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Azione revocatoria: scientia damni e donazione

Una creditrice agiva in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni derivanti da un incendio e per la revoca di una donazione di tutti i beni immobili effettuata dalla debitrice pochi giorni dopo l’evento. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della creditrice, ha stabilito che nell’azione revocatoria di un atto di donazione dell’intero patrimonio, la consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio al creditore (scientia damni) si presume e non necessita di prova specifica, cassando la decisione di merito che aveva rigettato la domanda.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Azione Revocatoria: La Donazione dell’Intero Patrimonio Implica la Coscienza del Danno

L’azione revocatoria rappresenta uno degli strumenti più efficaci a tutela del creditore di fronte ad atti con cui il debitore si spoglia dei propri beni per sottrarli alla garanzia del credito. Con la recente ordinanza n. 10677/2025, la Corte di Cassazione torna su questo tema cruciale, offrendo un’importante precisazione riguardo la prova della scientia damni, ovvero la consapevolezza del debitore di arrecare un danno. Il caso esaminato chiarisce che la donazione dell’intero patrimonio immobiliare, effettuata a pochi giorni da un evento dannoso, costituisce di per sé prova sufficiente della consapevolezza del pregiudizio.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una richiesta di risarcimento danni avanzata da un’imprenditrice a seguito di un incendio, avvenuto nel 1992, che aveva danneggiato la sua attività commerciale e che, a suo dire, era riconducibile alla proprietaria di un immobile vicino. Pochi giorni dopo l’incendio, quest’ultima donava tutti i suoi beni immobili al nipote. L’imprenditrice, temendo di non poter soddisfare il proprio futuro credito, agiva in giudizio non solo per il risarcimento, ma anche per ottenere la revoca della donazione ai sensi dell’art. 2901 c.c.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda di risarcimento ma rigettava l’azione revocatoria. La Corte d’Appello confermava la decisione, ritenendo non provato l’elemento soggettivo della scientia damni in capo alla donante. La questione giungeva così all’esame della Corte di Cassazione a seguito del ricorso dell’imprenditrice.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha adottato una decisione a due facce. In primo luogo, ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale presentato dal nipote beneficiario della donazione. La motivazione risiede in un vizio formale: il ricorso non conteneva una chiara ed essenziale esposizione dei fatti di causa, limitandosi a enunciare e poi illustrare i motivi, violando così il requisito previsto dall’art. 366 c.p.c.

Nel merito, invece, la Corte ha accolto il primo motivo del ricorso principale della creditrice, cassando con rinvio la sentenza d’appello. Il cuore della decisione si concentra sull’errata interpretazione, da parte dei giudici di merito, dell’art. 2901 c.c. e del requisito della scientia damni.

Le Motivazioni: L’Azione Revocatoria e la Prova della Scientia Damni

La Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di azione revocatoria per atti a titolo gratuito (come la donazione) compiuti dopo il sorgere del credito. In questi casi, per integrare il requisito soggettivo, è sufficiente la mera conoscenza o l’agevole conoscibilità, da parte del debitore, del pregiudizio che l’atto di disposizione arreca alle ragioni del creditore. Non è richiesta la prova di un intento specificamente fraudolento.

Il punto dirimente della pronuncia è l’affermazione che tale conoscenza si presume in re ipsa (cioè è implicita nei fatti stessi) quando l’atto dispositivo ha ad oggetto l’intero patrimonio del debitore o una parte così consistente da compromettere la capienza per il soddisfacimento del credito. La Corte d’Appello aveva errato nel sostenere che la stretta vicinanza temporale tra l’incendio e la donazione non fosse un indice decisivo, poiché all’epoca non erano ancora ‘chiare le responsabilità’ della donante.

Secondo la Cassazione, questo ragionamento è fallace. L’elemento soggettivo richiesto è la consapevolezza del pregiudizio, non la certezza della propria responsabilità giuridica. Donare l’intero proprio patrimonio immobiliare pochi giorni dopo un evento che ha generato una potenziale, ingente richiesta di risarcimento, è un atto che oggettivamente pregiudica le ragioni di un possibile futuro creditore. Pertanto, la scientia damni doveva essere ritenuta sussistente, spostando sul debitore l’onere di provare che il suo patrimonio residuo era sufficiente a garantire il creditore.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza significativamente la tutela dei creditori. Stabilisce che, di fronte a un atto di donazione che svuota il patrimonio del debitore, la prova della consapevolezza del danno è presunta. Il creditore che agisce in revocatoria non è tenuto a un’indagine complessa sull’intento fraudolento del debitore. Sarà sufficiente dimostrare l’oggettivo pregiudizio (eventus damni) e il fatto che il debitore si è spogliato di tutti o della maggior parte dei suoi beni. Questa presunzione semplifica notevolmente l’onere probatorio a carico del creditore, rendendo più agevole ed efficace il recupero del credito anche quando il debitore tenta di disfarsi dei propri averi.

Quando si può presumere la “scientia damni” del debitore in un’azione revocatoria?
Secondo la Corte, la consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio al creditore (scientia damni) si presume ‘in re ipsa’ quando l’atto dispositivo a titolo gratuito, come una donazione, ha per oggetto l’intero patrimonio del debitore o comunque una sua parte consistente.

Perché il ricorso incidentale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso incidentale è stato dichiarato inammissibile perché non rispettava il requisito formale previsto dall’articolo 366 c.p.c., ovvero mancava di una ‘chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso’, limitandosi a elencare e poi sviluppare i motivi senza fornire la necessaria ricostruzione fattuale.

In un’azione revocatoria per un atto gratuito successivo al sorgere del credito, è necessario provare l’intento fraudolento del donante?
No, la sentenza chiarisce che per un atto a titolo gratuito compiuto dopo il sorgere del credito non è necessario provare un intento specificamente fraudolento. È sufficiente dimostrare la conoscenza o la semplice conoscibilità, da parte del debitore, del pregiudizio che l’atto avrebbe arrecato alle ragioni del creditore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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