Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11077 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11077 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
Oggetto: azione sociale di responsabilità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1393/2021 R.G. proposto da COGNOME, rappresentato e difeso da ll’ avv. NOME
Carbonara
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’ COGNOME avv. NOME
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione
-intimato – avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 2738/2020, depositata l’8 giugno 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di appello di Roma, depositata l’8 giugno 2020, di reiezione del suo appello avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva accolto l ‘azione di responsabilità esercitata nei suoi confronti da NOME COGNOME quale socio della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, per atti di mala gestio compiuti quale coamministratore della società;
la Corte di appello ha riferito che a sostegno della domanda l’attore aveva allegato che: come accertato nel provvedimento cautelare che aveva disposto la provvisoria rimozione del convenuto dalla carica di coamministratore della società, quest ‘ultimo aveva distratto, nonostante il momento critico della società medesima, la somma di euro 130.000,00, derivante da una transazione, per destinarne 100.000,00 all’emissione di un assegno circolare, depositato presso un notaio, con il quale estinguere debiti sociali, 20.000,00 per rimborsare sé stesso in violazione dell’art. 2467 cod. civ. e la parte restante per pagare un credito sociale (vantato da NOME COGNOME, ancora inesigibile e ultimo nella lista dei crediti; aveva ritirato il predetto assegno depositato presso il notaio allorquando non era più legittimato a compiere atti in nome e per conto della società, per essere stato rimosso dalla carica di liquidatore; l’ammontare dei danni patiti dalla società ammontava a euro 200.000,00, di cui 130.000,00 pari alla somma distratta, nelle modalità suindicate, e la parte rimanente per pregiudizio arrecato alla gestione dei rapporti con i creditori sociali dal disordine operativo;
il giudice di appello ha dato atto che il Tribunale aveva accolto la domanda e condannato il convenuto al risarcimento dei danni in favore della società, liquidati in euro 101.600,00, oltre interessi legali dai singoli episodi di distrazione, evidenziando, in particolare, la mancanza di giustificazione dei pagamenti effettuati ai lavoratori e, relativamente all’importo eccedente e uro 400,00, per il leasing aziendale, nonché l’inesigibilità del credito del convenuto medesimo, indebitamente
soddisfatto, stante il suo carattere postergato;
ha, quindi, disatteso il gravame sottolineando l’insussistenza di un situazione di conflitto di interessi tra l’attore e la società tale da imporre la nomina di un curatore speciale, la genericità del motivo concernente la mancata ammissione di prove in ordine all’esistenza di una causa giustificatrice, individuata nell’adempimento di un debito sociale, dei pagamenti effettuati in favore dei lavoratori, e, quanto ai singoli episodi di distrazione accertati, la correttezza della valutazione del giudice di prime cure;
il ricorso è affidato a tre motivi;
resiste con controricorso NOME COGNOME;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo il ricorrente censura la statuizione concernente il mancato riconoscimento della sussistenza di un conflitto di interessi tra l’attore e la società sotto tre distinti profili: a) violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.; b) omesso esame di fatto decisivo e controverso del giudizio e travisamento della prova; c) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 78 cod. proc. civ. e 24 Cost.;
il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile;
la Corte di appello ha, sul punto, osservato, che «il conflitto di interessi che l’appellante deduce essere sussistente tra lo COGNOME e la società dallo stesso rappresentata quale liquidatore, riguarda la deduzione di presunte gravi irregolarità gestorie che, secondo l’appellante, avrebbero legittimato la società ad avanzare domanda di accertamento di responsabilità per danni nei confronti dello stesso COGNOME, irregolarità le quali, però, non sono oggetto del presente giudizio, anche se sono richiamate nella difesa dell’appellante al fine di dimostrare che la violazione delle medesime regole di condotta contestata al Caldarola avrebbe dovuto essere contestata al coamministratore, di talché ritiene la corte non sussistere un conflitto di
interessi tra la società ed il suo liquidatore, tale da legittimare la nomina del curatore speciale ai sensi dell’articolo 78 secondo comma c.p.c., non riflettendosi il denunciato conflitto di interesse sull’oggetto del presente giudizio»;
-una siffatta motivazione consente di individuare l’ iter argomentativo seguito dal giudice, per cui si sottrae alla censura di apparenza della motivazione, avuto riguardo al ribadito principio secondo cui il sindacato di legittimità sulla motivazione si è ormai ridotto alla verifica del rispetto del cd. minimo costituzionale che nel caso in esame risulta essere presente (cfr. Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053; nello stesso senso, più recentemente, Cass. 16 maggio 2024, n. 13621; Cass. 11 aprile 2024, n. 9807; Cass. 7 marzo 2024, n. 6127);
inammissibile è, poi, la doglianza in relazione alla prospettata violazione del paradigma di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., ricorrendo una ipotesi di cd. «doppia conforme» di cui all’art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ., e non avendo il ricorrente assolto all’onere di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello onde dimostrare che esse sono tra loro diverse e che, dunque, non trova applicazione la regola preclusiva della censura per omesso esame di fatti decisivi e controversi (cfr. Cass. 28 febbraio 2023, n. 5947; Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774);
in ogni caso, si osserva che i fatti asseritamente non presi in esame -essenzialmente riconducibili a irregolarità di cui il co-amministratore COGNOME si sarebbe reso protagonista -sono stati invece considerati dalla Corte di appello;
quanto, infine, alla valutazione operata dalla Corte di appello in ordine alla insussistenza del denunciato conflitto di interesse, si osserva che nelle azioni di responsabilità sociale ex art. 2476, terzo comma, cod. civ., quale quella in esame, il conflitto, da valutarsi in astratto, mentre sussiste, per definizione, tra l’interesse della società, litisconsorte
necessario, a vedere reintegrato il suo patrimonio, diminuito dagli atti inadempienti ascritti dell’amministratore, e quello di quest’ultimo a preservare il patrimonio personale da ogni pretesa (cfr. Cass. 20 settembre 2021, n. 25317), il contrario deve affermarsi con riferimento all’interesse della società e quello del socio attore, che risultano coincidere, avuto riguardo al fatto che la legittimazione riconosciuta a quest’ultimo ha carattere straordinario, riconducibile alla nozione di sostituzione processuale ex art. 81 cod. proc. civ., per cui l’impugnazione è proposta nell’interesse della società (cfr. Cass. 25 luglio 2018, n. 19745; Cass. 4 luglio 2018, n. 17493; Cass. 26 maggio 2015, n. 10936);
con il secondo motivo il ricorrente deduce l’omessa pronuncia sulla legittimità della rappresentanza processuale della società, costituita nella persona di NOME COGNOME nella spesa qualità di liquidatore, benché la sua nomina fosse stata annullata in sede giudiziale, e, in subordine, la violazione degli artt. 34, 112, 295, 337, secondo comma, cod. proc. civ. e 2310 cod. civ . in relazione all’omessa sospensione del giudizio in attesa del passaggio in giudicato della sentenza che aveva annullato la nomina del predetto COGNOME a liquidatore;
il motivo è inammissibile;
va rammentato che la rilevabilità del difetto di legittimazione processuale, pur rientrando tra le questioni rilevabili anche d’ufficio dal giudice, dev’essere coordinata con il sistema processuale vigente e con le preclusioni da esso introdotte, per cui esso va rilevato in primo grado non oltre l’udienza di trattazione e in appello l’assenza di poteri rappresentativi va inserita nei motivi di appello;
ne consegue che, in difetto di una tempestiva contestazione all’interno dei due momenti processuali sopra indicati e qualora il giudice di merito non abbia ritenuto di chiedere d’ufficio, ad una delle parti, la giustificazione dei poteri rappresentativi in capo alla persona
che ha rilasciato la procura ad litem , la questione non è proponibile per la prima volta con il ricorso per cassazione (così, Cass. 19 dicembre 2019, n. 33769; Cass. 4 aprile 2003, n. 5328);
nel caso in esame, il ricorrente non ha provveduto alla corretta deduzione e allegazione degli atti processuali comprovanti l’avvenuta tempestiva sollevazione della questione tra i motivi di appello, né della stessa vi è evidenza nella sentenza impugnata;
-con l’ultimo motivo il ricorrente si duole della violazione degli artt. 115, primo comma, 116, primo e secondo comma, 163, 342, 350 e 356 cod. proc. civ. e 3, 24 e 111 Cost., nonché dell’omesso esame di fatti decisivi e controversi del giudizio, per aver la Corte di appello dichiarato inammissibile i motivi di gravame concernenti la mancata ammissione delle prove orali richieste e la mancata acquisizione della documentazione ex art. 210 cod. proc. civ. sollecitata dalla parte;
il motivo è inammissibile;
il giudizio sulla superfluità o genericità della prova orale articolata è insindacabile in cassazione, involgendo una valutazione di fatto che può essere censurata soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di ordine logico (cfr. Cass. 21 novembre 2022, n. 34189; Cass. 10 settembre 2004, n. 18222);
-l ‘ emanazione di ordine di esibizione, poi, è discrezionale e la valutazione di indispensabilità non deve essere neppure esplicitata, per cui il relativo esercizio non è sindacabile in sede di legittimità, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l’iniziativa della parte istante non abbia finalità esplorativa (cfr. Cass. 8 ottobre 2021, n. 27412; Cass. 1° aprile 2019, n. 9020; Cass. 21 febbraio 2017, n. 4504);
sotto altro aspetto, si osserva che allorché, come nel caso in esame, nel ricorso per cassazione sia denunciata la mancata ammissione di un mezzo istruttorio, è necessario che il ricorrente non si limiti ad una
censura generica, ma invece specifichi gli elementi di giudizio dei quali lamenta la mancata acquisizione, evidenziando il contenuto e le finalità della richiesta istruttoria, le circostanze che formavano oggetto della prova, quale ne fosse la rilevanza, ed a qual titolo i soggetti chiamati a rispondere su di esse potessero esserne a conoscenza (cfr. Cass. 10 agosto 2017, n. 19985; Cass. 30 luglio 2010, n. 17915; Cass. 14 marzo 2006, n. 5479);
parte ricorrente non ha assolto a un siffatto onere, limitandosi a riprodurre i 159 capitoli di prova articolati e la richiesta di acquisizione di documenti ex art. 210 cod. proc. civ., senza, tuttavia, chiarire la rilevanza dei fatti e dei documenti indicati, la finalità delle richieste istruttorie e la qualità dei soggetti indicati quali testi;
per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso non può essere accolto;
le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 5.600,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 28 marzo 2025.