Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3994 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3994 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 25526/2019 proposto da:
GRANDE VINCENZINA, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrenti –
Contro
NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) .
– Controricorrenti –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Campobasso n. 40/2019 depositata il 04/02/2019.
Occupazione senza titolo
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 07 febbraio 2024.
Rilevato che:
il Tribunale di Larino, con sentenza n. 169 del 2014, ha respinto la domanda di NOME COGNOME e NOME COGNOME (rappresentata dal procuratore speciale NOME COGNOME) diretta all’accertamento che NOME COGNOME e NOME COGNOME non avevano diritto ad occupare una piccola zona di terreno ( l”orti c ino’) di 40 mq (foglio 28, p.lla 673 sub. 3, catasto del Comune di Guardialfiera);
la decisione di primo grado, impugnata dai soccombenti, è stata riformata dalla Corte d’appello di Campobasso che, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato illegittima l’occupazione, da parte dei sig.ri COGNOME e COGNOME, della piccola zona di terreno sopra menzionata, e ne ha ordinato il rilascio a favore di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e NOME COGNOME (questi ultimi in qualità di eredi di NOME COGNOME);
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, con due motivi.
NOME COGNOME, NOME e NOME hanno resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale le parti hanno depositato memorie illustrative;
Considerato che:
il primo motivo di ricorso -‘ Violazione e falsa applicazione de ll’art. 112 cpc ai sensi dell’art. 360, n. 3 cpc. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ex art. 360, n. 5 cpc -, si fonda sull’ass unto che il giudice di merito ha il potere di qualificare la domanda di rilascio o ‘ riconsegna ‘ di un bene come reale o personale, anche discostandosi dalla qualificazione dell’attore.
Ciò premesso, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata che ha erroneamente qualificato la domanda degli attori come azione personale di restituzione di un terreno detenuto senza titolo, mentre essa doveva essere qualificata come azione reale di rivendicazione.
E questo perché pur avendo le due azioni identico petitum -la restituzione del bene -l’azione personale di restituzione mira al recupero di un bene che in precedenza era stato consegnato al convenuto in forza di un negozio e, a differenza dell ‘azione di rivendicazione, non richiede che il bene sia di proprietà del tradens .
Nella specie, gli attori avevano senz’altro agito in rivendica : da un lato, perché assumevano di essere proprietari del bene in forza di un precedente giudicato, tra le stesse parti – si tratta della sentenza n. 295 del 2005, della Corte d’appello di Campobasso , che, nella prospettiva degli attori, avrebbe deciso che il terreno era di proprietà di questi ultimi ; dall’altro lato, perché era pacifica e non contestata la mancanza ab origine di un titolo di detenzione o possesso da parte dei convenuti;
il secondo motivo ‘Violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 112 cpc, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc; violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cc ai sensi dell’art. 360, n. 3, cpc, violazione e falsa applicazione dell’art. 948 cc, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc ‘ -censura la sentenza impugnata che ha condannato i convenuti alla restituzione del terreno benché gli attori non avessero fornito la prova rigorosa di essere proprietari, in mancanza di documentazione dalla quale si potesse evincere il loro acquisto della proprietà a titolo derivativo, e in difetto di accertamenti giudiziali concernenti il già intervenuto acquisto del bene a titolo originario;
i due motivi, suscettibili di esame congiunto per connessione, sono fondati;
3.1. la Corte d’appello ha qualificato la domanda come azione personale di restituzione del terreno per mancanza dell’originario titolo di detenzione in capo ai convenuti COGNOME e COGNOME, sul rilievo che gli attori non avevano chiesto di essere dichiarati proprietari e avevano dedotto che i convenuti detenevano senza titolo il piccolo orto.
Così qualificato il petitum , la sentenza afferma che, trattandosi di domanda di natura personale, la prova della proprietà a carico dell’attore può essere fornita con qualunque mezzo, anche per presunzioni, e che la sentenza n. 295 del 2005 – invocata dagli attori a fondamento della pretesa restitutoria, che pure era priva di efficacia di giudicato sulla titolarità del terreno – e gli elementi documentali offerti dai sig.ri COGNOME e NOME erano sufficienti a legittimarli all’esercizio dell’azione personale di rilascio;
3.2. il dictum della Corte di Campobasso si discosta dal consolidato orientamento di legittimità (Sez. 2, Sentenza n. 705 del 14/01/2013, Rv. 624971 -01; Sez. U, Sentenza n. 7305 del 28/03/2014, Rv. 630013 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 18050 del 23/06/2023, Rv. 668453 -01), in base al quale la domanda con cui l ‘ attore chieda di dichiarare abusiva ed illegittima l ‘ occupazione di un immobile di sua proprietà da parte del convenuto, con conseguente condanna dello stesso al rilascio del bene ed al risarcimento dei danni da essa derivanti, senza ricollegare la propria pretesa al venir meno di un negozio giuridico, che avesse giustificato la consegna della cosa e la relazione di fatto sussistente tra questa ed il medesimo convenuto, non dà luogo ad un ‘ azione personale di restituzione, e deve qualificarsi come azione di rivendicazione;
3.3. dall’erronea qualificazione della domanda come personale, pur in presenza di una domanda reale (azione di rivendicazione ex art. 948, cod. civ.), scaturisce il secondo errore del giudice d’appello
che ha escluso che gli attori dovessero provare in maniera rigorosa il diritto di proprietà (cd. probatio diabolica ), e ha ritenuto sufficiente la documentazione da questi ultimi prodotta nonché la sentenza n. 295 del 2005 che, preme sottolinearlo, si è limitata ad escludere che il conteso ‘orticino’ fosse una pertinenza della proprietà COGNOME –COGNOME.
Sul tema della prova va data continuità all’indirizzo sezionale (Sez. 2, Ordinanza n. 25052 del 10/10/2018, Rv. 650672 – 01), secondo cui l’ azione personale di restituzione è destinata ad ottenere l ‘ adempimento dell ‘ obbligazione di ritrasferire un bene in precedenza volontariamente trasmesso dall ‘ attore al convenuto, in forza di negozi giuridici (tra i quali la locazione, il comodato ed il deposito) che non presuppongono necessariamente nel ‘ tradens ‘ la qualità di proprietario; da essa si distingue l ‘ azione di rivendicazione, con la quale il proprietario chiede la condanna al rilascio o alla consegna nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell ‘ assenza anche originaria di ogni titolo, per il cui accoglimento è necessaria la ‘ probatio diabolica ‘ della titolarità del diritto di chi agisce;
in conclusione, accolto il ricorso, la sentenza è cassata, con rinvio al giudice a quo , anche per le spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Campobasso, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, in data 7 febbraio 2024.