Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21648 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21648 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 12241/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrenti – avverso la sentenza n. 5102/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 18/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
Il Tribunale di Verona rigettò, per quel che ancora qui rileva, la domanda con la quale NOME COGNOME aveva chiesto dichiararsi acquistata per usucapione servitù di condotta fognaria a carico dell’RAGIONE_SOCIALE e, del pari, la domanda riconvenzionale, con la quale era stata chiesta la condanna dell’attore ad asportare la conduttura in parola.
La Corte d’appello di Venezia disattese l’impugnazione della RAGIONE_SOCIALE, la quale si era doluta della violazione dell’art. 949 e 832 cod. civ., nonché dell’art. 42 Cost., nonché del regolamento delle spese.
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione fondato su cinque motivi.
NOME e NOME COGNOME, succeduti a NOME, resistono con controricorso. Sono pervenute memorie.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2909, 949 cod. civ. e 324 cod. proc. civ. assumendo che, non essendo stata impugnata dalla controparte la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la pretesa di acquisto per usucapione della servitù, aveva, di conseguenza, trovato accoglimento l’accertamento negativo dedotto dalla convenuta e, pertanto, la Corte d’appello avrebbe dovuto ordinare la rimozione della conduttura. Ciò non aveva fatto, nonostante fosse stata eccepito il giudicato interno.
Con il secondo e il terzo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 949 cod. civ. e 100 cod. proc. civ.
La ricorrente contesta l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui l’attrice in ‘negatoria servitutis’ avrebbe dovuto dare la prova dell’esistenza di un danno, tale da concretizzare l’interesse alla rimozione della tubazione.
I motivi sono fondati.
6.1. La Corte d’appello chiaramente individua il perimetro della materia a essa sottoposta: oltre alla doglianza sul regolamento delle spese, la pretesa della società convenuta, attrice in riconvenzionale-appellante di vedere accolta la propria domanda di rimozione della condotta.
Tuttavia, disattende la censura con la incongrua e apodittica, oltre che insondabile, spiegazione, secondo la quale già nel 1982 l’appellante aveva richiesto una tale rimozione, senza ottenerla, e poi non aveva insistito, avendo anzi svolto lavori di manutenzione.
Con un tale asserto la Corte locale ha indubbiamente fatto falsa applicazione degli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ.: per un verso non spiega per quale ragione dal giudicato nascente dal rigetto della domanda del COGNOME, volta alla declaratoria d’acquisto per usucapione della servitù, non consegua il diritto alla rimozione della conduttura, avanzato in via riconvenzionale dall’RAGIONE_SOCIALE; per altro verso, parrebbe, invero, piuttosto confusamente, affermare l’esistenza di un giudicato contrario all’interesse della società ricorrente, nascente dalla nebulosa e sommaria vicenda sopra riportata.
Non è inutile soggiungere che la parvenza motivazionale (non censurata ex se dalla società ricorrente) qui conduce a una falsa applicazione dell’istituto del giudicato.
7.2. L’interesse ad agire in “negatoria servitutis” sussiste anche quando, pur non denunciandosi l’avvenuto esercizio di atti materialmente lesivi della proprietà dell’attore, questi, a fronte di inequivoche pretese reali affermate dalla controparte sulla stessa, intenda far chiarezza al riguardo con l’accertamento dell’infondatezza delle dette pretese (Sez. 2, n. 5569, 08/03/2010, Rv. 611783).
Erra, quindi, la Corte di Venezia a pretendere la prova di un ulteriore e specifico danno.
Con il quarto motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 840, 2697, 2909 cod. civ. e 345 cod. proc. civ.
Si afferma che:
solo tardivamente, con la costituzione in appello, gli appellati avevano eccepito che la controparte non aveva alcun interesse a chiedere la rimozione della tubatura, che passava non su un terreno libero, ma al di sotto della costruzione alberghiera e ciò a prescindere dalla non veridicità dell’assunto;
la sentenza aveva, errando, sostenuto che non poteva farsi luogo al ripristino dei luoghi mancando l’interesse dell’appellante ai sensi dell’art. 840 cod. civ., in violazione dell’intervenuto giudicato sulla negatoria servitutis;
la deduzione degli appellati costituiva una vera e propria eccezione tardivamente proposta;
spettava ai COGNOME provare che la condotta si trovava a profondità tale nel sottosuolo da non far emergere un interesse della proprietaria dell’immobile, per contro la condotta, solo in parte posta al disotto della struttura alberghiera, attraversava il locale garage, passando sotto il soffitto.
8.1. Il motivo è fondato nei termini di cui appresso.
Il comma secondo dell’art. 840 cod. civ., a delimitazione del diritto di proprietà stabilisce che <>.
L’interesse del proprietario costituisce limite legale della proprietà del sottosuolo e del soprasuolo, che, secondo il nostro
codice civile non si estende ‘ùsque ad sìdera, ùsque ad ìnferos’, come nel ‘domìnium ex iùre quirìtium’, ma, perse le caratteristiche di dominio eminente, modernamente si giustifica solo fino a che il proprietario può trarne utilità.
Di conseguenza, l’evocazione della disposizione non costituisce eccezione in senso proprio, bensì argomentazione difensiva o eccezione in senso lato.
Perciò non può condividersi il motivo nella parte in cui deduce che l’asserto della controparte non avrebbe potuto essere preso in considerazione trattandosi d’eccezione tardiva.
Tuttavia, va condiviso l’orientamento di questa Corte reso con una pronuncia, oramai remota, secondo la quale il proprietario del suolo, in quanto tale, ha diritto di utilizzare anche il sottosuolo, come parte integrante del fondo, e, quindi, di opporsi a qualsiasi attività che il terzo voglia esplicare nel sottosuolo del suo diritto di proprietà. Il diritto del proprietario sul sottosuolo trova, però, un limite alla sua estensione nella possibilità di utilizzazione che il titolare di esso può fare del sottosuolo; egli può agire uti dominus contro chiunque rechi pregiudizio al suo diritto, salvo al terzo di dimostrare la carenza di interesse di esso proprietario, perché l’attività stessa si svolge a profondità tale che manchi in lui l’interesse ad escluderla (Sez. 2, n. 3998, 05/12/1974, Rv. 372585; conf. Cass. n. 2677/1969; per un’ipotesi di ritenuto spoglio di sottosuolo condominiale si veda Cass. n. 10869/2023, nonché n. 2786/2023).
Perciò spetta alla parte odierna resistente dimostrare la mancanza d’interesse in capo alla società ricorrente.
Il quinto motivo sulle spese di lite, con il quale, denunciandosi la violazione degli artt. 91, 92, 306 e 346 cod. proc. civ., viene lamentata l’erronea valutazione del principio di
soccombenza, resta assorbito in senso proprio dall’accoglimento degli altri motivi, che imporrà il riesame della vicenda in sede di rinvio.
10. In conclusione la sentenza deve essere cassata con rinvio e il Giudice del rinvio ( Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione) riesaminerà la vicenda alla luce dei principi di diritto sopra esposti; regolerà, inoltre, le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie i primi quattro motivi e dichiara assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata in relazione agli accolti motivi e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 28 maggio 2024