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Azione ex art. 2932 c.c.: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10010/2024, ha rigettato il ricorso di un soggetto che rivendicava l’usucapione di un immobile. La Corte ha confermato la validità dell’azione ex art. 2932 c.c. intentata dagli eredi dell’originario assegnatario per ottenere il trasferimento formale della proprietà da un ente agricolo. È stato ribadito che l’usucapione va chiesta contro il proprietario formale e che l’art. 2932 c.c. ha un’applicazione ampia, non limitata ai soli contratti preliminari.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Azione ex art. 2932 c.c.: Trasferimento di Proprietà oltre il Contratto Preliminare

L’ordinanza n. 10010 del 12 aprile 2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sull’ambito di applicazione dell’azione ex art. 2932 c.c. e sulla corretta individuazione del soggetto contro cui proporre una domanda di usucapione. Questa decisione, che nasce da una complessa vicenda immobiliare, ribadisce principi fondamentali in materia di trasferimento della proprietà e legittimazione processuale.

I Fatti del Caso

La controversia ha origine dalla richiesta di alcuni eredi di ottenere il trasferimento formale della proprietà di un compendio immobiliare, composto da una casa colonica e terreni annessi. Il loro dante causa aveva acquistato l’immobile decenni prima da un ente pubblico per la valorizzazione agricola, tramite un contratto con patto di riservato dominio. Sebbene il prezzo fosse stato interamente saldato e il riscatto completato nel 1989, alcuni beni, non ancora accatastati all’epoca, non erano stati inclusi nell’atto di vendita definitivo.

Successivamente, l’ente aveva regolarizzato la situazione catastale e assegnato formalmente gli immobili agli eredi e a un altro convenuto, un nipote dell’originario assegnatario. Gli eredi hanno quindi avviato un’azione legale ex art. 2932 c.c. per ottenere una sentenza che tenesse luogo del contratto di trasferimento non concluso. Il convenuto si è opposto, sostenendo di aver acquisito la proprietà degli immobili per usucapione, avendoli posseduti ininterrottamente dal 1990, e ha chiesto in subordine un’indennità per i miglioramenti apportati.

La Decisione della Corte: l’Azione ex art. 2932 c.c. e l’Usucapione

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione agli eredi, rigettando le domande del convenuto. La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso di quest’ultimo, ha confermato le decisioni dei gradi precedenti, dichiarando alcuni motivi inammissibili e altri infondati.

L’Applicazione Estensiva dell’Azione ex art. 2932 c.c.

Un punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione dell’art. 2932 c.c. Il ricorrente sosteneva che tale strumento fosse applicabile solo in caso di inadempimento di un contratto preliminare. La Cassazione ha smontato questa tesi, ribadendo un principio consolidato: l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto è applicabile in qualsiasi ipotesi in cui sorga un’obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento di un diritto, indipendentemente dalla fonte (contrattuale o legale). Nel caso di specie, il dante causa degli eredi aveva maturato il diritto al trasferimento con il pagamento del prezzo, diritto che si era poi trasmesso ai suoi successori. Di conseguenza, l’azione era pienamente legittima.

La Legittimazione Passiva nella Domanda di Usucapione

Un altro aspetto cruciale è stato l’errata impostazione della domanda di usucapione. La Corte ha confermato che l’azione con cui si rivendica una proprietà a titolo di usucapione deve essere diretta unicamente nei confronti di chi risulta proprietario del bene al momento della domanda. Nel caso in esame, la proprietà formale era ancora in capo all’ente agricolo, non agli eredi. Questi ultimi erano titolari di un diritto di credito al trasferimento, ma non ancora proprietari. Pertanto, essi non avevano la “legittimazione passiva” per essere convenuti in un giudizio di usucapione. La domanda del ricorrente era stata, quindi, correttamente rigettata perché proposta contro i soggetti sbagliati.

Il Principio della “Doppia Conforme” e il Divieto di Reformatio in Peius

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi relativi all’omessa valutazione di fatti decisivi (come le prove sull’usucapione e sui miglioramenti) in applicazione del principio della “doppia conforme”. Poiché la Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado basandosi sulle stesse ragioni di fatto, il ricorso in Cassazione su tali punti era precluso.

Infine, è stata respinta anche la censura sulla liquidazione delle spese legali. Sebbene la Corte d’Appello avesse erroneamente liquidato una somma per ciascun attore anziché un compenso unico aumentato, l’importo totale era inferiore a quello che sarebbe risultato dalla corretta applicazione della norma. Per il principio del divieto di reformatio in peius, la decisione non poteva essere modificata in senso peggiorativo per il ricorrente.

le motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su una rigorosa applicazione dei principi del diritto civile e processuale. In primo luogo, la Corte ha sottolineato che la titolarità del bene è un presupposto essenziale per determinare la legittimazione passiva nell’azione di usucapione. La sentenza ha chiarito che confondere il titolare del diritto di proprietà con il titolare di un diritto di credito al trasferimento di tale proprietà costituisce un errore giuridico. La titolarità, come confermato da una precedente sentenza passata in giudicato e dalle visure catastali, apparteneva all’ente pubblico e non agli eredi, rendendo la domanda riconvenzionale di usucapione improcedibile nei loro confronti.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito l’ampia portata dell’art. 2932 c.c., specificando che il rimedio non è confinato all’inadempimento del contratto preliminare. Qualsiasi fonte, legale o negoziale, che generi un obbligo a contrarre può essere tutelata attraverso questo strumento. Nel caso specifico, il completamento del pagamento del prezzo da parte del dante causa aveva generato l’obbligo per l’ente di trasferire la proprietà, un diritto che si è validamente trasmesso agli eredi.

Infine, sul piano processuale, la Corte ha applicato con fermezza i limiti del giudizio di legittimità, dichiarando inammissibili le censure che miravano a un riesame del merito dei fatti, già concordemente valutati dai giudici dei primi due gradi (c.d. doppia conforme), e quelle prive di interesse concreto per il ricorrente, come nel caso delle spese legali.

le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza n. 10010/2024 rafforza due importanti principi. Il primo è che l’azione di usucapione deve essere intentata contro il vero proprietario del bene, la cui identificazione è un passo cruciale e non può essere bypassata. Il secondo è la flessibilità e l’ampia applicabilità dell’azione ex art. 2932 c.c. come strumento di tutela per chi vanta un diritto al trasferimento di proprietà, anche quando questo diritto non deriva da un classico contratto preliminare. Questa pronuncia serve da monito per una corretta impostazione delle azioni legali in materia immobiliare, evidenziando l’importanza di una precisa analisi della titolarità dei diritti e della legittimazione delle parti.

L’azione ex art. 2932 c.c. si può usare solo per un contratto preliminare non rispettato?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il rimedio previsto dall’art. 2932 c.c. è applicabile in qualsiasi ipotesi, derivante da fonte negoziale o legale, dalla quale sorga l’obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, non solo in caso di inadempimento di un contratto preliminare.

Contro chi va proposta una domanda di usucapione?
La domanda con cui si rivendica la proprietà di un bene per usucapione deve essere diretta unicamente nei confronti di chi possiede il bene o ne è proprietario al momento della domanda. Proporla contro un soggetto che ha solo un diritto di credito al trasferimento della proprietà, ma non è ancora il titolare del bene, è un errore che rende la domanda improcedibile per difetto di legittimazione passiva.

Cosa succede se la Corte d’Appello liquida le spese legali in modo errato, ma l’importo totale è inferiore a quello che sarebbe dovuto?
In questo caso, il ricorso in Cassazione su questo punto viene rigettato. Poiché una corretta applicazione delle norme comporterebbe una spesa maggiore per il ricorrente, quest’ultimo non ha interesse a impugnare la decisione. Vige infatti il principio del divieto di reformatio in peius, che impedisce di peggiorare la posizione della parte che ha presentato l’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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