali né con gli standard valutativi sociali RAGIONE_SOCIALEa diligenza professionale, dal momento che essa attività, al contrario, appare perfettamente conforme alla regola, socialmente riconosciuta, secondo cui l’identificazione RAGIONE_SOCIALEe persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro del documento di identità di volta in volta esibito (Cass. 19/12/2019, n. 34107, cit. ); né, in mancanza di specifica prescrizione normativa, può reputarsi esistente una best practice che impone al delegato di pagamento l’estrazione di copia e la conseguente conservazione del documento esaminato in funzi one RAGIONE_SOCIALE‘identificazione del delegatario, anche in ragione RAGIONE_SOCIALEa necessità di bilanciare le esigenze RAGIONE_SOCIALE‘attività di identificazione con quelle di tutela RAGIONE_SOCIALEa riservatezza RAGIONE_SOCIALEa persona identificata, che consentono la conservazione RAGIONE_SOCIALEa copia riprodotta solo in casi stabiliti selettivamente dalla legge e non oltre il tempo necessario in rapporto alle finalità perseguite (cfr. la delibera del Garante per la Protezione dei Dati Personali del 27 ottobre 2005).
Il Tribunale, sulla base di un ragionamento presuntivo motivato (e dunque incensurabile), movendo dalla circostanza nota RAGIONE_SOCIALEa annotazione del documento di identità di cui non era dato conoscere la falsità ed esibito dal preteso beneficiario, unitamente al codice fiscale, nella quietanza di pagamento, da quegli debitamente firmata, il giudice di appello è risalito alla circostanza ignota che la banca delegata avesse debitamente proceduto alla verifica del documento di identità, evidentemente riscontrandone l’apparente autenticità, così dando prova di avere tenuto una condotta professionalmente diligente nell’identificazione del soggetto
richiedente il pagamento del bonifico (pp. 12-13 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata).
La statuizione censurata con il motivo in esame costituisce, pertanto, espressione RAGIONE_SOCIALE‘essenza RAGIONE_SOCIALEa discrezionalità valutativa del giudice di merito nell’attività, ad esso riservata, di apprezzamento dei fatti e di valutazione RAGIONE_SOCIALEe prove.
L’articolato secondo motivo di ricorso va, dunque, nel complesso, rigettato.
In definitiva, il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE deve essere complessivamente rigettato.
In ragione del rilievo sistematico RAGIONE_SOCIALEa questione sottoposta alla Corte, le spese del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate tra le parti.
Sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto (Cass., Sez. Un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Terza