Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8373 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8373 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 20957/2019
promosso da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentat o e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
Comune di Acquafredda , in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa all’ avv. NOME COGNOME NOME Sina e NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 87/2019 della Corte d’ appello di Brescia, pubblicata il 17/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Brescia l’emissione di decreto ingiuntivo nei
confronti nel Comune di Acquafredda e di RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) per il pagamento di € 64.205,79, oltre interessi e spese, a saldo delle prestazioni asseritamente eseguite in favore della RAGIONE_SOCIALE, descritte nella fattura n. 8120 del 28/02/2011, riferite a lavori eseguiti in subappalto per la realizzazione della locale scuola elementare.
Solo il comune proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, citando in giudizio anche la COGNOME che restava contumace, mentre la RAGIONE_SOCIALE si costituiva chiedendo il rigetto dell’opposizione.
L’opponente deduceva che, allo scopo di favorire lo svolgimento dei lavori, ma senza obbligarsi nei confronti dei subappaltatori, aveva accettato, a sensi dell’art. 28 del capitolato speciale d’appalto, l ‘ emissione di alcuni mandati irrevocabili di pagamento anche in favore di RAGIONE_SOCIALE in conformità a quanto pattuito fra questa e RAGIONE_SOCIALE con il contratto di subappalto, ove era previsto anche che tali pagamenti sarebbero stati effettuati in correlazione dei SAL e nella misura individuata dalla stessa appaltatrice. In tali termini, nel corso del rapporto, il Comune era stato autorizzato ad effettuare pagamenti per complessivi € 114.923,07 e nessuna altra autorizzazione era stata ulteriormente rilasciata, essendo nel frattempo intervenuto l’ inadempimento contrattuale, posto in essere dalla RAGIONE_SOCIALE, cui era stata comunicata la decisione del Comune di risolvere il contratto. Il Comune precisava che nessun rapporto diretto si era instaurato con il subappaltatore, né il primo aveva alcuna azione diretta nei suoi confronti, aggiungendo che la comunicazione del 10/12/2011 non costituiva riconoscimento di debito, essendo una comunicazione riferita alla garanzia assicurativa a carico di RAGIONE_SOCIALE e in favore di RAGIONE_SOCIALE
Nel corso del giudizio, veniva dichiarato il fallimento della RAGIONE_SOCIALE e, interrotto il processo, veniva riassunto nei confronti della procedura.
In accoglimento dell’opposizione, il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo opposto, condannando la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite.
Quest’ultima proponeva appello contro tale decisione, notificando l’atto di citazione anche agli ex soci della società fallita, la cui procedura era stata nel frattempo chiusa per incapienza dell’attivo, e che era stata cancellata dal registro delle imprese.
Con il primo motivo sub A), l’appellante denunciava l’omessa e/o carente-erronea valutazione della documentazione, l’illogicità della sentenza ed omessa e/o carente motivazione su circostanze rilevanti ai fini della decisione in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’ art. 1268 c.c. e dell’art . 118 Codice degli Appalti, oltre che in violazione e falsa applicazione dell’art. 1269 c.c., contestando la qualificazione giuridica della fattispecie, come operata dal Tribunale a fronte di un ritenuto ragionamento aprioristico sulla natura astratta dei mandati irrevocabili di pagamento, avulsi dal contesto specifico ed in sé e per sé considerati, a causa della mancata e/o comunque carente ed erronea disamina degli elementi probatori acquisiti, ricondotti erroneamente alla fattispecie di mera delegazione di pagamento di cui all’art. 1269 c.c.
Con il primo motivo sub B), l’appellante censurava la sentenza per omessa e/o carente ed erronea valutazione della documentazione ed omessa motivazione, in violazione di legge, risultando in subordine integrati nella fattispecie, gli estremi del mandato irrevocabile in favore di terzo, o in via di ulteriore subordine l’ingiustificato inadempimento a carico dell’Ente.
Con il secondo motivo di appello, la RAGIONE_SOCIALE denunciava l’omessa, carente ed erronea valutazione della documentazione, illogicità ed omessa e/o carente ed erronea motivazione su circostanze rilevanti ai fini della decisione, in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., ed anche in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti, posto che, avendo il Comune dimostrato di essere nella disponibilità della documentazione contabile relativa al SAL comprensivo delle lavorazioni inerenti al ‘ pacchetto copertura ‘ effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE il credito di € 64.205,79, così accertato a fronte delle risultanze contabili e della pregressa attestazione di
COGNOME, recepita come palese autorizzazione al pagamento, doveva intendersi certificato, esigibile e sostanzialmente autorizzato, nonché riconosciuto. Auspicava quindi la riforma del provvedimento impugnato, risultando legittima l’azione monitoria diretta della RAGIONE_SOCIALE nei confronti del Comune, in quanto obbligato per effetto dei mandati assunti, al pagamento del credito azionato, autorizzato, verificato, certificato ed esigibile.
Nel costituirsi, il Comune chiedeva il rigetto dell’appello, mentre i soci della RAGIONE_SOCIALE restavano contumaci.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello respingeva l’impugnazione, condannando l’appellante la pagamento delle spese di lite.
Dichiarata la contumacia dei soci della RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello rilevava che era passata in giudicato la pronuncia di primo grado, nella parte in cui aveva accertato che il decreto ingiuntivo era divenuto irrevocabile nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, non avendo quest’ultima proposto opposizione contro di esso.
La Corte riteneva di dove esaminare prioritariamente il secondo motivo di appello, affermando che il rigetto dello stesso comportava il rigetto dell’impugnazione.
In primo luogo, la Corte di merito ha ritenuto che la comunicazione datata 10 dicembre 2011, n. 3898/P di protocollo, non avesse l’efficacia di una ricognizione di debito. Con essa, infatti, il Comune di Acquafredda, a seguito, e a causa, della risoluzione del contratto di appalto per inadempimento della RAGIONE_SOCIALE, cui era stato affidato il compimento dei lavori di realizzazione della nuova scuola elementare, si era limitato a sollecitare il subappaltatore RAGIONE_SOCIALE ad inviare alla RAGIONE_SOCIALE Integrati, con il quale era stata stipulata l’assicurazione a garanzia del piano di rientro del pagamento dei fornitori a carico della predetta FABER, la documentazione necessaria alla gestione del sinistro/danno inerente alla suddetta vicenda contrattuale. A tale esclusivo fine, la Corte ha ritenuto che
dovesse essere intesa l’ indicazione della somma dovuta sul piano rientri per la RAGIONE_SOCIALE mentre non era possibile ricavare dal tenore della comunicazione alcun corrispondente riconoscimento di un proprio debito.
In secondo luogo, la Corte ha affermato che le critiche espresse nell’atto di appello non valevano ad eludere la dirimente osservazione del primo Giudice, relativamente alla inesigibilità del credito in discussione, stante la mancanza della prova, non solo delle risultanze della contabilità ufficiale redatta dal direttore dei lavori, ma, soprattutto, della necessaria autorizzazione al pagamento ad opera della società appaltatrice (invece documentata per le somme concretamente erogate dall’ente locale), che doveva avere come logico presupposto la delibazione della effettiva e corretta esecuzione delle opere de quibus , andando il pagamento da parte della stazione appaltante a coprire, quanto meno in parte, il compenso contrattualmente dovuto all’appaltatore.
Avverso tale decisione la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi di censura.
Il Comune si è difeso con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la nullità della sentenza per vizio di omessa motivazione ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., in violazione dell ‘ art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e dell’ art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c., per avere la Corte d’appello adottato una statuizione erronea sul ritenuto assorbimento delle circostanze fondanti il primo motivo d’appello sub A), di cui, invece, si imponeva il rigoroso vaglio, non potendo la pronuncia prescindere dalla preliminare e pregiudiziale analisi delle questioni costituenti il primo motivo di appello, anche per il compiuto e logico apprezzamento del secondo motivo, imponendosi la disamina congiunta di entrambi. ai fini della corretta ricostruzione del fatto e della sua qualificazione giuridica.
Secondo la ricorrente, in sintesi, l’ omessa considerazione dei fatti sopra enucleati , a causa dell’impropria valutazione di assorbimento, ha inficiato di nullità la sentenza, pregiudicando inoltre la coerenza, logicità e comprensibilità dell’iter logico/giuridico improntante il ragionamento della Corte.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotto l’ omesso esame di fatti decisivi per la controversia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., a fronte della mancata disamina da parte del Giudice d’Appello, integrante il suddetto vizio, di fatti e di documenti correlati, rilevanti per l’esito del giudizio, in ragione della ritenuta pretermessa analisi dei fatti (principali e secondari), ricavabili dai documenti richiamati, fondanti il primo motivo d’appello sub A), così da determinare conseguentemente l’omesso riscontro, e ciò anche in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 1268 c.c. e dell’art. 118, comma 3, Codice degli Appalti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., della fattispecie giuridica concretatamene integrata.
Con il terzo motivo di ricorso è censurata la decisione di appello per violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto, in particolare degli artt. 115 e 116 c.p.c., anche per travisamento della prova, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., per mancato e contraddittorio esame di documenti decisivi per la controversia integrante vizio della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. per travisamento della prova, nonché per mancata valutazione di circostanze di fatto e di documenti decisivi per la controversia ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. (per ciò che concerne le questioni assorbite).
La ricorrente ha dedotto che, nella specie, non ricorre la limitazione derivante dalla ‘ doppia conforme ‘, quando il vizio di motivazione si fonda sul travisamento di una prova, la cui risultanza utilizzata per la decisione è smentita da uno specifico atto processuale (da intendersi anche quale elemento istruttorio), perché in tal caso si è al di fuori dell’ambito della conforme valutazione dei fatti.
Con il quarto motivo di ricorso (formulato in via subordinata, per il caso di rigetto delle censure formulate al primo e al secondo motivo), è dedotta la nullità della sentenza per vizio di omessa motivazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., in violazione dell ‘ art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. ed art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c., ritenendo viziata la valutazione di assorbimento sulle questioni trattate subordinatamente nel primo motivo d’appello sub B), per omessa motivazione in relazione alle prospettazioni svolte subordinatamente dalla difesa della RAGIONE_SOCIALE a sostegno e conferma della legittima proposizione (sotto il profilo sostanziale e processuale) dell’azione monitoria, quali evidenziate al punto A) sub. 2 e 3 della comparsa di costituzione e risposta di cui al primo grado di giudizio (trattate alle pagg. 9, 10, 11), riproposte e rifluite nel primo motivo d’appello sub B).
Con il quinto motivo di ricorso è dedotta la mancata valutazione di circostanze di fatto e di documenti decisivi per la controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., poiché, in difetto di una delegatio promittendi , avrebbero dovuto essere ritenuti integrati, in subordine, gli estremi del mandato irrevocabile in favore di terzo, o in via ulteriormente gradata, in presenza di semplici mandati di pagamento, un inadempimento immotivato da parte del Comune della prestazione a suo carico. È prospettata, in via gradata, anche la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., ed anche degli artt. 1218 e 1703 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
2.1. Com’è noto, in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. (introdotta dalla novella del 2012) non è più consentita l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. «per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio» , ma soltanto «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» .
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la richiamata modifica normativa ha avuto l’effetto di limitare il vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In particolare, la riformulazione appena richiamata deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 prel., come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è divenuta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In altre parole, a seguito della riforma del 2012 è scomparso il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della stessa, ossia il controllo riferito a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (v. ancora Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass., Sez. 1, n. 13248 del 30/06/2020).
A tali principi si è uniformata negli anni successivi la giurisprudenza di legittimità, la quale ha più volte precisato che la violazione di legge, come sopra indicata, ove riconducibile alla violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., determina la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. (così Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018;
Cass., Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
Questa Corte ha, in particolare, affermato che il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020).
Ricorre, dunque, il vizio in questione, quando la decisione, benché graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13248 del 30/06/2020).
Tale evenienza si verifica non solo nel caso in cui la motivazione sia meramente assertiva, ma anche qualora sussista un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, perché non è comunque percepibile l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non è possibile effettuare alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 12096 del 17/05/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018).
Alle stesse conseguenze è assoggettata una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, poiché anche in questo caso non è possibile comprendere il ragionamento seguito dal giudice e, conseguentemente, effettuare un controllo sulla correttezza dello stesso (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Ovviamente il controllo della motivazione del giudice di merito, nei limiti sopra indicati, non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto tale giudice ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16526 del 05/08/2016).
2.2. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha ritenuto assorbente la decisione sul secondo motivo di impugnazione, statuendo come segue: «Appare opportuno affrontare le questioni dedotte dalla società appellante muovendo dallo scrutinio del secondo motivo di gravame, che sottopone a critica uno degli argomenti, autonomamente autosufficienti, illustrati dall’estensore della sentenza impugnata per motivare l’accoglimento dell’opposizione proposta dal Comune di Acquafredda. Il giudizio sfavorevole su di esso, sulla base delle considerazioni che seguono, costituisce ragione assorbente del rigetto dell’appello.»
La stessa Corte ha, poi, illustrato le ragioni per cui ha ritenuto che la comunicazione del 10/12/2011 non poteva essere considerata come riconoscimento di debito del Comune e gli argomenti posti a fondamento della ritenuta inesigibilità del relativo credito, ritenendo «la mancanza della prova non solo delle risultanze della contabilità ufficiale redatta dal direttore dei lavori, ma, soprattutto, della necessaria autorizzazione al pagamento ad opera della società appaltatrice (invece documentata per le somme concretamente erogate dall’ente locale), che doveva avere come logico presupposto la delibazione della effettiva e corretta esecuzione delle opere de quibus, andando il pagamento da parte della stazione appaltante a coprire, quanto meno in parte, il compenso contrattualmente dovuto all’appaltatore.»
La motivazione sul carattere dirimente delle questioni esaminate è dunque esistente ed anche chiara.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
3.1. In primo luogo, deve ritenersi inammissibile la censura nella parte in cui è dedotta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
Come più volte precisato da questa Corte, infatti, una censura in sede di legittimità per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una ritenuta erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo per i caso in cui quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 1229 del 17/01/2019).
Il ricorrente per cassazione non può, infatti, rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito (ove non sia dedotto il difetto di motivazione o l’omesso esame di un fatto decisivo), atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023).
Nel caso di specie, la doglianza contiene una critica alla complessiva valutazione delle risultanze istruttorie, come tale da ritenersi inammissibile.
3.2. Le censure riferite all’omesso esame di fatti decisivi ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., come pure alla dedotta violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., sono formulate in modo del tutto generico,
mediante l’espressione di una generalizzata non condivisione della decisione, come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c.
Anche il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
4.1. Le doglianze ricondotte alla dedotta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. sono inammissibili per i motivi evidenziati nell’esaminare il precedente motivo, non essendo prospettate alcune delle violazioni presidiate dalle norme menzionate.
4.2. Le censure fondate sul dedotto vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., sia per travisamento della prova e sia per omesso esame di circostanze di fatto e di documenti decisivi, sono anch’esse inammissibili.
Come sopra evidenziato, la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. consente l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» .
La norma si riferisce al mancato esame di un fatto decisivo, che è stato offerto al contraddittorio delle parti, da intendersi come un vero e proprio fatto storico, come un accadimento naturalistico.
