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Azione di spoglio: legittimazione dell’acquirente

Con l’ordinanza n. 5077/2025, la Corte di Cassazione chiarisce i requisiti per l’azione di spoglio. Si stabilisce che chi acquista un immobile non può intentare causa per uno spoglio avvenuto prima della vendita, se il venditore aveva già perso il possesso e l’acquirente non ha mai acquisito il controllo di fatto del bene. La sentenza della Corte d’Appello è stata annullata per “motivazione apparente”, poiché non ha spiegato adeguatamente le ragioni della legittimazione ad agire dell’acquirente.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Azione di Spoglio: L’Acquirente Può Agire per uno Spoglio Precedente alla Vendita?

L’azione di spoglio rappresenta uno strumento fondamentale per la tutela del possesso. Ma cosa succede se una persona acquista un bene che è già stato oggetto di spoglio prima del suo acquisto? Può il nuovo proprietario agire in giudizio per recuperare il possesso? Con la recente ordinanza n. 5077 del 2025, la Corte di Cassazione interviene su questo delicato tema, chiarendo i limiti della legittimazione attiva e introducendo il concetto di “motivazione apparente” come vizio della sentenza di merito. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: Una Servitù di Passaggio Contesa

La vicenda riguarda una servitù di passaggio. Un soggetto, dopo aver acquistato un fondo dal padre, intentava un’azione possessoria contro i vicini, i quali avevano installato una recinzione che impediva l’accesso alla strada. La particolarità del caso risiedeva nella tempistica degli eventi: la recinzione era stata apposta nell’ottobre 2019, mentre l’atto di acquisto del fondo da parte del ricorrente era avvenuto solo nel febbraio 2020. I vicini si difendevano sostenendo, tra le altre cose, che l’acquirente non avesse la legittimazione ad agire, poiché al momento dello spoglio non era né proprietario né possessore della servitù, ma la utilizzava solo occasionalmente per far visita ai familiari.

La Corte di Appello aveva dato ragione all’acquirente, affermando che egli aveva agito a tutela del possesso in quanto “semplice possessore” anche prima di diventare proprietario. Contro questa decisione, i vicini hanno proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sull’Azione di Spoglio

La Suprema Corte ha ribaltato la decisione di secondo grado, accogliendo i motivi di ricorso relativi al difetto di legittimazione e alla motivazione della sentenza impugnata.

La Questione Procedurale: Atto di Citazione o Ricorso?

Prima di entrare nel merito, la Corte ha esaminato un ricorso incidentale che contestava la forma dell’atto introduttivo del giudizio possessorio di merito. La legge prevede che, dopo la fase cautelare, il merito prosegua su istanza di parte. Nel caso di specie, era stato notificato un atto di citazione. La Cassazione ha ritenuto tale scelta una mera irregolarità, non idonea a determinare l’inammissibilità della domanda, in quanto l’atto aveva comunque raggiunto il suo scopo ed era stato notificato tempestivamente.

La Questione Sostanziale e la Legittimazione all’Azione di Spoglio

Il cuore della controversia risiede nella legittimazione attiva. La Cassazione ha chiarito un principio fondamentale: per poter esercitare l’azione di spoglio, è necessario essere possessore o detentore qualificato al momento in cui lo spoglio avviene. Di conseguenza, chi acquista un diritto su un bene dopo che il suo dante causa (il venditore) ne è già stato spogliato, non ha la legittimazione ad agire. Questo perché l’acquirente non ha mai acquisito il potere di fatto sulla cosa, che è il presupposto essenziale del possesso.

Le Motivazioni della Sentenza: il Vizio di Motivazione Apparente

La Corte di Cassazione ha censurato la sentenza della Corte d’Appello qualificandola come viziata da “motivazione apparente”. I giudici di secondo grado si erano limitati ad affermare che l’acquirente era un “semplice possessore” anche prima dell’acquisto, senza però spiegare le ragioni giuridiche e fattuali di tale convincimento. Non avevano esaminato in modo approfondito se l’uso occasionale della strada per visitare i familiari potesse configurare un vero e proprio possesso autonomo, distinto da quello del padre.

Questa motivazione, secondo la Cassazione, è solo apparente perché non permette di comprendere l’iter logico-giuridico seguito dal giudice. Una simile argomentazione, inidonea a far conoscere il ragionamento del decidente, equivale a un’assenza totale di motivazione e costituisce una violazione di legge.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La decisione in esame ribadisce alcuni principi cruciali in materia di tutela possessoria. In primo luogo, la legittimazione ad agire nell’azione di spoglio è ancorata alla situazione di fatto esistente al momento dell’atto lesivo. Non è possibile “ereditare” o “acquistare” il diritto a reagire a uno spoglio subito dal precedente titolare se non si è mai entrati nel possesso effettivo del bene. In secondo luogo, la pronuncia è un importante monito per i giudici di merito sull’obbligo di fornire una motivazione completa e comprensibile, che dia conto delle ragioni della decisione e non si limiti a formule generiche o apodittiche. Per le parti, ciò significa che, in casi simili, è fondamentale dimostrare l’esistenza di un possesso autonomo e concreto, precedente e indipendente dall’atto di acquisto formale del diritto.

Chi è legittimato a proporre un’azione di spoglio?
Secondo la Corte, sono legittimati all’esercizio dell’azione di spoglio (art. 1168 c.c.) il possessore, cioè colui che esercita sulla cosa un potere di fatto corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale, e il detentore qualificato, che detiene la cosa nel proprio interesse. È essenziale che tale relazione con la cosa sussista al momento dello spoglio.

Un acquirente può agire in giudizio per uno spoglio avvenuto prima dell’acquisto dell’immobile?
No. La legittimazione all’azione di spoglio è esclusa per chi acquista un diritto su un bene dopo che il suo dante causa (ad esempio, il venditore) ne è già stato spogliato. Se l’acquirente non ha mai acquisito il possesso effettivo del bene, non può reagire a uno spoglio precedente al suo acquisto.

Cosa si intende per “motivazione apparente” in una sentenza?
Si ha una motivazione apparente quando il ragionamento del giudice, pur essendo graficamente esistente, presenta argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il percorso logico seguito per arrivare alla decisione. Tale vizio si verifica, ad esempio, con affermazioni perplesse, obiettivamente incomprensibili o in contrasto irriducibile tra loro, rendendo la motivazione equivalente a una sua totale assenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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