Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32074 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32074 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5756/2024 R.G. proposto da :
COGNOME in proprio e quale procuratrice generale di COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in SIRACUSA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 106/2024 depositata il 16/01/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME, anche quale procuratrice speciale di NOME COGNOME, ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe, con cui la Corte di Appello di Catania ha accolto la domanda di NOME COGNOME e di NOME COGNOME di rivendica di tre terreni in Siracusa, distinti in catasto, al foglio 133, dalle particelle 943, 1839 e 1907, condannando essa ricorrente e la COGNOME al rilascio dei terreni liberi da manufatti;
NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono con controricorso;
le ricorrenti hanno depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art.360, primo comma, n.3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 948, 2697 c.c.
La Corte di Appello, ritenuto che il rigore che caratterizza l’onere della prova dell’attore in rivendica fosse nella specie attenuato per avere le allora appellanti e odierne ricorrenti adottato una linea difensiva tale da comportare il riconoscimento del fatto che i terreni erano appartenuti a NOME e NOME COGNOME alla quali erano succeduti NOME COGNOME e NOME COGNOME ha affermato che l’onere era stato assolto in base ai seguenti documenti: note di trascrizione dell’acquisto dei terreni da parte delle COGNOME, ‘visure storiche’ degli immobili, certificati ipotecari speciali da cui risulta la trascrizione della accettazione della eredità relitta da COGNOME NOME, comprendente la particella 943, in favore della nipote NOME COGNOME la trascrizione della accettazione della eredità relitta da COGNOME NOMECOGNOME
comprendente la particella 1839, in favore della nipote NOME COGNOME e la trascrizione della accettazione della eredità relitta da COGNOME NOME, comprendente la particella 1907, in favore del figlio NOME COGNOME
Sostengono le ricorrenti che questi documenti non erano idonei a dimostrare il passaggio di proprietà dalla RAGIONE_SOCIALE agli attuali controricorrenti;
con il secondo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, n.3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione agli artt. 948, 2697 c.c. per avere la Corte di Appello ritenuto che esse ricorrenti non avessero contestato il diritto della COGNOME e del COGNOME laddove invece esse ricorrenti avevano specificamente eccepito che l’una e l’altro avevano prodotto solo documentazione amministrativa e fiscale -note di trascrizione, dichiarazioni di successione, certificati ipotecari, visure storiche- ma nessun titolo di acquisto;
con il terzo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, n.3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 1158 c.c. nonché , ai sensi dell’art.360, primo comma, n.5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di Appello condannato la ricorrente e la Lisitano a rimuovere i manufatti collocati sui terreni rivendicati ex adverso, malgrado vi fossero prove del fatto che le stesse avessero usucapito il diritto di mantenerveli;
i primi due motivi, suscettivi di esame congiunto, sono fondati.
4.1. Sull’attore in rivendica incombe l’onere di fornire la prova del suo diritto di proprietà in forza di un titolo di acquisto originario o derivativo risalente ad un periodo di tempo atto all’usucapione. In caso di allegazione di titolo derivativo, il giudice di merito è tenuto quindi innanzitutto a verificare se vi è prova dell’esistenza del titolo dedotto dall’attore a fondamento della pretesa (e ciò a prescindere
da qualsiasi eccezione del convenuto, giacché, investendo tale indagine uno degli elementi costitutivi della domanda, la relativa prova deve essere fornita dall’attore e l’eventuale insussistenza deve essere rilevata dal giudice anche d’ufficio). Una volta verificato questo, occorre verificare i titoli a monte fino a risalire ad un titolo originario. L’onere probatorio a carico del rivendicante deve essere stabilito in relazione alla peculiarità di ogni singola controversia, sicché il rigore si attenua secondo la linea difensiva adottata dal convenuto. In altri termini l’onere della prova in rivendicazione non può essere considerato in modo rigido ed indipendente dalla posizione che in concreto assume il convenuto nell’espletare la sua difesa. La giurisprudenza può dirsi ormai pacificamente orientata nel senso che la probatio diabolica, la dimostrazione, cioè, dell’acquisto legittimo dei danti causa all’infinito, fino a trovare un acquisto originario, non è sempre mezzo istruttorio necessario per la vittoria giudiziale del rivendicante. Non occorre, cioè, che egli, invocando un titolo di acquisto derivativo, giunga fino ad un acquisto a titolo originario del suo autore. Il limite della esigenza probatoria a carico del rivendicante non è costituito, infatti, da una fattispecie legale tipica ed astratta e cioè da una figura di prova legale, bensì, come per qualsiasi altro istituto giuridico, dalla sufficienza della prova rispetto all’entità giuridica che nelle singole fattispecie deve essere dimostrata, avuto riguardo sempre alle contestazioni fra i contendenti (v. Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n.1569 del 19/01/2022).
Questa Corte ( Sez. 2 , sentenza n.28865 del 19/10/2021) ha anche precisato che, ‘essendo l’usucapione un titolo d’acquisto a carattere originario, la sua invocazione, in termini di domanda o di eccezione, da parte del convenuto con l’azione di rivendicazione, non suppone, di per sé, alcun riconoscimento idoneo ad attenuare il rigore dell’onere probatorio a carico del rivendicante, il quale,
anche in caso di mancato raggiungimento della prova dell’usucapione, non è esonerato dal dover provare il proprio diritto, risalendo, se del caso, attraverso i propri danti causa fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando che egli stesso o alcuno dei suoi danti causa abbia posseduto il bene per il tempo necessario ad usucapirlo. Il rigore probatorio rimane, tuttavia, attenuato quando il convenuto, nell’opporre l’usucapione, abbia riconosciuto, seppure implicitamente, o comunque non abbia specificamente contestato, l’appartenenza del bene al rivendicante o ad uno dei suoi danti causa all’epoca in cui assume di avere iniziato a possedere. Per contro, la mera deduzione, da parte del convenuto, di un acquisto per usucapione il cui “dies a quo” sia successivo al titolo del rivendicante o di uno dei suoi danti causa, disgiunta dal riconoscimento o dalla mancata contestazione della precedente appartenenza, non comporta alcuna attenuazione del rigore probatorio a carico dell’attore, che a maggior ragione rimane invariato qualora il convenuto si dichiari proprietario per usucapione in forza di un possesso remoto rispetto ai titoli vantati dall’attore’.
4.2. Le attuali ricorrenti ricordano (pagina 4 del ricorso) di avere contrastato la domanda iniziale di rivendica proposta da NOME COGNOME e da COGNOME NOME deducendo che i beni erano stati in origine di NOME, NOME e NOME COGNOME, che la relativa ‘disponibilità materiale’ era stat a poi trasferita da queste a NOME COGNOME in forza di clausola di anticipazione degli effetti di un contratto preliminare stipulato nel 1978, che i mappali 943 e 1839 erano pervenuti ad essa Lositano per effetto di decreto di trasferimento del giudice delegato del fallimento di NOME COGNOME in data 17.1.2001 e il mappale 1907 era pervenuto ad essa Vinci in forza di atto, in data 20.7.2007, di donazione dalla madre a sua volta resasene acquirente per pubblico incanto, che esse ricorrenti avevano usucapito i terreni unendo il loro possesso
a quello dei danti causa. La Corte di Appello ha affermato che l’onere della prova gravante su NOME COGNOME e su NOME COGNOME era attenuato in ragione del fatto che le attuali ricorrenti avevano riconosciuto che i beni erano inizialmente delle Tabacco. La Corte di Appello di Catania ha poi assunto che i certificati ipotecari speciali da cui risulta la trascrizione dell’accettazione da Tabacco (attenuato) ossia a dimostrare il trasferimento di tali terreni dalle Tabacco alla parte della COGNOME e del COGNOME dell’eredità delle costituissero atti idonei all’assolvimento dell’onere COGNOME e al COGNOME.
4.3. Come già evidenziato, la invocazione dell’usucapione da parte del convenuto in rivendicazione attenua l’onere della prova dell’attore quando il convenuto, nell’opporre l’usucapione, abbia riconosciuto, seppure implicitamente o comunque non abbia specificamente contestato, l’appartenenza del bene al rivendicante o ad uno dei suoi danti causa all’epoca in cui assume di avere iniziato a possedere.
L’onere della prova è sì attenuato ma non cancellato. Resta pertanto da provare da parte dell’attore in rivendicazione l’esistenza di un titolo di trasferimento in proprio favore dal soggetto a cui il convenuto ha riconosciuto appartenere il bene in origine.
L’assunto della Corte di Appello che i certificati ipotecari speciali da cui risulta la trascrizione dell’accettazione da parte della COGNOME e del COGNOME dell’eredità delle Tabacco costituissero atti idonei all’assolvimento dell’onere (attenuato) ossia a dimostrare il trasferimento di tali terreni dalle Tabacco alla COGNOME e al COGNOME è errato dato che il certificato ipotecario è il documento che contiene la copia conforme delle trascrizioni (quindi di per sé non incorpora alcun atto traslativo) e le trascrizioni sono formalità che non hanno effetto traslativo né possono ritenersi prova sufficiente della dimostrazione del contenuto del titolo a cui sono riferite.
A questo proposito questa Corte di legittimità ha infatti affermato che ‘L’attore in rivendica è tenuto a dimostrare la proprietà del bene che assume a lui appartenente fornendo la prova (anche risalendo i propri danti causa) dell’acquisto a titolo originario della “res” oggetto della controversia, non potendo, all’uopo, ritenersi sufficiente la mera produzione di documentazione amministrativa (nella specie, nota di trascrizione nei registri immobiliari, nota dell’ufficio del registro, denuncia di successione del presunto “dominus”, dati ricavati dai registri catastali), ovvero la assenza di contestazioni sul tema da parte del convenuto, sul quale, inoltre, non può ritenersi gravante alcun onere di allegazione o dimostrazione della legittimità del possesso da lui esercitato’ (Cass. Sez. 2, sentenza n.11605 del 21/11/1997; v. anche Cass. 2046172013);
i primi due motivi devono essere accolti. Il terzo motivo resta assorbito dato che, per effetto dell’accoglimento dei primi due, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione, per l’accertamento della proprietà dei terreni sui quali insistono i manufatti che, con il terzo motivo, la ricorrente deduce aver diritto a mantenere su quei terreni anche nell’ipotesi che questi ultimi fossero di proprietà dei controricorrenti;
le spese del giudizio di legittimità saranno regolate dal giudice del rinvio;
PQM
la Corte accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di Appello di Catania in diversa composizione anche per le spese di questo giudizio.
Roma 22 ottobre 2024
Il Presidente NOME COGNOME