Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12503 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12503 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22601/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 482/2023 depositata il 13/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME, nella dichiarata qualità di figlia ed erede di NOME COGNOME, citava in giudizio NOME COGNOME moglie del de cuius, e NOME COGNOME, figlio del de cuius, per la ricostruzione dell’asse ereditario, l’accertamento della lesione della legittima determinata dalla disposizione testamentaria del 29 ottobre 2003 e da donazioni dirette e indirette in favore dei convenuti, per la riduzione delle disposizioni lesive, per la divisione del patrimonio relitto previo rendimento dei conti dei frutti dei beni di cui i convenuti avevano goduto in via esclusiva. L ‘ attrice indicava i beni immobili componenti l’asse ereditario del de cuius al momento dell’apertura della successione, deduceva che la devoluzione di tali beni era avvenuta in parte per successione legittima e in parte con testamento olografo del 25/8/1996 con il quale NOME COGNOME aveva disposto solo parzialmente del proprio patrimonio in favore unicamente della moglie e del figlio NOME NOME, indicava i beni devoluti a suo favore e quelli a favore dei convenuti. I convenuti contestavano l’ammissibilità della domanda per omessa determinazione della quota ereditaria lesa e chiedevano, in via riconvenzionale, la condanna dell’attrice al rimborso di quanto anticipato a titolo di imposte e spese di successione. Con la seconda memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2 cod. proc. civ., l ‘ attrice depositava relazione notarile e allegata relazione di stima indicando il valore dell’asse ereditario, la quota disponibile e la quota di riserva e quantificando la lamentata lesione della sua quota di legittima. L’adito Tribunale di Vibo Valentia rigettava le domande formulate dalla attrice, tranne quella di divisione che veniva dichiarata assorbita così come la
riconvenzionale, per non avere la attrice dato prova della propria qualità di erede necessario e per non avere allegato e tanto meno provato la precisa consistenza del patrimonio del de cuius al momento dell’apertura della successione, l’esatta dimensione della legittima e della relativa lesione. La sentenza del Tribunale è stata confermata dalla Corte di Appello di Catanzaro con sentenza 428 del 2023 con la quale è stato rigettato l’appello della COGNOME;
avverso tale sentenza, la COGNOME ricorre con tre motivi;
NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono con controricorso;
la ricorrente ha depositato memoria;
considerato che:
1. con il primo motivo di ricorso si lamentano violazione e falsa applicazione degli articoli 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. per avere la Corte di Appello ritenuto che la COGNOME avrebbe dovuto dare, e non avesse dato, prova della propria qualità di erede legittima, essendosi limitata a produrre la dichiarazione di successione, malgrado che i convenuti, nel corso del giudizio, non avessero mai eccepito l’inesistenza del rapporto di filiazione né l’apertura, su parte del patrimonio, della successione legittima, e neppure la conseguente qualità di erede legittima della attuale ricorrente e che, anzi, avevano espressamente riconosciuto che la ricorrente era erede di NOME COGNOME La ricorrente riproduce pagine della citazione originaria in cui si legge che la stessa si era dichiarata figlia ed erede di NOME COGNOME; riproduce un passaggio della memoria delle controparti ex art. 183, sesto comma, n. 3 cod. proc. civ. -memoria con cui le controparti si erano opposte alla richiesta di ordine di esibizione di documenti in possesso di un istituto bancario-, secondo il quale tale richiesta non avrebbe dovuto essere accolta giacché la ricorrente «in quanto erede ben avrebbe dovuto e potuto richieder». I controricorrenti
danno atto (v. pagina 11 del controricorso) di non aver contestato la qualità di erede legittima della ricorrente ritenendo nondimeno quest’ultima gravata dell’onere della prova.
Il motivo è fondato alla luce della giurisprudenza di legittimità secondo cui «’onere di provare la qualità di erede, gravante sul soggetto che agisce in giudizio in tale qualità, viene meno quando la controparte abbia tardivamente sollevato eccezioni in proposito, dopo avere accettato il contraddittorio senza alcuna contestazione al riguardo» (Cass., 15/12/2010, n. 25341; Cass., 23/2/2009, n. 4381);
2. con il secondo motivo di ricorso si lamentano violazione e falsa applicazione degli articoli 556 e 557 cod. civ., nonché dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 183, sesto comma cod. proc. civ., in riferimento all’ art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 cod. proc. civ. per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto che la ricorrente avrebbe dovuto indicare con esattezza il valore della massa ereditaria e quello della quota di legittima violata e che tale onere di deduzione non potesse dirsi soddisfatto per effetto della descrizione, contenuta nell’originaria citazione, della composizione immobiliare della massa ereditaria, per effetto della menzione di non individuate donazioni dirette e indirette effettuate dal de cuius in favore degli attuali controricorrenti né potendosi annettere rilievo alla indicazione della misura della lesione effettuata «soltanto mediante la memoria depositata ex art. 183, sesto comma, numero 2, c.p.c.» (pag. 11).
Il motivo è fondato.
La Corte di Appello si è riferita ad un orientamento giurisprudenziale espresso da Cass. 19/1/2017, n. 1357 (‘In materia di successione testamentaria, il legittimario che agisca in riduzione ha l’onere d’indicare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria, nonché quello della quota di legittima violata, dovendo,
a tal fine, allegare e provare, anche ricorrendo a presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti, tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della riserva, oltre che proporre, sia pure senza l’uso di formule sacramentali, espressa istanza di conseguire la legittima, previa determinazione della medesima mediante il calcolo della disponibile e la conseguente riduzione delle donazioni compiute in vita dal “de cuius”). Deve osservarsi che secondo un diverso e più recente orientamento, a cui questo Collegio intende dare continuità, l’onere di allegazione e di prova a carico del legittimario che agisce in riduzione è meno gravoso. Si è infatti affermato che «a sussistenza di oneri di deduzione a carico del legittimario che agisce in riduzione non implica la necessità di precisare nella domanda l’entità monetaria della lesione, occorrendo, piuttosto, che la richiesta di riduzione di disposizioni testamentarie o donazioni sia giustificata alla stregua di una rappresentazione patrimoniale tale da rendere verosimile, anche sulla base di elementi presuntivi, la sussistenza della lesione di legittima» (Cass. 27/8/2020, n. 17926; Cass. 18199/2020; conformi Cass. 19/1/2023, n. 1670 e Cass. 22/10/2021, n. 29583). Si è inoltre affermato (Cass. n. 18199 del 02/09/2020; Cass. 348 del 2023) che ‘In tema di azione di riduzione, l’omessa allegazione nell’atto introduttivo di beni costituenti il “relictum” e di donazioni poste in essere in vita dal “de cuius”, anche in vista dell’imputazione “ex se”, ove la loro esistenza emerga (come nella specie) dagli atti di causa ovvero costituisca oggetto di specifica contestazione delle controparti, non preclude la decisione sulla domanda di riduzione, dovendo il giudice procedere alle operazioni di riunione fittizia prodromiche al riscontro della lesione, avuto riguardo alle indicazioni complessivamente provenienti dalle parti, nei limiti processuali segnati dal regime delle preclusioni per l’attività di allegazione e di prova. Ne consegue che, ove il silenzio serbato in
citazione sull’esistenza di altri beni relitti ovvero di donazioni sia dovuto al convincimento della parte dell’inesistenza di altre componenti patrimoniali da prendere in esame ai fini del riscontro della lesione della quota di riserva, il giudice non può, solo per questo, addivenire al rigetto della domanda, che è invece consentito se, all’esito dell’istruttoria, e nei limiti segnati dalle preclusioni istruttorie, risulti indimostrata l’esistenza della dedotta lesione’.
Nel caso di specie la Corte di Appello si è distaccata da questo condiviso orientamento rigettando la domanda della attuale ricorrente pur dopo aver dato conto del fatto che quest’ultima aveva indicato i beni immobili facenti parte dell’asse ereditario e individuato i beni devoluti a suo favore e a favore delle controparti per successione legittima e quelli devoluti alle sole controparti per successione testamentaria ed aveva lamentato la lesione della legittima già per effetto della disposizione testamentaria;
3. con il terzo motivo di ricorso si lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 713 cod. civ., in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. per avere la Corte di Appello dichiarato che, in conseguenza del rigetto delle domande di ‘accertamento della lesione della quota di legittima e di reintegrazione della stessa’, la domanda di divisione del patrimonio ereditario restava ‘assorbita’.
Il motivo resta assorbito essendo la dichiarazione della Corte di Appello di ‘assorbimento’ legata, nel ragionamento della medesima corte, al rigetto della altre domande della attuale ricorrente e essendo queste da rivalutarsi per effetto dell’accoglimento dei primi due motivi di ricorso;
4. in conclusione devono essere accolti il primo e il secondo motivo di ricorso, deve essere dichiarato assorbito il terzo, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione;
il giudice del rinvio dovrà anche provvedere sulle spese dell’intero processo;
PQM
la Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione.
Roma 17 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME