Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11346 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11346 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14631-2019 proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, nello studio dell’AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, nello studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentati e dife si dall’AVV_NOTAIO
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 346/2019 della CORTE DI APPELLO di FIRENZE, depositata il 18/02/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di AVV_NOTAIOiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 18.1.2007 COGNOME NOME e COGNOME NOME evocavano in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME innanzi il Tribunale di Pistoia chiedendo l’accertamento della comproprietà di una corte dal cui uso essi attori erano stati estromessi.
Nella resistenza dei convenuti, che eccepivano la proprietà esclusiva dell’area oggetto di causa, il Tribunale, con sentenza n. 694/2012, rigettava la domanda.
Con la sentenza impugnata, n. 346/2019, la Corte di Appello di Firenze rigettava il gravame interposto dagli originari attori avverso la decisione di prime cure, confermandola.
Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione COGNOME NOME e COGNOME NOME, affidandosi a due motivi.
Resistono con controricorso NOME e COGNOME NOME.
A seguito della comunicazione di proposta di definizione anticipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., con istanza del 21.7.2023 la parte ricorrente ha richiesto la decisione del ricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale, ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, rileva la Corte che nel procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., come disciplinato dal d.lgs. n. 149 del 2022, il presidente della sezione o il AVV_NOTAIOigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, può far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1, non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4 e 52 c.p.c., atteso che tale proposta
non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di AVV_NOTAIOiglio AVV_NOTAIOeguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa (cfr. Sez. U, Sentenza n. 9611 del 2024 depositata il 10.4.2024).
Sulla scorta di tale recentissima pronuncia (che ha giustificato la successiva riconvocazione del Collegio in camera di AVV_NOTAIOiglio), il AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, autore della proposta di definizione ex art. 380 bis cpc, non versa in situazione di incompatibilità.
Passando all’esame dei motivi, col primo di essi, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 948, 1159 c.c. e 112 c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto non AVV_NOTAIOeguita la prova della proprietà del cespite oggetto della domanda di rivendicazione.
Con il secondo motivo, la parte ricorrente lamenta invece il difetto assoluto di motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
I motivi sono infondati.
Partendo (per priorità logica) dal secondo motivo, non si ravvisa né il difetto assoluto di motivazione né quello di motivazione apparente, sulla scorta dei principi affermati dalle sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass. SSUU 8053/2014 e, quanto allo specifico vizio di motivazione apparente, SSUU m. 2763/2023 in motivazione). La sentenza, infatti, soddisfa sicuramente il cd minimo costituzionale e lascia senz’altro percepire le ragioni della decisione.
Infondato è anche il primo motivo.
La domanda era chiaramente inquadrabile nell’alveo della revindica, posto che gli attori, odierni ricorrenti, avevano invocato l’accertamento della comproprietà dell’area controversa e la sua restituzione mediante rimozione del cancelletto realizzato dagli odierni controricorrenti; era dunque preciso onere degli attori, che non erano nel possesso della res controversa, di fornire la prova rigorosa del diritto reale di comproprietà da essi rivendicato, attraverso la produzione del loro titolo di provenienza sino a risalire ad un acquisto a titolo originario (cfr., ex multis , Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7894 del 09/06/2000, Rv. 537457; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3648 del 24/02/2004, Rv. 570460). Il medesimo criterio si applica nell’ipotesi di cosa il cui possesso sia stato acquistato dal rivendicato a seguito di furto (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2612 del 04/02/2021, Rv. 660328), nonché nel caso in cui il rivendicante abbia acquistato il possesso con violenza o clandestinità, ovvero sussista uno stato di obiettiva e seria incertezza sulla sua legittimità (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 30606 del 30/12/2011, Rv. 620780). Solo quando l’attore che agisce in rivendicazione si trova nel legittimo possesso della cosa oggetto del preteso diritto, infatti, è esonerato dall’onere della cd. probatio diabolica richiesta per la azione di rivendicazione (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12300 del 04/12/1997, Rv. 510704; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2621 del 27/04/1982, Rv. 420474).
Il motivo articolato dalla parte ricorrente non si confronta con i principi appena richiamati, in quanto la stessa non dimostra di aver ritualmente fornito, nel corso del giudizio di merito, la prova rafforzata del suo diritto di comproprietà richiesta dall’art. 948 c.c., mediante indicazione della relativo documentazione, del momento e dello strumento processuale con cui essa sarebbe stata prodotta, ma si si concentra essenzialmente sulla posizione dei convenuti e, quanto alla
posizione degli attori – che era invece proprio quella da approfondire si è limitato a sottolineare l’intestazione catastale agli originari danti causa e la mancata variazione, mentre invece doveva riportare, trascrivendone le parti di rilievo, i titoli su cui fondava il diritto di comproprietà, anche perché risulta dalla CTU – come riporta lo stesso ricorso a pag. 3 – che dal titolo del 2002 (per AVV_NOTAIO) gli attori acquistarono i mappali 361 sub 3 e 361 sub 2, ma non anche il mappale 361 sub 1 che rappresenta la corte in contestazione.
La questione di legittimità costituzionale dell’art. 380 bis sollevata con la memoria dei ricorrenti resta superata dall’autorevole pronuncia delle sezioni unite sopra citata che ha esaminato anche tali profili.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con AVV_NOTAIOeguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis c.p.c.- il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., con AVV_NOTAIOeguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma -nei limiti di legge- in favore della cassa delle ammende.
Con riferimento all’applicazione dell’art. 96 c.p.c. va data continuità al principio secondo cui ‘In tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza
dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c.- codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché non attenersi ad una valutazione del proponente poi confermata nella decisione definitiva lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente’ (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023, Rv. 668909).
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4.000 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, iva, cassa avvocati, ed agli esborsi, liquidati in € 200 con accessori tutti come per legge.
Condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma ulteriore pari a quella sopra liquidata per compensi, nonché al pagamento della somma di € 3.000 in favore della cassa delle ammende.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di AVV_NOTAIOiglio della Seconda Sezione Civile, addì 14 febbraio 2024 e, a seguito di riconvocazione, in data 11.4.2024.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME