SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ANCONA N. 1313 2025 – N. R.G. 00000144 2024 DEPOSITO MINUTA 31 10 2025 PUBBLICAZIONE 31 10 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D’APPELLO DI ANCONA
SECONDA SEZIONE CIVILE
Riunita in camera di consiglio e composta da:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME Presidente
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME Consigliere
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME Consigliere est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento civile in grado d’appello iscritto al n. 144NUMERO_DOCUMENTO
NOME
Promosso da
con sede in Fabriano (INDIRIZZO) località
Valdicastro – INDIRIZZO
), in persona del Legale
P.
Rapp. p.t., Sig.
e
con sede in Fabriano INDIRIZZO) località INDIRIZZO
), in persona del Legale Rapp. p.t., P.
Sig.
,
rappresentate e difese dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
Appellanti
Contro
in persona del legale
rappresentante p.t. AVV_NOTAIO
con sede a Jesi (AN) in Viale
INDIRIZZO nINDIRIZZO (P.Iva:
)
P.
Appellata contumace
Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Ancona n. 1463/2023 pubblicata il 6.11.2023
Conclusioni:
per le appellanti
‘Piaccia all’Ill.ma Corte di Appello Civile di Ancona, ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa,
……in via principale: in riforma dell’impugnata sentenza, per le causali di cui in narrativa, accertata e dichiarato che non sussistono le condizioni dell’azione ex art. 2901 c.c., rigettare la domanda revocatoria proposta dal
con riferimento al contratto di ‘formale’ cessione di ramo d’azienda del 07.10.21.
Con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio’.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Ancona, con la sentenza sopra indicata, dichiarava l’inefficacia nei confronti del dell’atto di cessione di azienda intercorso tra le due appellanti (scrittura privata autenticata del 07.10.21 del AVV_NOTAIO con cui è stato ceduto dalla alla il ramo d’azienda relativo all’attività di produzione di energia elettrica.)
Avverso detta sentenza proponevano appello la società
e la affidato ai
motivi sotto elencati, chiedendo l’accoglimento delle conclusioni sopra trascritte.
Nessuno si costituiva per l’appellato.
La Corte, preso atto delle conclusioni rassegnate dalle parti e lette le note conclusionali, tratteneva la causa in decisione
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo ed il secondo motivo le appellanti censurano la sentenza di primo grado per aver ritenuto sussistenti i presupposti per l’azione revocatoria, senza minimamente esaminare le difese di esse appellanti da cui emergeva chiaramente che non vi era stata alcuna diminuzione delle garanzie del credito ed alcun danno e che l’atto di cessione di azienda era stata posto in essere solo per ragioni formali e per consentire il passaggio delle convenzioni GSE in favore della che, già prima della scrittura privata di cui si chiede dichiararsi l’inefficacia, era proprietaria degli impianti fotovoltaici.
In altri termini, deducono che l’atto ‘formale’ di cessione d’azienda non ha determinato la fuoriuscita dell’impianto fotovoltaico dal patrimonio della
poiché tale fuoriuscita si era già determinata con la risoluzione del contratto di compravendita con patto di riservato dominio tra e la a seguito del quale l’ ha posto in vendita competitiva tutto il compendio immobiliare (compreso l’impianto fotovoltaico installato sugli immobili) che è stato acquistato dalla .
In relazione agli altri beni oggetto di cessione, deducono che l’utenza non è un bene, trattandosi di un mero codice alfanumerico viene assegnato all’utenza elettrica e comunicato al cliente finale al momento dell’allacciamento, come tale, privo di valore e che i contratti stipulati per l’esercizio del ramo d’azienda, comprese le convenzioni stipulate con il RAGIONE_SOCIALE non hanno autonoma rilevanza, dal momento che i crediti verso RAGIONE_SOCIALE erano stati già ceduti alla , poi divenuta e la titolarità della Convenzione RAGIONE_SOCIALE e la relativa tariffa incentivante poteva essere trasferita solo al soggetto proprietario del bene immobile su cui l’impianto è installato, ovverosia la . Parte
Prima di esaminare nel merito le censure mosse va precisato che non sussiste l’eccepito vizio di motivazione della sentenza impugnata, avendo il primo giudice indicato gli elementi sui quali ha tratto il proprio convincimento, consentendo l’identificazione dell’ iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo.
Ciò posto, giova premettere che l’azione revocatoria si inquadra nell’ambito dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale generica di cui all’art. 2740 c.c. e, come tale, assolve ad una funzione squisitamente cautelare. Per il positivo esperimento della stessa, è necessario che il creditore alleghi e dimostri, sia pure secondo lo schema delle presunzioni, tre elementi: l’esistenza del diritto di credito che intende tutelare; il c.d. eventus damni , cioè il pregiudizio che l’atto impugnato arreca alle proprie ragioni, che ben può declinarsi anche in termini di un incerto o più difficile soddisfacimento, in futuro, del credito e non, quindi, nella necessaria totale compromissione del patrimonio; infine, qualora si tratti, come nel caso di specie, di un atto a titolo oneroso successivo al sorgere del credito, la c.d. scientia fraudis , intesa come la conoscenza, da parte del debitore, del pregiudizio che l’atto compiuto arreca alle ragioni creditorie.
Orbene, quanto al primo requisito, non è contestato che il
sia titolare di un credito derivante da vari pagherò cambiari agrari, non soddisfatto neppure all’esito della procedura immobiliare intrapresa.
Quanto all’ eventus damni , deve ribadirsi che, in tema di azione revocatoria, condizione essenziale per la tutela del creditore è il pregiudizio alle ragioni dello stesso, per la cui configurabilità, tuttavia, non è necessario che sussista un danno concreto ed effettivo, essendo sufficiente un pericolo di danno derivante dall’atto di disposizione, il quale, alla luce di un giudizio prognostico proiettato verso il futuro, abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale tale da rendere incerta l’esecuzione coattiva del debito o da comprometterne la fruttuosità. (Cassazione civile sez. III, 18/04/2025, n.10298).
Orbene, risulta dalla documentazione in atti che oggetto di cessione è stato il ramo d’azienda, che comprendeva:
i contratti stipulati per l’esercizio del ramo d’azienda, comprese le convenzioni stipulate con il RAGIONE_SOCIALE i cui crediti erano ceduti alla Cassa di Risparmio di RAGIONE_SOCIALE;
l’utenza POD n. IT001E49490011;
i componenti dell’impianto fotovoltaico costituiti da pannelli, inverter, apparecchiature di misura, attrezzature, trasformatori, cavi elettrici, gruppi soccorritori e le strutture in alluminio, così come specificati nell’allegato A del contratto di cessione.
Sostengono le appellanti che detta cessione sia stato un atto ‘formale’, dal momento che gli unici beni di valore oggetto di cessione (impianto fotovoltaico)
erano di fatto già di proprietà della
Detta censura non coglie nel segno, dal momento che è pacifico che l’atto di cui si chiede dichiararsi l’inefficacia ha privato la cedente degli unici beni ad essa riferibili, trasformandoli in un corrispettivo in denaro mai rintracciato nel patrimonio sociale: è evidente, allora, che, vi sia stata una modificazione quantitativa e qualitativa della garanzia patrimoniale, atteso che il denaro è un bene molto più facile da occultare rispetto ai beni oggetto di cessione.
Sono allora irrilevanti le deduzioni degli appellati per cui si tratterebbe solo di un atto formale avente ad oggetto beni di nessun valore, dal momento che una volta che il creditore ha provato la variazione patrimoniale, come nel caso di specie, è onere del debitore dimostrare che il proprio patrimonio abbia conservato valore e caratteristiche tali da garantire il soddisfacimento delle ragioni creditorie, prova assolutamente non fornita nel caso in esame (cfr Cass civ sez III n. 25451/25).
In altri termini, condizione essenziale per la tutela del creditore è il pregiudizio alle ragioni dello stesso, per la cui configurabilità, tuttavia, non è necessario che sussista un danno concreto ed effettivo, essendo sufficiente un pericolo di danno derivante dall’atto di disposizione, il quale, alla luce di un giudizio prognostico proiettato verso il futuro, abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale tale da rendere incerta l’esecuzione coattiva del debito o da comprometterne la fruttuosità.
Ciò posto, è documentalmente provato che il credito del , pari ad euro 25.575,00 per sorte capitale, sia sorto abbondantemente prima dell’atto di disposizione patrimoniale, tant’è che si fonda su cambiali insolute e protestate, tutte scadute nel periodo compreso tra il 30/09/2018 e il 30/04/2019 (v. doc. 13), mentre il contratto di cessione del ramo d’azienda è stato sottoscritto in data 07/10/2021.
Quanto all’elemento soggettivo, è stato precisato che ‘allorché l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, l’unica condizione per l’esercizio della stessa è che il debitore fosse a conoscenza del pregiudizio delle ragioni del creditore e, trattandosi di atto a titolo oneroso, che di esso fosse consapevole il terzo’ (Cass. civ., sez. VI, sent. n. 16221/2019).
Sul punto, secondo il costante orientamento della Suprema Corte, la prova della ” participatio fraudis ” del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata, anche, da presunzioni semplici.
Al riguardo, è documentato in atti che prima dell’atto di cessione del ramo d’azienda sono stati notificati alla molteplici atti, tra precetti e atti di pignoramento (v. doc. 1-2-3-5 allegati al fascicolo di primo grado di parte appellata), tutti giunti alla propria conoscenza come risulta dai vari avvisi di ricevimento, circostanza che dimostra che la debitrice avesse la piena consapevolezza di compiere un atto pregiudizievole nei confronti del .
Agevolmente dimostrabile è poi anche l’elemento soggettivo in capo alla se solo si consideri che la stessa è risultata parte, in qualità di terzo pignorato, nel procedimento esecutivo rubricato al n. R.G. 65/2020 Tribunale di Ancona, tanto che, in data 06/09/2021, veniva raggiunta dalla notifica di un atto di precetto in virtù dell’ordinanza di assegnazione emessa in data 13/01/2020 nell’ambito del sopra indicato pignoramento e rimasta del tutto ineseguita.
A ciò deve aggiungersi che dalle visure camerali (docc. 11 – 12 prodotte dall’appellata nel primo grado di giudizio) emerge come le due società abbiano di fatto la medesima sede legale, sita in Fabriano, INDIRIZZO.
In definitiva, devono ritenersi sussistenti tutti gli elementi costitutivi della domanda formulata ex art. 2901 c.c. dalla parte attrice e, quindi, deve dichiararsi l’inefficacia nei suoi confronti dell’atto dispositivo di cui trattasi.
Ci si trova al cospetto, all’evidenza, di sola inefficacia e non anche di nullità come indicato erroneamente dal primo giudice nel solo dispositivo, che, pertanto, in tal senso, andrà riformato.
Gli appellanti censurano poi la sentenza di primo grado nella parte in cui le ha condannate alla refusione delle spese di lite: detta doglianza è infondata, avendo il Tribunale fatto corretta applicazione del principio della soccombenza a fonte del fatto che l’attore in primo grado è risultato essere totalmente vittorioso sulle domande proposte.
I limiti di accoglimento di accoglimento dell’appello (esclusivamente sull’erronea dichiarazione di nullità, peraltro mai richiesta dall’attore nel primo grado di giudizio) non incidono sulla soccombenza delle odierne appellanti in entrambi i gradi di giudizio.
Quanto alle spese di lite del presente grado, deve osservarsi che la condanna, a norma dell’art. 91 cod. proc. civ., ha il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto, sicché essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (cfr da ultimo Cassazione civile sez. II, 04/06/2025, n.14972 e nello stesso senso Cass., Sez. 6-3, 19/06/2018, n. 16174; Cass., Sez. 2, 19/08/2011, n. 17432; Cass., Sez. 1, 25/09/1997, n. 9419).
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando nel giudizio n. 144/2024, così provvede: in parziale revoca della sentenza di primo grado dichiara inefficace ex art. 2901 cc nei confronti del l’atto di cessione di ramo d’azienda del 07.10.21 intercorso tra la
e per scrittura privata autenticata dal AVV_NOTAIO di AVV_NOTAIO rep. N. 1384, racc. n. 948
conferma per il resto la sentenza impugnata
Nulla sulle spese di lite del presente grado di giudizio
Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del 23.10.2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO NOME COGNOME