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Bonifico domiciliato: la diligenza della banca

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2110/2024, ha stabilito i confini della responsabilità dell’istituto di pagamento in caso di un bonifico domiciliato pagato a un truffatore. Se l’istituto dimostra di aver agito con la diligenza professionale richiesta, verificando il documento d’identità (anche uno solo), il codice fiscale e la password forniti dall’ordinante, non è responsabile per l’erroneo pagamento. La Corte ha escluso l’applicazione analogica delle norme più severe previste per gli assegni non trasferibili, inquadrando il bonifico domiciliato nell’ambito del mandato e della delegazione di pagamento, regolati dalle norme generali sulla diligenza contrattuale.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Bonifico domiciliato e truffa: la banca è responsabile?

Il bonifico domiciliato è uno strumento comodo per chi deve inviare denaro a persone senza conto corrente. Ma cosa succede se un truffatore, con un documento falso, riesce a incassare la somma al posto del vero beneficiario? La banca o l’ufficio postale che ha eseguito il pagamento è responsabile e deve risarcire chi ha ordinato il bonifico? A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2110 del 19 gennaio 2024, delineando i confini della diligenza richiesta all’operatore.

I Fatti del caso: un pagamento finito nelle mani sbagliate

Una società aveva disposto un bonifico domiciliato di 3.700 euro a favore di un proprio creditore tramite i servizi online di un noto istituto di pagamento. Per l’incasso, erano necessari il codice fiscale del beneficiario e una password, comunicati dall’ordinante al creditore.

Tuttavia, a presentarsi allo sportello fu un impostore, munito di un documento di identità presumibilmente falso ma con le generalità corrette, e in possesso sia del codice fiscale che della password. L’operatore, effettuate le verifiche, pagò la somma. Quando il vero creditore si fece vivo, la società fu costretta a pagare una seconda volta e, di conseguenza, citò in giudizio l’istituto di pagamento per ottenere il rimborso, sostenendo che avesse agito con negligenza.

Inizialmente il Giudice di Pace diede ragione alla società, ma la decisione fu ribaltata in appello. Il caso è quindi giunto dinanzi alla Corte di Cassazione.

La decisione della Cassazione sulla responsabilità per bonifico domiciliato

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando che l’istituto di pagamento non era responsabile. La decisione si fonda su un’attenta analisi della natura giuridica del bonifico domiciliato e del livello di diligenza che si può pretendere dall’intermediario.

Le motivazioni della Corte

La natura giuridica del bonifico domiciliato

Il punto centrale della controversia era se al bonifico domiciliato si dovesse applicare la rigida norma prevista per il pagamento di assegni non trasferibili (art. 43 della Legge Assegni), che prevede una responsabilità quasi oggettiva della banca che paga alla persona sbagliata.
La Cassazione ha chiarito che i due istituti sono diversi. Il bonifico domiciliato non è un titolo di credito come l’assegno, ma rientra nello schema della delegazione di pagamento (delegatio solvendi), regolato dalle norme sul mandato e, più in generale, sulle obbligazioni contrattuali. Di conseguenza, la responsabilità dell’istituto pagatore non è oggettiva, ma va valutata sulla base della diligenza professionale (art. 1176, secondo comma, c.c.).

Il criterio della diligenza professionale e l’identificazione del beneficiario

L’istituto di pagamento è liberato dalla propria obbligazione se dimostra di aver agito con la diligenza richiesta a un operatore professionale. Nel caso specifico, l’operatore allo sportello aveva verificato la corrispondenza dei dati anagrafici sul documento d’identità con quelli presenti nella disposizione telematica e aveva controllato il codice fiscale e la password. Secondo la Corte, questa condotta è sufficiente a integrare la dovuta diligenza.

Quanti documenti servono per l’identificazione?

La società ricorrente sosteneva che la diligenza avrebbe imposto la richiesta di un secondo documento di identità, richiamando una circolare dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana). La Corte ha respinto questa tesi, affermando che la circolare ABI ha valore di mera raccomandazione e non di norma giuridica. Lo standard sociale e legale per l’identificazione di una persona fisica si basa, normalmente, sul riscontro di un solo documento di identità personale in corso di validità. Imporre la richiesta di due documenti sarebbe contrario alla prassi e non legalmente richiesto.

L’onere della prova e la mancata produzione del documento

Un altro punto sollevato era che l’istituto di pagamento non aveva prodotto in giudizio la copia del documento di identità esibito dal truffatore, non fornendo così la prova di averlo controllato. Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto alla società. Il giudice di merito ha correttamente ritenuto che la prova della verifica fosse stata raggiunta per presunzioni. Il fatto che i dati del documento fossero stati annotati sulla quietanza di pagamento era un elemento sufficiente a far presumere che il controllo di un documento, apparentemente autentico, fosse stato effettivamente eseguito. Non esiste, inoltre, un obbligo normativo generale per gli intermediari di conservare copia dei documenti per questo tipo di operazioni.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio importante per le operazioni di bonifico domiciliato: la responsabilità dell’istituto pagatore non è automatica in caso di pagamento a un truffatore. Se l’istituto dimostra di aver seguito le procedure interne e di aver agito con la diligenza di un operatore qualificato – verificando un documento di identità apparentemente valido e gli altri elementi di sicurezza previsti (come password e codice fiscale) – non potrà essere ritenuto responsabile per il danno subìto dall’ordinante. Quest’ultimo, pertanto, non potrà ottenere il rimborso della somma indebitamente pagata.

Quale responsabilità ha l’istituto di pagamento se un bonifico domiciliato viene pagato alla persona sbagliata?
L’istituto ha una responsabilità per colpa e non oggettiva. Non è responsabile se dimostra di aver agito con la diligenza professionale richiesta, cioè se ha correttamente verificato gli elementi di identificazione a sua disposizione (come un documento di identità apparentemente valido, il codice fiscale e la password) prima di effettuare il pagamento.

Per incassare un bonifico domiciliato, è obbligatorio presentare due documenti di identità?
No. Secondo la Corte di Cassazione, lo standard legale e sociale per l’identificazione di una persona fisica richiede la presentazione di un solo documento di identità valido. Eventuali circolari che suggeriscono la richiesta di due documenti (come quella dell’ABI citata nel caso) hanno valore di semplice raccomandazione e non creano un obbligo giuridico.

L’istituto di pagamento deve conservare una copia del documento di identità di chi incassa un bonifico domiciliato per dimostrare la propria diligenza?
No, non esiste un obbligo normativo generale di conservare una copia del documento. L’istituto può dimostrare di aver adempiuto al proprio obbligo di diligenza anche attraverso altri mezzi, come la prova presuntiva derivante dall’aver annotato gli estremi del documento sulla quietanza di pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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