Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30625 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30625 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3237-2021 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 283/2020 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 27/07/2020 R.G.N. 675/2019;
Oggetto benefici amianto
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 28/05/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte d’Appello di Salerno, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Nocera Inferiore ha rigettato la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’accertamento del proprio diritto alla rideterminazione della misura della pensione, con una decorrenza anteriore per effetto del riconoscimento del beneficio contributivo ex art. 13, comma 8 della legge n. 257 del 1992 in relazione all’avvenuta esposizione qualificata ultradecennale all’amianto.
La Corte territoriale ha ritenuto infondate le eccezioni di decadenza dall’azione e di prescrizione del diritto ritenendo che fossero state genericamente sollevate dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE. Tuttavia, ha poi accertato che nel merito la domanda del COGNOME era infondata ritenendo che il beneficio previsto dall’art. 13, comma 8 della legge n. 257 del 1992 può essere riconosciuto ai lavoratori che abbiano conseguito la pensione di anzianità o di vecchiaia ovvero di inabilità con decorrenza successiva all’entrata in vigore della legge n. 257 del 1992 quando questi, avendo dimostrato di aver maturato i requisiti richiesti per la maggiorazione, se ne possano giovare per migliorare la prestazione e dunque a condizione di non avere già maturato il massimo dell’anzianità contributiva vale a dire i 40 anni di contribuzione.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME che ha articolato un unico motivo di ricorso al quale ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
3.1. Con ordinanza interlocutoria della sesta sezione la decisione è stata rimessa alla quarta sezione evidenziandosene profili nomofilattici. Fissata per la decisione quindi la causa è stata
rinviata all’odierna udienza per il trasferimento dell’originario relatore. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative in occasione delle singole udienze.
RITENUTO CHE
Con l’unico motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 13 comma 8 della legge n. 257 del 1992, 47 comma 6 del d.l. n. 269 del 2003 convertito in legge n. 326 del 2003, 3 comma 132 della legge n. 350 del 2003, del D.M. 27/10/2004 attuativo del d.l. n. 269 del 2003 e dell’art. 2909 c.c..
4.1. Il ricorrente deduce che la sentenza della Corte territoriale sarebbe incorsa nella denunciata violazione di legge laddove prospetta una interpretazione dell’art. 13, comma 8 della legge n. 257 del 1992, desunta dalla disposizione di cui all’art. 4 del D.M. 27/10/2004 attuativo della diversa disciplina dettata dall’art. 47 d.l. n. 269/2003, che porta ad escludere che sia ammissibile a fronte del raggiungimento della massima anzianità contributiva il ricalcolo della contribuzione in applicazione del coefficiente 1,5 dalla stessa previsto.
4.2. Ad avviso del ricorrente invece il profilo dell’avvenuta maturazione del diritto alla pensione sulla base del massimo contributivo accreditabile sarebbe superabile, atteso che il beneficio potrebbe incidere anche solo sulla base pensionistica (montante retributivo collegato alle retribuzioni imponibili ai fini pensionistici) determinando quindi l’ aumento del rateo mensile.
Il ricorso è infondato.
5.1. Ritiene il Collegio che si debba dar seguito all’orientamento già espresso da questa Corte in materia -non essendo state prospettate ragioni per discostarsene -in virtù del quale si è ritenuto che il diritto alla rivalutazione, ai fini pensionistici, dei contributi relativi al periodo di esposizione ad amianto, di cui all’art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, non
spetta a chi, avendo già raggiunto l’anzianità contributiva massima nel regime pensionistico di appartenenza, non otterrebbe comunque, dall’applicazione del coefficiente moltiplicatore, un concreto vantaggio né ai fini dell’anticipazione della pensione, né dell’incremento della misura della stessa (cfr. Cass. n. 783 del 2024 ed anche Cass. n. 528 del 2023 e n. 13870 del 2015).
5.2. In particolare, con la citata Cass. n. 528 del 2023, è stato affermato che la maturazione del diritto alla rivalutazione pensionistica, dovuta all’esposizione all’amianto non rende possibile la riliquidazione della pensione sulla base di una contribuzione superiore al limite di legge di quarant’anni di contribuzione massima utile.
5.3. Nella specie, la Corte d’appello ha correttamente rilevato che la maggiorazione contributiva, che non comporta l’applicazione di meccanismi di neutralizzazione, può operare, in coerenza con la precipua funzione del beneficio, solo in aumento e non in sostituzione, totale o parziale, della contribuzione già accreditata, ossia nei limiti necessari a colmare le ‘scoperture’ contributive fino al conseguimento della massima anzianità conseguibile, senza che sia possibile, una volta conseguite le 2080 settimane di anzianità massima contributiva, aggiungere l’ulteriore incremento derivante da esposizione ad amianto, o procedere al ricalcolo con esclusione della contribuzione meno favorevole.
5.4. Il ricorrente, pertanto, avrebbe potuto beneficiare dell’incremento contributivo dovuto ai periodi di esposizione qualificata all’amianto solo per colmare eventuali scoperture per consentire il raggiungimento del tetto massimo delle 2080 settimane contributive ma non per sostituire periodi contributivi meno favorevoli.
5.5. La maturazione del diritto alla rivalutazione non comporta che la pensione debba essere riliquidata sulla base di una contribuzione che vada oltre il limite di legge, estraneo a quell’oggetto del contendere (cfr. Cass. n. 30639 del 2022).
In conclusione, essendosi la Corte territoriale attenuta ai principi esposti, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi ,15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del c itato d.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma il 28 maggio 2024