LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bene in comunione confiscato: la divisione è possibile

La Corte di Cassazione ha stabilito che il comproprietario di un bene, la cui altra quota è stata oggetto di confisca statale, ha il diritto di chiedere lo scioglimento della comunione. La confisca di una sola quota non estingue i diritti del terzo proprietario. Se il bene è divisibile in natura, si procede alla divisione. Se indivisibile, può essere interamente assegnato al comproprietario privato, previo accertamento della sua buona fede e pagamento di un conguaglio allo Stato per il valore della quota confiscata. La sentenza annulla la decisione della Corte d’Appello, che aveva erroneamente negato la divisione basandosi su un presunto vincolo di destinazione pubblica del bene.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Bene in comunione confiscato: è possibile chiederne la divisione?

La comproprietà di un immobile può presentare diverse complessità, ma cosa accade quando uno dei contitolari è lo Stato a seguito di una misura di prevenzione? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29862 del 2019, affronta il delicato tema del bene in comunione confiscato solo pro quota, chiarendo i diritti del proprietario privato. Questa pronuncia stabilisce un principio fondamentale: la confisca parziale non congela il diritto del terzo estraneo all’illecito di chiedere e ottenere la divisione del bene.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla vicenda di un soggetto che, nel 2002, acquista il 50% della proprietà di un fondo. L’altra metà del bene era già stata oggetto di un provvedimento di confisca, divenuto definitivo nel 2000, e quindi era divenuta di proprietà dello Stato. Il nuovo comproprietario si rivolge al Tribunale per ottenere lo scioglimento della comunione e, in caso di indivisibilità del fondo, l’assegnazione dell’intera proprietà in suo favore, previo pagamento del valore della quota statale.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello rigettano la sua domanda. Secondo i giudici di merito, la confisca impone un “vincolo di destinazione” per fini di pubblico interesse che impedirebbe al comproprietario privato di esercitare il diritto potestativo di chiedere la divisione. Contro questa decisione, gli eredi del proprietario originario ricorrono in Cassazione.

La Decisione della Corte sul bene in comunione confiscato

La Suprema Corte accoglie il ricorso, cassando con rinvio la sentenza d’appello. I giudici di legittimità ribaltano l’interpretazione dei giudici di merito, affermando che la confisca di una sola quota di un bene in comunione non comprime il diritto di proprietà del terzo comproprietario.

La Corte chiarisce che lo Stato, acquisendo la quota, si sostituisce semplicemente al precedente proprietario, diventando un comproprietario come un altro, seppur con finalità pubblicistiche. Questa situazione non può paralizzare il diritto del privato, tutelato dall’art. 1111 del Codice Civile, di chiedere in qualsiasi momento lo scioglimento della comunione.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione su una distinzione cruciale: la situazione del terzo che vanta un diritto sul bene confiscato (ad esempio un creditore ipotecario) è diversa da quella del terzo che è comproprietario del bene stesso. Quest’ultimo non vanta un diritto sulla quota confiscata, ma è titolare di un autonomo diritto di proprietà sulla sua quota parte del bene. L’intervento ablativo dello Stato non intacca tale diritto.

Il ragionamento della Corte prosegue analizzando le due possibili soluzioni per lo scioglimento della comunione:

1. Bene divisibile in natura: Se il fondo può essere materialmente frazionato in due parti corrispondenti al valore delle quote (50% e 50%), si deve procedere con la divisione secondo le norme ordinarie del Codice Civile. Al privato andrà una porzione e allo Stato l’altra.
2. Bene indivisibile in natura: Qualora il bene non sia comodamente divisibile, la soluzione non può essere il blocco totale. La Corte apre alla possibilità di assegnare l’intero immobile al comproprietario privato. Questa soluzione, tuttavia, è subordinata a due condizioni fondamentali: la corresponsione allo Stato di un conguaglio pari al valore di mercato della quota confiscata e, soprattutto, l’accertamento della “buona fede” dell’acquirente. La buona fede va valutata non solo in base all’assenza di coinvolgimento nell’illecito, ma anche considerando i rapporti tra le parti e l’adempimento di specifici oneri di diligenza.

La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, ha errato nel non effettuare questa verifica, negando a priori la possibilità di divisione.

Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante baluardo a tutela dei diritti dei terzi che si trovano, senza colpa, a condividere una proprietà con lo Stato. Viene affermato con forza che la lotta alla criminalità organizzata, attuata tramite le misure di prevenzione patrimoniale, deve bilanciarsi con la protezione della proprietà privata di chi è estraneo a tali contesti. Il comproprietario di un bene in comunione confiscato parzialmente non è destinato a rimanere in una situazione di stallo, ma può attivare gli strumenti previsti dal Codice Civile per sciogliere la comunione, ottenendo la propria parte o, se il bene è indivisibile e sussiste la sua buona fede, l’intera proprietà liquidandone il valore alla collettività.

È possibile chiedere la divisione di un bene parzialmente confiscato dallo Stato?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che il comproprietario privato ha il diritto di chiedere lo scioglimento della comunione, poiché la confisca di una quota non comprime né estingue il suo diritto di proprietà sulla quota rimanente.

Cosa succede se il bene in comunione con lo Stato non è fisicamente divisibile?
Se il bene non è divisibile, può essere assegnato per intero al comproprietario privato. Tale assegnazione è però subordinata a due condizioni: il giudice deve accertare la sua buona fede e il privato deve versare allo Stato un conguaglio in denaro pari al valore di mercato della quota confiscata.

La buona fede del comproprietario è presunta?
No, la buona fede non è presunta e deve essere accertata dal giudice di merito. La Corte precisa che non basta la semplice circostanza di non essere il soggetto colpito dalla misura di prevenzione, ma andranno valutati indici come le condizioni delle parti, i loro rapporti personali e patrimoniali, e l’eventuale sussistenza di specifici obblighi di diligenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati