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Azione petitoria: quando interrompe l’usucapione?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un’azione petitoria, intentata dal convenuto in un giudizio possessorio, pur essendo proceduralmente inammissibile ai sensi dell’art. 705 c.p.c., è comunque idonea a interrompere il termine per l’usucapione. La Corte ha chiarito che il rischio del maturare dell’usucapione non costituisce quel “danno grave e irreparabile” che, secondo la Corte Costituzionale, consentirebbe di derogare al divieto di cumulo tra giudizio possessorio e petitorio. Di conseguenza, l’azione è stata rigettata e la parte ricorrente condannata alle spese, in quanto la sua domanda, sebbene efficace sul piano sostanziale, era proceduralmente superflua e inammissibile.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Azione petitoria: Anche se inammissibile, interrompe l’usucapione?

L’azione petitoria rappresenta lo strumento fondamentale per la difesa della proprietà. Ma cosa accade quando si intreccia con un giudizio possessorio già in corso? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un dilemma complesso: è possibile agire in petitorio per fermare l’usucapione da parte dell’avversario, nonostante il divieto imposto dal codice di procedura civile? La risposta della Suprema Corte offre importanti chiarimenti sugli effetti sostanziali di un’azione proceduralmente inammissibile.

I fatti del caso: una controversia su una servitù di passaggio

La vicenda trae origine dalla domanda di una proprietaria terriera che si era rivolta al Tribunale per far dichiarare l’inesistenza di una servitù di passaggio sul suo fondo, vantata da una società agricola confinante. La situazione era complicata dal fatto che, al momento dell’avvio di questa causa (l’azione petitoria), era già pendente un altro procedimento, un’azione possessoria, intentato dalla società agricola contro la stessa proprietaria per essere reintegrata nel possesso del passaggio.

Il Tribunale di primo grado aveva dichiarato la domanda della proprietaria improponibile, applicando l’art. 705 del codice di procedura civile, che vieta al convenuto in un giudizio possessorio di proporre un giudizio petitorio fino alla conclusione del primo. La proprietaria aveva impugnato la decisione, sostenendo che tale divieto dovesse essere superato in presenza di un “danno grave e irreparabile”, identificato nel rischio che la società agricola maturasse il diritto di servitù per usucapione.

Il divieto di cumulo e l’eccezione del grave pregiudizio

L’articolo 705 c.p.c. stabilisce una netta separazione tra la tutela del possesso e quella della proprietà. Lo scopo è garantire una rapida ed efficace protezione dello stato di fatto (il possesso), rimandando a un momento successivo l’accertamento del diritto (la proprietà). Tuttavia, la Corte Costituzionale (sentenza n. 25/1992) ha introdotto un’eccezione, ammettendo l’azione petitoria in pendenza del giudizio possessorio qualora dalla sua attesa possa derivare al convenuto un “pregiudizio grave e irreparabile”.

La ricorrente sosteneva che il decorso del tempo utile per l’usucapione rientrasse in questa nozione di danno. La Corte d’Appello, però, aveva rigettato tale tesi con una motivazione particolare: l’atto stesso di aver proposto l’azione petitoria, sebbene proceduralmente inammissibile, aveva prodotto l’effetto sostanziale di interrompere la prescrizione acquisitiva (usucapione). Di conseguenza, il presunto danno era stato di fatto evitato, rendendo l’azione non necessaria e quindi correttamente dichiarata inammissibile.

L’efficacia interruttiva dell’azione petitoria inammissibile

La Corte di Cassazione, chiamata a decidere in ultima istanza, ha confermato la decisione dei giudici di merito, consolidando un importante principio giuridico. I giudici hanno chiarito che un’azione giudiziale, anche se irritualmente proposta, è espressione della volontà del titolare del diritto di farlo valere, ed è quindi sufficiente a interrompere il decorso della prescrizione e dell’usucapione ai sensi degli articoli 1165 e 2943 del codice civile.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che il ragionamento della Corte d’Appello non era affatto contraddittorio. L’azione petitoria aveva un duplice volto: sul piano processuale, era inammissibile a causa del divieto dell’art. 705 c.p.c.; sul piano sostanziale, era pienamente efficace nell’interrompere l’usucapione. Poiché l’effetto interruttivo si era prodotto, il “grave pregiudizio” lamentato dalla ricorrente non sussisteva più.

Inoltre, la Corte ha precisato che la nozione di “danno grave e irreparabile” delineata dalla Corte Costituzionale si riferisce a pregiudizi materiali e irreversibili, come la distruzione di un bene o la sua alienazione a terzi in buona fede, e non al semplice maturare dell’usucapione, che può essere agevolmente interrotto. I giudici hanno anche evidenziato che la proprietaria avrebbe potuto ottenere lo stesso risultato interruttivo in modo proceduralmente corretto, sollevando una semplice eccezione di natura petitoria all’interno dello stesso giudizio possessorio, senza la necessità di avviare una causa separata. Poiché l’azione non era l’unica via percorribile, la sua inammissibilità e la conseguente condanna alle spese erano corrette.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre una lezione pratica di strategia processuale. Chi si trova convenuto in un giudizio possessorio e teme che la controparte possa usucapire un diritto sul proprio bene deve agire con cautela. Avviare un’autonoma azione petitoria è una mossa rischiosa: pur interrompendo l’usucapione, sarà molto probabilmente dichiarata inammissibile, con condanna al pagamento delle spese legali. La via maestra, suggerita dalla Cassazione, è quella di difendersi all’interno del giudizio possessorio, sollevando un’eccezione petitoria. Questa mossa, meno dispendiosa e proceduralmente corretta, è sufficiente a manifestare la propria volontà di contestare il diritto altrui e a interrompere il decorso del tempo necessario per l’usucapione, salvaguardando così la propria proprietà.

È possibile avviare un’azione petitoria mentre è in corso un giudizio possessorio?
Di norma no. L’art. 705 c.p.c. lo vieta al convenuto nel giudizio possessorio. L’unica eccezione è quando l’attesa della fine del processo possessorio causerebbe un danno grave e irreparabile, ma la Cassazione ha chiarito che il rischio di usucapione non rientra in questa categoria.

La proposizione di un’azione petitoria, anche se dichiarata inammissibile, interrompe il termine per l’usucapione?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la notifica di un’azione petitoria, anche se proceduralmente irrituale o inammissibile, è un atto idoneo sul piano sostanziale a interrompere il decorso del tempo utile per l’usucapione, in quanto manifesta la volontà del proprietario di far valere il proprio diritto.

Il rischio che la controparte acquisti un diritto per usucapione costituisce un “danno grave e irreparabile” che giustifica l’azione petitoria in pendenza del giudizio possessorio?
No. Secondo la Corte, il pregiudizio derivante dal possibile compimento dell’usucapione non è considerato “grave e irreparabile” ai fini della deroga al divieto di cui all’art. 705 c.p.c. Questo perché tale rischio può essere neutralizzato con l’effetto interruttivo prodotto dalla stessa azione petitoria o, più correttamente, da un’eccezione petitoria sollevata nel giudizio possessorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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