Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 31263 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 31263 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4404/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC indicato dal difensore
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME e ANNUNZIATA NOME, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliata presso gli indirizzi PEC indicati dai difensori
-controricorrenti-
nonché contro
NOME, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC indicato dal difensore
R.G. 4404/2023
COGNOME.
Rep.
C.C. 11/7/2024
C.C. 14/4/2022
AFFITTO DI AZIENDA.
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa CORTE D ‘ APPELLO di NAPOLI n. 5075/2022 depositata il 20/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME stipulò nel 1995 un contratto di affitto di azienda con la RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto un terreno di sua proprietà con annessi locali, per lo svolgimento RAGIONE_SOCIALE‘attività di vendita di carburanti e lubrificanti. Quel contratto fu prorogato più volte e andò a scadere il 31 marzo 2010, data per la quale il proprietario comunicò di non volerne disporre il rinnovo poiché aveva in mente di realizzare su quel complesso una diversa attività. Nelle more del procedimento di rilascio, emerse che il terreno risultava essere stato inquinato da perdite consistenti di idrocarburi dovute alla non corretta manutenzione e gestione RAGIONE_SOCIALEe condutture; per cui il proprietario sollecitò le necessarie attività di bonifica.
Insorte varie ragioni di dissenso tra le parti, NOME COGNOME convenne in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, davanti al Tribunale di Napoli, chiedendo che la convenuta venisse riconosciuta come unica responsabile RAGIONE_SOCIALE‘attività inquinante, con conseguente sua condanna allo svolgimento di tutte le attività necessarie per la bonifica e al relativo risarcimento dei danni.
Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda.
Il Tribunale fece svolgere una c.t.u. per l’accertamento RAGIONE_SOCIALEe modalità di determinazione del fatto dannoso, nonché un accertamento tecnico preventivo per verificare lo stato di tenuta dei serbatoi. Dopo di che accolse la domanda, condannò la società convenuta alla completa bonifica, a sua cura e spese, RAGIONE_SOCIALE‘intero sito inquinato ovvero, in alternativa, al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘equivalente
al proprietario, liquidato nella somma di euro 250.000; condannò inoltre la società convenuta al pagamento RAGIONE_SOCIALEa somma di euro 69.284, oltre a euro 16.363 dal maggio 2015 fino alla data di completamento dei lavori di bonifica; il tutto con il carico RAGIONE_SOCIALEe spese di lite.
La sentenza è stata impugnata dalla parte soccombente e il giudizio è stato interrotto per la morte di NOME COGNOME, al quale sono subentrati gli eredi NOME, NOME e NOME COGNOME.
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 20 dicembre 2022, ha accolto parzialmente il gravame e, in riforma RAGIONE_SOCIALEa decisione del Tribunale, ha eliminato la condanna alternativa disposta in primo grado, confermando la condanna, a carico RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, alla completa bonifica, a sua cura e spese, del bene oggetto RAGIONE_SOCIALE‘affitto di azienda; ha ridotto la condanna a carico RAGIONE_SOCIALE‘appellante alla minore somma di euro 424.979, oltre a euro 13.032 dal maggio 2015 fino alla data di completamento dei lavori di bonifica e ha liquidato le spese del primo e secondo grado di giudizio, ponendole comunque entrambe a carico RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE.
Ai limitati fini che interessano in questa sede, si rileva che la Corte d’appello ha innanzitutto confermato la sentenza del Tribunale per quanto riguarda l’attribuzione esclusiva alla società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa responsabilità per l’inquinamento del sito aziendale, posto che quest’ultima era proprietaria RAGIONE_SOCIALEe strutture da cui era avvenuta la fuoriuscita di idrocarburi, con conseguente sua responsabilità ai fini del mancato tempestivo rilascio del bene alla scadenza del rapporto contrattuale.
Esaminando, poi, il secondo motivo di appello, la Corte napoletana ha osservato che dagli atti risultava che, con decreto dirigenziale n. 37 del 16 febbraio 2017, la Giunta Regionale RAGIONE_SOCIALEa Campania, premesso che l’Analisi di Rischio aggiornata aveva evidenziato un indice di pericolo complessivo (Hitot) non
accettabile, aveva approvato il progetto unico di bonifica del sito presentato dalla RAGIONE_SOCIALE, per conto RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE. Doveva pertanto ritenersi superata, in base a tale novità, la condanna alternativa imposta all’appellante dalla sentenza di primo grado, posto che il procedimento ambientale, che vedeva parte la RAGIONE_SOCIALE, non poteva che seguire le regole dettate dalla normativa di settore, alla cui osservanza l’appellante era tenuta, anche a pena di comminatoria di sanzioni penali.
Ciò nonostante, la sentenza ha respinto la richiesta, formulata dalla società appellante, volta ad accertare il sopravvenuto completamento RAGIONE_SOCIALE‘iter procedimentale di bonifica, cui avrebbe fatto seguito la declaratoria di ingiustificato rifiuto, da parte RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, di prendere in consegna il sito aziendale. Dopo aver richiamato la previsione RAGIONE_SOCIALE‘art. 248, comma 2, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la Corte d’appello ha osservato che dalla nota RAGIONE_SOCIALEa Regione Campania del 7 maggio 2019 risultava che la Città Metropolitana di Napoli, con nota acquisita al prot. n. NUMERO_DOCUMENTO del 1° febbraio 2019, aveva affermato di non poter procedere ai controlli sulla conformità degli interventi eseguiti, rispetto al progetto di bonifica approvato con il citato decreto dirigenziale n. 37 del 2017, poiché la RAGIONE_SOCIALE aveva «disatteso le prescrizioni sulla necessità di procedere ai campionamenti in contraddittorio con l’RAGIONE_SOCIALE». Ne conseguiva che -impregiudicato l’esito di un’eventuale impugnativa, in altra sede, del rifiuto RAGIONE_SOCIALEa Città Metropolitana di Napoli di rilasciare la certificazione necessaria alla chiusura del procedimento, riservata alla sua competenza dall’art. 248 cit. -la Corte d’appello ha ritenuto di dover necessariamente prendere atto del mancato completamento RAGIONE_SOCIALE‘ iter amministrativo di bonifica.
Da tale premessa, la sentenza ha tratto l’ulteriore conclusione per cui, non potendosi ritenere definito con esito positivo il procedimento di bonifica ambientale, doveva essere respinta la
richiesta RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE di ritenere ingiustificato il rifiuto, opposto dall’COGNOME, alla riconsegna del sito aziendale, a seguito di offerta compiuta con lettera del 16 luglio 2019 e successiva intimazione formale del 1° settembre 2020; e ciò comportava il rigetto RAGIONE_SOCIALEa conseguente domanda RAGIONE_SOCIALE‘appellante volta ad individuare nel 16 luglio 2019 la data del termine finale di spettanza RAGIONE_SOCIALE‘indennità di occupazione riconosciuta, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1591 cod. civ., in favore del proprietario.
Contro la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Napoli propone ricorso la RAGIONE_SOCIALE con atto affidato a due motivi.
Resistono NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quest’ultimo in qualità di amministratore RAGIONE_SOCIALEa comunione del bene indiviso oggetto di contenzioso con un unico controricorso e NOME COGNOME con un diverso separato controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, con riguardo, in particolare, all’art. 248, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, in tema di attività ambientali, nonché RAGIONE_SOCIALE‘art. 14 -ter , comma 7, RAGIONE_SOCIALEa legge 7 agosto 1990, n. 241.
Ritiene la parte ricorrente che la Corte d’appello si sarebbe attribuita l’onere di verificare la completezza RAGIONE_SOCIALE‘attività di bonifica svolta, senza considerare che la Regione Campania aveva, in realtà, già dato atto del completamento RAGIONE_SOCIALE‘ iter RAGIONE_SOCIALEa bonifica. La sentenza impugnata, fondando la propria decisione sul d.lgs. n. 152 del 2006, cui si dovrebbe affiancare anche la normativa specifica RAGIONE_SOCIALEa Regione Campania, avrebbe compiuto un uso improprio RAGIONE_SOCIALEa normativa citata, dal momento che la delibera RAGIONE_SOCIALE n. 37 del 16 febbraio 2017 conteneva una completa descrizione RAGIONE_SOCIALEa vicenda. La Regione, in particolare, aveva
espressamente comunicato a tutti gli enti, in data 13 settembre 2018, che, non essendo pervenute osservazioni entro il termine, l’aggiornamento RAGIONE_SOCIALE‘analisi di rischio si intendeva approvato. Le modalità operative dei c.d. campionamenti , secondo la ricorrente, non prevedevano la necessità di eseguire verifiche in contraddittorio con l’RAGIONE_SOCIALE; tant’è che quest’ultima, benché formalmente invitata, non aveva preso parte alla procedura. La Regione, quindi, a fronte RAGIONE_SOCIALEa «colpevole inerzia degli enti di controllo coinvolti», pur prendendo atto di quanto stabilito dalla Città metropolitana di Napoli, aveva ritenuto di superare quel parere e di «certificare il completamento degli interventi di bonifica». La sentenza impugnata, quindi, avrebbe errato nel non considerare l’esito positivo dei monitoraggi svolti e nell’ignorare l’efficacia del provvedimento RAGIONE_SOCIALEa Regione Campania di avvenuta bonifica. Tale omissione avrebbe condotto la Corte napoletana a ritenere, erroneamente, che le condotte osservate dalla società ricorrente non fossero sufficienti ad integrare il completo adempimento di quanto necessario per chiudere l’incidente.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Il Collegio rileva, innanzitutto, che la parte ricorrente ha abbandonato ogni contestazione circa la riconducibilità causale RAGIONE_SOCIALE‘inquinamento al proprio operato e si limita a contestare in questa sede l’avvenuto (presunto) completamento RAGIONE_SOCIALEe opere di bonifica per ottenere la cassazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di merito ha stabilito la permanenza RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di pagamento del canone di cui all’art. 1591 cod. civ. fino al momento RAGIONE_SOCIALE‘effettivo completamento di quelle opere. Il ricorso, pertanto, è finalizzato a censurare la parte RAGIONE_SOCIALEa decisione nella quale è stata rigettata la domanda RAGIONE_SOCIALE‘odierna ricorrente volta a sentire dichiarare ingiustificato il rifiuto opposto dall’COGNOME alla riconsegna del bene immobile, avvenuta con lettera e successiva intimazione formale.
Ciò detto, la Corte osserva che la censura, benché proposta, formalmente, in termini di violazione di legge, non espone in via diretta quale sia l’effettivo contenuto RAGIONE_SOCIALEa pretesa violazione RAGIONE_SOCIALEe norme indicate nella sua intestazione, bensì solo all’esito di una sollecitazione a rivalutare una serie di emergenze documentali.
La società ricorrente, infatti, insiste nella propria tesi, già esaminata e respinta dalla Corte di merito, in base alla quale l’attività di bonifica sarebbe stata perfezionata, dimostrando in questo modo di non cogliere la ratio decidendi RAGIONE_SOCIALEa sentenza qui in esame. La Corte napoletana, infatti, si è ampiamente soffermata su questo problema, osservando come dalle prove documentali esistenti in atti risultasse in modo evidente che la società RAGIONE_SOCIALE aveva «disatteso le prescrizioni sulla necessità di procedere ai campionamenti in contraddittorio con l’RAGIONE_SOCIALE». Per cui il giudice di merito non poteva fare altro che «prendere atto del mancato completamento RAGIONE_SOCIALE‘ iter amministrativo di bonifica». D’altra parte, l’art. 248, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, invocato dalla parte ricorrente -nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis , che è quello antecedente alle modifiche introdotte dal decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modifiche, nella legge 29 luglio 2021, n. 108 -prevede testualmente che il completamento RAGIONE_SOCIALEe opere di bonifica sia accertato dalla provincia (nella specie, città metropolitana) «sulla base di una relazione tecnica predisposta dall’RAGIONE_SOCIALE territorialmente competente».
A fronte di tali argomentate considerazioni, coerenti e del tutto prive di contraddizioni e vizi logici, il motivo in esame si risolve in una rilettura degli atti in proprio favore, in tal modo sollecitando una diversa e non consentita valutazione di merito.
Manifestamente infondata è, poi, la pretesa, avanzata dalla parte ricorrente nella memoria, di sospendere il presente giudizio in attesa RAGIONE_SOCIALEa decisione del giudice amministrativo sul ricorso,
proposto dalla stessa ricorrente, avverso il provvedimento emesso dalla Regione Campania in data 22 maggio 2024 che aveva rilevato l’assenza del certificato di completamento e conformità degli interventi di bonifica.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4) e n. 5), cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo ovvero nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza alla luce RAGIONE_SOCIALEa illogicità RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione di incompiuta bonifica RAGIONE_SOCIALE‘area, nonostante la documentazione prodotta.
La decisione impugnata, secondo la ricorrente, avrebbe ignorato la documentazione che dimostrava l’avvenuto completamento RAGIONE_SOCIALEe opere di bonifica, per cui le conclusioni RAGIONE_SOCIALEa sentenza sarebbero in contrasto con la realtà dei fatti, determinando in tal modo nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza stessa.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Rileva il Collegio che la censura è impropriamente formulata, perché lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo mentre è evidente dal contenuto del ricorso che la censura ha ad oggetto l’omesso esame di due documenti come tali e senza indicare se e dove i fatti in essi rappresentati fossero stati allegati e prospettati, sì da far sorgere l’obbligo di motivare del giudice di merito. Ed è pacifico che la mera omissione RAGIONE_SOCIALEa considerazione di documenti non implica un vizio rilevante in termini di omesso esame, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte in una pronuncia più volte confermata e di perdurante attualità (sentenza 7 aprile 2014, n. 8053).
Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.
A tale esito segue la condanna RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 13 agosto 2022, n. 147.
Sussistono inoltre i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il
versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 8.200, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Terza