Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 20586 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20586 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
1. con il primo motivo il ricorso denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 39 e 97 Cost., in relazione alla disciplina di cui agli accordi per il rinnovo del CCNL per i dipendenti delle RAGIONE_SOCIALE edili e affini del 19.4.2010-1.7.2014, nonché del contratto integrativo per la Provincia di Palermo del 18.6.2012 in relazione all’art. 9 d.l. n. 78/2010 convertito dalla legge n. 122/2010 e dall’art. 16, comma 1, lett. b) del d.l. n. 98/201, convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, dalla legge n. 111/2011, come specificato dall’art. 1, comma 1, lett. c), primo periodo, del d.p.r. n. 122/2013, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto l’applicabilità dell’art. 9 del d.l. n. 78/2010 anche ai pubblici dipendenti assunti con contratto di diritto privato;
addebita alla sentenza impugnata di avere travisato i principi espressi dalla Corte costituzionale, che con la sentenza n. 178/2015 ha escluso l’assimilazione del lavoro pubblico al lavoro privato;
sostiene che il CCNL Edilizia applicabile al rapporto non aveva subito gli effetti del blocco della contrattazione, in quanto non è un CCNL di diritto pubblico;
aggiunge che il Comune di Palermo nel bilancio di previsione del 2018, a decorrere dal 1° gennaio 2018 aveva stanziato adeguate risorse per procedere al riallineamento dei livelli retributivi con il contratto RAGIONE_SOCIALE di riferimento, avendo l’Amministrazione manifestato l’intendimento di reperire le risorse per il pagamento degli arretrati a decorrere dalla data di efficacia della sentenza n. 178/2015 della Corte costituzionale;
2. con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 329 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale omesso di considerare la condotta dell’Amministrazione in epoca immediatamente successiva alla pubbl icazione della sentenza di primo grado;
deduce che con memoria di costituzione del 8.11.2018 i lavoratori avevano rappresentato che in data 15.3.2018, a seguito del giudizio di primo grado e in occasione di un incontro tra le OO.SS. ed il Sindaco di Palermo (e dunque in epoca anteriore al deposito del ricorso in appello), il Comune di Palermo aveva espresso la volontà di procedere al riallineamento dei livelli retributivi con il contratto RAGIONE_SOCIALE di riferimento;
aggiunge che tale intendimento era stato formalmente ratificato con nota del 30.3.2018, mai contestata dall’Amministrazione resistente, e che ai fini del suddetto riallineamento la delibera della Giunta Comunale n. 141 del 4.10.2018 aveva espressamente indicato un’apposita voce di spesa nel documento unico di programmazione;
sostiene che la condotta posta in essere dal Comune in epoca successiva alla sentenza di primo grado, e anteriore al deposito dell’appello, costituisce acquiescenza alla suddetta sentenza ed è pertanto incompatibile con il disconoscimento delle pretese avanzate dai dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE;
3. con il terzo motivo, il ricorso denuncia nullità della sentenza, per violazione degli artt. 91, 92 e 93 cod. proc. civ, ai sensi dell’art. 360 comma primo, n. 4 cod. proc. civ., per manifesta illogicità della motivazione in relazione a fatto discusso e decisivo;
lamenta che la motivazione della sentenza impugnata è solo apparente, in quanto la compensazione delle spese di lite è stata giustificata con il mero richiamo a clausole di stile quali la peculiarità della controversia e la novità delle questioni trattate, senza che sia stata svolta alcuna argomentazione in ordine a tali profili;
evidenzia che analoghe questioni erano state già affrontate e risolte dal Tribunale di Palermo in relazione ad altri dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE;
osserva la Corte che rileva l’art. 9, comma 1, d.l. n. 98/2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010, secondo cui: «Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’RAGIONE_SOCIALE) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio, e dall’articolo 8, comma 14, fatto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo»;
rileva, altresì, il successivo comma 17, secondo cui: «Non si dà luogo, senza possibilità di recupero, alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 del personale di cui all’articolo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni. Si dà luogo alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013, 2014 e 2015 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per la sola parte normativa e senza possibilità di recupero per la parte economica. E’ fatta salva l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale nelle misure previste a decorrere dall’anno 2010 in applicazione dell’articolo 2, comma 35, della legge 22 dicembre 2008, n. 203»;
evidenzia la Corte che il comma 17 dell’art. 9 d.l. n. 98/2010, che è direttamente applicabile alla contrattazione collettiva ed esclude il successivo recupero, riguarda le procedure contrattuali dell’impiego pubblico, (contrattualizzato e non), mentre non menziona i contratti collettivi di diritto privato applicabili a rapporti di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni;
osserva che nel caso di specie la contrattazione applicabile al rapporto di lavoro è quella di diritto privato che nel 2010 e nel 2014 è stata oggetto di rinnovo, in quanto non soggetta al blocco;
rileva il Collegio che la questione relativa agli effetti del blocco della contrattazione pubblica ai rapporti di lavoro alle dipendenze di Pubbliche Amministrazioni disciplinati da contratti collettivi di diritto privato non è stata affrontata nemmeno dalle pronunce della Corte costituzionale;
si ravvisa, dunque, l’opportunità che l’esame della questione inerente all’applicabilità delle disposizioni contenute nell’art. 9, comma 17, del d.l. n. 98/2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010, a pubblici dipendenti cui si applica un CCNL di diritto privato avvenga all’esito di udienza pubblica, quale momento privilegiato del giudizio di cassazione nel quale devono essere assunte, in forma di sentenza e mediante più ampia e diretta interlocuzione tra le parti e tra queste e il P.M., le decisioni con peculiare rilievo di diritto (v. Cass. n. 6274/2023).
PQM
La Corte dispone il rinvio a nuovo ruolo per la fissazione in pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il 19 giugno 2024.
La Presidente NOME COGNOME