Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23819 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23819 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31497/2020 R.G. proposto da : COGNOME difesa dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 892/2020 depositata il 03/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia concerne la fornitura di attrezzature da cucina da parte della RAGIONE_SOCIALE alla ditta RAGIONE_SOCIALE di Bruschi Ivetta. In un precedente giudizio, la COGNOME aveva domandato la riduzione del prezzo e il risarcimento del danno, mentre Amap aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per il saldo. Le due cause erano state riu-
nite e definite con sentenza del Tribunale di Ferrara nel 2009 che aveva rigettato la domanda attrice per decadenza. La Corte di appello aveva nel 2012 parzialmente riformato la sentenza, accogliendo la domanda di riduzione del prezzo e revocando il decreto. La sentenza della Corte di appello è stata confermata da Cass. 16881/2017.
Successivamente, la COGNOME instaurava il presente giudizio domandando la risoluzione del contratto, o in subordine la riduzione del prezzo, con risarcimento del danno, sempre in relazione alla medesima fornitura. COGNOME eccepiva la litispendenza e l’inammissibilità delle domande, sostenendo la decadenza ex art. 1495 c.c. e l’incompatibilità tra le azioni.
Il Tribunale di Ferrara dichiarava inammissibili le domande, rilevando l’identità con quelle già decise. La COGNOME impugnava la sentenza, sostenendo la compatibilità tra le due azioni.
La Corte distrettuale ha rigettato l’appello, argomentando fondamentalmente che le azioni di risoluzione e riduzione del prezzo sono alternative e incompatibili, con irrevocabilità della scelta una volta proposta la domanda giudiziale.
Ricorre la compratrice con quattro motivi, illustrati da memoria. Resiste la venditrice con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo, p. 4, denuncia violazione degli artt. 1492 e 1286 c.c. per avere la Corte di appello ritenuto inammissibile la domanda di risoluzione del contratto proposta dalla parte ricorrente, ritenendola coincidente con la precedente azione di riduzione del prezzo, già definita in altro giudizio, senza tenere conto che l’originaria obbligazione di garanzia sarebbe stata novata in seguito al tentativo del venditore di eliminare i vizi. Si contesta che la Corte non abbia considerato la giurisprudenza secondo cui il mutamento dell’obbligazione originaria per effetto dell’impegno, anche implicito, del venditore a eliminare i vizi, comporta la nascita di una nuo-
va obbligazione con oggetto e titolo diverso. Se inadempiuta tale obbligazione giustifica la domanda di risoluzione. Si richiama inoltre la giurisprudenza che ha confermato la distinzione tra le due azioni. Si afferma che la Corte distrettuale ha sorvolato su tale evoluzione del rapporto contrattuale, limitandosi a fondare la decisione sull’identità letterale di parte dell’atto introduttivo.
Il primo motivo è inammissibile.
La questione della novazione dell’obbligazione non è discussa nella sentenza impugnata, né la ricorrente specifica se e quando essa sia stata fatta valere nei gradi di merito. Nel merito il motivo si risolve in un tentativo di sollecitare un nuovo accertamento rispetto a quello sfociato nella conclusione della Corte di appello che la nuova azione riproduce quella già proposta, e che nessun elemento nuovo risulta allegato o provato. L’apprezzamento compiuto dalla Corte distrettuale rientra nei limiti del giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua e logicamente coerente, come nella specie.
2. – Il secondo motivo, p. 7, denuncia omesso esame circa fatti decisivi consistenti nella trasformazione dell’originaria obbligazione di garanzia in una nuova obbligazione, nel riconoscimento dei vizi da parte del venditore e nell’inservibilità totale dei beni. Si afferma che la Corte di appello ha erroneamente inquadrato la domanda nell’ambito della garanzia per vizi, senza considerare che essa concerneva l’inadempimento di una nuova obbligazione, derivante dalla vendita di aliud pro alio, e dunque sottratta ai limiti di decadenza e prescrizione ex art. 1495 c.c. Si richiama la giurisprudenza di legittimità secondo cui si ha aliud pro alio anche in caso di difetti tali da impedire l’utilizzazione della cosa secondo la funzione pattuita.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile.
Sul punto, ci troviamo dinanzi ad una doppia pronuncia conforme in primo e secondo grado. In tale ipotesi, ai sensi dell’art. 348 -ter, co. 5 c.p.c. (applicabile, ai sensi dell’art. 54 co. 2 d.l. 83/2012,
conv. in l. 134/2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), la parte ricorrente in cassazione, per evitare che il motivo ex art. 360, n. 5 c.p.c. sia dichiarato inammissibile (cfr. art. 348-ter, co. 5 c.p.c., nel suo richiamo al comma precedente), deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse, onere non assolto nel caso di specie (cfr. Cass. 7724/2022).
3. – Il terzo motivo, p. 9, denuncia violazione degli artt. 1453, 1455 e 1492 c.c. per non essersi la Corte di appello uniformata al principio per cui l’actio quanti minoris e la domanda di risoluzione del contratto non sono reciprocamente incompatibili, e dunque possono essere proposte anche separatamente. Si richiama giurisprudenza per affermare che la parte può proporre in giudizi distinti la domanda di riduzione del prezzo e la successiva domanda di risoluzione, soprattutto ove i vizi siano stati scoperti solo successivamente grazie all’uso del bene o alla consulenza tecnica. Si sostiene che la Corte distrettuale non abbia colto che, una volta accertata la totale inutilizzabilità dei beni e il grave inadempimento, la risoluzione del contratto diventa non solo possibile ma doverosa.
Il terzo motivo è rigettato.
Ai sensi dell’articolo 1492 c.c., le azioni di risoluzione del contratto e di riduzione del prezzo per vizi della cosa venduta sono rimedi alternativi. La scelta tra l’uno o l’altro rimedio è rimessa al compratore, salvo specifiche eccezioni previste dalla legge (principalmente legate all’impossibilità di restituire la cosa viziata). La scelta è irrevocabile una volta adottata con la domanda giudiziale (art. 1492 co. 2 c.c.). Tale principio non è di ostacolo al potere del compratore di cumulare le due domande in giudizio, ove egli colleghi l’una all’altra con un nesso di subordinazione, anche nel senso di subordinare la domanda di riduzione a quella di risoluzione (evidente-
mente non rileva in senso contrario l’art. 1453 co. 2 c.c., poiché la domanda di riduzione del prezzo non è una specie di domanda di adempimento). Un potere di cumulo così atteggiato è più frequentemente accreditato dalla giurisprudenza di questa Corte in relazione al contratto di appalto (cfr., tra le altre, Cass. 12803/2019), ma non vi sono ostacoli a rinvenirlo anche in relazione al contratto di compravendita.
Tuttavia, ciò non aiuta la compratrice nel caso di specie, poiché ella si era già vista rigettare la domanda di riduzione del prezzo nel primo giudizio.
4. – Il quarto motivo, p. 14, denuncia violazione dell’art. 1495 co. 2 c.c. per avere la Corte ritenuto tardiva la denuncia dei vizi, senza considerare che tale decadenza è esclusa dal riconoscimento dei vizi da parte del venditore, documentato da interventi tecnici e sostituzioni parziali, nonché da dichiarazioni testimoniali. Si richiama giuriprudenza per sostenere che l’impegno del venditore a eliminare i vizi ha effetti interruttivi della prescrizione. Si aggiunge che le condizioni dei beni, accertate dalla c.t.u., li rendevano non solo difettosi ma anche pericolosi, e ciò giustifica l’applicazione della disciplina della risoluzione per aliud pro alio, non soggetta ai termini di cui all’art. 1495 c.c.
Il quarto motivo è rigettato.
Sotto un primo profilo, si ritorna a far valere la giurisprudenza -la cui irrilevanza nel caso di specie è stata già acclarata nel rigettare il primo motivo secondo cui il mutamento dell’obbligazione originaria per effetto dell’impegno del venditore a eliminare i vizi comporta la nascita di una nuova obbligazione. Sotto altro profilo, la questione relativa alla sussistenza dei vizi è coperta dal giudicato in esito al primo giudizio.
5. – La Corte rigetta il ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 6.000, oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13/05/2025.