Costituisce, pertanto, un fatto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., non una questione o un punto controverso, ma un vero e proprio evento, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass., Sez. 61, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 24035 del 03/10/2018; v. anche Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 13024 del 26/04/2022).
Può trattarsi di un fatto principale ex art. 2697 c.c. (un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche di un fatto secondario (un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché sia controverso e decisivo (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 17761 del 08/09/2016), nel senso che il mancato esame, evincibile dal tenore della motivazione, ha viziato la decisione perché ha determinato l’esito del giudizio.
Non integrano, dunque, fatti il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. le mere argomentazioni o le deduzioni difensive (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14802 del 14/06/2017), né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, o le mere ipotesi alternative, e neppure le singole risultanze istruttorie, qualora il fatto storico rilevante sia, comunque, stato preso in considerazione (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018).
Per gli stessi motivi, non costituisce omesso esame, nei termini appena indicati, la mancata valutazione di domande o eccezioni, ovvero dei motivi di appello (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 29952 del 13/10/2022).
Come appena evidenziato, l’omesso esame di elementi istruttori acquisiti al processo non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 28887 del 08/11/2019; Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018).
Ovviamente, la valutazione del materiale probatorio – in quanto destinata a risolversi nella scelta di uno (o più) tra i possibili contenuti informativi che il singolo mezzo di prova è, per sua natura, in grado di offrire all’osservazione e alla valutazione del giudicante – costituisce espressione della discrezionalità valutativa del giudice di merito ed è estranea ai compiti istituzionali della Corte di cassazione, con la conseguenza che, a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., non è denunciabile col ricorso per cassazione come vizio della decisione, restando totalmente interdetta alle parti la possibilità di discutere, in sede di legittimità, del modo attraverso il quale, nei gradi di merito, sono state compiute le predette valutazioni discrezionali (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 37382 del 21/12/2022).
Nel caso di specie, la ricorrente non ha dedotto l’omesso esame di fatti, intesi nel senso sopra indicati, ma ha censurato la valutazione operata dal giudice, rappresentando la propria ricostruzione in fatto, non prospettabile al giudice di legittimità. La stessa parte ha richiamato anche un documento non menzionato dal giudice di merito (nota n. 3493P/Prot. del 07/11/2011, con la quale il Comune ha comunicato a FABER la volontà di risolvere il contratto di appalto), che reca il riferimento ai lavori eseguiti dal subappaltatore RAGIONE_SOCIALE e i crediti di quest’ultimo nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, ma indicati in modo generico, di cui non è neppure indicata la decisività, tenuto conto che la decisione, come sopra evidenziato, è fondata non solo sulla mancata contabilizzazione dei crediti vantati in via monitoria dal subappaltatore, ma anche sulla mancata autorizzazione al pagamento ad opera della RAGIONE_SOCIALE.
Il quarto motivo di ricorso è infondato.
La ricorrente ha, infatti, prospettato la mancata motivazione in ordine alle contestazioni contenute nel primo motivo di ricorso sub B), ma come sopra evidenziato, il Giudice di merito ha ritenuto dirimente il rigetto delle censure formulate nel secondo motivo di ricorso, che ha reso superfluo esaminare le altre censure, così motivando sulla ragione per cui non ha valutato anche il primo motivo di appello sub B).
Il quinto motivo di ricorso è inammissibile, poiché con tale censura sono formulate generalizzate contestazioni in fatto alla decisione, di per sé inammissibili, e generiche diverse ricostruzioni in diritto della vicenda solo enunciate e non illustrate in modo dialettico rispetto alla sentenza impugnata, in violazione dell’ art. 3660, comma 1, n. 4, c.p.c.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
In applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dal controricorrente, che liquida in € 5.00 0,00 per compenso, oltre € 200 per esborsi ed accessori di legge;
dà atto, i n applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile